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Autore: Pan_z    15/12/2003    4 recensioni
Non regalate animali, non comprate niente alle svendite di cortile, ricordate che il diavolo esiste, non inimicatevi l’ adolescente ombroso della casa accanto.. e sappiate che tutto è fatidico. Leggete e Recensite!Grazie!^_^
Genere: Drammatico, Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Everything’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

‘Dalia nera’ è di James Ellroy, grande capolavoro del ‘900.

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter e a James Ellroy le cui muse ispiratrici hanno fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, a Marco che non saprà mai la verità, mio malgrado, a Giuseppe, perché gli uomini sono proprio cechi, e poi a me, a me e a me-.-

 

 

.. Non giurare affatto.

O, se proprio vuoi farlo, giura

 sulla tua amorevole persona, il dio che 

io venero, e io ti crederò ..

Romeo e Giulietta, William Shakespeare

 

 

 

Capitolo 6:

Così lontani, così vicini

 

* * *

A Sarah, perché siamo

davvero lontane

* * *

 

1

 

L’ aria era umida. Si sentiva un vago odore di pioggia. Gli ombrelli erano in agguato tra le mani della gente, in procinto di aprirsi per schermarli dal bagnato. Non ci sarebbe stato niente di strano nell’ essere bagnati. Spesso si domandava perché tutto era così in fermento: le macchine che correvano veloci sperando di incotrare un semaforo verde, le casalinghe che si affrettavano nei negozi per tornare nelle proprie case per preparare il pranzo, gli studenti delle ‘modernissime’ scuole private che camminavano spediti verso il portone d’ ingresso delle loro lussuose ville per paura di sporcarsi il cravattino bianco e la giacchina blu.

Tutto scorreva inesorabilmente. Il mondo muoveva i suoi passi verso il futuro: il futuro era un’ abitazione confortevole, i lasciapassare per i parcheggi, le serate di alta moda nei locali più ‘in’.

Il concetto di evoluzione. Una scimmia che casualmente ha chiamato un altro suo simile ‘uomo’. Questa è stata l’ evoluzione.

 

Una tiepida gocciolina gli sfiorò l’ occhio destro.

L’ agitazione scorreva impetuosa come l’ elettricità nei fili del telefono. Era in atto un silenzioso processo innovativo che avrebbe condotto la Terra e tutti i suoi abitanti a sfiorare l’ inimmaginabile. Il mondo stava andando avanti. E con lui la civiltà più erudita, più colta, più attenta ai messaggi surreali che venivano trasmessi mediante le ‘onde’ ipnotizzanti delle stazioni televisive. Quella parte della popolazione avrebbe continuato a vivere. E non avrebbe fatto caso ai cadaveri che si sarebbe trovata sotto i piedi. Quello che rappresentava la vera civiltà. Quello che gli altri chiamano ‘spazzatura’, perché il Mondo non è altro che una discarica.

Le goccioline cominciarono a scendere timide dalle nuvole grigie che occupavano prepotentemente il cielo della Londra Babbana. Ogni cosa era in fermento. Solo per qualche goccia di pioggia. Gli ombrelli si confondevano, mimetizzandosi con la natura cirostante. La gente sembrava non accorgersi di lui. Ognuno aveva certamente qualcosa di più importante che guardare un  uomo senza ombrello. A Draco questo non importava. Lui era Draco Malfoy, il resto erano solo esseri umani. Per di più babbani. Un termine così rivoltante. Però, in fondo, si disse, sono un’ altra realtà. Almeno non sono Mezzosangue.

 

Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue!

 

In quella realtà lui non esisteva. Era un fantasma che aleggiava senza corpo fra le vie bagnate, tra di loro, in mezzo a quella piccola parte di Universo che cercava di non accettare ciò che era così lampante agli occhi. Si ostinavano a rifiutare la magia, la sola esistenza era sprezzante. Ciò che era magico non esisteva. Come quelle favolette che raccontavano ai bambini prima di addormentarsi. Le piccole fate dei boschi.. C’ era una volta in un regno incantato.. Tutte stronzate.

La magia era ovunque. Scorreva impetuosa come la pioggia su di lui. Dominava su ogni elemento. Anche l’ acqua si piegava al suo cospetto: poteva vedere le minuscole goccie inclinarsi leggermente al passaggio di quell’ alito caldo e incolore, la sola presenza del parallelo pianeta di cui si poteva udire il silenzioso chiacchiericcio. Una sottile linea nel vuoto, così esile, così incrinata dalle schegge della menzogna che non erano più l’ eccezione, ma la regola.

Avrebbe potuto allungare la mano, sfiorare con le dita bianche la parete di vetro trasparente, sentirsi a casa. Ma lui non aveva una casa. I suoi occhi si velarono impercettibilmente di malinconia, mentre la pioggia continuava a scendere, narrando una storia incomprensibile, mormorando dei tempi passati, di quella veneranda età che è rimasta indietro, assieme a coloro che non sono stati capaci di incamminarsi lungo la Via del Vettore che li avrebbe portati ‘avanti’. In un dove e in un quando sconosciuti. L’ ‘adesso’ della morte e della sofferenza.

 

Tutto è fatidico, Draco

 

E lo chiamano fatidico, questo!, sbottò mentalmente.

Lo scrosciare era diventato un flebile sussurro, un eco in lontananza. Il tempo era grigio, l’ aria era rarefatta e pesante. La gente si affannava e le macchine si accalcavano in prossimità degli incroci. Continuò a camminare. Non conosceva il motivo che l’ aveva spinto in quella branca di Londra. Quella branca che non gli apparteneva, a cui non apparteneva. Ma, d’ altronde, lui non apparteneva a nessuno, non era padrone di nessuno. Era un umile servo, devoto al suo Signore Oscuro che progettava vendetta contro chi aveva osato ripudiarlo e infine sfidarlo.

Era uno spirito in bilico tra due mondi, incapace di decidere quale strada percorrere, e la sua vita era un cero acceso nelle Sue orride e putrefatte mani. Che cos’ era diventato Draco Malfoy? Non era diventato nessuno, non era niente, era..

 

Sei uno schifoso verme, Malfoy!

 

Tutto si susseguiva come in un vecchio film in bianco e nero. Troppo veloce ora, troppo lento poi. Tutto era nero, ed era senza speranza. Ma nulla sarebbe potuto apparire più nero di lei. Quella puttana da due soldi con i capelli neri al vento e gli occhi scuri puntati su di lui. E quello sghignazzante volto in preda ad un attacco di malsana felicità. Bellatrix Lestrange.

E lui se ne stava lì come un idiota ad osservarla prendersi gioco di lui. Perché era così lampante, così pazzescamente viva la sua voglia di scoparlo ancora come se fosse uno stupido damerino nelle sue mani.

Fermo in quella strada, lei si avvicinò piano facendo strisciare sul terreno bagnato la tunica nera, gli occhi vuoti fissi su di lui. Era incapace di muoversi. Perché?, si chiese ma gli sembrò che l’ avesse gridato forte.

<< Perché sono bella e tu non mi puoi resistere, Malfoy >>, disse piano, a pochi centimetri dalla sua bocca. Draco sorrise malignamente.

<< Quando smetterai di leggermi nella mente? >>, le chiese, cercando di mantenere un tono di voce serio, cercando di nascondere l’ ilarità perversa che vi era implicita.

Lo guardò accigliata. << Ti leggerò i pensieri fin quando vorrò, piccolo Draco. Fin quando non sarà in grado di capire se la tua coscienza si sovrappone a quella di tuo padre >>

Draco si sforzò di essere il più naturale possibile. << Io non sono mio padre! >>

Bellatrix rise compostamente. << Certo, Draco, certo! Ma, d’ altronde, porti il suo nome dietro il tuo. E di certo lui non può ammettere altri traditori fra i suoi servi >>

Il volto di Draco era una maschera d’ odio e rabbia. Aprì la bocca per controbattere, ma lei lo zittì con una mano. << Non è questo il luogo per riversare i tuoi effimeri sentimenti su di me, giovane Draco >>

Si guardò intorno nervosamente, muovendo gli occhi velocemente da una parte all’ altra. << Ma cosa..? >> La mano della Mangiamorte era scattata sulla bacchetta. << Ascolta invece di parlare! >>, sibilò crudelmente. << Qualcuno non gradisce la nostra presenza.. >>

<< Non capisco.. >>, ma non finì la frase perché in quel momento lei gli prese la mano e lo spinse violentemente in un vicolo buio. << Zitto Malfoy, che Dio ti maledica! >>

<< L’ ha già fatto, Lestrange >>, mormorò stizzito. Gli parve di scorgere compassione sul volto della donna,  ma poi si disse che nulla di umano avrebbe potuto sfiorare il suo cuore gelido, come il ghiaccio più imperituro. Erano mostri in cerca di salvezza. Entrambi, accomunati dallo stesso fato avverso. Fatidico. La ruota del destino che gira e ritorna sempre da dove è partita. Il vuoto incolmabile della solitudine.

 

Il cielo continuava ad essere grigio; ciò contribuiva a rendere ancora più tetro l’ ambiente. Erano avvolti dal buio. Draco non riusciva a vedere ad un palmo dal suo naso, ma percepì distintamente il seno di Bellatrix premuto contro il suo petto e il suo fiato corto sul collo. Udì dei passi veloci avvicinarsi, qualcuno gridare indistintamente qualcosa, ma quando loro arrivarono, i due Mangiamorte erano spariti con un impercettibile Pop!

 

2

 

 

<< Dannazione! >>

<< Calmati Sirius.. >>

<< No che non mi calmo! Dovevate prenderla.. eravate così vicina a.. quella maledetta puttana!>> Forse osò troppo alzando il tono di voce. Il quadrò della signora Black cominciò ad urlare sguaiatamente, blaterando frasi incomprensibili contro i nuovi inquilini del numero dodici di Grimmaud Place. Da quando l’ Ordine era tornato operativo, casa Black era divenuta la sua sede. Sirius e Molly Weasley avevano cercato in tutti i modi di sbarazzarsi di quell’ orribile quadro e del suo fedele elfo domestico ( << Fuori di qui, Kreatcher! >>) ma sicuramente –Sirius ci avrebbe scommesso i pantaloni- l’ originaria padrona di casa, dopo la sua morte, aveva fatto un incantesimo di magia oscura su tutti i manufatti e i quadri dell’ abitazione così da rendere impossibile il loro disfacimento. La signora Black continuò a urlare (<< Sudici Mezzosangue! >>), ma i due uomini in salotto non diedero peso all’ avvenimento. C’ era qualcos’ altro di pià urgente di cui discutere.

<< Scusa.. >>

Albus Silente sorrise, chiudendo in segno di assenso gli occhi dietro gli occhiali a mezzaluna. << Non fa niente, Sirius. Ora calmati e cerca di riflettere.. >>, disse bonariamente,  ma ancora una volta l’ Animagus l’ interruppe furioso: << Come posso riflettere?! Ci eravate così vicini! Lestrange potrebbe fornirci più informazioni di quante non ce ne direbbe Malfoy.. >>

<< Io credo, invece >>, proseguì il mago << Che Bellatrix non sarebbe disposta a rivelarci nulla sul suo Padrone. Non di sua volontà, di certo. >>. Accennò un piccolo sorriso, che però svanì subito dal suo volto. << Ma Albus! Lei è il braccio destro di Voldemort! Ora che Malfoy non c’è più.. >>

<< Ora che Malfoy non c’è più, devo occuparmi della vita di Draco >>, disse solenne. Sirius storse la bocca, disgustato. Anche se era un parente, lui era un Malfoy. E un Mangiamorte.  << Ed anche tu.. >>, incominciò il preside ma venne zittito bruscamente dal suo interlocutore: << No, questo non è compito mio. E tu lo sai. A questa famiglia ho dato più del dovuto >>

 

Silente annuì, pensoso. << Lo so, Sirius. Ma Draco è uno dei miei studenti ed io, in qualità di preside di Hogwarts, ho il dovere di preservarlo dal male che incombe su di noi. >>

<< Il male, purtroppo, l’ ha già portato tra le sue braccia >>. Sirius scattò in piedi, cominciando a percorrere con lunghi passi la stanza. Il male ha preso tutti noi, Silente, pensò. Ed era vero. Maledettamente vero, come se fosse ieri quella realtà effimera che vedeva Sirius Black e James Potter come fratelli nella grande scuola di Magia e Stregoneria. La storia si stava ripetendo. Ma quale sarebbe stata la sua conclusione.. questa volta?

Il preside lo guardò camminare inquieto, sopportando l’ audace silenzio del pomeriggio afoso di Londra. Non servivano certo parole per placare l’ animo irrequieto di un mago come lui. L’ orologio ticchettava rumorosamente, rimbalzando fra le pareti. Il tempo continuava a scorrere.

<< Lo senti questo, Sirius? >>, esordì ad un tratto l’ uomo anziano seduto sulla comoda poltrona rossa. Sirius si fermò di colpo, rivolgendogli uno sguardo interrogativo. << Il giorno sta camminando sotto i nostri occhi, la Luna sta sorgendo lì dove il Sole tramonta. Il londinesi accerchiano un fuocherello, aspettando i rintocchi della Grande Torre che dirà loro che è ora che mettano sotto i denti qualcosa di invitante e sano. Gli uccelli tacciono in coro, il fiume si quieta. Tutto attorno a noi si trasforma. Muta con il passare dei minuti, dei giorni, dei secoli >>

<< Non capisco cosa tu voglia dirmi >>, disse con una nota di sarcasmo Black.

Il vacchio mago gli si avvicinò, posandogli una mano bianca e rugosa sulla spalla, stringendogliela appena. << Domani è un’ altro giorno, amico mio. Star qui a rimuginare su un tentativo fallito non porterà a nulla- o certamente a nulla di buono >>, rise tra se e sé. << Noi siamo soldati, come lo eravamo ieri, come lo siamo sempre stati. Questa è la nostra forza. Questa è la nostra speranza. >>

<< Speranza.. non c’è più niente in cui poter sperare.. >>, mormorò piano l’ Animagus.

<< Bisogna aver fede, fiducia >> Silente lo guardò sottecchi.

<< Piton >>, lo guardò, consapevole della sua affermazione, non cercando più nulla che gli potesse rivelare una alquanto inaspettata risposta negativa sul viso invecchiato dell’ uomo, che già lui ricordava malato e stanco. Si chiese se Albus Silente avesse avuto una giovinezza. << E io dovrei aver fiducia in Piton? >>, lo guardò  ma ciò che ricevette fu un sorriso. Dopo tanto tempo. E Sirius non potè fare altro che sciogliere per un attimo i suoi antichi rancori –o forse li avrebbe sotterrati per un po’- e crogiolarsi anch’ egli in un radioso sorriso, misto a nostalgia. Ka, avrebbe detto James. Ed allora sarebbe stato Ka.

La ruota del destino. Impossibile fermarla. Impossibile prevedere ogni sua mossa. Perché essa ha il potere, e gli uomini non hanno altro che la facoltà di ascoltarla girare con il suo dolorante cigolio.

 

 

3

 

Casa Figg era assopita. La calura estiva aveva deciso di allontanarsi momentaneamente dall’ isolato di Privet Drive, concedendo un attimo di respiro a tutti i suoi abitanti che erano ritornati alle loro monotone attività: falciare il prato, lavare l’ auto, spiare la casa dei vicini. Ogni cosa era tornata al suo posto, ricominciando a percorrere il sentiero petulante della monotonia di tutti i giorni.

O meglio, questo valeva per tutti gli inquilini della grandi case quadrate del quartiere babbano, meno che per l’ abitazione all’ incrocio con la silenziosa Magnolia Crescent. E, sicuramente, l’ anormalità che aleggiava in casa Figg aveva intaccato anche l’ assoluta tediosità della vita degli ‘altri’. Non erano infatti passati poco più di tre giorni da quando la sgangherata Ford Anglia della famiglia Weasley era atterrata rumorosamente nel vialetto difronte la villetta, rovesciando rumorosamente alcuni dei bidoni dell’ immondizia accantonati in un vicolo sudicio e oscuro. Avrebbero intaccato la regalità dei londinesi. Oh, certo.

La brezza della sera aleggiava leggera e fresca, attraversando le finestre socchiuse della piccola stanza in cui dormivano beati due ragazzi. All’ apparenza, sarebbero potuti passare per  comuni diciassettenni in cerca di guai. Questo, per i comuni occhi della comune gente di Londra. Loro, in realtà, erano molto di più di quanto non si sarebbero immaginati. L’ altra parte del mondo. Il riflesso dello specchio dove ognuno di loro non era nessuno. Ed Harry lo sapeva. Tra ‘gli altri’, egli era un ragazzo. Con un solo articolo indeterminativo a fare compagnia alla sua ombra, senza che alcuna persona conoscesse il suo nome. Lui non c’ era. E, a volte, lo apprezzava. Godeva del fatto che la gente che gli camminava accanto non conoscesse il suo nome, né il suo volto coperto da una leggera peluria, e quelle volte in cui lo fermavano per chiedergli sgarbatamente e frettolosamente l’ ora, guardandolo dritto negli occhi, Harry continuava ad essere un fantasma.

 

Ron si mosse nel sonno, borbottando silenziosamente qualcosa che Harry non potè udire. Sorrise spontaneamente. Di quei tempi, uno di quei sorrisi era prezioso. La notte s’ inoltrava nel fitto dell’ oscurità. Il silenzio pervadeva fastidiosamente nell’ ambiente. Harry odiò quel silenzio, perché continuava a sussurrargli nell’ orecchio frasi sconnesse. Forse, si disse, non sono capace di ascoltarlo. Si dice che la notte è giovane, Potter ne era sicuro. Si distese sul letto a pancia in su, guardando danzare le ombre. Ron e Hermione dormivano della grossa, emettendo di tanto in tanto suoni grutturali. Si chiese dove fossero davvero. Erano finiti in un baratro senza luce. Ron? Hermione? No, loro no. Stanno solo sognando. Io invece non ci sono. Sono perso. Senza di te...

Con quest’ ultimo pensiero, chiuse gli occhi, sprando di trovare sollievo in un sonno senza sogni.

 

 

4

 

 

Aprì gli occhi. Piano, affinchè la luce del giorno non glieli ferisse. Ma si accorse presto che non c’ era il sole fuori la finestra. Non c’ era luce, e di certo quella non era la stanza dove alloggiava con Ron e Hermione. L’ ambiente era scuro, l’ odore dell’ umidità gli penetrò nelle ossa. Si guardò attorno, spaurito. Tentò di gridare, ma nessun suono uscì dalla sua bocca.

Un tintinnio familiare attirò la sua attenzione: qualcuno stava raccogliendo delle ampolle dal pavimento. Una grande libreria torreggiava alle spalle dell’ uomo in nero. Il resto dello spazio era vuoto, le pareti nere, ora si sentiva odore di caffè.

Forte.

Harry si passò una mano sul viso; lo faceva sempre quando c’ era qualcosa che lo preoccupava. Hermione glielo avrebbe fatto notare.

Sai che c’è Herm?, disse alla figura della ragazza che la sua mente aveva proiettato nel vuoto. C’è che mi chiedo dove diavolo sono finito!

L’ uomo continuava imperterrito a raccogliere le bottiglie trasparenti, non sembrava essersi accorto della sua presenza. Nessuna finestra faceva denotare che fuori tutto fosse vivo. Lì era notte, Harry non si sarebbe meravigliato se avesse trovato un cadavere nascosto in un angolo.

L’ aria era pesante, e faceva freddo. La figura incappucciata aveva raccolto anche l’ ultima ampolla e, dopo averle poste in un doppio scomparto della libreria –un classico, pensò con una smorfia-, aveva preso un libro.

Prese a sfogliarlo, gettando occhiate furtive all’ oscurità, come se sentisse la presenza di altri.

No, non era Harry, poiché lui stesso sapeva che non erano soli. Il fruscio del mantello attirò la sua attenzione: scrutò la stanza, acuendo l’ udito, aspettando di sentire qualcosa. E qualcosa sentì. Qualcuno sussurrò. Harry si chiese come potesse avere un suono un sussurrò, ma poi si disse che troppe volte aveva sentito sul collo quello spostamento d’ aria gelida. E doveva essersene accorto anche l’ altro uomo perché chiuse di scatto il libro, si tolse il cappuccio dal capo, lasciando ricadere i capelli untuosi lungo le guance pallide.

Con un altro scatto tese la bacchetta nel vuoto, riducendo gli occhi neri a due fessure. Gettò un ultimo sguardo alla sua destra e poi scomparve dietro la porta di legno.

Il mormorio aumentò di intensità, ma quasi Harry non se ne accorse: tutto stava diventando ovattato. Tutto sfocato, tutto ritornava a essere irreale. Perché quello certamente non poteva essere reale. Avrebbe riconosciuto tra mille quei capelli uniti, gli occhi piccoli e quel naso adunco. C’ era da chiedersi il perché.

Udì dei sussurri concitati e poi dei risolini provenire dall’ uscio della porta dietro la quale era scomparso Severus Piton. Qualcuno emise un grido strozzato, come quando Harry e Ron sgattaiolavano sotto il mantello dell’ Invisibilità giù per il corridoio che portava a Hogsmeade e Ron pestava accidentalmente un piede ad Harry. Non seppe dire perché quella sensazione gli pervase i sensi; la stanza stava accartocciandosi su se stessa, vorticando febbribilmente. Le pareti sembrava volessero imprigionare Harry nel sogno –perché quello doveva essere un sogno, e nella confusione generale la saetta scolpita sulla frante cominciò a pulsargli dolorosamente, quasi uccidendolo.

Ma, qualche istante prima che se ne andasse, ebbe la certezza di aver sentito quel familiare fruscio di mantello e due occhi vispi e inquietanti guardarlo sottecchi dietro le lenti tonde.

Pur non avendo mai provato realmente niente del genere, in quegli occhi azzurri Harry si sentì a casa.

 

5

 

<< Non avevo mai visto tanta agitazione tutta in una volta! >>

<< Ron, sei tutto che rendi tutto così difficile >>

<< Io? Ma sentitela! Harry diglielo tu che ho ragione! >>

<< Harry vorrai scherazare spero! >>

Sbuffò. Si passò distrattamente una mano tra i capelli ribelli, cercando di isolarsi da quella monotonia. Più si sforzava di capire cosa esattemente stava accadendo ai suoi migliori amici, meno riusciva a trovare un senso logico alla sua affannata ricerca.

È l’ età, soleva dirgli una voce nella sua testa. Di recente ne sentiva così tante che gli suggerissiro cosa era meglio fare.. Si, è decisamente l’ età.

<< Ragazzi non lo so! Sbrigatevela da soli! >>, disse spiccio. Non aveva intenzione di mettere il dito tra le loro questioni, un giorno o l’ altro avrebbero dovuto aprire gli occhi!

<< Ma Harry! >>, replicò in tono quasi scandalizzato Hermione.

<< Siamo –sono- venuti qui per comprare i libri per Hogwarts, non ho intenzione di perdere tempo! >>, la sua voce risuonò troppo adulta alle sue orecchie. << Ora, se non vi dispiace, vado a comprare questi maledetti libri, anche da solo. Ne ho abbastanza delle vostre liti inutili! >>

Lasciò Hermione e Ron sbigottiti guardandolo avviarsi verso la strada maestra di Diagon Alley che l’ avrebbe condotto alla libreria Il Ghirigoro. Dalla notte precedente Harry era cambiato, come se qualcosa lo turbasse. Oh certo, c’ era quella sua dannatissima cicatrice aggiunta al fatto che il più potente Mago del Mondo lo stesse cercando.. ma lui sapeva questo. Ci era abituato, diamine ci conviveva da diciassette anni con quella dannata sensazione di avere sempre gli occhi altrui puntati alle spalle! Loro conoscevano i suoi sentimenti, erano i suoi amici –forse gli unici, pensò Ron. L’ avrebbero aiutato, se solo gli avesse chiesto veramente aiuto.

Ma lui e quel suo fottutissimo orgoglio non potevano cedere, vero?

Che si fotta, allora. Che si fotta lui e la sua vita del cazzo!

<< Ron.. >>

Hermione lo riportò alla realtà. << Si, andiamo >>, le ripose brusco, già intuendo quale sarebbe stata la sua domanda. Ed ebbe la premonizione anche della seguente.

<< Cosa gli è preso? >>

Il rosso alzò sconfortato le spalle. << Non lo so, Herm. Lui non è più l’ Harry che conoscevamo.. purtroppo.. >>

Hermione sospirò rimettendosi gli occhiali a posto sul naso. << Pensavo fosse contento quando siamo arrivati da lui.. ed ora ci tratta come due perfetti estranei!.. >>, si fermò. La Londra Babbana camminava lesta per le vie larghe del borgo, a volte sfiorandola accidentalmente. Hermione non vi diede peso. Ora c’ era qualcosa di più importante che le catturava la cognizione del tempo e della sensibilità. Avrebbe solo voluto sapere che cosa.

<< A volte vorrei che non fosse così.. >>. Lasciò la frase sospesa nell’ aria, forse aspettando

(sperando)

che Ron vi aggiungesse altre parole.. anche le più stupide.. solo per sapere che anche lui la pensava allo stesso modo.. ma Ron continuò a camminare in silenzio, alzando lo sguardo su qualche vetrina che riportava le effigie del Quidditch. Percorsero taciti le vie massacrate dallo scalpiccio dei Maghi che trotterellavano allegri, senza preoccupazioni. Credendo a quell’ idiota del direttore de Il Cavillo o alla menzogna della Gazzetta del Profeta. Senza che la cruda realtà li toccasse realmente.

Hermione sospirò affranta, non aggiungendo altri pensieri commemorativi ai suoi ricordi infranti. Percorse veloce la distanza che la separava dal ragazzo, anch’ ella tenendo la testa china, muovendo i passi tra l’ obliqua società del mondo.

 

 

6

 

Il campanello trillò gioiosamente quando Ron e Hermione aprirono la porta d’ ingresso della libreria. Si affacciarono timidamente  sull’ uscio, quasi timorosamente. Di certo non avevano vissuto delle belle avventure con il proprietario de Il Ghirigoro, di solito sempre traboccante di Maghi e Babbani –si, a volte anche loro- intenti a stordire Sir McPhuff con le loro lagne o liste interminabili di libri di testo. Molte volte era capitato loro di essere travolti, catapultati a terra sopportando il peso di ogni singolo individuo. Invece, ciò che videro e che udirono li lasciò senza fiato.

Silenzio.

Un vuoto incolmabile. Tranne per loro, naturalmente e per l’ allegra campanella che trillò ancora quando la porta si richiuse. Gli scaffali pieni di libri si ergevano paurosi come mai loro si erano aspettati sulle loro teste. L’ ambiente odorava di muffa. Un insopportabile odore di ristagno.

Si guardarono intorno. Al banco, se ne stava, girato di spalle, intento a catalogare alcune pergamene, George McPhuff. Sembrava preso in uno strano stato di trance, semi cosciente di ciò che accadeva attorno a lui. Ron si schiarì la voce.

Niente.

Hermione lo guardò sottecchi, ma lui non ricambiò il suo sguardò. Sbuffò adirata e, senza una parola, si inoltrò nella giungla di libri alla ricerca di Harry.

Ron gettò un’ occhiata veloce ad Hermione che si allontanava furtiva, poi suonò il piccolo campanello sul banco di legno, quasi distrutto dal lavoro incessante delle tarme.

<< Signor McPhuff.. >>

L’ uomo sembrò destarsi dal suo sogn ad occhi aperti. Si girò di scatto, mostrando al ragazzo il volto. Ron ne rimase atterrito. La barba cresceva incolta sul viso che un tempo doveva essere stato giovane, privo delle rughe che lo segnavano adesso. Notò anche che gli occhiali che gli cadevano sgraziatamente sul naso erano incrinati.

Il libraio sgranò gli occhi. Spalancò la bocca dall’ orrore, e, fulmineo, estrasse la bacchetta dalla tasca della lunga tunica verde e la puntò contro Ron.

<< Vade retro, Mangiamorte! >>, gridò indietreggiando contro la parete.

<< Cosa? No, signore, io sono.. >>

<< Stupeficium! >>

Il rosso venne spinto violentemente contro un grosso armadio, contro il quale sbattè forte la testa. La vista gli si cominciò ad annebbiare, gradualmente tutto cominciò a scomparire. Dove era Hermione quando aveva bisogno di lei? Naturalmente non c’ era.. sempre a correre dietro a Harry.. tanto valeva che morisse lì, come un vigliacco, tramortito da un colpetto alla testa.

Non era nemmeno l’ ombra di un Weasley.

Che cosa avrebbero detto i suoi fratelli? Fred.. George.. Percy.. Ginny..

Che cosa avrebbe detto Hermione? Ma di lei cosa gliene importava? Non era nessuno. Per il Mondo era solo un ragazzo, ma per se stesso? Cos’ era Ronald Weasley nel profondo del suo animo?

Solo un idiota.

Incapace di amare la persona a cui teneva di più.

Solo un idiota, mentre continuava a stare lì fermo, con un rivolo di sangue che gli scendeva caldo dalla tempia. Tanto vale morire qui, ci sarà pure qualcosa oltre a questo?, pensò. Per una volta, sarò io il primo.

Chiuse gli occhi.

 

7

 

Hermione trovò Harry intento a sfogliare un libro grosso dalla copertina nera. Avvertì subito i suoi passi felpati. << Herm.. >>, le disse fraddamente.

Hermione si accigliò. << E’ inutile che fai l’ indifferente con me >>

Harry sorrise. Quel sorriso gli illuminò il volto. << Ok, hai ragione tu. Dov’ è Ron? >>

<< E’ alle prese con mastro McPhuff, sai penso che abbia dei seri problemi.. >>, e così dicendo fece girare un dito in direzione della parte laterale della testa. Harry annuì silenzioso.

L’ orologio a pendolo battè le undici. Hermione continuava a fissarlo, inconsapevole del fatto che ciò mettesse in soggezione l’ amico. Ma cosa ci poteva fare lei? Lui era troppo.. bello per essere reale.. era il massimo che una ragazza desiderasse e non Ron, l’ eterno bambino. Tuttavia non avrebbe mai osato chiedergli quali fossero i suoi sentimenti. Ricordava con quale impetò le disse di lasciarlo solo al suo funerale. Avrebbe mai potuto lasciarlo solo così? Sulla sua tomba, con due lacrime solitarie a bagnargli il volto? No. Eppure doveva sottostare alla sua volontà, perché lei era l’ unica che avesse mai amato.

E non c’ era più.

L’ orologio continuava a battere, riempiendo il silenzio. Poi, ad un tratto, sentirono un’ esplosione proveniente dall’ atrio. Si guardarono muti, interrogandosi. Harry inarcò un sopracciglio, chiudendo di scatto il libro. << Andiamo >>, le disse con una voce cupa.

Hermione si limitò a seguirlo.

<< Cosa leggevi? >>, gli chiese improvvisamente, nel bel mezzo della loro corsa verso l’ entrata.

Harry la guardò ancora. << Adesso non è importante >>

Si, adesso non è importante.

 

Giunsero senza fiato nella piccola sala d’ ingresso, e ciò che videro non gli fece piacere. Ron era steso ancora a terra, e il libraio continuava a puntargli la bacchetta contro il petto, ansimando forte.

Hermione fece per andare incontro a Ron, ma Harry la fermò con il braccio, facendole segno di aspettare. Si ma.. aspettare cosa?, si disse.

Il ragazzo estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans.

<< Placo >>, mormorò e all’ istante mastro McPhuff abbassò la bacchetta. Il suo respirò tornò regolare, e girandosi li guardò entrambi.

<< Oculus Reparo! >>, disse a voce più alta. In un lampo, gli occhiali dell’ uomo erano nuovamente intatti. McPhuff sbattè più volte le palpebre. Poi sorrise.

Hermione non sorrise. Seppure avessero il permesso –o forse l’ obbligo- di usare la magia fuori dalla scuola, era tutto troppo spettrale, così fuori dall’ ordinario. In realtà, la magia non era quello di cui avevano bisogno.

<< Oh, signor Potter! Ha trovato il libro che cercava? >>, gli disse con tono affabile.

Herry sorrise a sua volta. << Si, mastro McPhuff. >>

<< Bene.. bene.. ma.. >>, si girò in direzione di Ron. << Ho fatto io questo? >>, chieso disgustato.

<< Si! >>, rispose acida Hermione, correndo in contro all’ amico. << Accuratus >>, sussurrò puntando la bacchetta alla tempia ferita di Ron.

Intanto Harry cercava di tranquillizzare il libraio, con voce calma e piatta, rassicurandolo del fatto che il ragazzo era di tempra forte, e che sicuramente era stato per i suoi occhiali che non l’ aveva riconosciuto.

<< Signor Weasley! >>, disse quando Ron si alzò dolorante, massaggiandosi la testa, cercando di non vacillare.

<< Si.. mastro McPhuff.. >>, rispose piano, sorretto da Hermione.

<< Mi dispiace così tanto.. ora venite, sedete qui sulla poltrona, questa tisana vi farà sentire meglio >>. Seppure non fosse entusiasta dell’ idea, si sedette con una smorfia e sorseggiò  la tisana.

Sapeva di menta.

<< Ron come ti senti? >>, gli chiese apprensivo Harry.

<< Sinceramente, stavo meglio prima, ma sopravviverò. >>, bevve ancora. << Solo mi chiedo perché mi abbia attaccato così furiosamente >>, disse sottovoce sperando che solo i suoi amici lo potessero udire. Quella faccenda puzzava di bruciato.

<< Forse il signorino Weasley sperava che non l’ udissi, ma non sa che le mie orecchie possono ascoltare da qui a molti metri di distanza, in ogni direzione >>

Ron si passò una mano sul volto, mentre Hermione ridacchiava silenziosamente.

Mastro McPhuff lasciò cadere le pergamene sul tavolo. Si avvicinò a Ron, rassettandosi i vestiti. << Penso che vi debba delle spiegazioni >>

 

8

 

<< Lo crediamo tutti, sir >>, disse Harry.

Il libraio sospirò. << Non trovo le parole per questo, sinceramente. Sono addolorato per voi signor Weasley, ma i tempi cambiano. Cambiamo tutti.. La mia non è  una storia delle più felici, come tutte le storie di questo Mondo.

<< Nono sono trascorse molte fasi lunari da quando vennero qui, distruggendo tutto, uccidendo chiunque gli capitasse sotto tiro. Loro erano… >>

<< Mangiamorte >>, concluse per lui Hermione.

<< Erano mostri! >>, disse guardandoli tutti. Poi riprese: << Mi hanno portato via la mia anima, il cuore di questa libreria! >>. Li guardò sottecchi. << Ed è certo che non sono più lo stesso dopo la maledizione Cruciatus >>

<< Gli ha provocato danni irreversibili alla vista, a volte accade >>

<< Tu sapevi questo, Harry? >>, Hermione lo guardò aspettando una qualche risposta.

<< Ancora non so come scusarmi >>, mastro McPhuff s’ intromise nei loro discorsi. La risposta di Harry non arrivò mai.

<< Non deve scusarsi, ormai è passato >>, Ron sapeva che non era colpa del libraio. Era colpa di quei ‘mostri’, come li aveva chiamati. Era tutto fatidico.

Una catena di eventi concatenati, irraggiungibili dall’ intelletto umano, troppo materiale e puerile.

Perché tutto era destino.

Irreversibile.

Harry pagò i suoi libri, assieme a Hermione che li comprò anche per Ron, ancora troppo scombussolato per trovare un perfetto equilibrio.

<< Esco fuori >>, sussurrò alla ragazza. Pochi attimi dopo, la campanella trillò nuovamente, e Ron li guardava da dietro il vetro incrinato.

Prima, non si era accorto di quanto fosse crepato. Gli era sembrato il negozio di sempre, così allegro e mistico, dove perdersi, per poi ritrovare il proprio ego nelle pagine dei libri ingialliti e consunti.

Ma tutto cambia..

Si, come aveva detto McPhuff, tutto continuava a cambiare, a volte non seguendo neanche il monotono ticchettio della pendola dell’ orologio. Ed anche il tempo non sottostava più a nessuna legge: scivolava silenzioso dalle tasche della gente, correndo, rallentando, fermandosi.

Era un Mondo alla deriva.

Siamo tornati alla Genesi, gente. E che qualcuno ci salvi. Ma chi poteva salvarli? Gli Auror? Loro stessi? No. Era in atto un processo degenerativo, percorrendo la storia a ritroso, tornando al principio fondamentale di microrganismo unicellulare, senza midollo, senza spina dorsale, succube dell’ elemento che lo tiene prigioniero.

Acqua immersa nell’ acqua, evaporata nei secoli.

Amen, pensò ridacchiando.

<< Perché ridi? >>, la voce dietro di lui venne accompagnata dal solito scampanellio infernale della porta. Si girò.

<< Niente. Avete fatto? >>, domandò ad entrambi. Harry si limitò ad abbozzare un sorriso. Hermione annuì. Così vicini, uno di fianco all’ altro potevano sembrare due fidanzatini in cerca di qualche posticino segreto dove spassarsela tutta la notte.

Così lontani, troppo distanti nei sentimenti che entrambi provavano, troppo giovani per capire realmente i tradimenti dell’ amore.

E Ron sapeva questo, malinconico e addolorato. Ma lui cosa poteva farci? Lui era solo un Weasley. Solo il suo secondo.

E se avesse potuto comprendere il vero dolore dell’ odio, si sarebbe accorto di quanto li detestasse entrambi.

S’ incamminarono silenziosi, non sapendo bene dove dirigersi ( ma si, naturale, al Paiolo Magico ), cercando una strada per essere non più distanti di così. Come il vetro della libreria, pensò Ron. Incrinato. Perché tutto non era immutabile come sembrava. Come il vetro.

 

 

To be continued

 

 

NdA:  I’M ALIVEEEEEEE!! Gente, finalmente ci si rivede! Dopo quanti secoli? Ho perso il conto, sorry. Si, probabilmente vorrete uccidermi (E poi sono io quella che aggiorna in ritardo! NdLy) per questo ritardo mostruoso, ma gran parte della colpa c’è l’ ha questo mio destino avverso che mi vuole tenere lontana dal mio computer! Vi dico soltanto che circa.. un mesetto fa, si, avevo scritto ben dodici pagine di questo capitolo.. e cosa va a succedere????? Formatto il computer e quel bastardo dell’ hard-disk estraibile mi va in pappa e mi perde TUTTI i dati!! T_______T Non sapete la disperazione che mi ha preso, quando mio padre si è ritirato a casa e mi ha detto che non c’ era più nulla da fare per i miei files. Noooooooooo!! ;___;E quindi mi sono detta: visto che mi devo riscrivere quasi interamente il capitolo, perché non effettuare alcune modifiche? Ed eccovelo questo capitolo. Forse rimarrete un po’ con la bocca asciutta alla fine, ma credetemi quando vi dico che se avrei continuato, avrei pubblicato il cap a Gennaio 2004! Non scherzo, perché la scuola mi ruba molto tempo che prima dedicavo alla scrittura (Aaaaaargh maledetto latino!).

Ma venendo a noi, come sempre ditemi se il cap è stato di vostro gradimento o no con una recensione o mandandomi una mail a Pan_z@inwind.it .

Ah, il grande King-sensei mi ha dato il permesso di usare alcuni vocaboli presenti nella sua saga ‘La torre nera’ come Ka = destino. Ok, preparatevi a questo e altro perché i suoi libri mi hanno praticamente sottratto la mia volontà, e sono stata catapultata in un mondo parallelo a questo!

Oggi non ho tempo per inserire anche i commenti, mi dispiace, ma ringrazio tutti coloro che mi hanno recensito lo scorso capitolo ed anche quelli che recensiranno anche questo.

Come lunghezza va bene, Strek?^__^

Ora vado. Ore 20.58 del 14 dicembre. Il prossimo capitolo arriverà presto, promesso.

Alla prossima

Pan_z

 

 

 

  
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