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Autore: Heresiae    02/11/2005    2 recensioni
Saeko affibbia un incarico a Ryo e fin qui nulla di strano, normale amministrazione. Qualcuno ha commissionato a un killer l'uccisione di Ryo Saeba. E qui si va sullo scontato. Ma le cose non sono mai semplici come appaiono e i segreti possono essere pericolosi, soprattutto se sono di Ryo Saeba.
E bisogna sempre ricordare che zio Murphy imperversa!
Genere: Drammatico, Azione, Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

A lato della stazione di Shinjuku ovest, c’era una grosso spiazzo diviso in sezione in cui parcheggiavano i tassisti in attesa di clienti. Ryo ci era venuto spesso dopo che aveva cominciato a lavorare con Maki, che aveva un informatore che lavorava come tassista. Qualche tempo dopo l’uomo era rimasto ucciso in uno scontro a fuoco tra bande rivali e non ci era più tornato. Gli faceva uno strano effetto al pensiero di dover tornare in quel posto a cercare un informatore, aveva il sapore dei bei vecchi tempi andati. Quando svoltò l’angolo però, ci trovò ben poco dei bei vecchi tempi andati.
L’area, che un tempo era un piccolo spiazzo mal concio in cui i tassisti delle diverse compagnie si spartivano l’area in un comune tacito accordo, era ora un’ampia zona suddivisa da regolari strisce colorate con tanto di cartello indicativo della compagnia. I taxi erano tutti tirati a lucido ed erano tutte auto uscite negli ultimi due anni. Inoltre, non ce n’era uno che non indossasse una divisa ben stirata e inamidata. Non che prima non le indossassero, la mania giapponese dell’ordine e delle divise non lo permetteva, ma alcune compagnie minori lasciavano molta liberta ai dipendenti in quanto gli abiti da lavoro e loro se la prendevano.
Ryo cominciò a guardarsi attorno, Master gli aveva detto che suo nipote era un lavoratore indipendente, uno dei pochi perciò si diresse verso l’area del parcheggio delimitata in blu, e chiese al primo tassista in attesa davanti agli altri. Il taxi di Akira era l’ultima della fila, ma lui non c’era.
L’auto non era chiusa a chiave ma non ce n’era bisogno, c’era sempre qualcuno presente a controllare i taxi. La osservò per bene: era una bella Bmw blu scura a cinque porte con gli interni grigi; in perfetto stato sia dentro che fuori, non era addobbata con nessun oggetto personale in particolare, se si eccettuava il portachiavi con un kaoani a vampiro sopra al cruscotto. La licenza era appesa sia davanti che dietro ai sedili dei passeggeri.
- Ti serve qualcosa amico? –
Un ragazzo poco più basso di Ryo, coi capelli corti, la pelle molto abbronzata e un completo in tinta con la macchina, gli stava alle spalle con in mano un grosso pacco imballato e un sorriso aperto sul viso.
- Se cerchi un taxi devi andare in cima alla fila, io sono l’ultimo e poi ho una consegna da fare. –
Detto questo fece il giro e aprì il portatagli sistemando con cura il pacco che non era contrassegnato.
- Veramente cercavo un tassista. –
- A si? E per che cosa? –
Ryo si appoggiò con noncuranza al taxi mentre il ragazzo continuava a trafficare nel bagagliaio.
- Bella macchina. –
- Grazie, lo so. –
- Come hai fatto a permettertela, avrai al massimo ventitre anni. –
- Venticinque. –
Il ragazzo chiuse con uno scatto il bagagliaio.
- È il regalo di fine corso dei miei. –
- Corso? –
- Mi sono laureato in informatica due anni fa. –
Il ragazzo fece un gran sorriso che metteva in mostra un chiostra di denti candida e regolare ma si adombrò quasi subito, evidentemente stufo dell’uomo che gli stava di fronte e desideroso di fare la sua consegna.
- Dimmi che cosa vuoi o sparisci, ho da fare io. –
Si avvicinò per scostarlo dallo sportello.
- Te l’ho detto, cerco un tassista. –
- Beh, ce l’avrà un nome questo tassista. –
- Si chiama Akira e dovrebbe essere uno che sa un po' di cose. –
Il ragazzo fissò stralunato lo sguardo divertito di Ryo.
- Ma chi ti manda? –
- A occhio e croce tuo zio. Avete le stesse orecchie a sventola e naso a patata. –
Il ragazzo ci mise qualche secondo a formulare le informazioni che gli venivano date, poi senza preavviso gli diede una gran pacca sulla schiena ridendo.
- Ah! Ma certo! Tu sei Ryo, mio zio mi aveva detto che sei uno a cui piace prendere in giro la gente! –
Ryo era rimasto sorpreso dalla forza del ragazzo e cercò di non massaggiarsi la spalla. Ma come diavolo faceva quel lattante ad avere così tante energie, stava tutto il giorno in macchina!
- Ah… davvero? –
- Sicuro. Salta su che andiamo a farci un giro. Ho una consegna da fare. –
- Lo so, lo so.–

Ryo si godeva il viaggio sulla comodissima e silenziosissima berlina, mentre Akira dava un’occhiata ai fogli che Ryo aveva avuto da Master. Essendo abituato alla guida di Kaori non lo impensieriva più di tanto il fatto che il ragazzo non sembrava minimamente guardare la strada.
- A si, questa famosa e fantomatica organizzazione di cui non sa niente nessuno… pare che ultimamente siano tutte interessate al Giappone. –
- E come mai? –
- Beh sai com’è, alcuni clan mafiosi hanno deciso di aprirsi di più al commercio internazionale e ovviamente gli stranieri hanno deciso di non farsi scappare l’occasione. –
- Simpatici. –
- Mh… -
Akira getto il fascicolo con non curanza sul sedile di dietro e mise la freccia per uscire dalla tangenziale, due minuti dopo scese davanti agli uffici di un magazzino, consegnò il pacco e ripartirono.
- Allora, immagino tu voglia vita, morte e miracoli di sti tizi. –
Ryo annuì.
- In particolare il loro capo, i pesci piccoli mi interessano poco. –
- Come vuoi. –
- Puoi sul serio farlo? –
Ryo osservò scettico quello che per lui era un ragazzino. Lui era abituato a uomini maturi e ben piazzati, quel ranocchietto gracile non gli dava molta sicurezza. Akira, intuendo i suoi pensieri sorrise beffardo e poi fece un’espressione sicura di se.
- Sicuro! Ora andiamo a mettere a nanna questa bellezza e ti porto da altri due personaggi in gamba che ti troveranno tutto quello che vuoi. –
- Ma non eri tu l’informatore? –
- Si, ma oggi è il mio giorno libero. –
-Ma tu senti. -
Akira entrò in tangenziale per uscirne qualche metro dopo: erano dalla parte opposta di Shinjuku in uno dei quartieri residenziali per persone con una certa disponibilità di denaro. Svoltarono nel vialetto di una bella casa a due piani molto ampia ed entrarono in un garage sotterraneo. Oltre a loro c’erano un’utilitaria verde e un mezzo che attirò immediatamente le attenzioni dello sweeper. Un Chevy Pick Up del ’54 era parcheggiato proprio accanto a loro. Era azzurro molto chiaro sul muso e sfumava gradualmente in blu sul cassone, ma lui e la verniciatura non erano gli unici tratti caratteristici: il cofano era occupato da una serigrafia di un’onda impetuosa e schiumeggiante e il cassone portava dei doppi sostegni metallici lineari. Ecco spiegato il motivo dell’abbronzatura, il ragazzo era un surfista.
Pur non piacendogli particolarmente quel tipo di decorazioni, Ryo non poté fare a meno di continuare ad osservarla mentre scendeva dall’auto.
- Ti piace eh? –
- È tua quella meraviglia. –
Il ragazzo diede un colpetto affettuoso sul cofano del pick up.
- Esatto. –
- Dove diamine l’hai trovato? –
- Da uno sfascia carrozze. Non sapeva nemmeno lui come ci fosse finito nel suo cortile. L’ho preso, ho rimesso insieme il motore, la carrozzeria e gli ho fatto dare l’ultimo tocca a un genio delle serigrafie che surfa con me. Ci ho messo quasi un anno solo ad avere tutti i pezzi del motore, ma ne è valsa la pena.
Aveva un’espressione talmente tanto orgogliosa che si sarebbe quasi potuto credere che l’avesse dovuto partorire.
- Guardalo pure ma non sciuparmelo. Io mi cambio e torno. –
Fece l’occhiolino a Ryo e sparì su per delle scale in cemento.
Ryo fece il giro del pick up ammirandone le forse e l’immagine. Guardando meglio notò che tra le onde si poteva intravedere il muso di un dragone. Sorrise all’abilità dell’artista.
Dei rumori rapidi di passi lo fecero voltare. Akira era tornato e ora indossava una camicia larga e sgargiante con motivi indiani e dei calzoni di jeans corti, lasciavano esposti i muscoli delle braccia e delle gambe. “Ecco spiegata la forza.”
- Andiamo? –
L’interno era completamente diverso dalla Bmw; se la prima era settica e spoglia, il secondo era l’immagine di Akira. Calamite di manga, surfisti e gruppi rock denotava i gusti di Akira, Ryo non sapeva cosa aspettarsi dall’impianto stereo quando l’avrebbe accesso. Il rombo possente dell’accensione, un po’ troppo in contrasto con il pick up, lo fecero sorridere di nuovo.
- Non ti hanno mai beccato? –
- Beh, quando fai un certo tipo di lavoro cominci ad avere conoscenze un po’ ovunque. Tieniti forte che partiamo. –
E partirono. Ryo si maledì per non essersi messo la cintura di sicurezza.
Akira guidava il grosso pick up nella stessa maniera con cui la sua socia faceva schizzare la mini in mezzo al traffico nell’ora di punta, ma quella era una mini e quello su cui era ora era un grosso pick up di cinquant’anni suonati. L’effetto era un po’ diverso.
Era già sera e si stava facendo buio, le luci cominciarono ad accendersi e i locali a luci rosse a mettersi più in vista. La notte stava prendendo possesso della città.
In pochi minuti raggiunsero il lato opposto del quartiere a qualche isolato di distanza dall’appartamento di Ryo. Akira parcheggiò con abilità dentro a un vicolo stretto da cui proveniva un suono sordo e ritmato. Lo sweeper scese dalla macchina e si lasciò giudare da Akira. Erano proprio sul retro di una discoteca: l’ingresso era ancora affollato di ragazzini e ragazzine tutti agghindati e tirati e lucido che fumavano e ridevano sguiatamente, alcuni già ubriachi. Tra qualche ora sarebbe toccato ai più grandi divertirsi. Senza uscire dal vicolo salirono su per una scaletta in metallo all’apparenza molto poco affidabile, ma che resse sorprendentemente bene il peso dei due fino a un porticina in metallo senza manbiglia, posta all’ultimo piano del basso casolare i cemento.
Akira busso forte tre volte rivelando che la piccola porticina mal messa, era un bel portone piazzato e spesso almeno cinque centimetri.
Un lieve blib annunciò l’arrivo di una voce smorzata.
- Chi è. –
- Sono io apri. –
La risposta scherzosa contribuì a rendere l’atmosfera irreale.
- Io è già passato di qua oggi, tu chi sei? –
- Apri idiota. –
La voce beffarda rispose con un ronzio accompagnato da un sonoro clank. La porta si socchiuse quanto bastava perché il ragazzo potesse infilarci la mano e tirarla verso di se. Ryo lo seguì all’interno con la netta sensazione di star entrando in una grossa cassaforte.
Entrò e capì che il pick up era solo l’antipasto. Una piccola anticamera grande quanto uno sgabuzzino portava a un ampio ambiente illuminato da un lice soffusa. L’ampio ambiente era arredato in modo davvero strano. La sua destra era occupata da quattro divanetti colorati posti a quadrato, con al centro un tavolino basso di legno e tutt’intorno grossi cuscini di altri colori. Sul lato opposto c’era una piccola cucina componibile e un televisore al plasma era abbandonato tra i due spazi su un carrello mobile.
L’altro lato della stanza era tutto un programma. Si divideva sommariamente dalla cucina con uno scaffale posto più o meno al centro che si fermava poco prima del centro della stanza. Gli scaffali continuavano sui restanti tre lati intervallati da tra scrivanie e un corridoio buio. L’occupazione principale delle scrivanie era quella di sostenere un apparato non indifferente di tre monitor, tastiere, un paio di unità centrali, stampante, scanner, lampade, cassetti, cd e fogli vari. Erano tutte e tre in stati vari di degrado, ma in una si poteva notare una caratteristica femminile che non consisteva nell’ordine, ma in un angioletto di peluche appiccicato sopra il monitor centrale. I muri retrostanti erano occupato da poster di manga vari, rock band, locandine di film, articoli di giornali, foto. Gli scaffali reggevano invece libri, manga, cd di vario tipo, cavi, case vuoti, mezzi montati o abbandonanti, altri componenti per computer e apparecchi vari, alcuni dei quali però erano accessi ed emettevano un lieve ronzio. Ryo se ne accorse solo in quel momento. L’ambiente era totalmente insonorizzato.
Dal corridoio un ragazzo molto più basso di Akira ma con le spalle più larghe e ben dotate di muscoli, apparve ciabattando indossando solo i pantaloni lunghi di una tuta a tre quarti. A occhio e croce doveva avere la stessa età di Akira.
- Ehilà canaglia! Da quanto tempo è che non ti fai vedere? –
- Ho avuto da fare a differenza di te. –
I due si abbracciarono e poi si dedicarono all’ospite.
- Hai portato lavoro. –
- Assolutamente si. –
- Lui è Ryo ha bisogno di informazioni su questi tizi. Vedi che puoi fare. Ryo, lui è Kuno, uno dei migliori hacker del Giappone. –
- Del mondo, prego. –
Akira sbuffò di finta impazienza mentre il compagno tendeva la mano a Ryo che finalmente capiva dov’era piombato. Il covo di tre hacker, chissà se doveva strozzarlo o ringraziarlo Master.
Ryo strinse la mano al ragazzo senza far trasparire lo scetticismo (disagio) chiedendosi seriamente se sul serio avrebbe potuto ricavarne qualcosa da quei due. L’espressione strafottente era tipica degli informatori, ma quelli erano d’un'altra razza e lui non li conosceva e soprattutto non si fidava. Lui e la tecnologia non avevano ancora imparato ad andare d’accordo.
- Siediti pure. Aki, tu fa gli onori di casa mentre io faccio quello che dovresti fare tu. –
ridacchiando tra se Akira andò all’angolo della cucina e aprì il frigorifero scrutandolo con aria molto seria, mentre Ryo si lasciava cadere sul divano blu posto a ridosso del muro da cui poteva visionare l’intera stanza.
Il ragazzo denominato Kuno si era messo alla scrivania accanto allo scaffale divisorio e aveva cominciato a battere su una delle tastiere sul suo tavolo mentre uno dei tre schermi continuava a lavorare per conto suo e il nel restante fluttuava un mostriciattolo verde.
Un altro rumore di passi ciabattanti e una ragazza avvolta in una felpa troppo larga per lei e short multicolori delle medesime proporzioni apparve stropicciandosi gli occhi.
- ‘uno chi è arrivato? –
- Akira tesoro. Ha portato clienti. –
La ragazza sbirciò verso la cucina lanciando un bacio al ragazzo che stava versando il contenuto di una bottiglia in tre bicchieri. Afferrò il bacio e ne tirò fuori un quarto. Poi la ragazza scruto il resto della stanza e vide l’ospite. Come gli posò gli occhi sopra, lo indicò con aria allegra.
- Ehi! Tu sei quello della finta fuga di gas. –
Ok, l’esame per principianti era passato.
- Shiori tesoro, non si indica la gente. –
Il ragazzo alla tastiera aveva parlato con il tono con cui ci si rivolge a una bambina piccola. La ragazza diede un’alzata di spalle e andò a raggiungere il divanetto giallo davanti a Ryo, mentre Akira si affrettava a portare i drink. Ryo lasciò che la sua attenzione vagasse sui lineamenti rotondi della ragazza, i lucenti capelli neri tenuti su da un mollettone, gli occhi grandi seminascosti da ciuffi ribelli, e le gambe snelle e abbronzate. Guardando la felpa vide l’immagine di un surfista che cavalca un’onda un po’ troppo cresciuta.
“Hacker surfisti, il massimo.”
Teneva lo sguardo puntato sulla maglia che non lasciava intravedere le curve sottostanti della ragazza quando Akira gli si parò davanti con un sorriso falsissimo.
- Ecco qua! Spero che ti piacciono gli alcolici alla frutta. –
Ryo annuì pensando che più che l’informazione avrebbe pagato la visuale. Akira si mise sul divano accanto alla ragazza e le circondò le spalle con fare protettivo. Lei gli lanciò un’occhiata furba e maliziosa prima si scostarselo e afferrare il suo bicchiere lanciando uno sguardo di pura approvazione verso Ryo, che sentì aumentare parecchio la sua autostima.
- A che punto sei fratellone? –
Akira fece una smorfia orribile mentre la ragazza si voltava verso il ragazzo alla scrivania per porgli la domanda.
“Fratello eh?”
- Ho quasi fatto, piantagrane. –
La ragazza sogghignò tra se riportando la sua attenzione a Ryo e ignorando bellamente il ragazzo accanto a se, che stava facendo la commedia pugnalandosi al petto.
- Così, tu sei il famoso Ryo Saeba. –
Era un’affermazione e c’era poco da aggiungere.
- Esatto. –
- Come sta la tua compagna? –
Era stato Akira a parlare. Ryo gli fece una smorfia e rispose.
- La mia ‘collega’ è ancora in stato di incoscienza, ma dicono che si sveglierà presto. –
Aveva calcato particolarmente sulla parola collega. In quel momento si rese conto che si stava contendendo le attenzioni di una ragazzina con una mezza tacca di parecchi anni più giovane di lui. No, non più giovane, più piccolo. Ad ogni modo, la visuale delle gambe di lei accovacciate sul divano lo persuadevano a continuare.
La ragazza sorrise nel bicchiere lanciando uno sguardo al fratello che stava letteralmente lottando con se stesso per non ridere a squarciagola.
I due andarono avanti a rimbeccarsi ancora per una mezz’oretta poi Kuno si alzò dalla sua scrivania, raccolse un mazzo di fogli dalla stampante e si riunì agli altri, prendendo possesso del divanetto rosso alla destra di Ryo e del suo bicchiere. Ryo prese i fogli che il ragazzo gli porgeva e cominciò a studiarseli con calma. A metà, dopo aver chiesto con lo sguardo il permesso ai proprietari, si accese una sigaretta; Shiori glie ne scroccò una e apparve un posacenere. Ryo arrivò a quota tre prima di decidersi ad alzare gli occhi e guardare i ragazzi. I tre stavano chiacchierando piano tra di loro per non disturbarlo ma si girarono subito come sentirono la sua voce.
- Lettura interessante –
Ryo si stropicciò gli occhi. Altro che interessante. L’avrebbe definita terrificante. I tre ragazzi lo guardarono inespressivi, Kuno li aveva aggiornati.
- Sei soddisfatto? –
- Si. – ma avrebbe quasi preferito non saperlo. La mano tremò appena quando si accese l’ennesima sigaretta.
Si alzò accennando il commiato.
- Bene, mi siete stati molto utili. Grazie ragazzi. –
- Non c’è di che. Basta che paghi il conto e potrai tornare tutte le volte che vuoi. –
Kuno accennò alle pagine che Ryo teneva in mano. In fondo, nell’ultimo foglio, c’era il conto con tanto di indicazione del lavoro svolto. Lo sweeper mise la mano nella tasca interna della giacca e tirò fuori il portafoglio, contò il denaro e lo mise sul tavolino sotto al posacenere. Non era un conto leggero, ma non avrebbe trovato informazioni così dettagliate nemmeno girando tutta la notte per tutta la città.
Shiori afferrò il denaro e se lo mise in una tasche degli short, poi salutò l’uomo che era già alla porta in attesa che Kuno gli aprisse.
- Ci vediamo allora. –
Ryo le strizzò l’occhio.
- Contaci. -
Salutò gli altri due con un gesto della mano e se ne andò, tra sogghigni e smorfie.
Quando la porta fu chiusa e la serratura scattò, Shiori si rivolse il fratello che stava rientrando nella stanza.
- Come pensi che ci sia finito nel mirino di quel pazzoide? –
- Non lo so, ma mi auguro che non si mettano a fare la guerra vicino a casa nostra.

Ryo camminava pensieroso con il dossier appena infoltito nella tasca interna del giubbotto. Non prestava troppa attenzione a dove andava, i suoi piedi conoscevano da soli la strada e lo avrebbero portato a destinazione sano e salvo. Gli si affollavano in testa mille pensieri, gravati da mille preoccupazioni diverse. Ricordi, sensazioni e ragionamenti si accavallavano tra di loro al punto che ben presto gli venne un forte mal di testa, e una gran voglia di bere. Riemerse dalla bruma dei suoi pensieri per vedere dov’era arrivato: era già davanti all’ospedale. Sospirando varcò l’ingresso, per bere c’era sempre tempo, per vedere Kaori forse no.

Quando varcò la porta della stanza di Kaori, la trovò insolitamente affollata. Mick stava chiacchierando con Miki che però non era sola, vicino a lei c’erano anche Kazue e Doc. Ryo si sentì immediatamente più rincuorato.
- Ehi, ma guarda quanta brutta gente. Mick che ci fai lì, leva le mani di dosso a Miki o lo dirò a Umibozu. –
- Ma sentilo! Dove sei stato tutto questo tempo? A sbronzarti immagino. –
- Esatto! E con una bella ragazza dai lunghi capelli neri. Una cosa che tu non puoi più fare visto che ti sei incastrato da solo. –
Mick annuì mogio guadagnandosi le occhiatacce Kazue, che fu dovuta tenere a bada da Miki. Kazue infatti si era allenata molto con il martello in Europa e voleva far sapere al suo fidanzato cosa pensava del fatto che potesse o meno appartarsi con una bella ragazza in un bar. Il professore invece rimase impassibile. Scese dalla sedia e oltrepassò Ryo uscendo dalla stanza. L’uomo lo seguì subito.
Andarono a sedersi in giardino su una panchina oscurata in parte da un albero che copriva il lampione lì accanto. Fu il professore a parlare per primo.
- Allora, hai già saputo qualcosa? –
Ryo annuì impercettibilmente e gli porse i fogli che aveva in tasca. Il professore li scorse velocemente.
- Allora, che mi dice? –
- Beh, che non hai più bisogno di me a quanto pare. Ti sei trovato un altro informatore. –
Ryo si girò irritato verso il vecchietto.
- Ma io… -
- Certo non avrà sicuramente i nostri stessi interessi. Ho paura che d’ora in poi dovrai procuratele da solo le riviste, io ormai sono obsoleto. – il professore fece un cipiglio lacrimoso e si attaccò al bastone come un bambino con il suo peluche.
- Ma professore che dice?! –
Alla vista di Ryo mezzo caduto dalla panchina il vecchietto scoppiò a ridere divertito.
- Ma dai sciocco! Questo sbarbatelo sarà anche bravo ma non potrà mai competere con me, io sono il migliore! Uh, uh uh. –
Ryo cercò di dominare i suoi nervi, già messi a dura prova. Era difficile parlare con quell’uomo al di fuori dell’atmosfera rilassante del suo giardino. La cosa lo inquietava.
- Insomma, devo rassegnarmi e credere che sia tutto vero secondo lei? –
Il professore lo guardò sottecchi e poi cominciò a parlare.
- Hans Bruckemeyer, trentatre anni, presidente della Bruckmeyer Enterpreise, azienda familiare specializzata nel ramo imprenditoriale. Aiuta le aziende a crescere e a modernizzarsi, gioca in borsa, offre consulti imprenditoriali; è miliardario, la sua azienda è ben conosciuta anche all’estero, ha già parecchie filiali in giro per l’Europa e progetta di aprirne anche in America e Asia. Non ha alcun parente in vita, ha ereditato l’azienda alla morte dei suoi genitori. Single, nonostante il suo fascino nordico non riesce a tenersi una donna per più di tre mesi.
- Certo che si è documentato bene e professore? –
Il professore alzò di scatto il bastone per zittirlo.
- Questo, ufficialmente. Non ufficialmente: è a capo di una delle più grosse organizzazioni criminali e mercenarie che opera per il mondo. I servizi che offre sono: spionaggio industriale, furti, progettazione e attuazione di attentati terroristici e coli di stato, addestramento di eserciti, omicidi. Lavora per chiunque sia disposto a pagare. Ha un piccolo esercito di uomini addestrati bene quanto i seals. I suoi genitori si stanno godendo la meritata pensione alle Bahamas dopo aver passato tutto nelle mani del figlio. L’incidente è stato simulato. Ovviamente il padre è il fondatore di entrambe le aziende. Ha una donna fissa, che si fa chiamare ‘segretaria personale’ o Carla Rondoni come preferisci. Il suo nome è Melanine Oxley ed è ricercata in cinque stati per attività varie come furto, spionaggio e omicidio.
- Ed è perfettamente in grado di introdursi in casa mia e piazzarmi una bomba sotto al naso e fare irruzione subito dopo. –
- Esatto! –
Ryo sospirò, non c’era proprio verso di farlo star serio quella sera il professore.
- Bene, questo hanno saputo dirmelo anche i ragazzi. Ora che altro sa lei in più? –
Il professore lo guardò inquisitorio.
- Ragazzi eh? –
- La prego! –
Ryo cominciava a riavvertire il pulsare alle tempie. Non sapeva quanto avrebbe resistito ancora prima di mettersi a urlare.
Il professore sembrò accorgersi dello stato d’animo dello sweeper e assunse subito un’espressione seria.
- Bhè, posso dirti che è stato una vera sorpresa.-
- Come? -
- Quest’organizzazione nacque grazie a Bruckemeyer senior qualche anno dopo la seconda guerra mondiale. Era figlio di un ufficiale nazista scampato ai processi contro i nazisti che mantenne un redditizio commercio di contrabbando con diverse frange rivoluzionarie nell’est. Lui decise di allargare il giro e contemporaneamente varò due agenzie, una alla luce del giorno e una sotterranea. Sai bene anche tu com’è, la guerra è un commercio sempre attivo e la richiesta non cessa mai, quindi fece ben presto carriera. Fortunatamente per lui aveva anche fiuto negli affari legali così le due aziende fiorirono in sincrono, donandogli anche un’aura di rispettabilità e successo. Ben presto riuscì anche a formarsi il suo esercito personale e si impose sul mercato mercenario. –
- Aveva contatti anche con l’Union Teope?-
- No, il suo scopo era avere uomini addestrati che portassero a termine il loro compito e tornassero a casa il più integri possibile, non dei kamikaze. E poi non gli piaceva avere a che fare con l’Unione, interessi, metodi e affari diversi. E poi non gli piaceva proprio Kaibara. –
Ryo ebbe un breve flash dell’immagine di Kaibara, ma lo cancellò subito.
- Perché dici che suo figlio è stata una rivelazione?-
- Perché vedi, fino a sette anni fa tutti pensavano fosse un buono a nulla, persino suo padre non lo riteneva un erede degno di questo nome. Era scontroso, poco socievole e litigioso. Nove collegi e cinque accademie militari si sono rifiutati di tenerlo per un periodo superiore ai sei mesi. Non si pensava nemmeno che sarebbe riuscito a finire l’università, con tutti i problemi di alcol e donne che aveva. Poi cambiò all’improvviso. Un giorno si presentò all’ufficio del padre ridotto a uno straccio chiedendogli di dargli un lavoro qualsiasi all’interno della sua azienda. Nel giro di un anno era entrato a far parte nel consiglio di amministrazione, in due suo padre lo mise sulla poltrona presidenziale e andò in pensione. Da quel giorno, entrambe le attività sono sotto il suo controllo, e prosperano come non avevano mai fatto prima.-
Ryo si sentiva la gola secca. Aveva urgente bisogno di bere.
- Però…-
- Già.-
- Si sa che cosa ha determinato il cambiamento.?–
- Se è per questo non si sa nemmeno cosa ha determinato il comportamento precedente. –
- In che senso? –
- Nel senso che scomparve per cinque mesi e quando tornò sentì l’impellente bisogno di attaccarsi alla bottiglia. –
Ryo continuò a fissare il vuoto e pose un’altra domanda schiarendosi la voce. Aveva sul serio bisogno di bere.
- Fin dove ha esteso i suoi affari, ufficiali e non. –
- Mah, contatti ai vertici di diverse nazioni, servizi segreti e multinazionali. Si è esteso al mondo dei media, l’anno scorso ha lanciato in orbita un suo satellite con il quale ovviamente non trasmette solo telegiornali e film in prima visione. Ha il controllo totale su ogni tipo di informazione, non gli sfugge niente. Credo che abbia al soldo alcuni tra i migliori hacker in circolazione, ma la notizia non è confermata. E poi è pazzo.
Ryo lo guardò storto?
- Come pazzo? –
Circa tre mesi fa il capo di un clan mafioso russo ha tentato di levargli la sua fetta di mercato in medio oriente. È scomparso, nessuno lo ha più ritrovato, né i familiari né le autorità. I suoi uomini però si sono visti recapitare per posta ognuno un pezzo di un corpo umano. Indovina qual’è stato il responso del DNA? –
Ora Ryo lo guardava scioccato. Rimase in silenzio per qualche secondo per cercare di assorbire le parole del Professore. Il mal di testa incalzava, ma lui doveva rimanere lucido, lui e Kaori erano finiti nel mirino di un pazzo e doveva trovare una soluzione.
- Qualche idea sul perché mi voglia morto? –
- Assolutamente no. –
“Ma bene, e ora?”
Detestava andare alla cieca, si ha sempre uno svantaggio considerevole, soprattutto se si è la preda.
Mick e Kazue arrivarono in quel momento annunciando che andavano a casa e che se Ryo non voleva incorrere nelle ire di Umibozu, avrebbe dovuto dare il cambio a Miki. Ryo li salutò e si diresse alla camera di Kaori, salutò Miki e si accomodò su una delle sedie. Rimase nella penombra a osservare Kaori che dormiva, aveva il respiro regolare e i lineamenti rilassati; i corti capelli castani erano sparsi sul cuscino e le braccia erano abbandonate sopra alle lenzuola candide. Era raro vederla così rilassata.
La fioca luce della luna che filtrava dalla finestra lasciava intravedere i lividi e i graffi sul braccio scoperto, l’altro era avvolto in uno spesso strato di gesso; un grosso cerotto copriva la ferita a lato della fronte. Non c’era più sangue, ma il ricordo si. Guardandosi le mani, Ryo ebbe per un attimo l’impressione di averle di nuovo coperte dal sangue di Kaori. Rabbrividì al pensiero di quel che gli era piombato addosso.
“Come diavolo faccio a proteggerti stavolta?”




Eccomi qua. Ho fatto una faticaccia a levare tutte le infuenze adolescenziali da questo capitolo, ma forse ora l'appartamento dei tre non sembra più essere ripreso direttamente da x-files ^^', però mi sembra lo stesso di averla sparata grossa... chissà.
Purtroppo fino a lunedì non ci saranno altri aggiornamenti, le università hanno il brutto vizio di chiudere le sedi anche di sabato, privando noi studenti della connessione a internet, ma se non altro sarà scritta meglio visto che non ci sarà mezza Uni intorno a me a fare casino.
Ringrazio tutti quelli che la stanno leggendo e anche Marziachan (visto che il nuovo informatore si è rivelato più che utile?^.^) per aver aggiunto una recensione.
Ciau a tutti XD
  
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