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Autore: chiaki89    23/09/2010    4 recensioni
Sono passati sei anni dall’arrivo dei Volturi. Leah, unica donna fra i licantropi, è sempre più insofferente verso tutto ciò che la circonda, nonostante ci siano stati piccoli miglioramenti.
Ma l’arrivo di un vampiro mai visto nella zona sconvolgerà di nuovo tutto.
Chi è Jeremy? Perché è arrivato a Forks?
Queste domande diventano superflue quando Leah si ritrova costretta con l’inganno a sorvegliarlo quotidianamente.
Ed è l’inizio di una nuova storia, nella quale incontrerete ancora tutti i personaggi che avete amato, e anche qualcuno in più.
“Quando il vampiro platinato si voltò ebbi la soddisfazione di vederlo stupito per un secondo buono. Presi fiato per dare libero sfogo alla mia volgarità ma lui mi precedette con una risata decisamente maleducata.
“E così, quel cosino è un lupo? Avete anche donne-lupo? Ridicolo! Inaudito!” continuò a sghignazzare.
“Ehm, lei è l’unica…” rispose cautamente Jacob, guardandomi.

[…]
Raccolsi un grosso masso di granito e lo scagliai con precisione. Gli staccai di netto un braccio. Mi permisi di rivolgergli un sorriso compiaciuto, consapevole che stavo giocando col fuoco.”
Tratto dal cap.3
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harvest Moon'
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FESTA

 

 

 

Il mio volo non durò a lungo. La riserva era troppo piccola per le mie zampe ed in breve tempo mi trovai al limitare del caseggiato. Mi trasformai rapidamente.

Ero sbucata vicino alla casa di Jacob, tutto per tentare di non incrociare il caro Joshua.

Ma la fortuna quel giorno aveva deciso di evitarmi come la peste.

Gemetti frustrata nel vedere Jake e mio cugino chiacchierare amichevolmente davanti al porticato di casa Black. Mi uscì una mezza risata quando notai Joshua guardare in alto verso il lupastro: un nano davanti ad un gigante. Sembravano andare molto d’accordo. Perfetto.

Cercai di rientrare nel folto degli alberi, muovendomi con passo felpato verso la mia salvezza. Ma Jacob aveva sentito il mio odore.

“Leah!”, urlò sbracciandosi. Le mie spalle si afflosciarono. Dalla padella alla brace.

Di malavoglia mi diressi verso i due ragazzi fermi e sorridenti.

“Come va?”, chiese il caro alfa.

Gli sorrisi nel modo più falso che mi fosse possibile, al punto che indietreggiò. “Divinamente. Ma potrebbe andar meglio.”.

Joshua spostava lo sguardo dall’uno all’altra, confuso dalla nostra breve conversazione. Meglio per lui che non capisse nulla.

“È tutto okay?”, chiese perplesso.

“Ma certo. Cosa ti fa pensare diversamente?”, ribattei con finta ingenuità. Jake mi diede una lieve gomitata nel fianco e io lo guardai malissimo, ma chiusi la bocca.

“Joshua mi ha raccontato del suo nuovo lavoro.”, disse, e gli mollò una pacca sul braccio. Avrei scommesso che gli sarebbero usciti i lividi.

Mio cugino sorrise, nascondendo il dolore. “Non è proprio così. In realtà domani ci sarà il primo colloquio e solo dopo, se farò colpo sul signor Barks, potrò cominciare a lavorare.”.

“Certo, certo.”, rispose Jake. “Questi sono solo dettagli.”.

Era arrivato il momento di dire la mia battuta: “Non ti preoccupare Joshua. Sei così in gamba che il signor Barks ti prenderà subito!”.

Ma non sarebbe stato da me. Mi limitai a rispondere “Si vedrà.”, aggiungendo un vago sorriso.

Non avevo dimenticato le parole di Rosalie –in particolare gli insulti- tuttavia avevo bisogno di tempo per metterle in pratica. Se le avessi messe in pratica.

“Ora, ragazzi, se non vi dispiace io andrei a casa a riposarmi. Il mio lavoro è molto stancante.”, dissi soavemente. Tutta scena.

Jacob accusò la frecciatina. Si guardò i piedi, spostando il peso dall’uno all’altro come faceva quando si sentiva a disagio.

Joshua sorrise con dolcezza, scostando i capelli dalla fronte in un gesto automatico. Ecco i suoi soliti occhi da cucciolo: mi facevano saltare i nervi. Strinsi forte i pugni dietro la schiena per evitare di compiere gesti avventati.

“Buon riposo.”, mi augurò. “Ci vediamo più tardi a cena, Leah.”. Mi faceva saltare i nervi anche l’affetto evidente nella sua voce. Sapevo di non meritarlo, maledizione. E non lo volevo.

Annuii e feci un cenno di saluto ad entrambi, prima di avviarmi verso casa.

Con il mio udito fin troppo sensibile sentii Joshua chiedere all’altro che lavoro facessi. Poverino, ormai si era ridotto a chiedere agli altri informazioni su di me, e solo quando fosse stato sicuro che io non potessi sentirlo. Ma lui non poteva sapere dei miei superpoteri.

Jacob si schiarì la gola, evidentemente indeciso su ciò che poteva dire. Lui sapeva che io lo potevo sentire. Aguzzai le orecchie, curiosa di sapere quello che avrebbe ideato il geniale alfa.

“Ehm, qualcosa tipo…non so…guardia giurata?”, balbettò.

Silenzio.

Udii Jacob deglutire spaventato da metri e metri di distanza, terrorizzato dalla possibilità che io non approvassi la battuta.

Lo sentii riprendere a respirare solo quando la mia risata echeggiò fino alle sue orecchie.

Che idiota.

***

I giorni si susseguivano veloci e portarono finalmente un po’ di pace.

Vedevo Joshua solo a colazione e a cena, giusto di sfuggita, perché entrambi eravamo impegnati con i nostri lavori. Joshua, com’era ovvio, era stato accolto a braccia aperte dal vecchio e ormai artritico signor Barks, che gli aveva scaricato sulla schiena un mucchio di faccende da sbrigare.

Per una volta dovevo ringraziare la dea della fortuna.

L’idiota platinato mi faceva ancora fumare le orecchie di quando in quando, ma dovevo ammettere che stava migliorando. Il suo potere di controllo, utilizzato su se stesso, gli permetteva di fare passi da gigante. Entro un mese avrebbe potuto tentare di muoversi persino in un centro abitato, obbligandomi a rimanere umana per sorvegliarlo. Eppure ero contenta. Prima Jeremy fosse diventato il “perfetto vampiro vegetariano”, prima io mi sarei liberata della sua presenza giornaliera.

Quel sabato era stato particolarmente piacevole. L’imbecille mi aveva fatto ridere segretamente per una mezz’ora buona quando, dopo aver sentito all’improvviso la scia di un umano, aveva cominciato a muoversi a scatti avanti e indietro, al ritmo di quattro battute al secondo. Infine, per cercare di trattenersi, si era schiantato contro un albero. Il povero abete era stato abbattuto, ma almeno Jeremy si era salvato dal pestaggio. Mi sentivo particolarmente magnanima dopo la scenetta ridicola alla quale mi aveva fatto assistere.

Tornata a casa psicologicamente pronta a trovarmi davanti Joshua mi stupii nel non trovare né lui né mio fratello. Mia madre era da Charlie quella sera il che si traduceva in una magnifica serata di solitudine.

Dopo una meritatissima doccia venni distratta dal rumore di una macchina che entrava nel vialetto. Incuriosita scostai la tenda della mia stanza e guardai fuori.

Il fracasso di un clacson sottolineò l’arrivo del licantropo più esibizionista di tutti: il solito Jacob Black.

Scesi istantaneamente le scale e mi accostai alla macchina. “Che c’è?”, chiesi scocciata.

“Riunione tra licantropi stasera! Salta su!”, rispose con un gran sorriso.

“Riunione? Ma non doveva esserci una “festa” stasera?”. Lo fissai sospettosa. Lui scosse la testa. “Non c’era abbastanza gente che volesse venire, quindi è stata annullata.”.

“E perché la riunione?”, chiesi ancora più scettica. Non me la bevevo.

“Senti, Leah, sei davvero troppo paranoica. Alice mi ha fatto sapere di un nuovo vampiro in arrivo, ergo è necessario un incontro tra licantropi. E tu sei la mia beta, non puoi mancare!”.

“Ergo? Sai dire anche parole così difficili, Jake?”, ridacchiai. Lui mi guardò male. “Va bene, va bene! Vengo! Che piaga che sei…”, dissi salendo in auto.

Qualche minuto di silenzio dopo mi decisi a fare la domanda che più mi spaventava.

“Dove facciamo la riunione?”. Speravo non da Sam. Essere circondata dai suoi due pargoletti urlanti non era propriamente la mia idea di “bella serata”.

“Tranquilla, non siamo da Sam.”. Il buon Jake. Ogni tanto sapeva anche comportarsi da vero amico. Lo premiai con un sorriso sincero e lui strabuzzò gli occhi.

“Cos’è quell’espressione sulla tua faccia? I primi segni dell’arrivo dell’apocalisse? Volevo salutare Nessie prima della fine del mondo…”.

Il mio viso si contorse e gli tirai un pugno sul braccio, furibonda. “Bastardo.”. Il mio pugno avrebbe spezzato il braccio a chiunque, ma non a Jake. Era giusto sufficiente a fargli abbastanza male.

“Ehi, attenta, sto guidando!”. Ma si vedeva che stava scherzando. Mi fissò un’ultima volta di sfuggita, poi si abbandonò ad una risata fragorosa.

Mi voltai verso il finestrino, apparentemente stizzita. In realtà cercavo di nascondere il sorriso che mi attraversava il volto. Fu allora che vidi la strada che stavamo seguendo.

“Jacob Black.”, sillabai furibonda, la mia voce simile al rombo del tuono che anticipa la tempesta.

Lui deglutì forte. “Sì?”, chiese flebilmente.

“Si può sapere perché siamo sulla strada che porta alla spiaggia?”. Lo vidi stringere il volante in modo convulso: per un attimo temetti che lo stesse per spaccare.

“La riunione la facciamo lì.”, rispose incerto. Come no. Credeva davvero che ci sarei cascata?

“Riportami a casa.”, sentenziai freddamente.

“Leah, dai…”.

“Subito!”, ringhiai.

“No.”.

La risposta mi lasciò spiazzata per un attimo. Di solito Jacob non si opponeva alle mie tirate in questa maniera. Lui approfittò del mio momento di stupito mutismo per continuare a parlare.

“Insomma, Leah, ogni tanto dovresti divertirti! Non puoi sempre tenere il broncio, è frustrante vederti così!”, disse con veemenza.

“Non ho voglia di divertirmi, ok? Adesso portami a casa.”.

“No.”, ripeté di nuovo.

Lo fulminai con un’occhiata assassina. Stava giocando con il fuoco quel ragazzino: la mia pazienza non avrebbe retto ancora per molto.

“Leah, ammettilo, hai bisogno di svagarti. E io ti devo questo momento di svago visto che hai accettato di sobbarcarti la sorveglianza di Jeremy.”.

Prego? Da quando avrei accettato di seguire quella sanguisuga? Più che altro ero stata costretta: da lui, tra l’altro. Adesso si faceva venire i sensi di colpa?

Scossi il capo, testarda. “Non voglio venire.”.

“Se non lo fai te lo ordinerò in qualità di alfa.”, stabilì convinto.

“Non lo faresti mai.”, lo sfidai. “Va contro ai tuoi saldi principi.”.

“In questo caso lo farei solo a tuo beneficio, quindi tecnicamente non vado contro a nessun principio.”, ribatté serissimo. Non stava scherzando quel maledetto. Certo, io al momento ero in forma umana, perciò in realtà l’ordine alfa non mi avrebbe creato nessun problema. Ma sapevo anche che non gli ci sarebbe voluto poi molto per farmi trasformare. Accidenti alla mia irritabilità.

Alzai gli occhi al cielo, sbuffando. Odiavo dargliela vinta.

Lui mi diede una pacca sulla spalla, che gli costò uno sguardo omicida da parte mia. “Vedrai che ti divertirai!”, disse contento.

“Come no!”, risposi caustica. “Mi divertirò da morire.”.

Troppo soddisfatto della sua impresa per potersi arrabbiare, mi sorrise.

***

La spiaggia di La Push al tramonto era uno spettacolo mozzafiato. Il cielo si stendeva sopra il mare in mille sfumature, dall’arancione al viola, spezzando ogni confine tra aria e acqua. Il sole si era già tuffato oltre l’orizzonte, ma il suo bagliore aleggiava ancora nel cielo, come le tracce luminose che restano impresse dietro le palpebre anche dopo che la luce non c’è più. Persino io riuscivo a rimanere incantata davanti a tanta bellezza. Il cicaleccio delle persone accorse per la festa era un ronzio indistinto nelle mie orecchie, che cercavo di ignorare. I due falò allestiti brillavano allegri nella semioscurità, le fiamme che spandevano sprazzi azzurrognoli tipici della legna arenata sulla spiaggia. Il profumo del cibo si mescolava docilmente con quello dei rami bruciati, originando un aroma incredibile che sapeva di ricordi d’infanzia. O almeno era così per me. Ma non ero completamente sicura che la cosa mi piacesse.

C’erano tantissime persone: praticamente tre quarti della popolazione giovanile della riserva. E, ovviamente, tutti i licantropi. Beh, decisamente una serata in famiglia.

Mi avvicinai al fuoco, accompagnata da Jake, con un smorfia che voleva essere un sorriso ma che in realtà sembrava più la faccia di qualcuno con un mal di stomaco davvero grave.

Tentai di parlare, tentai di interagire. Ma era inutile.

Non potevo divertirmi. Era come se tra me e le persone ci fosse stato un velo invisibile che impediva alle loro parole di raggiungere me e i miei pensieri di raggiungere loro. Cercai del cibo, da vera licantropa perennemente affamata, e cominciai a girare pigramente tra la folla, salutando di quando in quando con vaghi cenni le persone che conoscevo. Che serata assolutamente pessima. Me ne sarei andata volentieri ma se l’avessi fatto Jake mi avrebbe accusato di essere una codarda e avrei perso la faccia davanti a tutti.

Strinsi i denti. Ce la farò. Sopravvivrò anche a questa ridicola festa.

Cautamente mi diressi lontano dalla ressa, temendo ad ogni istante di essere richiamata indietro da qualche imprudente votato al suicidio psicologico. Miracolosamente nessuno mi notò, o finsero di non farlo, e raggiunsi una piccola oasi di calma.

Mi stesi a pancia in su sulla sabbia, incrociando le braccia dietro la testa ed esalando un sospiro soddisfatto. Ero ad un centinaio di metri dalla festa ma tanto bastava. Benedetta solitudine.

Guardai in alto, verso il cielo ormai scuro. Le stelle avevano fatto capolino già da un po’ di tempo: brillavano tremule, luminose capocchie di spillo conficcate nella vellutata oscurità. Mi assomigliavano così tanto, le stelle.

Silenziose. Lontane. Sole.

Circondate dal buio, con la rabbia di vedere la luce a breve distanza, ma impossibilitate a raggiungerla. Chiusi gli occhi, decisa a non lasciarmi andare a pensieri odiosamente tragici. Mi stava succedendo un po’ troppo spesso ed ero furibonda con me stessa.

Sentii dei passi avvicinarsi. Strinsi i pugni, irritata con lo scocciatore di turno. Tenendo serrate le palpebre annusai l’odore del nuovo arrivato e imprecai interiormente.

Riaprii gli occhi in tempo per vedere la sorridente faccia di Joshua nascondere il cielo stellato.

“Ciao Leah! Non mi aspettavo di trovarti qui!”, disse.

Ma guarda. Neanche io mi aspettavo di trovarmi qui.

Gli risposi con un sospiro rassegnato. “Tu piuttosto, cosa ci fai qui?”.

Il suo sorriso si attenuò lievemente, tuttavia non demorse. Il tipico coraggio suicida di Joshua. “Mi ha invitato Jacob alla festa, ma in realtà anche Seth me l’aveva accennato. È incredibile quanto siano cresciuti, quasi non li riconoscevo!”.

“Fidati, sono cresciuti solo nel corpo. Il cervello è rimasto uguale a quando erano bambini. Anzi, probabilmente si è pure ristretto.”, replicai automaticamente. Lui mi guardò un attimo, intento.

Poi la sua voce quieta ruppe l’ennesimo silenzio tra noi. “Posso sedermi?”.

Beh, la sua vicinanza non mi avrebbe certo causato il morbillo. Scossi le spalle, indifferente, e lui si sedette accanto a me. Levò anche lui gli occhi verso le stelle.

“Sei cambiata, Leah.”. Il suo sguardo limpido mi scrutò per un attimo prima di riprendere la contemplazione del cielo. “Sei cambiata davvero tanto.”.

“Questi non sono affari tuoi.”. Lui sobbalzò come se avesse ricevuto un colpo di pistola in pieno petto e i suoi occhi si fecero dapprima tristi, poi determinati.

“Invece ti sbagli. È anche affar mio.”, sentenziò convinto.

Da quando Joshua si metteva contro qualcuno? L’addestramento da avvocato doveva aver fatto miracoli. Lo fissai con uno sguardo scettico, sfidandolo ad andare avanti. Non gli conveniva farmi saltare i nervi.

“È affar mio.”, ripeté cocciuto.

“Questo l’ho capito, per quanto sia assurdo. Ti spiacerebbe spiegarmi perché?”, ribattei secca.

“Perché sei mia amica, Leah.”.

Questa poi. Non ci vedevamo –e sentivamo- da anni e lui mi considerava ancora una sua amica: quel ragazzo era completamente fuori di testa. Se sperava di far breccia nel mio cuore con quattro moine proprio non aveva idea con chi avesse a che fare.

“Sono sette anni che non ci sentiamo, Joshua. Non ti sembra di essere ridicolo?”, feci, acida.

Lui scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli scuri intorno al suo collo. “L’amicizia non si esaurisce né con gli anni né con la distanza. Ti ho sempre voluto bene e te ne voglio ancora. E mi dispiace tantissimo di vederti così…”. Si interruppe, cercando la parola adatta. In uno slancio di pura bontà lo aiutai.

“Stronza?”, suggerii.

Lui ridacchiò e io digrignai i denti. Aveva per caso intenzione di prendermi in giro?

“Beh, io avrei usato altri termini, magari un pochino più eleganti. Ma , Leah: sei diventata una stronza.”, rispose, eppure il suo sguardo gentile smentiva l’insulto che mi aveva appena rivolto.

Perché doveva essere così schifosamente perfetto?

“E quindi?”, ribattei secca. “Ho i miei motivi per essere stronza, d’accordo? E, guarda un po’, comportarmi in questa maniera mi fa vivere bene.”.

“Bugiarda.”.

La sua replica improvvisa mi lasciò un attimo senza parole. Non tanto per la velocità con cui mi aveva risposto, quanto per la sicurezza che esprimeva in quella singola parola.

Ma mi ripresi velocemente. Scoccandogli uno sguardo furente sibilai la mia minaccia.

“Attento a quello che dici. La mia pazienza non è infinita.”.

Lui sorrise. Un sorriso dolce, comprensivo e pieno d’affetto. Glielo avrei strappato a unghiate.

“Leah, sei sempre stata una persona di poche parole, questo non lo nego. Per farti confidare con me c’è sempre voluto del bello e del buono eppure non hai mai rifiutato la compagnia di persone che potevano esserti amiche. E non hai mai cercato di ferire intenzionalmente gli altri, né con gesti né con parole. Hai sempre avuto anche un bel caratterino ma mai ti ho visto reagire e scattare in modo velenoso come in questi giorni. Cosa ti è successo, Leah, per farti cambiare così tanto?”.

Quel ragazzo aveva passato il limite. Cosa credeva, di potermi criticare proprio quando lui, il mio migliore amico, si era rifiutato di starmi accanto nel momento in cui ne avevo più bisogno? Lui non sapeva niente di quello che avevo passato.

“Leah, lo so che è andata male con Sam ma…”.

“Sta’ zitto!”, ringhiai. “Tu non sai nulla, nulla di quello che è successo! Se davvero ti ritieni ancora mio amico fammi il piacere di lasciarmi in pace e di non rigirare il coltello nella piaga.”. Chiusi di scatto la bocca, improvvisamente consapevole di quello che avevo appena detto. Avevo ammesso di soffrire: avevo manifestato una debolezza. Imprecai contro la mia stupidità.

Le labbra di Joshua erano leggermente curvate all’insù, sapendo di aver preso un piccolo vantaggio su di me.

“Cosa può essere successo di così terribile?”, chiese ingenuamente.

Tremai visibilmente, serrando di nuovo i pugni. “Hai idea”, dissi con voce livida e carica di rabbia, “cosa voglia dire vedere le persone che si amano venirti strappate una ad una, senza che nessuno si fermi a pensare se questo possa farti soffrire?”. Mi maledissi di nuovo. Accidenti a me e alla mia suscettibilità. Stava facendo apposta a dirmi quelle cose per farmi sbottonare. Portai lo sguardo verso l’orizzonte, rifiutandomi di guardare mio cugino, ferita nell’orgoglio.

Lo sentii sfiorarsi i capelli e poi sospirare. “Mi dispiace tanto, Leah. Avrei voluto esserti più vicino. Ho saputo troppo tardi quello che stava succedendo.”, la sua voce conteneva un tormento profondo e sincero, ma non ebbe alcun effetto su di me. Era in ritardo di almeno sei anni.

Lui mi guardò e probabilmente intuì, dalla rigidità dei miei lineamenti e della mia postura, quello che stavo pensando.

“Perché non mi racconti quello che è successo? Confidati con me come una volta, ti farebbe bene, ne sono convinto.”.

Lo fissai come se fosse un alieno. Doveva essere fuori di testa per chiedermi una cosa simile.

“No.”. La mia risposta tagliente non si fece attendere.

“Perché?”.

Sbuffai pesantemente, lanciandogli uno sguardo sarcastico.

“Andiamo, Leah. È inutile che cerchi di nasconderti dietro a questi atteggiamenti. Lo so che non vuoi parlare di quello che hai passato perché ritieni ti faccia troppo male esprimere i fatti in parole. Eppure affrontare per una volta i tuoi demoni potrebbe davvero farti bene. Potrebbe farti andare avanti.”.

Le sue parole erano straordinariamente simili a quelle di Rosalie e la cosa non mi piacque. Mi alzai per andarmene.

Non sto fuggendo. Leah non fugge mai.

Avevo già fatto qualche metro quando la voce di Joshua mi fermò.

“Non ho intenzione di arrendermi, ricordatelo. Non sopporto di vederti così, Lee-Lee.”. Il mio nomignolo, lanciato in modo così incauto verso le mie orecchie, simile ad un fiammifero sbadatamente gettato in un mucchio di fieno, mi scosse. Perché doveva fare così? Non poteva lasciarmi in pace a marcire nel mio inferno in Terra? No, Joshua l’eroe voleva salvarmi dalla prigione che mi ero creata. Che stupido.

Girai appena la testa verso di lui, guardandolo con la coda dell’occhio, non sapendo -per una volta- cosa dire. Poi scrollai le spalle e corsi via verso la foresta.

Quando fui sicura di essere lontana da sguardi indiscreti mi trasformai. Era un sollievo: le emozioni da lupo erano molto più semplici e quindi più facili da gestire.

Eppure questo non impedì ad un pensiero di attraversarmi la mente.

Leah Clearwater, stai fuggendo.

 

 

 

 

 

*Note dell’autrice*: eccomi di nuovo qui, come promesso! Noterete che in questo capitolo le cose cominciano a muoversi un pochino (alleluja, direte!) ma vi assicuro che il bello deve ancora venire!

Visto che oggi è il compleanno della vostra adorata autrice (me la suono e me la canto da sola), ho deciso di fare un regalino a voi (invece che a me): essendomi portata abbastanza avanti con i capitoli, comincerò a fare degli aggiornamenti settimanali. Il prossimo quindi sarà il 30 settembre. Spero di poter continuare così fino alla fine della storia ma purtroppo non so ancora che carico di lavoro comporterà l’università, quest’anno in particolare, quindi non garantisco aggiornamenti settimanali fino all’epilogo. In ogni caso vi avviserò.

 

Piccola nota dolente: le recensioni. Purtroppo ho visto che stanno calando e, da brava pessimista, mi sono convinta che la storia stia piacendo sempre di meno. Tranquilli, minacce del tipo “se non recensite non aggiorno” non le riceverete mai da me, però ci tenevo a dirvi che per me è importante ricevere un vostro parere. Se la fanfiction non è bella o sta calando o non stuzzica più il vostro interesse non fatevi scrupoli a dirmelo. Le critiche costruttive aiutano a migliorare!

Quindi ribadisco che ogni tipo di commento è più che ben accetto!

 

Ringrazio di nuovo tutti quelli che continuano ad aggiungere la storia alle preferite, alle seguite e a quelle da ricordare, mi rendete davvero felicissima! Grazie anche a chi legge questa storia silenziosamente. E, ovviamente, un grazie speciale a chi recensisce!

Piccolo angolo pubblicità: qualche tempo fa ho scritto un'altra one-shot su Twilight, se vi può interessare il link è questo ------> Emotions

 

@vannagio: come sempre, grazie mille per la recensione! Riesci sempre a risollevarmi il morale! ^_^

Mi fa davvero piacere che il mio stile ti piaccia, detto da te è una grandissima soddisfazione! Riguardo all’essere ripetitiva, non ti preoccupare: puoi farlo quanto vuoi, non avrò mai nulla in contrario!XD Soprattutto perché mi dici sempre cose carinissime! Per me è importante mantenere tutti i personaggi IC (penso di averlo detto un milione di volte, ormai!) e sono contenta di incontrare ancora la tua approvazione! E hai proprio ragione: Rosalie e Leah sono due grandissime Donne, in grado di conquistare il mondo!!! *risata malefica*

Al prossimo capitolo!

Baci, chiaki

 

@Autumn Reace: carissima! Ebbene sì, pure io una settembrina! ^_^ Però io sono una bilancia, tu dovresti essere della vergine, giusto?

Temo di averti messo una tremenda confusione in testa, tutto per il mio desiderio di evitare spoiler! Lo dico a te in via del tutto confidenziale: a Leah vorrei davvero regalare un lieto fine, spero solo di riuscirci! Il “volo” che hai nominato era inteso come la sua corsa nella foresta, e la sensazione di libertà che le lascia. Riguardo a cambiamenti in positivo…beh, peggio di così non le può andare, giusto?

Lo spin-off penso che lo pubblicherò più avanti (grazie per il sostegno!) visto che non avrei neanche il tempo per darci qualche ritocco a causa dei maledetti esami! Al prossimo aggiornamento!

Baci, chiaki

   
 
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