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Autore: Botan    19/09/2010    2 recensioni
Esistono un fiume e una città, famosa per i suoi innumerevoli casinò, che si chiamano proprio come me. Tuttavia, non sono né un fiume, né tanto meno una famosa città! E neppure una slot-machine umana!
Se volete pronunciare il mio nome, allora intonate un bel Re maggiore. Perché? Provate ad indovinare!
Non vi viene in mente proprio nulla? Ok. Gli indovinelli non fanno per voi, eh? Pazienza!
Come dite? Il mio nome, zo to?
Reno, per servirvi!
*Dedicata al mio Reno, coniglio nano maschio gagliardo e tosto, che per anni ha tenuto accesa la luce nella mia vita senza pretendere nulla in cambio.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Reno, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Dirge of Cerberus
Capitoli:
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CAPITOLO 20

                            CAPITOLO 20

 

 

 

 

- Ti trovavi per caso all’interno del reattore Mako, quando c’è stato lo scontro con le truppe Deepground?- domando alla ragazza, seduta sul sedile dell’auto accanto a me, mentre mi immetto in una stradina esterna ad Edge che conduce dritta ad Ajit.

 

Yuffie tossicchia, ma sembra riprendersi dalla violenta espirazione d'aria anche troppo rapidamente:

- No, per niente! – replica senza esitare, facendosi vedere anche troppo motivata.

 

- Strano… - rimando io, storcendo di proposito le labbra, senza levare lo sguardo dalla strada- pensa che mi è perfino sembrato di vedere il tuo Shuriken gigante, lì sotto… Che immaginazione la mia, eh?

 

- Davvero fervida, direi!

 

Rido prima camuffando la voce, e poi di botto.

- Me l’ha detto Reeve, che eri là sotto. Il tuo adorato sovrintendente! Scommetto però che in questo momento lo stai odiando…!- sogghigno lieto.

 

La ninja abbassa di colpo il capo, provando un forte imbarazzo per essere stata così subdolamente scoperta.

- Ecco…- tenta alla svelta di giustificarsi, seppur con pessimi risultati.

 

- Non voglio giustificazioni, ma… perché non mi hai detto che mi stavi seguendo…?

 

- Ma io non ti stavo seguendo! – ribatte istintiva, voltandosi a guardarmi con decisione. – Stavo manomettendo il reattore, quando ti ho intravisto mentre correvi su quella piattaforma con tutti quei civili impauriti… Non potevo restarmene impalata e proseguire dritta per la mia strada, lasciando te in balia di quei mostri che ti potevano ridurre peggio di un colabrodo! Ad ogni modo…- prosegue lei, portandosi le braccia al petto- Non mi aspetto di certo, che uno zotico come te, mi ringrazi…!

 

- Quando guido, cerco sempre di mantenere il controllo. E’ per questo che non ti ringrazio come si deve, piccolo demonietto ruba Materia!

 

- Sì, l’ho notato!- replica lei, con gli zigomi tesi e a denti stretti. Sta forse prendendomi in giro?

 

Spingo in giù la frizione e poso un piede sulla leva del freno, per rallentare di poco l’auto.

Mi giro in direzione di Yuffie, per osservare meglio il suo delizioso faccino, e divento perplesso:

- Perché mi stai fissando in quel modo?- le domando curioso, per poi ritornare nuovamente con lo sguardo fisso sulla strada.

 

- Mi piace osservarti mentre guidi. Sei tutto attento e concentrato!

 

Un po’ le sue parole mi rendono felice. Ma sono davvero così interessante, quando guido?

Ci rifletto su, e mi viene da sorridere proprio quando mi preparo a sterzare il volante verso sinistra, e superare una curva.

 

- Sei davvero imprevedibile, nanetta! – le dico schernendola affettuosamente, mentre allungo il braccio destro verso il suo simpatico nasino, per schiacciarglielo tra l’indice e il pollice della mano.

 

- Hey, Turk! – ammonisce repentina lei- Pensa a guardare la strada, invece! Non vorrai di certo farci finire a fosso, spero!

 

- Per carità! Non vedo Elena da una settimana, è sto benissimo, direi! Non imitarla, te ne supplico! – spingo giusto di qualche millimetro l’acceleratore, per aumentare la velocità di marcia dell’auto, ed innesto una quarta con la leva del cambio manuale.

 

 

Passa il tempo, le ruote della macchina divorano l’asfalto che si fa sempre più caldo, e più scosceso.

Mancano ormai pochi chilometri ad Ajit.

In effetti, lì in realtà non c’è praticamente nulla. Dopotutto, se si chiama “Capitale Dimenticata”, ci sarà pur sempre un motivo, no?

Sono stato in quel posto al massimo due volte. La prima, in gita con l’Accademia Militare Shin-Ra, e la seconda, in missione.

 

Getto un’occhiata all’orologio digitale che sta impiantato nel cruscotto dell’auto. Segna le 14.

- E’ ora di pranzo. Hai fame?- dico a Yuffie, girando un attimo il capo verso di lei.

 

Il suo piccolo stomaco borbotta prontamente.

- Ehm… sì! – esclama timida, mettendosi le mani sul pancino.

 

- Ci fermiamo a mangiare qui da qualche parte? – Non penso che ad Ajit ci siano dei ristoranti!

 

- No, mangeremo lì, a casa! – replica convinta la baby ninja.

 

- “Casa”? – faccio io, cercando di mettere in moto la mia fervida immaginazione. Ajit è deserta! Ci sono sì delle casupole, ma tutte disabitate, e semi distrutte. E’ un luogo assai antico, quello. Una sorta di squarcio sul passato di questo pianeta.

 

Yuffie ridacchia mettendosi una mano davanti alla bocca.

 

- Nana… non è che in realtà mi stai tendendo una trappola, zo to? – le chiedo perplesso e preoccupato al tempo stesso da quelle sue strane movenze. Non ho intenzione di finire nella rete! tanto meno ci finirò! Non sono un novellino come quella bionda Turk, rompiscatole e precisina, che si chiama Elena!

 

- Rilassati, Turk! – sottolinea schernendomi per l’ennesima volta.

 

Una macabra sensazione mi colpisce in pieno:

- Non vorrai mica… mangiarmi vivo?!

 

Yuffie sogghigna di brutto al suono delle mie parole, senza neppure preoccuparsi tanto di occultare quella sana risata.

- Non sono un cannibale! Oltretutto… - mi precisa in seguito- non digerisco gli zotici! Mi rimangono proprio qui! – conclude sarcastica, additandosi con l’indice la gola.

 

- Non sei affatto spiritosa!- replico io a denti stretti, e all’improvviso mi viene un’idea. Perché non scherzare un po’, visto che a lei piace così tanto? Ghigno di sottecchi, allungo una mano sul cambio, e metto la quinta, premendo poi l’acceleratore quasi al massimo.

 

Yuffie finalmente smette di ridere. Su quel suo faccino, l’espressione furbetta e sorridente di poco fa, lascia spazio ad un viso tutt’altro che radioso:

- Che… che stai facendo?!

 

Mi stringo nelle spalle, come se nulla fosse:

- Niente! Perché? – dico fingendomi indifferente.

 

- Rallenta! E subito! – ordina tassativa, repentina e furente.

 

- Ma sto andando già lento, non vedi?

 

Yuffie scuote forte il capo, e trema:

- Niente affatto! Rallenta! – esorta ancora, mentre il faccino le diventa pallido come un cencio.

 

Sbuffo, ed accolgo al volo la sua richiesta.

- Come vuoi tu.

 

Faccio per alzare il piede dall’acceleratore, ma lo ripremo subito dopo, questa volta a manetta, e fino in fondo.

La ragazza si rianima, si scuote, si copre il viso tra le mani. E’ tutta un fremito, e si sente!

 

- IDIOTA! – strepita urlandomi contro, con la voce altisonante.

 

Comincio a ridacchiare, lasciando man mano il pedale dell’acceleratore, ed immettendo una terza come marcia.

Imbocco una strada che scende dritta verso destra, e proseguo. La Capitale Dimenticata, è ormai alle porte.

 

- Puoi riaprire gli occhi, piccola bambina pestifera!

 

Yuffie sfila lentamente le manine dal viso, e l’espressione sembra tornarle quella di sempre.

- Sei… sei…- replica a stento, presa da chissà quanta rabbia, e pronta senz’altro ad ingiuriarmi con una delle sue poco gentili paroline.

 

- Siamo arrivati, guarda! – esclamo mettendole una mano sulla testa, per poi farla girare in avanti.

 

Lei sgrana gli occhietti vispi, tutta entusiasta.

Parcheggio la macchina nera fiammante, ai lati di un enorme spiazzale completamente desolato, e spengo il motore.

La chiave gira, la estraggo rimettendomela in tasca, e slaccio la cintura di sicurezza che mi avvinghia la vita.

Osservo il rospetto di sottecchi, dimenarsi con l’attacco della sua cintura che proprio non vuole saperne di slacciarsi.

 

- Si fa così, osserva! – le dico allungandomi vicino a lei, e chinandomi appena per liberarla da quella fastidiosa fascia monella.   

 

Mi arriva svelto un furioso scappellotto proprio sulla nuca.

 

- Hey! – sbotto con una lacrimuccia all’occhio, portandomi poi a rivolgerle lo sguardo.

 

- Non si corre come un matto, quando si è al volante di un’auto! – mi sgrida subito, fissandomi caparbia, con un musetto tutto offeso.

 

Le caccio la lingua. Una bella linguaccia.

 

Yuffie s’imbroncia ancora di più, tanto da gonfiare quelle sue carnose gote, in un sol botto.

- Tirar fuori la lingua, è un tipico gesto di rifiuto! Sei uno zotico!

 

- Se non la smetti di chiamarmi così, ti lascio legata qui dentro! – le minaccio, rendendo le parole alquanto credibili.

 

- Non puoi farmi questo! – la nana replica all’istante, con il volto pieno di sgomento.

 

E’ proprio un’ingenua ma adorabile bambina!

 

- Certo che posso! La macchina è mia, e tu non sei in grado di slacciarti la cintura…! Semplice, vero? – le faccio contento, con un sorriso candido, tutt’altro che perfido. Adoro vederla in difficoltà, mentre s’intirizzisce sempre più davanti ai miei occhi divertiti ed attenti.

 

- Sei… sei…- cerca di replicare, sempre più incollerita e balbettante.

 

Anche stavolta la freno.

 

- Innamorato. – dichiaro solamente, per poi avvicinarmi al suo incredibile faccino e socchiudere quelle tenere labbra con le mie.

 

La bacio, e nello stesso tempo, le slaccio la cintura che finalmente si ritrae via.

Yuffie è libera, ma nonostante tutto, resta lì, trattenuta dalla mia bocca che non ci pensa neppure lontanamente un istante, a lasciarla libera.

 

Le labbra di un Turk, possono essere molto, molto ostinate!

 

A quanto pare, neanche la ragazza stessa è tanto decisa a staccarsi da me. Tuttavia, il suo rumoreggiante pancino vuoto, ci fa destare dal dolce istante.

Porto via le labbra dalla sua bocca, e tendo l’orecchio.

 

- Qui qualcuno sta proprio morendo di fame…! – Apro d’un botto la portiera dell’auto, e scendo precipitandomi a fare la stessa identica cosa con l’altra.

 

- Prego signorina! – le dico porgendole una mano con un inchino galante.

 

Yuffie si fa subito rossa.

Evidentemente, le mie movenze cerimoniose la mettono a disagio. Non ci sarà abituata?

Mi porge la mano, timida, ed io me la stringo con molta cura nella mia.

E’ un po’ sudaticcia, e trema lievemente. Faccio così tanta paura?

Richiudo lo sportello alle mie spalle, non appena la ragazza esce dall’auto.

Ci giriamo a guardare il bel paesaggio e… una landa sconfinata, desolata e piana, ci appare di fronte.

Ho quasi un mancamento. Va bene la calma ma… questa è davvero troppa! 

Il silenzio e la quiete regna sovrano, qui ad Ajit. Un ottimo posto per rilassarsi, e trascorrere un periodo di totale serenità, non c’è dubbio! Ma io non ho affatto intenzione di trascorrerne uno così, diamine! Eh no, zo to!

 

- Yuffie… - faccio io, cercando di mantenere un tono cordiale e pacifico – d’accordo che volevi stare da sola con me, ma… adesso non ti sembra un po’ troppo?

 

- Non ti piace, forse? – mi domanda lei, repentina, scrutandomi con due teneri occhioni carichi di speranza.

Come le si può dire di no?

 

- No! – replico all’istante- Per niente!

 

- Cattivo! – sento dirmi come risposta. Alquanto scontata, direi.

 

Sospiro con molta pazienza, per poi riguardare meglio la landa desolata che mi circonda.

Mi infilo una mano in tasca per afferrare il piccolo telefono, e mi parte spontaneo un ghigno.

Guarda caso, qui non c’è linea. Comunicazioni interrotte è uguale a: zero seccature! Soprattutto da parte di quella megera con caschetto!

Non è poi tanto male, dai!

 

- Tutto sommato… - premetto con un sorrisino di trionfo- non è tanto male, dai!

 

Yuffie mi si aggrappa alla svelta per un braccio, e comincia a spingermi via.

- Allora seguimi, seguimi, seguimi!

 

- Hey hey, tu! Calma! Ho detto che qui non è male ma... non ho neppure detto che mi piace, zo to!

 

- Non puoi proprio fartelo piacere, eh?

 

Osservo il suo tenero faccino corrucciarsi deliziosamente. Questa volta mi tocca proprio sciogliermi!

 

Storco la bocca. In un primo momento mi fingo scocciato, ma poi sorrido come rassegnato:

- Perché alla fine la do sempre vinta a te?

 

Yuffie n’è certa:

- Perché sei innamorato! Innamorato pazzo!

 

Odio doverlo ammettere ma, ahimé, è terribilmente, spregiudicatamente, crudelmente vero!

 

Se non ti amassi così tanto, piccola ninja, a quest’ora non sarei qui con te.

 

I periodi di vacanza li trascorro un po’ in giro, da solo, o con Rude, quando quest’ultimo non se ne va a Junon. Di solito ci mettiamo lì, in qualche bar, a bere… bere… bere…

Ah! Naturalmente non facciamo solo quello! Alla fine, però, si finisce col bere e basta! Quando c’è Elena, con noi, si beve poco però. Purtroppo. Lei l’alcol non lo può sopportare. E’ astemia. Anche se, una volta ricordo che si scolò due bicchieri interi di birra, solo ed esclusivamente per Tseng. Voleva fare colpo su di lui, mi disse ubriaca fradicia, non appena la caricai sulle spalle per portarmela via da quel pub.

 

La manina di Yuffie continua imperterrita a cingermi il braccio, e a portarmi via, in chissà quale posto.

Guardo attorno a me, tra un passo affannoso e l’altro, e mi deprimo. Nessuna voce, nessun clacson, nessuna insegna di pub… insomma! Niente di niente! Il nulla!

Ci vorrebbe qualcuno dotato di una fervida fantasia, per descrivere questo luogo!

Vedo davanti a me un crocevia. Yuffie si trascina, e mi trascina, verso sinistra, lungo una stradina in salita, e piuttosto stretta. Come sempre lo scenario è stesso: una landa desolata, e nient’altro.

A questo punto preferivo di gran lunga l’artificiale Edge.

 

Il diavoletto dal furbo sguardo si ferma girandosi poi a guardarmi:

- Adesso chiudi gli occhi!

 

La richiesta è sì strana, ma rimane pur sempre un classico, soprattutto tra gli innamorati. 

- Agli ordini principessina! – esclamo mettendomi sull’attenti, e serrando forte le palpebre. – Va bene così?

 

- Non sbirciare, mi raccomando! – Mi raccomando, eh! Tuttavia, anche se lo facessi, non credo proprio che vedrei qualcosa di interessante.

 

- Guai a te se mi fai un gavettone, pestifera di una mocciosa! Sei avvisata!

 

- Con i Turks non si scherza, lo so! – risponde quasi canzonatoria, e tutta allegra.

 

Vengo letteralmente trainato da lei, che mi fa in un certo senso da guida.

Quando non ci vedi, è davvero un problema riuscire ad orientarsi in un ambiente così sconfinato.

L’udito si affina per permetterti di sentire anche il più minuscolo dei rumori. Il mio, si è affinato altrettanto, per via della curiosità. L’unica cosa che sento, è il rumore ritmato dei passi, su questa stradina cosparsa qua e la da pietruzzole varie che ogni tanto mi finiscono sotto la suola delle scarpe.

L’olfatto, per far fronte alla mancanza della vista, si attiva ulteriormente.

Inspiro a fondo, per captare l’aria che mi circonda. C’è un piacevole odore di erba fresca, qui. L’aria, a differenza delle grandi città come Junon, o Midgar, è sana, pura, veramente nuova.  

Ajit è una città antichissima, ma l’ossigeno che si trova in questo luogo, no. Sembra fresco solo perché in realtà quasi nessuno lo respira. Non c’è aria viziata, non c’è fumo, smog, niente è malsano nella Capitale Dimenticata.

Perché no? Comincia davvero a piacermi!

 

Odo i passi leggeri di Yuffie, venir meno.

- Siamo arrivati! – enuncia il tono della sua voce, che a primo impatto mi pare ricolmo di gioia.

 

- Di già? – faccio io, facendomi sentire un po’ sorpreso. In realtà non è che lo sia tanto… anzi!

 

- Adesso puoi riaprire gli occhi!

 

- Mmh…- mugugno perplesso, mettendomi pensieroso- Non lo so.

 

- Come sarebbe “non lo so”?- ribatte all’istante la piccola ninja, mordendo l’esca con una voracità impressionante.

 

Respiro piano, in modo teatrale, cercando di fare il serio:

- Questo posto è così pieno di cose belle, e tutte diverse tra loro, che potrebbe venirmi anche uno shock! – la butto lì, con una classica battuta, mentre sogghignando spensieratamente, riapro gli occhi.

 

Sbatto una, due, tre volte le palpebre, fino a stancarmi, poi resto lì, fisso, sgranato su ciò che mi sta di fronte.

 

Lo shock, mi è venuto per davvero!

 

La colpa va attribuita ad una deliziosa, putrefatta casupola, che le mie pupille sembrano gradire molto.

Il motivo? Non c’è! Ecco il motivo!

Più la guardo, è più me ne innamoro! Non sarà mica una casa stregata?

 

- Non ti piace, eh?- domanda Yuffie, scrutando la mia espressione come si deve, e diventando un po’ mogia.

 

- Al contrario! – rispondo celere, senza distogliere mai lo sguardo dalla deliziosa casupola- E’… è… 

 

- Accogliente! – Yuffie risponde per me, strappandomi proprio le parole da bocca.

Annuisco senza batter ciglio, eclatante come non mai.

 

- Vogliamo entrare, principessina?- dico gentile, allungandole e piegando l’arto destro a mo’ di braccetto, affinché ci si attacchi.

 

Vista da fuori, la casupola appare un po’ come un gigantesco rettangolo di pietra bianco, con un ingresso senza l’anta che lo chiude, ed un’unica finestrella assai sopra l’entrata, che come questa, per l’appunto non ha né vetri e né ante. Per un ladro professionista, non ci sarebbe nessuna soddisfazione!

 

Varchiamo la soglia che porta all’interno, ed atterrisco.

Vista da dentro, è ancora più deliziosa.

Non pensavo che qui, ad Ajit, ci potessero essere delle casupole così semplici ma tanto accoglienti.

 

Gli occhi mi cadono sul pavimento. La suola delle scarpe, mi si è in qualche modo, “insabbiata”. Perché? Perché qui dentro, il pavimento è fatto proprio con la sabbia. O meglio… quasi sabbia.

Lo smuovo appena con la punta della scarpa, per analizzarlo meglio. E’ una sorta di terriccio finissimo, bianco, assai particolare. Tuttavia, osservo meglio, e noto dei pezzi piatti di pietra alquanto ruvida, appartenenti forse alla pavimentazione che un tempo rivestiva il suolo. Essendo scomposto, il tutto risulta a tratti mancante, tutt’altro che uniforme, e sprofondato in parte nella sabbia.

Più in là, ci sono delle conchiglie, dei ramoscelli rossi molto simili ai coralli, e perfino una bella stella marina! Sembra quasi di essere in fondo al mare!

C’è un tavolo, o quel che ne rimane, davanti all’entrata. E’ anch’esso di pietra, biancastro, con gli angoli smussati e corrosi forse dall’acqua.

Avanzo nella hall, chiamiamola così, della casupola, per trovarmi d’innanzi a una seconda uscita che dà sul retro dell’abitazione. Anche in questo caso, l’asse di legno che dovrebbe chiudere l’uscio, non c’è. Proprio sopra la mia testa, c’è un soppalco. Sotto di esso, una sedia molto vecchia e piuttosto deteriorata, sta lì, da chissà quanti anni. Di fronte si trova una sorta di tavolo lungo, completamente di pietra, e tutto impolverato. Esco da sotto il soppalco, e sulla sinistra della parete che mi sta accanto, scorgo una scala.

 

- Tutto di pietra qui dentro, eh? Che fantasia! – annoto adocchiando la gradinata rocciosa, che conduce al soppalco.

Una sorta di piano rialzato, che in realtà è un unico ambiente. Se mi porto d’innanzi all’entrata della casupola, riesco perfino a vederlo.

 

- Quello è il pezzo forte! Vieni! – mi incita Yuffie, corredo spedita su per le scale. La seguo a ruota, senza fiatare, e così… uno ad uno, percorro quei gradini biancastri, un po’ ingrigiti dallo scorrere del tempo, finché non giungo a destinazione.

 

- Avevo visto bene, allora. E’ un unico ambiente. – Mi guardo attorno. Non c’è in realtà tanto spazio, su questo soppalco. E’ un posto piccolo, stretto e lungo, e senza alcuna balaustrata. Non adatto ai distratti, azzarderei! Basta un attimo e… tac! Si finisce di sotto. L’altezza non è tanta ma, sul dolore non posso di certo confermare la stessa cosa…!

 

Quando si sale, proprio di fronte, c’è un vaso tutto scalfito, però perfettamente in piedi. Poco più in là, ecco il letto. A giudicare dalle dimensioni, un singolo direi. Tutto di legno, molto semplice, rivestito soltanto da un lenzuolo. Ai piedi c’è una coperta, gettata lì, con poca cura, frettolosamente.

 

- Scusa il disordine ma… sono sempre di corsa! – si giustifica prontamente Yuffie, correndo alla svelta in direzione della coperta.

“Gettata lì, con poca cura, frettolosamente”. Ho detto così, giusto?

Solo lei, la divoratrice di Materia, sarebbe capace di cotanto disordine!

 

Scuoto il capo, dopodichè rido di gusto.

- Tu sei un’esperta nel fare disordine! Specialmente nelle vite altrui, zo to!

 

Yuffie non si lascia sfuggire l’occasione, e ribatte immediatamente, come solo lei è in grado di fare:

- E tu sei uno zotico, zo to!

 

Sempre gentile, eh?

 

Smetto di ridere, e le vado incontro.

- Se non la finisci di chiamarmi così, ti butto di sotto! Lo giuro!

 

Adocchio l’astuto ninja schernire di sottecchi il sottoscritto.

- Sono la rosa bianca di Wutai, io! – mi sottolinea altezzosa, con quel nasino teso ben in vista.

 

- La rosa bianca di Wutai? Ma per favore, Yuffie! Della rosa hai solo le spine…!

 

La ragazzina pestifera risponde secca con una bella linguaccia. E’ sicuramente sfrontata, ma non sa come controbattere. 

E’ inutile competere con un Turk! Partita persa fin dal principio!

 

- Cambiando argomento… - mi giro ad osservare il piccolo ed accogliente soppalco – Se ho ben capito, tu dormi qui, giusto?

 

Yuffie è intenta a ripiegare la coperta, ma ugualmente annuisce:

- Già! Ma non sempre, però. Questa non è di certo casa mia!

 

- Cosa?! – esclamo con una smorfia allibita- Ti sei messa a rubare perfino gli appartamenti diroccati altrui?! – Non vorrei mai e poi mai che il proprietario tornasse da un momento all’altro, e ci trovasse qui, in una proprietà privata! Nella sua! Non voglio di certo passare anche per ladro! Uno spietato Turk, ignobile, zotico e pure mariolo! Sarebbe troppo. Decisamente troppo! – Si può sapere di chi è questa baracca?!

 

- Di nessuno! – sentenzia spontanea lei, come se nulla fosse.

 

Sollevo il sopracciglio sinistro, infine rifaccio:

- Nessuno…?

 

- Nes-su-no! Nessuno!

 

Mi stringo nelle spalle:

- Nessuno!

 

Yuffie mi si avvicina con passo lento. Ha un’aria strana. – In effetti…- la furbetta ragazzina esita, tergiversa, poi si lancia: - Un proprietario c’è.

 

La mia replica è istantanea:

- Lo sapevo, zo to! Io e te, soli in questo popò di casupola, lontano da tutti e da tutto ma… ladri! Ecco dov’era la fregatura!

 

- Hey hey, frena! – fa lei, tutta agitata, mettendo le mani avanti – “C’era” un proprietario, e non “c’è”! – sottolinea difendendosi alla svelta.

 

La scruto a fondo ancora una volta, più attento:

- C’era? Sicuro, rospetto diabolico?

 

Yuffie assente decisa:

- Sicuro, Turk diabolico! – canzona.

 

Faccio scorrere via le sue parole, e m’impegno a guardare meglio attorno.

Il lettino è attaccato al muro, proprio sotto una finestrella rettangolare, senza vetri né ante, dalla quale filtra una leggera luce che s’infrange sul lenzuolo del letto. Una conchiglia di un rosa antico molto pallido, è appesa alla parete, poco più in là del letto.

Non c’è altro qui sopra. E’ senza dubbio un ambiente semplice, ma dannatamente accogliente.

Per la miseria! E’ una baracca così scialba, eppure mi incanta!

Non sarà davvero una baracca stregata? Però quella megera di una bionda, non c’è! Sarà una baracca stregata senza la strega!

Nel momento in cui i pensieri mi assediano, si ode un rumore.

E’ lo stomaco di Yuffie che borbotta! 

Saranno all’incirca le quattro. Sarebbe in realtà l’ora della merenda ma, non avendo ancora pranzato, per noi non lo è affatto.  

 

- Non ci sono ristoranti in questo posto, eh? – dico così, tanto per replicare qualcosa, pur conoscendo esattamente la risposta.

 

Lo scricciolo dagli occhi nocciola si guarda per qualche istante il pancino, sicuramente vuoto, dopodichè esclama:

- Andiamo a mangiare!

 

Scendiamo giù, quegli scalini, uno alla volta, fino al pian terreno. Proprio sotto il soppalco c’è una cesta con l’apertura coperta da un canovaccio rattoppato che funge da coperchio.

Yuffie la scartoccia, scoperchiando così il celato contenuto.

Della frutta, un paio di bottiglie d’acqua, ed un grosso barattolo di sottaceti.

Lo stomaco mi si contorce senza nessun freno, alla sola vista del vasetto.

Ho giurato di non mangiare mai più neanche un solo sottaceto!

 

Un boato all’interno dello stomaco, fa sussultare Yuffie che si gira a fissarmi:

- Hai fame anche tu, eh?

 

Come darle torto! L’omino del merengue, è tornato!

Sta qui, dentro la mia pancia, a fare casino, ad urlare a squarciagola, a danzare come un forsennato con le scarpette da tip tap. Un male…! 

Maledetto lui, e la sua scuola di ballo!

Yuffie in un batter d’occhio ha messo il tutto sul tavolo.

Il barattolo è là, baldanzoso, che mi sfida con un’occhiata. Sta forse minacciando un Turk? Il sottoscritto, per l’appunto!

La fame incalza, così come incalza la gloriosa aria di sfida di un piccolo ma gagliardo sottaceto che mi manda interamente in bestia.

Mi fissa, con quella faccia inespressiva, ma carica di competizione. Ci guardiamo dritti negli occhi, come due cowboy nel bel mezzo di un duello.

 

In un attimo sono là, proprio accanto al tavolo, ad infilzare quel dispotico cetriolino con la punta affilata della mia arma: uno stuzzicadenti di appena cinque centimetri!

- Mai duellare con un Turk, mediocre cibo! – gli dico fiero, poco prima di portarmelo dritto alla bocca, per poi triturarlo con pochi azzanni.

 

Yuffie mi sta vicino, osservando la scena con fare dubbioso. Di sicuro non immagina neanche lontanamente, l’astio che le lega me, a questo ignobile cetriolo saturo d’aceto.

 

- Sai parlare anche con i sottaceti? – domanda scrutandomi confusa, ma con la voglia di deridermi.

 

- E’ un affare che riguarda solo me e lui, zo to!

 

- Oh… certo! – La ninja wutaiana sorride quasi a stento, la sua espressione non è delle migliori.

 

Non crederà che sono un matto, spero…!

 

- Non sono un matto! Credimi! Piuttosto…- taglio netto con la storia del sottaceto, cambiando completamente discordo – Racconta… come l’hai scovata? – chiedo guardandomi in giro, con la voce sporcata dal cibo- Questa casupola, intendo. – preciso in seguito.

 

- Ero in giro…- premette. E dove sennò? Tu sei perennemente in giro! – Ha iniziato a piovere, e, trovandomi da queste parti, mi sono ricordata di questa adorabile casetta che vidi all’incirca tre anni fa, quando con Cloud e gli altri passammo di qui per raggiungere Aeris.

 

- Ah… quell’Antica tutta trecce uccisa da Sephiroth, giusto?.

 

- Non dire così! – mi ammonisce selvaggia, con modi non proprio cordiali.

 

Faccio spallucce, e la incito a proseguire con un bel: - E poi?

 

- E poi… trovata la casa…

 

- Trovato il riparo!

 

Yuffie assente regalandomi uno dei suoi piccoli sorrisi: - Proprio così! Alla fine l’ho adottata come mia seconda casa! Per tornare a Wutai, nella mia, ci vuole un po’ troppo tempo!

 

Ad un tratto mi ricordo così, alla sprovvista, di un minuzioso quanto particolare ricordo, legato all’episodio di Midgar, quando la nana mi ha preso con insistenza e condotto nell’orfanotrofio.

- Tuo padre ti ordina spesso di tornare a Wutai, vero?

 

- Sì, ma io non gli do quasi mai retta!

 

- Eppure… quel giorno, quando mi hai offerto il pranzo, avevi un faccino così triste… Ricordi? Non ti andava di ritornare a Wutai.

 

Vedo Yuffie farsi un pochino rossa.

Piego leggermente il capo verso sinistra, poi, come se nulla fosse, glielo faccio notare:

- Sei… rossa. Tutta rossa, zo to! – Vederla reagire così meccanicamente, coprendosi le guance con le mani per occultare quell’imbarazzante rossore, mi piace da morire! – Hai allacciato la cravatta, e sei corsa via, non prima però di avermi abbracciato così amorevolmente! – le ricordo ancora, per farla intirizzire ancora di più. E’ tutta uno spasso questa pestifera ninja! – Dì la verità, principessina furbetta! Non volevi ritornare a Wutai solo perché temevi di staccarti da…

Vengo interrotto così, a metà tra una parola e l’altra, da un grosso sottaceto che la Yuffie qui presenta, m’infila in bocca. La forchetta rimane arpionata nella dura superficie dell’alimento, tanto che Yuffie se la ritira a forza indietro.

Davvero gentile, da parte sua, imboccarmi! Tuttavia… non sono un rimbambito poppante!

Mando giù alla svelta, senza neppure masticarlo a dovere, e ritorno alla carica:

- Non volevi staccarti da me! Ho indovinato!?

 

- Per niente!

 

- E invece sì! – prima di proseguire a parole, metto una mano sopra il barattolo dei sottaceti, assicurandomi così che la nana non me ne infili qualche altro per tapparmi la bocca, e riprendo:

- Avevi paura di staccarti da me! Non volevi lasciarmi solo o… più semplicemente, non mi volevi perdere d’occhio! Ti piacevo già all’epoca, non è forse così?

 

- Figuriamoci! – si limita solamente ad esclamare, seppur balbettando un pochino.

 

- Perché non la fai finita una volta per tutte, e ti arrendi all’evidenza, zo to? Io ti piacevo, e pure tanto!

 

Yuffie non ha l’ardire di aprir bocca. Niente. Nemmeno una sillaba, o anche mezza, perché no?

Nulla di nulla! Tuttavia, è la sua adorabile faccia, a parlare.

Invano lei, tenta di trovare rifugio osservandosi attorno. Invano lei, tenta di reprime quel rossore che, bollente ed arrogante, gli colora le guance di rosso. Invano io, tento di reprime l’incessante bisogno che mi spinge ad andarle vicino, e a prenderla tra le braccia, teneramente.

Faccio tutto ciò, posando infine il mento su quella testarda testa di bimbo che lei si ritrova.

- Guarda che non devi vergognartene! Sei la rosa di Wutai, o no? E poi… suvvia! Che male c’è? Infondo adesso siamo una coppia, zo to!

 

- Una coppia strana, direi! – sento replicare dalla ragazzina, che mi parla con la testa immersa comodamente nel tessuto verdognolo della mia maglia.

 

- Bimba…! Ti va forse di scherzare? Perché dici così?

 

- Tu sei un Turk, ed io la futura leader di Wutai! E ancora… tu stai con la Shin-Ra, ed io con la banda di Cloud! E poi… tu sei dei cattivi, ed io dei buoni!

 

Bella, questa dei paragoni! Mi piace! Ciò nondimeno, sono chiamato a rispondere:

- Gli opposti si attraggono, no? – Fatta eccezione tra me ed Elena, s’intende!

 

- Non è questo!

 

- E allora? Hai paura che a tuo padre non vada a genio un genero Turk? Oppure ti preoccupi del giudizio di quel soldier dal ciuffo color paglia, e degli altri?

 

- Tu cosa dici?

 

- Dico che è ora di finire il pranzo, zo to! – L’omino ballerino che abita nel mio stomaco, non si è ancora saziato.

 

- Tu non vuoi solo giocare con me, vero? – sento chiedermi all’improvviso, da una voce che trabocca insicurezza.

 

- Yuffie, bambina mia! Tu non ti fidi di me, è così? Perché sono un Turk, vero? Ma… se cambiassi mestiere? Mi crederesti?

 

La piccola ragazza si scuote, per poi sollevare quel capo dal mio petto, e bloccarmi con lo sguardo:

- Tu… faresti questo? Rinunceresti ad essere un Turk?

 

Giammai!

Che sia ben chiaro! Quel corpo per me, è tutto! E’ la mia seconda famiglia, un lavoro che amo, che mi dà soddisfazione, che mi fa sentire vivo. Non potrei abbandonare i Turks, per niente al mondo!

 

- Certo! – le rispondo cercando di essere credibile, ma in realtà non lo sono per niente.

 

- Potresti entrare nella WRO! Magari chiamo Reeve, e…- E lo sapevo! Mai dare corda ad un simile demonietto!

 

- Hey bimba, frena! Lo sai benissimo che la WRO, e quel Tuesti, non fanno per me! E poi…

 

- E poi, tu non lasceresti mai e poi mai quella benedettissima elite! – Colto in fragrante, direi. Stai a vedere che, la sua, era soltanto una subdola esca per farmi uscire allo scoperto?

 

- Ho abboccato come un perfetto idiota, zo to!

 

Yuffie sghignazza poco simpaticamente:

- Te l’ho fatta, ammettilo! – Mai! La soddisfazione non te la darò mai! – Però…- prosegue facendosi più seria- Chiederti di rinunciare a una cosa che ami così tanto, è davvero crudele da parte mia. Sono una che salva il mondo, io! Tienilo bene a mente! – fa, toccandomi scherzosa la fronte con la punta dell’indice.

 

Che tipetto indemoniato!

Stavolta sorrido: - Sei più machiavellica tu, che il presidente Rufus!

 

- Machimachille… – ripete con disordine, mettendosi poi pensierosa per appena due secondi. – Machivellica?

 

Mi viene spontaneo ridacchiare.

- Machiavellica! – le ripeto da bravo insegnante, nel momento in cui scompiglio affettuosamente i suoi capelli con una strigliata di mano. – Lo sai che cosa vuol dire?

 

Yuffie come previsto mi fa di no con la testa.

 

Dopotutto, è una bambina!

 

- Ha lo stesso significato di scaltra, subdola, opportunista… Cose così, insomma!

 

- Ma io non sono così, insomma!– si difende all’istante, dandomi un rapido schiaffetto sul torace. – Non mi piace questa parola! E comunque… L’opportunista sei tu!

 

E’ inutile: l’ultima parola deve essere sempre la sua!

 

 

 

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Finalmente riesco ad aggiornare… che fatica! E’ un “fuggi fuggi” generale!

Non so se da adesso in poi riuscirò più a scrivere queste già poche righe che ormai vi lasciavo qui già da un po’ di tempo, ad ogni modo sappiate in anticipo che non vi ringrazierò mai abbastanza per l’attenzione e l’affetto che ognuno di voi mi dimostra ogni volta che legge e commenta la Red Head!

Grazie di cuore!

 

Alla prossima!

Botan

 

P.S. La casetta della fic, esiste davvero! La potete trovare esplorando Ajit nel Final Fantasy VII. Non so spiegarvi bene il perché, ma a me ha colpito moltissimo. Mi infonde un forte senso di tranquillità ed accoglienza!

   
 
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