Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Piccolo Fiore del Deserto    16/09/2010    2 recensioni
In una stazione di un paesino in Germania, c’è una colonna in marmo bianco, sulla cui sommità è scolpito un drago grigio, con due rubini rossi al posto degli occhi. Lui non può muoversi, parlare, o altro, ma può pensare. Questi sono i pensieri di un drago di pietra, e del suo rapporto speciale con Sophie, una bambina, poi ragazza, poi donna e infine anziana, cui il Drago starà a fianco sempre, fino al momento ultimo della vita. [Storia partecipante al Contest "La Stazione e...il Drago" di Eylis]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 Il Drago e la Donna


Una stagione si sussegue all’altra in maniera continua, senza che qualcuno possa fermare il tempo. Per me gli anni sembrano giorni, non sembrano volare. In fondo non ho paura della morte, perché sono un essere immortale. I draghi sono questo no? E se io sono anche di pietra, cosa mai può scalfirmi?
Tuttavia gli anni hanno portato anche a una modifica, seppure gradita. Piante rampicanti hanno iniziato a sorgere e, allungando i loro rami adorni di foglie, hanno avvolto la corta colonna di marmo bianco, rendendola, nonostante tutto, più graziosa forse. Sembra quasi essere ancor di più un’opera d’arte. Il verde scuro delle foglie e dei rami che abbraccia il candore del marmo. Sembro quasi un drago artista, non trovate?
La pietra con cui sono stato fatto, però, è bella resistente e non è stata rovinata dal tempo, anche perché la mia piccola Sophie e il suo Daniel si sono presi cura di me non permettendo a nessuno sciocco mortale di distruggermi.
Lei è cresciuta ulteriormente. Quanti anni sono passati ancora? Dieci, se la memoria dei draghi non è fallace. Non posso quasi più chiamarla piccola, anche se io ho molti più anni di lei: ora è una vera e propria donna, l’esatta copia di sua madre, ormai anziana, ma forse – devo ammetterlo – un poco più bella e raggiante.
Raggiante sì.
Almeno così era fino a un anno fa, quando ancora non si parlava troppo di guerra e soprattutto tali voci non erano giunte fino al paese, che tuttavia sembrava vivere un’atmosfera di pace. Forse perché piccolo, forse perché un punto di non vitale importanza per quell’odio che si sta propagando nella capitale tedesca. Se so tutte queste cose è unicamente perché sento tutti coloro che passano alla stazione.
Già, la stazione. È un luogo che è fortemente amato, anche se negli ultimi tempi sembra quasi iniziare un momento di decadenza. Quello che si crede, anche se non lo si augura, è che i moti possano giungere anche qui e distruggere tutto, la tranquillità, questo luogo, e… forse anche me. Dopotutto, sono una mera opera d’arte di altri tempi, che ora non vale nulla, se non per lei.
Lei, la mia Sophie.
Lei è lì, accanto al primo binario, a pochi metri di distanza dal punto in cui mi trovo, e guarda affranta suo marito. Chi? Forse ci sarete già arrivati tutti e il mio cuore esulta nel dirvi che sì, è proprio Daniel che ha conquistato il cuore della mia amica e che l’ha resa felice per tutto questo tempo.
Ma il male e la pazzia che si instaurano nel cuore degli uomini conduce non solo alla propria distruzione, ma anche a quella degli altri.
Molti inneggiano al loro folle capo, perché sognano una Germania superiore ma, nonostante io sia il primo a sentirmi superiore a questi sciocchi umani, sono consapevole che non è facendo tali idiozie al limite dell’inverosimile che si può diventare davvero migliore degli altri.
Loro sono lì e si stringono le mani. Io li guardo, muto ed attento spettatore del loro saluto, del loro arrivederci, perché non può trattarsi di un addio no?
Lui è vestito con una strana divisa di un verde scuro, che gli è stata consegnata, e porta con sé una sacca: è stato chiamato alle armi, come vero esempio di persona superiore, per la sua altezza, i suoi splendidi capelli chiari e quegli occhi color del mare più profondo che sono sintomo di una razza al di sopra di ogni altra.
Ma io non credo che lui possa seguire alla lettera gli ideali di quel pazzo al governo, anzi sono sicuro che il cuore di Daniel è buono. No, non può essere crudele. Lui ha altri ideali, ma non vuole mettere a rischio la sua famiglia.
Sophie lo guarda con gli occhi gonfi di lacrime, che tenta di trattenere, fingendosi forte come sempre. Come quando da bambina cadeva e si sbucciava le ginocchia, ma tratteneva a forza le lacrime, per dimostrarsi forte; solo che, ora fa ancor più male. I dolori che prova una persona adulta sono ben più forti di un semplice taglio o ferita fisica.
Lo sento. È come se io e lei fossimo legati profondamente e in maniera indissolubile. Avverto i suoi sentimenti come lei avverte i miei pensieri. Sembra strano, forse impossibile, ma so che è così.
Lui le parla ed io non ho bisogno di affinare l’udito per capire. Sono di pietra, ma sono sempre un drago e ho tutte le sue caratteristiche.
« Amore mio, stai tranquilla, e pensa al nostro piccolino che deve ancora arrivare. » le sfiora il viso, mentre lei socchiude gli occhi per qualche istante e poi li riapre, prendendo la sua mano tra le sue e portandola al ventre, che sotto la camicetta bianca, appare un poco gonfio. Lì, gli umani, come le nostre dragonesse conservano la scintilla di una nuova vita.
« Il nostro bimbo crescerà in un mondo migliore, ne sono certo. Lotterò per fargli avere il meglio, ma tu non disperare. Tornerò. »
« Sì, Daniel. Mi occuperò di lui, starò tranquilla e farò in modo di stare bene, per non permettere al piccolo di soffrire. Noi ti aspettiamo. So quello che vali e so che dentro al tuo cuore hai altri ideali. Va amor mio, e dimostra il tuo coraggio e il tuo cuore d’oro. Io resterò qui e ti aspetterò in trepidante attesa. »
Resto silenzioso, senza esprimere pensiero alcuno. Quello è il loro momento e non posso permettermi di rovinarlo. Lui accarezza di nuovo il suo ventre, e i suoi occhi si fanno umidi, mentre un sorriso pieno di amarezza per non poter rimanere lì tranquillo ad aspettarlo affiora sulle sue labbra. Lei gli sfiora i capelli, e cerca di sorridere. Dimostra una forza unica, anche in questi momenti colmi di dolore.
Poi, Daniel si china su di lei, sfiorando le sue labbra in un bacio dapprima dolce, e poi denso di una passione talmente intensa, come se temesse che quello sia il loro ultimo bacio. Solo in quell’attimo, una singola lacrima esce dall’occhio destro di Sophie. Una lacrima silenziosa, che scivolandole lungo la guancia destra, ricade poi a terra senza il minimo rumore.
Il treno è fermo davanti a loro. Immobile e cheto fino a quel momento. Ma come facendosi beffa di loro, proprio nel momento in cui il bacio si fa più intenso, viene messo in moto. Al rumore, segue il fischio. Le porte vengono aperte da uomini più o meno robusti – che lavorano proprio alla stazione -, in modo tale da permettere ad altri umani di accedervi.
Riluttanti i miei due adorabili amici innamorati si staccano. Ma prima di allontanarsi, Sophie afferra la mano di Daniel, come con l’intenzione di non lasciarlo andare via.
« Daniel…» la sua voce è incerta e spezzata dalle lacrime che minacciano ancora di uscire. Non dice altro, ma i suoi grandi occhi color del cielo, circondati da corti riccioli biondi, acconciati con grazia secondo la moda degli anni quaranta, dicono tutto. Vorrebbe non lasciarlo andare via. Vorrebbe tenerlo per sé. Ma sa che ciò non potrà succedere.
Anche gli occhi blu di Daniel dicono molto. Sento che vorrebbe restare lì, per vivere con tranquillità la sua storia d’amore ed attendere l’arrivo di una nuova, grande gioia, rappresentata da suo figlio. Ma tutto ciò non è possibile.
« Sophie… tornerò da te. Aspettami. »
« Ti aspetterò. » un sussurro appena, prima di tentare di mostrare un sorriso forzato, al quale lui risponde. E poi, pian piano, la presa delle loro mani si fa più lenta, fino a lasciarsi.
Tra di loro, solo vuoto.
Lui sale sul treno e si avvicina subito a un finestrino. Da lì, la guarda. La osserva chiedendosi quando e se tornerà. Lei lo fissa, immobile, senza versare lacrima alcuna.
Un altro fischio. Poi il rumore delle porte che vengono chiuse con forza, da addetti allo scopo.
Sono abituato da anni a quei rumori orrendi, eppure ora mi appaiono ancora più forzati, più distruttori della quiete.
Il treno prende a marciare e pian piano si allontana dalla stazione. Sophie inizia a correre, facendo attenzione a non cadere, come se volesse inseguirlo, come se credesse che le sue semplici gambe possano raggiungerlo. Vorrei davvero poter muovere le mie possenti ali per trasportarla da lui. Ma neanche questo è possibile. Quando la banchina è conclusa e non può più andare oltre, si ferma, e guarda il treno che pian piano diventa sempre più una figura lontana, poi un puntino nero, e poi più nulla.
Solo a quel punto si volta verso di me. Mi si avvicina.
« Oh Zefiro… » dice unicamente e, portandosi le mani a coprirsi il viso, scoppia a piangere, non dovendosi più trattenere. Sa che davanti a me può piangere e sfogarsi tutte le volte che vuole, seppure il suo dolore faccia soffrire anche me, e io non so proprio come aiutarla.
Piangi dolce Sophie. Piangi e non curarti di chi ti guarda.
Piangi. Il tuo amico è qui e ti sostiene.
In fondo un amico serve anche a questo, no?




* * *




Credevo – come del resto lo credevano gli uomini del villaggio – che la guerra non potesse arrivare anche in quel luogo sconosciuto, e difatti questo non avvenne. L’unica cosa che si udiva, era il rumore degli aerei da combattimento che sorvolavano i cieli sopra di noi, ma fortunatamente non ci colpivano, nonostante alimentassero le nostre paure. Non c’erano più bambini felici che riempivano l’aria con le loro risate e i loro giochi, non c’erano neanche dolci donzelle che allietavano le giornate dei baldi giovani che facevano loro apprezzamenti, ricavandone dei sorrisi e forse anche di più. Non c’era più l’allegria, la voglia di vivere. La stazione però era ancora molto vissuta. Donne con i loro bambini si recavano ogni giorno davanti a quei binari, con la speranza di vedere tornare i loro compagni, fratelli, padri, zii e figli, ma spesso dovevano tornare a casa, senza una risposta. Altre volte, i messaggi che ricevevano erano i peggiori, ed ero costretto a sentire urla strazianti e pianti interrotti, scene crudeli da vedere. Rare volte, invece, avevano la fortuna di vederli tornare, un po’ malandati, feriti nell’animo e nel fisico, ma almeno erano a casa.
E, tra queste donne, c’era ovviamente anche la mia Sophie.
Lei veniva ogni giorno alla stazione, pur sapendo che non poteva vederlo tornare tanto presto. Quella che si prospettava una guerra corta e rapida, risultò essere col tempo, molto lunga e colma di imprevisti. La follia umana arrivò ai massimi livelli, commettendo anche le scene più orride e indescrivibili. Io stesso, un essere capace di uccidere facilmente una vittima, restavo inorridito alle storie che giungevano anche lì, in quel paese sconosciuto ai più.
Di fronte a quella follia, a quel clima di disperazione, c’era lei, che con la sua speranza e la voglia di credere a un mondo migliore, cercava di allietarmi, come io cercavo a mia volta di allietare lei.
Veniva sempre. Si fermava al primo binario e osservava per ore ed ore l’arrivo di un treno, che spesso non arrivava. Poi si fermava con me a parlare: di lei, di lui, del loro piccolo che nel giro di pochi mesi sarebbe arrivato. E spesso sorrideva, immaginando e descrivendo un futuro, fatto di sola gioia e tanta felicità; certo ci sarebbero stati degli alti e anche dei bassi, ma con un po’ di forza e buona volontà tutto sarebbe andato per il meglio. Amava sognare la mia Sophie, ed io adoravo anche questo suo aspetto.
Dopo ore trascorse insieme, si recava presso gli uffici della stazione a chiedere informazioni di Daniel, ma il più delle volte si ritrovava a sospirare e tornare a casa senza una risposta, senza il suo amato.
Solo una settimana mancò.
In quella settimana diede alla luce un piccolo, dai riccioli biondo-castani e grandi occhi blu, come suo padre. Lo chiamò Christopher, come Daniel avrebbe voluto e, troppo stanca per muoversi e dovendosi occupare per bene di lui, non venne alla stazione, seppure sentissi che era una cosa che le costava molto.
Dopo qualche tempo tuttavia tornò: portò con sé il piccolo, per farmelo vedere. Guardò il binario per qualche minuto, ma poi venne da me, mostrandomi il pargolo.
« Guarda Zefiro, questo è mio figlio, o meglio il figlio mio e di Daniel. Non lo trovi bellissimo? » mi chiese, sorridendomi, seppure i suoi occhi non mostrassero la consueta allegria che sempre la caratterizzava.
« Piccolino mio, lui è il mio più caro amico, e quando crescerai imparerai ad apprezzarlo ed amarlo come faccio io e come ha imparato a fare anche tuo padre. Sai piccino, presto il tuo papà tornerà, e saremo tutti e tre felici. » adorava parlare con il piccolo.
Ma anche in quell’occasione non ci furono notizie di Daniel.
Passarono i mesi e pian piano si avvicinava la fine della guerra. Il piccolo Christopher cresceva, e passati tre anni ancora non si sapeva nulla del padre; fino a quando, infine, tornò a casa uno dei soldati, un cittadino del paese, che volle parlare con la mia Sophie.
Lei, che si trovava proprio alla stazione, gli chiese di dirle tutto davanti a me, il suo amico e come sempre attento spettatore e sostenitore.
« Sophie… Daniel ha sempre avuto degli ottimi ideali. Amava molto la nostra patria e in un primo momento accettò di combattere per difenderla, e proteggere te e tuo figlio, come ben sai. »
Lei annuì, non dicendo parola alcuna. Il soldato, quindi, riprese « ma, nel momento in cui gli fu commissionato di uccidere un pover’uomo incapace di difendersi, solo perché diverso da noi e non appartenesse alla razza superiore tanto decantata, lui si rifiutò. Il rifiuto va contro le regole. Fu accusato di essere un traditore, un incapace, di non seguire le regole del nostro capo, di quel… dittatore da strapazzo. » al sol chiamarlo così, storse le labbra in una smorfia di puro disprezzo e rabbia… « e, è stato… ucciso, per dar mostra a tutti di cosa succede ai traditori. Mi dispiace Sophie, e so che questo mio pensiero non servirà ad alleviare la sofferenza che ora potrai provare ma: Daniel era un grande uomo, e tu dovresti esserne sempre orgogliosa. »
Guardai Sophie, e lessi nel suo sguardo una tale sofferenza da struggermi l’animo. Anch’io soffrivo, perché col tempo avevo imparato ad amare quell’uomo, e ora, sapendo ciò che aveva fatto, ne ero orgoglioso come del resto potevo ben capire che lo fosse lei. Annuì e ringraziò il soldato, per poi ritirarsi in solitudine. La vidi sollevare lo sguardo verso il cielo e, mentre le lacrime scorrevano sul suo viso, un sorriso lo accese. Era orgogliosa di lui, nonostante la solitudine e la sofferenza che invadevano il suo cuore.




________________________________________
Prima di passare ai ringraziamenti e alle risposte alle recensioni, devo fare una premessa: il capitolo che ho inviato al contest non era proprio così. L'ultima parte in "corsivo" l'avevo inserita nel capitolo successivo, ma dopo il giudizio di Eylis e rileggendo il tutto con più attenzione, ho optato per riportarlo qui (per tal ragione quindi il capitolo è più lungo).
Il passaggio al passato è puramente voluto. Sono pensieri passati del drago che troveranno poi riscontro nell'ultimo capitolo, che posterò nei prossimi giorni. Ho notato anche degli errori e ho cercato di correggerli, sperando di non averne lasciati altri xD

Spero che vi possa piacere :)
Per chi volesse sapere com'è la storia originale inviata per il contest, può andare qui . (Il sito creato da Eylis per gli Original Concorsi da lei creati. Quella è la mia pagina con la storia! )



Sachi Mitsuki :
ti ringrazio per il nuovo commento :) Non sai che gioia nel leggere che ti piace ciò che ho scritto. Sono d'accordo con te per il nome. Secondo me non averne uno è davvero terribile. E' un qualcosa di tuo, che ti appartiene, che ti identifica... non so se riesco a farmi capire.
Sì, ho deciso di descrivere tutta la storia degli umani (in particolare Sophie) attraverso i pensieri di Zefiro. Non è stato facilissimo, ma per il contest è venuta fuori questa ispirazione e l'ho subito riportata sulla "carta".
Per quanto riguarda i bambini piccoli, in effetti io conosco un bambino di cinque anni che sfortunatamente non parla bene, parla quasi come mia nipote di due anni. Quindi ci sono bambini che ci mettono più tempo a imparare. Poi non so.
Grazie mille per i complimenti, spero che ti possa piacere anche questo capitolo. ;)

WingsofCrow : Il tuo commento mi fa davvero piacere *.* Ti ringrazio tantissimo per le tue parole, e sono contenta di essere riuscita a caratterizzare il "carattere" del drago solo con i suoi pensieri. Sono altresì felice di vedere che anche a te è piaciuta moltissimo la scena del nome. Come dicevo prima, lo ritengo molto molto importante per ogni essere vivente. Io poi devo mettere un nome a qualsiasi cosa xD
Grazie infinite per aver inserito questa storia tra le preferite, e anche per i complimenti.  :)
Spero che questo capitolo potrà piacerti.



E infine, i ringraziamenti:

Grazie a chi la legge semplicemente;
a WingsofCrow che l'ha inserita tra le Preferite;
e a  - AhiUnPoDiLui e - Sachi Mitsuki  che l'hanno inserita tra le Seguite!


   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Piccolo Fiore del Deserto