Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: chiaki89    30/09/2010    3 recensioni
Sono passati sei anni dall’arrivo dei Volturi. Leah, unica donna fra i licantropi, è sempre più insofferente verso tutto ciò che la circonda, nonostante ci siano stati piccoli miglioramenti.
Ma l’arrivo di un vampiro mai visto nella zona sconvolgerà di nuovo tutto.
Chi è Jeremy? Perché è arrivato a Forks?
Queste domande diventano superflue quando Leah si ritrova costretta con l’inganno a sorvegliarlo quotidianamente.
Ed è l’inizio di una nuova storia, nella quale incontrerete ancora tutti i personaggi che avete amato, e anche qualcuno in più.
“Quando il vampiro platinato si voltò ebbi la soddisfazione di vederlo stupito per un secondo buono. Presi fiato per dare libero sfogo alla mia volgarità ma lui mi precedette con una risata decisamente maleducata.
“E così, quel cosino è un lupo? Avete anche donne-lupo? Ridicolo! Inaudito!” continuò a sghignazzare.
“Ehm, lei è l’unica…” rispose cautamente Jacob, guardandomi.

[…]
Raccolsi un grosso masso di granito e lo scagliai con precisione. Gli staccai di netto un braccio. Mi permisi di rivolgergli un sorriso compiaciuto, consapevole che stavo giocando col fuoco.”
Tratto dal cap.3
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Harvest Moon'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PASSI

prima parte

 

 

 

Quelle a seguire furono decisamente giornate no.

Letteralmente.

 

Il primo tentativo fu dopo cena, nella speranza che il pasto eccellente preparato da mia madre mi avesse ammorbidito l’umore.

“Leah, ti va di andare a fare una passeggiata con me?”, chiese Joshua, il sorriso dolce e fiducioso che si allargava sul volto.

Gli sorrisi di rimando. Più falsa che mai.

“No”. Secca, decisa. Senza tentennamenti.

“Ma Leah…”, tentò nuovamente.

“No”.

 

Il secondo tentativo, fresco della recente esperienza, cambiò strategia. Me lo chiese prima di cena.

Che idiota. Proprio quando ero reduce da almeno dodici ore di sorveglianza ad un succhiasangue. Era come se mi stesse pregando di pestarlo.

“Leah, ti andrebbe…”, chiese mentre stavo marciando verso la porta di casa.

“No”, ringhiai furibonda.

“Andiamo, Leah, per fav…”.

Mi bloccai, portandomi le mani ai fianchi e sfoggiando la mia migliore aria infuriata. Che riusciva a far tremare persino i licantropi, a dispetto delle incredibili capacità di ripresa fisica. A Joshua invece ci sarebbe voluto tempo per smaltire un paio di ossa rotte.

“No”, decretai irremovibile. Me lo lasciai alle spalle ed entrai in casa sbattendo violentemente la porta.

 

L’ennesimo tentativo fu più intelligente. Per i suoi standard, ovvio.

Stavo uscendo di casa stavolta, al mattino e per di più assonnata. Persuaso dalla convinzione che fossi più malleabile nel torpore delle prime ore della giornata si lanciò nella sua solita missione.

Rompermi le scatole.

“Leah, dopo cena ti andrebbe di fare quattro passi con me?”, chiese garbato. Almeno gli avevo dato modo di finire la frase.

Sbadigliai vistosamente e poi mi concessi di fissarlo con uno sguardo palesemente scocciato.

“No”, risposi acidamente.

“Ti prego, Leah! Non ti costa niente!”

Gli rivolsi un sorrisetto sarcastico. “Mi costerebbe eccome. Quindi, caro Joshua, no”.

Sospirò, guardando a terra, sconfortato. Mi faceva un po’ pena. Giusto un pochino. Quel ragazzo se li sceglieva proprio male gli avversari.

“Arrenditi e basta, Joshua”, gli dissi, quasi cordiale.

Fu il suo turno di sorridere.

“No”.

 ***

Raspai pigramente il terreno con una zampa. Eravamo fermi al limitare del centro abitato, immersi totalmente nell’odore degli umani, benché nascosti alla loro vista dalla fitta vegetazione. Jeremy si era bloccato da qualche minuto: inspirava lentamente ed in modo superficiale. Si stava prendendo del tempo per calmarsi ed essere sicuro di non fare stragi.

Lo osservai con scarso interesse. Teneva gli occhi chiusi, apparentemente concentrato, e non si muoveva di un millimetro. Se non fosse stato per il respiro lo si sarebbe tranquillamente scambiato per una statua. Che noia.

Speravo che a casa Joshua non mi avrebbe di nuovo assillato con le sue assurde richieste. Ero stanca e volevo solo mangiare e andare a dormire. In santa pace. Quel ragazzo era diventato una vera spina nel fianco.

“Sei distratta, di nuovo”. La voce tranquilla della sanguisuga mi riscosse. Maledizione, l’avevo fatto un’altra volta.

Mai distrarsi nelle vicinanze di un vampiro.

Il mantra di Sam, che ci propinava quotidianamente quando ero ancora nel suo branco, mi attraversò prepotente la mente.

Guardai l’imbecille platinato, scocciata. Poi puntai il muso verso l’alto in un atteggiamento sprezzante. Lo percepii sedersi su una roccia con un sospiro.

“Si può sapere cosa c’è che non va?”, chiese improvvisamente.

Lo fissai di nuovo: anche lui mi stava scrutando con attenzione. Che si facesse gli affari propri, quel mostro dai capelli troppo biondi.

Lui scosse la mano, come a scacciare invisibili mosche. “È inutile che sostieni che non siano affari miei. Se influiscono sul tuo lavoro è ovvio che costituiscono anche affar mio”.

Che tenero. Si interessava ai miei problemi. Ma che andasse a farsi dilaniare dal branco! Bleah.

Come se io avessi voglia di parlare delle mie questioni personali con un succhiasangue maledetto.

“Eddai, lupacchiotta! Smettila di tenere sempre tutto per te! Ogni tanto sarebbe divertente fare un po’ di conversazione!”.

Tutte le mie teorie erano confermate. Quell’idiota, oltre ad essere indiscutibilmente idiota, era anche uno squilibrato. Lanciai un ringhio di avvertimento. Era molto pericolosa la strada che quell’imbecille stava imboccando.

Lui scosse il capo, al punto che il lungo codino biondo si ritrovò sul petto. Si sarebbe arrabbiato se lo avessi strappato? Probabilmente sì. Sorrisi al pensiero di farlo.

“Sei così testarda, Leah”, sospirò in modo teatrale, facendomi digrignare i denti. “Non capisco perché ti rifiuti di considerare noi vampiri alla pari di normalissime persone”.

Cos’è, mi stava prendendo in giro? Da quando i succhiasangue erano normalissime persone? Non erano normali neanche come mostri. Il mio sguardo sarcastico diceva tutto.

Lui alzò gli occhi al cielo. Era la prima volta che gli vedevo fare quel gesto: lo faceva sembrare ancora più infantile di quanto non fosse.

“D’accordo, abbiamo una dieta particolare. E allora? Alcuni umani sono cannibali, eppure sono umani, no?”.

Una dieta particolare. Era così che la chiamava quello scemo. Preferii sorvolare sull’argomento “cannibali”: solo lui poteva tirar fuori un discorso simile. Sbuffai dalle narici, a manifestare tutta la mia incredulità.

Lui aggrottò la fronte, poi proseguì. “Va bene, ci sono vampiri che continuano ad uccidere uomini e donne per nutrirsi, e questo non è propriamente un punto a loro favore. Io ero così fino a poco tempo fa. Ma non riesci a vedere che io, i Cullen ed alcuni altri della nostra razza stiamo facendo il possibile per evitare di fare del male agli umani? Stiamo andando contro la nostra stessa natura pur di non essere ritenuti dei mostri, ma delle persone vere e proprie. Facciamo sacrifici ogni giorno, combattiamo contro i nostri istinti costantemente, dimostriamo di avere una certa razionalità in grado di porci sullo stesso piano delle persone che un tempo uccidevamo. Carlisle è un medico, salva delle vite, e per farlo gli ci sono voluti secoli di sacrificio. Esme è l’immagine della dolcezza materna, difficilmente troverai una donna umana buona come lei. E anche gli altri Cullen sono persone straordinarie”. Si interruppe, preparandosi ad esibire il suo pezzo forte. Lo capivo dal sorrisetto impertinente che aveva sulla faccia. E avevo anche una vaga idea di cosa fosse quel pezzo forte.

“Dovresti saperlo, visto che sei amica di Rosalie”, concluse soddisfatto. Come immaginavo: era prevedibile quella sanguisuga.

Lievemente punta sul vivo scossi comunque il muso, indicando tutta la mia contrarietà alle sue affermazioni.

“Insomma, lupacchiotta! Anche io ho un cuore! Come tutti noi del resto!”, cercò di perorare.

Io lo fissai, vagamente divertita dalla sua dichiarazione. Un cuore, le sanguisughe? Ma se era di pietra! Non lo avrei certo definito un cuore, il loro. Feci un verso rantolante con la gola, che lui interpretò correttamente come una risatina.

Allargò le braccia in un gesto esasperato. “Nel senso che abbiamo sentimenti, no? Sul serio, Leah, ti facevo più intelligente!”.

Stavolta ringhiai. Come si permetteva di darmi della stupida? Proprio lui, il succhiasangue più imbecille della storia!

“Dai, calmati, era una battuta! Sei un po’ troppo suscettibile, lupacchiotta!”.

Ringhiai più forte, consapevole però che aveva ragione. Accidenti, io ero suscettibile. Un minimo di capacità autocritica l’avevo, in fondo. Molto in fondo. Ma di certo non lo avrei ammesso con una sanguisuga; ancora meno se la sanguisuga in questione era quell’idiota.

Lui alzò nuovamente gli occhi al cielo, poi sorrise tranquillamente. Indicò il sentiero, interrogativo. “Proseguiamo?”.

Annuii, spaccando un paio di rami che caddero a terra. Lui ridacchiò e cominciò a camminare. Incerta se pestarlo oppure no –ma incredibilmente propensa per la prima ipotesi- lo seguii.

 ***

Tornata a casa, la tortura numero due cominciò a ronzarmi intorno. Sembrava una mosca dotata disgraziatamente del dono della parola. Nonostante l’ennesima chiacchierata con Rosalie che mi invitava a stare calma, non riuscii a trattenermi.

“Joshua, basta! Quando capirai che il mio no è un no?”, sbottai.

“Solo quando accetterai la mia richiesta”, ribatté lui calmissimo. Troppo calmo.

Dopo il nervosismo della sorveglianza ci mancava solo un cugino estremamente cocciuto e fermamente determinato a rendermi impossibile la vita. Avevo bisogno di liberarmene.

L’omicidio non era contemplato, mia madre ci sarebbe rimasta troppo male.

D’accordo, difficilmente sarei stata in grado di uccidere mio cugino a sangue freddo, però stava davvero diventando uno strazio. E la mia pazienza era decisamente limitata.

Lui continuava a fissarmi. Era una partita persa in partenza con me: nei giochi di sguardi ero imbattibile.

Gli lanciai un’occhiataccia che gli fece fare un passo indietro.

Tossicchiò artificiosamente. “Ehm, io vado a farmi una doccia prima di cena. A dopo”. E fuggì, probabilmente a tentare di ideare una nuova strategia di persuasione.

Leah 1, Joshua 0. Sorrisi soddisfatta.

Sì, ero imbattibile.

 ***

Dopo cena la solita, noiosissima, indisponente scena. Ormai prevedevo le sue battute.

Leah, ti andrebbe di fare una passeggiata?

“Leah, ti andrebbe di fare una passeggiata? Potremmo chiacchierare un po’ insieme, con tranquillità.”, chiese.

Santo cielo, aveva aggiunto qualcosa di nuovo! Dovevo cominciare a temere?

“No”. In effetti anche lui poteva ormai prevedere le mie battute.

Joshua scollò le spalle, mostrando per la prima volta la sua frustrazione. Sospirò e stette in silenzio per alcuni minuti, mentre io fingevo di guardare la televisione. Le chiacchiere che venivano dall’apparecchio riecheggiavano pigramente nella casa. Seth era uscito con alcuni ragazzi del branco che non avevano avuto l’imprinting, mia madre stava sistemando la cucina.

“Ti ho già detto che non sono disposto ad arrendermi”, mormorò Joshua. Io lo ignorai palesemente.

Con la coda dell’occhio lo vidi torcersi le mani, lo sguardo assorto fisso al pavimento. Era uno stupido. Possibile che non fosse in grado di abbandonare quella missione da supereroe dei poveri? Sbuffai. Lui mi imitò e io lo guardai male.

“Ho una proposta. Se tu accetterai di venire almeno una volta con me a fare quattro passi io non te lo chiederò più, d’accordo?”, buttò lì.

Beh, era una proposta interessante. Un’oretta di tortura in cambio di una vita di pace. Dov’era la fregatura? Accavallai elegantemente le gambe ed incrociai le braccia. Adoravo fare un po’ di scena. Mio cugino mi guardava concentrato, cercando di vedere sul mio volto una traccia di assenso, che però non arrivava. Era divertente farlo penare un po’. La giusta punizione (anzi, forse fin troppo generosa) per giorni di rottura di scatole.

Lui si schiarì la voce. “Allora?”.

“Dov’è l’imbroglio?”, ribattei seccamente.

Lui sbatté candidamente gli occhi, da perfetto ingenuo. L’addestramento da avvocato gli aveva insegnato anche a recitare. “Non c’è, ovviamente!”, rispose.

Lo squadrai, scettica. Tentare o non tentare? Questo è il problema.

Amleto a mio confronto avrebbe avuto vita facile.

Infine mi decisi. Non avevo mai seguito la via più agevole, perché farlo ora? D’altronde Leah Clearwater è in grado di affrontare tutto: l’ha sempre fatto.

“E va bene!”, esclamai. Joshua lanciò un urlo di vittoria, saltando in piedi dalla poltrona su cui si era accomodato. L’occhiata raggelante che gli rifilai lo spedì immediatamente a sedersi contrito.

Ma l’atto di pentimento non durò a lungo.

“Allora usciamo?”, chiese su di giri.

Gli rivolsi un sorrisetto diabolico. “Col cavolo. Decido io quando si esce”.

Il suo sorriso si attenuò notevolmente. “Aspetta un attimo…cosa intendi? Avevi detto che…”.

Lo interruppi e continuai io. “Che mi andava bene l’accordo. Ed è vero. Verrò a fare una passeggiata con te. Ma non ho ancora deciso quando”, ridacchiai soddisfatta.

Joshua serrò le mani sui braccioli della poltrona, stringendoli convulsamente. “Non è giusto, Leah! Ti credevo più onesta!”.

La mia risatina si bloccò immediatamente. Come si permetteva di insultarmi?

“Attento a quello che dici, cugino”. Fin da quando eravamo bambini era consapevole che quando lo chiamavo così il mio umore era da allarme rosso. Lo vidi infatti deglutire e spostarsi i capelli dietro un orecchio in un gesto nervoso.

“Scusami”, mormorò sinceramente dispiaciuto. Che opportunista. “Semplicemente trovo ingiusto che tu mi dica così. Un compromesso si raggiunge in due, non da soli”.

Per una volta abbassai gli occhi. Ma fu solo un istante. Agitai la mano come per scacciare le sue parole. “Mercoledì prossimo. Dopodiché la questione sarà chiusa”, stabilii.

“Ma manca ancora una settimana!”, ribatté frustrato. Che si arrangiasse. Avevo bisogno di prepararmi psicologicamente a quell’uscita maledetta. Dovevo essere pronta a non uccidere mio cugino a dispetto delle cavolate che mi avrebbe sicuramente propinato.

“O così o niente”, bluffai. Doveva assolutamente accettare le mie condizioni. Non avrei resistito ancora a lungo alle sue richieste assurde: rischiavo seriamente di esplodere. Quindi speravo che l’accordo andasse a buon fine.

Le spalle di Joshua si afflosciarono. “D’accordo”, cedette. “Ma devi mantenere la tua promessa”.

Io mi raddrizzai, offesa. Per chi mi aveva presa, una spergiura? “Certo che lo farò”, sibilai. “Adesso perdonami ma sono stanca. Vado a dormire”. Mi alzai e mi diressi verso le scale.

“Buonanotte”, mi disse educatamente. Io gli feci un semplice cenno col capo e mi avviai verso la mia camera, dove il letto mi attendeva.

 

 

 

 

 

*Note dell’autrice*: ri-eccomi qui! La vostra autrice è lievemente raffreddata ma non ha saputo resistere e ha pubblicato comunque!  Però il cervello è leggermente fuso, visto che sta parlando in terza persona!

Demenzialità a parte, avrete notato che ho scelto di dividere questo capitolo in due parti. Questo perché mi era venuto tremendamente lungo ma al tempo stesso non potevo fare due capitoli separati.

Non avrebbe avuto senso. I titoli dei miei capitoli sono molto ragionati, esprimono il tema fondamentale e “passi” si riferisce ad entrambe le parti.

In ogni caso la seconda parte di questo capitolo verrà pubblicata l’8 ottobre, che è un venerdì. Non posso fare diversamente, visto che in settimana sono in tutt’altra città per gli impegni universitari.

 

Ringrazio di cuore le persone che hanno aggiunto la storia alle preferite, alle seguite o a quelle da ricordare! Mi si allarga il cuore al vedere che state aumentando!

Grazie a chi legge in silenzio, anche voi siete importanti.

Un ringraziamento speciale, come sempre, va a chi recensisce: riuscite sempre a rassicurarmi!

 

@Ahily: cara, grazie per la recensione! Mi fa piacere che la storia ti piaccia, non fa niente se sei di parte! Anzi, è anche meglio! Una fan di Leah mi ucciderebbe se la facessi diventare OOC ed è un sollievo non avere ancora ricevuto minacce di morte!

Al prossimo capitolo, sperando di non deluderti! Baci!

 

vannagio: carissima!!! Grazie come sempre per le belle parole e per gli auguri! Mi hai davvero fatto una bella iniezione di autostima!

Effettivamente era anche ora che Leah si decidesse a mettersi almeno un minimo in discussione (anche se lo fa solo con se stessa), Joshua è sicuramente l’elemento che le può dare una spinta in più in questo senso.

Ma per evitare di andare OOC (dopo che con tanto impegno ho cercato di mantenere Leah IC) il procedimento sarà molto lento…e sarà una vera sfida anche per me! E chissà dove porterà! XD

Nessie effettivamente l’ho nominata poco, soprattutto perché me ne mancava l’occasione. Più avanti sicuramente la si rivedrà, non posso escluderla dalla storia!

Joshua è un tesoro, gli voglio tanto bene! La determinazione però l’ha imparata con gli anni, infatti Leah si ritrova un po’ “presa in contropiede” da questo nuovo aspetto del cugino!

Al prossimo capitolo cara!

P.S. Prima o poi ti dedicherò un capitolo per ringraziarti del sostegno continuo, devo ancora decidere quale perché voglio che sia davvero bello! Baci!

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: chiaki89