Selezionato per esordire nel rigoroso regime di educazione dei piccoli
spartiati, strappato via dalle braccia amorevoli della madre, sottratto
del giovane fratello reo unicamente di essere troppo gracile per gli
standard spartani perciò gettato nel Taigeto: il giovane
Kratos aveva avuto diversi traumi che segnarono il suo carattere.
Ed ora stava lì: abbandonato a sé stesso, nel
fitto di una selva oscura; la luna piena era ampia e dominava le
stelle, nella sconfinata volta celeste.
Un solo panno legato attorno alla vita lo riparava dalla furia di un
vento raggelante che, pauroso, stridiva tra quegli alberi secchi.
Un focolare scoppiettante ardeva vicino, ed illuminava la carcassa
fresca di un cinghiale appena cacciato, con diversi squarci
all’altezza dell’addome che ne rivelavano le ossa.
Quello era l’esame finale dell’ agoghé,
imposta a tutti i nascituri di Sparta per divenire spartani.
La cittadinanza spartana non era cosa facile da ottenere: i bambini
venivano deportati lontani dalle loro case ed allenati duramente dai
maestri per molti anni, ed infine venivano sottoposti a terribili prove
dove si metteva in gioco la vita.
Bisognava dimostrare di essere degni per appellarsi con tale nome,
bisognava provare di essere più fidati alla patria che alla
stessa famiglia.
I fanciulli venivano abbandonati nel fitto della vicina foresta per
alcuni mesi, senza cibo né acqua né coperte, in
balia delle ferine belve che la abitavano; tutto ciò era
finalizzato a far riemergere nella loro psiche una sorta di primordiale
istinto di sopravvivenza. Al termine del tempo stabilito, sarebbero
arrivati i precettori a recuperare i superstiti.
… una bestia in particolare disturbava i sonni tranquilli
degli abitanti nei vicini villaggi. Un pitone di dimensioni
spropositate si aggirava nei più remoti ed oscuri angoli di
quella giungla palustre: i locali lo chiamavano Apep, ma nessuno poteva
fornire una sua descrizione poiché nessuno che fosse ancora
in vita poteva vantarsi di averlo veduto.
“Non addentratevi nel fitto di quella selva se volete
vivere…limitate i vostri spazi ai bordi di essa”
riecheggiavano le parole di un veterano nella mente di Kratos, che
aveva appena terminato di aguzzare un secondo ceppo di legno.
Anche se non dava a vederlo neppure a sé stesso, nel
profondo della sua anima gli mancava l’amorevole
madre… e Lysandra… una ragazza che
stregò il suo cuore ed alla quale promise che sarebbe
tornato a casa tutto d’un pezzo; non le rivedeva ormai da
diverse stagioni.
D’improvviso lo smuoversi innaturale di un cespo vicino lo
distolse dai suoi pensieri; si alzò di scatto puntando le
sue nuove armi lignee verso la potenziale minaccia.
Il vento batteva forte ed impediva al suo sensibile udito di reperire
l’ubicazione precisa di certi inquietanti fruscii, allo
stesso modo, scacciava via ogni odore che il suo sottile olfatto
avrebbe potuto percepire.
Si appropinquò passo dopo passo verso l’arbusto
mentre gocce di sudore freddo gli cadevano dalle tempie.
…che fosse lui?...la grande bestia...
Dal fogliame, emerse in un balzo un ombrosa figura che si
scagliò incombente sul giovane. Un riflesso incontrollato
manovrò il suo corpo prima ancora che la sua mente potesse
comprendere la situazione e con una delle nuove armi sfiorò
il viso dell’aggressore, che riuscì a spostarsi in
tempo flettendosi all’indietro.
“sei abile” commentò la figura
misteriosa che fu rivelata dalla luce lunare: era un esordiente come
lui ma il suo fisico era più sviluppato, la corporatura
più snella ed ondulata; gli occhi celesti parevano grondare
di follia, e ad evidenziare un possibile stato mentale disturbato, ci
si metteva anche uno spalancato sorriso intriso di pura eccitazione che
manifestava l’intera dentatura.
“chi sei? cosa vuoi da me!?...”
interrogò Kratos, per nulla impressionato.
“Astenos è il mio
nome…credo… perlomeno è ciò
che ha urlato una gemente puttana gettandomi fuori dalla sua vulva
prima di crepare…” sghignazzò
sonoramente, dilatando le narici fino ai loro possibili limiti.
“… mi chiedi cosa voglio, amico mio?....Solo
mangiarti…oppure nutrirmi dell’animale morto alle
tue spalle…” proseguì con quella sua
intensa risata “…lascio a te l’onore
della scelta”
“Questa preda è mia! L’ho cacciata io
stesso! Trovati da solo da mangiare, trovati la
tua…”
“chiacchiere…solo chiacchiere..”
interruppe bruscamente l’altro, girandogli attorno
“…Si vede proprio che sei ancora un ragazzino! Non
esiste un –mio- o un –tuo- qui…questa
è una prova: questa è
l’agoghé! Qui vige la legge del più
forte, che, qualora optasse di essere misericordioso, come nel mio
caso, potrà decidere di prendersi tutti gli averi del
più debole risparmiandogli persino la vita!...”
“…allora preparati a darmi tutto ciò
che possiedi…ma, a differenza tua, io non sarò
misericordioso…”
il giovane cacciatore incombette incalzante sull’iniquo
estorsore, che cercò di arrestarlo con un calcio laterale
diretto al basso ventre; il colpo venne deviato incondizionatamente da
un fulmineo palmo della mano, al ché Kratos a mente fredda
si impressionò della sua stessa celerità che di
comune aveva ben poco, ma la distrazione del momento gli
costò un assestato colpo in piena faccia,
anch’esso diretto con velocità rara.
Confuso, il giovane stramazzò a terra, mentre
l’aggressore assuefatto da una squilibrata eccitazione,
balzò sul suo corpo e ripetutamente continuò a
colpirlo in piena faccia, mentre filamenti di saliva schiumosa
fuoriuscivano dalla sua bocca.
“Quanto mi piace! Quanto mi piace! Quanto mi piace”
Ma la confusione nella mente del ragazzo assaltato, non era derivata
dai terribili colpi dell’aggressore; al contrario: dal fatto
che quei potenti fendenti erano appena avvertiti dai suoi sensi, e il
dolore risultava sfuggevole ed elusivo.
Una volta scacciata tale confusione, riuscì a liberarsi da
quella sfavorevole posizione con due pedate in pieno petto che
scaraventarono Astenos sul fianco di un grosso albero, a diversi metri
di distanza, che lo fece scuotere animatamente.
Kratos trasalì: quale potenza ospitava dentro di
sé? Un’energia tanto grande, che persino egli
stesso faceva fatica a controllare. Un rivolo di sangue fuoriusciva
dalla sua bocca: a quanto pare il suo corpo non era poi tanto speciale;
possedeva comunque una spoglia mortale.
“Hah…” si rialzò tutto
imbrattato e sanguinante l’altro ragazzo tornato in
sé da quell’ impazzata foga, ma con aria non
più sana di prima, “…allora non sei
proprio un novellino…”, un uomo qualsiasi avrebbe
certamente accusato il colpo cedendo al buio di uno svenimento dopo un
impatto di cotanta violenza, ma, di certo, non si trattava di una
persona comune, questo era un dato assodato dal suo avversario.
Ingrugnito, il poderoso combattente si avvicinò sfoderando
le precarie armi dalla cintola
“Cosa aspetti ad attaccarmi, Astenos? Uccidimi, se ne sei in
grado”
“Vuoi proprio stuzzicarmi eh, amico mio? A giocare con il
fuoco si rischia di scottarsi
e…e….Ehi!..”
L’attenzione cadde sulla preda contesa, alle spalle di
Kratos; un grossissimo lupo grigio l’aveva addentata e la
stava trascinando nel fitto del bosco.
“Maledizione!” imprecarono entrambi, buttandosi tra
quegli alberi e dando avvio ad un inseguimento.
I giovani senza patria non distoglievano un momento i loro occhi dal
selvatico canide, che filava spedito.
“cosa vuoi ancora da me? Se sei tanto forte come dici
procurati da mangiare da solo!”
proferì Kratos guardando di sottecchi, l’altro
inseguitore che spariva e compariva con intermittenza tra quella
moltitudine di tronchi.
“…E dove sarebbe il divertimento se mi trovassi
un'altra preda?” ironizzò.
“Una volta che avrò ripreso il mio
cinghiale…ti sistemerò in ogni caso”
“E’ quello che aspetto…dobbiamo
terminare il nostro scontro”
“te ne pentirai, Astenos” rispose, e
accelerò la sua corsa, staccandosi dal rivale ed arrivando a
livelli di velocità che non avrebbe mai creduto di poter
raggiungere.
L’altro tentò di stare dietro al suo passo, ma
poco dopo, il fiato iniziò a fargli brutti scherzi e dovette
rallentare per prevenire il collasso “…Come fa a
correre così?” commentò sbalordito
mentre la saettante figura davanti a sé scompariva nella
vegetazione.
Kratos scalpitava a piedi nudi su quel terreno impervio e scosceso: ma
la terra non lo avrebbe fermato;
gelidi raffiche di corrente gli correvano impetuose sul viso e sul
corpo: ma il vento non l’avrebbe fermato.
La feroce fiera era vicina dall’essere raggiunta, e il
guerriero strinse le sue armi pronto a balzare su di essa.
Invece, prima che potesse tentare nell’impresa, il lupo
raggiunse uno spiazzo roccioso, e lasciò stare al centro di
esso l’organica refurtiva, per poi dileguarsi dietro ad
alcune rocce.
Il giovane, restò smarrito da tale comportamento, ma non
ipotizzò nessuna possibile minaccia né
sovrastimò l’arguzia dei predatori animali e si
diresse, senza esitazione, verso l’agognata ricompensa dei
suoi sforzi, e temporanea fonte di cibo. Ma mentre analizzava la
carcassa, avvertì delle presenze attorniarlo,
alzò lo sguardo e impallidì nel vedere un intero
branco di lupi uscire dall’oscurità ed avvicinarsi
minacciosi.
Tra di essi, spuntarono delle figure che non si sarebbe mai aspettato
di vedere, non in un luogo come quello.
Avevano gli arti inferiori caprini e ricoperti di spesse setole come
degli animali: ma camminavano eretti come normali esseri umani; il
torace era asciutto ed al contempo massiccio come quello di un uomo, ma
si colorava di violaceo; le braccia snelle terminavano con dei notevoli
artigli come quelli di un leone, ma in contrasto possedevano delle
lunghe verghe metalliche di fabbricazione umana; i visi lasciavano
vagamente ricordare lineamenti antropici, ma delle grosse corna di
ariete smentivano tutto.
Erano tanto uomini quanto il loro contrario: meticci di Dionisio, la
loro sola esistenza era vista come un insulto alla specie umana per
Kratos.
“Satiri!....” notò preoccupato il
ragazzo guardandosi attorno “…cosa ci fate
qui?...solo un intelligenza divina può spingervi ad
attaccare di vostra iniziativa e….”
Non fece in tempo a finire la frase che uno dei lupi si
scagliò su di lui con tutto il peso del corpo gettandolo al
suolo. Aveva le fauci spalancate increspate di bava a qualche
centimetro di distanza da lui ed i fluidi della gola gli scivolavano
sulla fronte; con le braccia arrestava un’ ulteriore avanzata
dell’animale.
L’esordiente strinse i denti ed accartocciò il
naso, i suoi occhi si riempirono di furia e con uno scatto di potenza
riuscì a prendere il sopravvento, e la feroce fiera fu messa
a terra, invertendo così le loro parti. Prima ancora che
essa potesse reagire, gli piantò i due acuminati bastoni nei
bulbi oculari, innaffiandosi del suo sangue, quindi la bestia si spense
con un lamento.
Repentino, il ragazzo estrasse le armi ed incrociandole parò
il devastante colpo a martello di uno scettro di quei satiri, poi con
sveltezza assoluta allontanò l’aggressore con un
calcio ben assestato, si rivolse alle sue spalle e con un gancio
bucò la bassa mascella di un canide che stava per caricarlo
e con uno possente strattone gliela asportò facendolo
contorcere dal dolore.
Incombette verso un altro satiro, ma prima che potesse raggiungerlo
questo lo scavalcò con un ampio salto per poi lacerargli una
spalla con un colpo circolare del suo bastone fissando
l’affilato gancio, all’ estremità, sulle
sue carni.
Questa volta il dolore era stato avvertito più intensamente,
tanto che riuscì a strappargli un urlo, che si
amplificò quando venne trascinato con moto rotatorio e poi
scaraventato verso un piccolo arbusto, che non resse
all’impatto e supino cadde con un tonfo.
Due voluminosi lupi si avventarono sulla preda inerme, mentre questa si
accingeva a riprendersi dall’urto , e, visto il pericolo non
fece in tempo a prepararsi per il contrattacco quindi si
approntò a subire il caro prezzo della fiacchezza di un
momento.
Ma prima che quegli artigli letali potessero ghermirlo, una frusta
arrestò la loro avanzata e un figuro balzò su una
di quelle bestie aggrappandosi alla sua pelliccia mentre la bestia si
divincolava.
Poi usò quella sferza per strangolare l’animale,
facendo leva con le forti braccia, mentre intanto Kratos, che si era
ripreso, se ne approfittò della distrazione di una fiera,
per caricarla impetuoso su un fianco
premendo le punte contro il suo addome indifeso colpendola su un punto
vitale che la uccise sul colpo.
Il ragazzo rivolse il suo sguardo verso il salvatore, che in quel
mentre aveva abbattuto il suo bersaglio, e riconobbe in lui i caratteri
di Astenos, che teneva in mano una lunga liana di una pianta.
“Ancora tu?... Non ho bisogno del tuo aiuto, vattene
subito,mi sei solo di intralcio” disse con un sorriso di
compiacimento che lo tradì
l’interlocutore sogghignò animatamente
“E rischiare che fottano la mia preda?…
Mai!… ti farò fare un viaggetto di sola andata
nell’Ade, e non dovrai neppure ringraziarmi” poi si
diresse sghignazzante verso un satiro.
Quest’ultimo arretrò verso un albero, vi
rimbalzò sopra e con una piroetta colpì
l’umano impreparato che abbozzò quella bastonata
sul dorso, cadendo in avanti con un lamento; ma anziché
cadere a corpo morto, riuscì ad atterrare similmente ad un
felino, e con una spazzata di gamba azzoppò
l’avversario che perse l’equilibrio capitombolando
rovinosamente e perdendo possesso del suo arnese che fu preso al volo
dal ragazzo e senza indugio fu usato per dilaniare il suo ex possessore.
Intanto Kratos, ignorando la profonda lesione, si ripuliva di tutta
quella polvere che infastidiva i suoi movimenti, poi accortosi di una
minaccia alle sue spalle, senza neppure voltarsi, fermò con
una mano un fendente, diretto da un ennesimo satiro uscito dal buio.
Stava imparando ad utilizzare al meglio le sue capacità con
l’esperienza.
“io non mi faccio fregare due volte….”
Trascinò a sé il mostro, usando il suo stesso
bastone.
“schiva questo!” lo trafisse in pieno collo
trapassandolo da parte a parte, e per qualche istante restò
a fissarlo negli occhi appagato e soddisfatto mentre
quell’essere perdeva della sua vitalità ed
incombeva alla morte.
Era una sensazione meravigliosa quella, che di rado aveva provato:
scrutare gli occhi imploranti e disperati di un essere vivente nei suoi
ultimi istanti, che viveva solo in funzione di un volubile capriccio;
sentirsi sommi giudici in terra dell’esistenza, detentori di
vita e di morte, paventati da tutti per il supremo responso.
Estasiato da un senso di onnipotenza, estrasse la sua arma dalla gola
della vittima, e la scagliò su una fiera colpendola in mezzo
agli occhi ed arrestando così la sua corsa; poi raccolse il
metallico scettro del satiro e incalzò su un suo simile, che
aveva adocchiato Astenos, impegnato a sua volta in un combattimento,
spaccandogli la testa.
”Ehi…mi hai parato il culo…mio
salvatore!” gridò ironico il compagno che
lentamente indietreggiava nella sua direzione.
“Non fraintendere…ho solamente pareggiato i conti,
ora non ti devo nulla ” rispose acido l’altro
ritirandosi in direzione opposta finché i due non furono
schiena contro schiena a scrutare quella masnada.
“Forza eliminiamo dalla faccia della Terra questi ibridi
bastardi!” imperò tuonante un nuovo e
più sanguinario Kratos.