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Autore: Soul Sister    06/10/2010    3 recensioni
Emmett e Jasper sono due dongiovanni. Rosalie detesta Emmett, lui non sopporta lei. Alice è innamorata persa di Jasper, Hale la considera la sua migliore amica. Senza contare che entrambi i ragazzi sono gli scapoli piu ambiti di Forks. Edward è un ragazzo chiuso, che non ha mai provato la sbornia dell'amore. Bella non ha mai avuto nemmeno l'occasione per sentirsi a casa, inseguita, braccata come un animale dagli uomini che hanno ucciso i suoi. I Cullen l'aiuteranno a rivendicare i genitori, e a ridarle la libertà e la felicità che in 17 anni non è riuscita a ottenere. Edward, in questo senso, è la persona chiave. In tutto questo casino, tra omicidi e strane capacità, sboccerà l'amore?
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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¡ Hola Chicos!
We, sorpresi? Beh, eccomi qui! Ormai questa storia è una delle 'essenziali', la scrivo perchè sono ispirata, finalmente!
Il che, è solo una sfortuna per voi, che vi dovete sorbire le mie schifezzuole...
No, sul serio, non so cosa mi possa essere uscito stavolta. Nulla di buono, sicuramente.
Beh, Bella è entrata nella Cullen Family... Questo è un piccolo capitolo di passaggio. E' trattato brevemente il tema 'amore', e spiego un po' la vita dei ragazzi. Beh, non sono proprio come i Cullen originali, vi avviso. Soprattutto Emmett, Jasper e Edward. In piu, ho voluto cambiare un po' Rose, che sarà piu aperta con Bella, e non la guarderà in cagnesco. U.U Vi lascio al capy, ora...
Buona lettura!

Capitolo 3- New Cullen

«Bella Bellina, il giorno s’avvicina!»

Quella cantilena mi trascinò via dall’incoscienza beata del sonno. La voce trillante di Alice, benché fosse davvero musicale, mi dava fastidio. Era sempre così al risveglio. Mugugnai una risposta della serie “lasciami in pace, voglio dormire”, e mi raggomitolai sotto le coperte. Mi sarei riaddormentata, se non mi fossi ritrovata sul pavimento freddo. Riaprii di scatto gli occhi. Alice era di fronte a me, a braccia conserte, con un sorrisino divertito sul viso da folletto. «Sai che ore sono?» domandò, ignorando la mia occhiataccia. Non aspettò la mia risposta, e riprese immediatamente: «sono già le sei! Abbiamo solo due ore di tempo per renderti presentabile.» annunciò. La sua espressione pareva inorridita, al pensiero di non riuscire nell’impresa. La mia faccia era il ritratto del terrore, i suoi pensieri non preannunciavano qualcosa di buono. Forcine, pettini, fard, matite e ombretti vari; ma mica dovevamo andare a scuola?!

Alice mi porse una mano, che io afferrai di buon grado, aiutandomi ad alzarmi. Tornata in posizione eretta, la mia sorella acquisita temporaneamente, mi prese per un braccio e mi trascinò in quella che doveva essere la sua stanza. Era davvero immensa, e ben arredata. Non si poteva dubitarne, con Alice. A quanto pareva, amava la moda e lo stile. Il suo sogno era di essere una stilita famosa, per creare capi d’abbigliamento di tutti i generi. Cosa che, anche se non per mestiere, faceva già. In una parte della camera c’era un tavolo con un mucchio di stoffe di vario genere e colori e una macchina da cucire; affianco al quale, stava un manichino bianco mezzo vestito.

«Bella, vedi quel bel vestitino blu? » indicò proprio il modello che avevo appena notato. Rabbrividii. Quello era un vestitino? E io che credevo fosse una di quelle cinture alte...

«Lo metterai alla festa che sto per organizzare in onore del tuo arrivo! » trillò tutta eccitata. Strabuzzai gli occhi, pronta a dirgliene quattro, ma m’interruppe.

«Non voglio lamentele, ormai tanto è deciso. Oggi ne parlerò con Carlisle, e lui dirà di sì. E non cercare appoggio da Esme, perché lei adora aiutarmi in queste cose.» Misi il broncio, e la feci ridere. Mi trascinò verso una nuova porta, e quando l’aprì, quasi non svenni. Era una cabina armadio, ma era più grande della stanza in sé!

Alice prese un paio di jeans sbiaditi ad arte e una camicetta blu. «Non sono il massimo, però..Per oggi può passare. Dobbiamo andare assolutamente a fare shopping!» mi lanciò un’occhiataccia: «e tu non ti opporrai. » Mi consegnò i vestiti, e io mi cambiai. Alice poi mi fece sedere davanti allo specchio del suo bagno enorme. Pareva tanto un salone di bellezza degno degli studi di Hollywood. Mi fece la pulizia del viso, ma non ne ero sicura, e mi sistemò le sopracciglia. Non volevo le toccasse, ma alla fine avevo ceduto. Ormai avevo capito che Alice otteneva sempre ciò che voleva, e io non potevo farci nulla. L’unica cosa da fare era acconsentire senza lamentarsi troppo, o la tortura sarebbe stata anche peggiore.

«Pronta! » annunciò, e io mi guardai allo specchio. Mi aveva migliorata, questo era certo. Però le mie sopracciglia non erano così male, nemmeno prima!

Scendemmo in sala da pranzo, dove la famiglia era riunita. Emmett e Jasper erano ancora in pigiama, e ciò scatenò l’ira di Alice.

«Non siete ancora pronti?! »

«Alice, dai, non dobbiamo andare ad un galà! » sbottò Emmett.

«Bisogna essere almeno presentabili! »

«Tranquilla che non veniamo a scuola in pigiama. » Il ragazzo grizzly sorrise con in bocca il cucchiaio, e io nascosi la risatina con un colpo di tosse. Emmett ammiccò in mia direzione, e ricevetti un’occhiata truce da Alice. «Non capite niente! » la folletta sbuffò, sedendosi a tavola per fare colazione. Carlisle m’indicò la sedia accanto alla sua, e io mi accomodai. Esme mi accarezzò una guancia, appoggiandomi davanti una tazza con del latte caldo. Ringraziai, arrossendo. I passi di Edward giunsero dalla rampa, ed eccolo entrare nella stanza. Sorrise a tutti, in un modo solare, poi sedette di fronte a me.

«Buongiorno, famiglia »

«Buongiorno. Ecco tesoro. » Esme gli porse la tazza, e lui le sorrise di nuovo.

«Siamo di buonumore, Eddy? »

«Non si vede?»ribatté ad Emmett, sorridente.

Finita la colazione, Emmett e Jasper si prepararono, poi Esme ci buttò fuori casa; eravamo in ritardo per la scuola, e la signora Cullen non voleva che arrivassi tardi il primo giorno.

Alice mi affiancò fin quando non fummo nel garage gigantesco di villa Cullen. Ormai avevo capito che tutto, qui, era di dimensioni esagerate. La camera di Alice non era da calcolare,poteva essere un appartamento a sé, tanto era grande.

Nel garage c’erano sei auto tirate a lucido. Erano il classico tipo di macchine da ricconi; di certo, una persona normale non poteva avere una Porsche, una Mercedes e una BMW, tutte per sé. E accanto a quelle, erano parcheggiate una Volvo, una jeep e una Auston Martin Vanquish. No, di certo i Cullen non avevano problemi di soldi. Eppure non erano delle persone snob e antipatiche; anzi, erano generosi e altruisti, i Cullen.

«Allora, io, Bella, Edward e Emmett prendiamo la Volvo. Tu e Jazz la M3. » annunciò la folletta, riferendosi a Rosalie. La bionda annuì, senza troppo entusiasmo. Salimmo nelle rispettive auto, io me ne stavo dietro con Alice, mentre al posto di guida c’era Edward, con affianco Emmett. In poco tempo, arrivammo alla Forks High School, grazie alla guida da pazzi e spericolata dei Cullen. «Ma guidate tutti così?» domandai, mentre scendevo dall’auto, attenta a non perdere l’equilibrio. Mi sentivo quasi nauseata.

Alice si strinse nelle spalle: «ci piace andare veloce.»

«L’avevo notato.» borbottai. Rosalie e Alice mi accompagnarono in segreteria, e mi presentarono come loro cugina acquisita, figlia adottiva di uno zio in Alaska. Storia più complicata no, eh?

La donna alla scrivania, la signora Cope, mi porse dei fogli da far controfirmare ai professori e la piantina della scuola. Non l’avrei usata, per fortuna avevo Alice che mi stava incollata come una sanguisuga e mi scorrazzava ovunque.

La prima lezione era letteratura inglese, con Emmett. Solo che lui un compagno di banco l’aveva già, quindi dovetti sedermi accanto ad una ragazza. Lei si presentò come Angela, ma era timida quanto me, e non parlò molto. Presi appunti come lei e al suono della campanella ci salutammo ancora. Emmett si affiancò a me, e mi scortò alla seconda ora. Accanto a lui, mi sentivo come marcata da un bodyguard. E in effetti, con la stazza ci stava pure. Ma l’orso era una persona simpaticissima, e quando sorrideva, cioè praticamente sempre, aveva delle fossette sulle guance che lo facevano sembrare un bambino.

«Bellina, eccoci qui! Ora di ginnastica!» esclamò. Il mio entusiasmo scemò del tutto. Avevo sempre odiato quella materia: nonostante fossi dotata di robe degne di una storia di fantascienza, ero scoordinatissima. Il mio equilibrio era praticamente inesistente. Però, forse, una cosa buona con la mia mancanza l’avevo ottenuta...

«Non ti piace?» Emmett ridacchiò,«come mai?»

«Sono negata in qualsiasi sport» tagliai corto. Emmett alzò un sopracciglio, con calcolato scetticismo. «Fidati: non mi hai mai vista giocare»

Detto ciò, si congedò. Avanzai timidamente verso il professore, che stava compilando un registro, seduto dietro ad un tavolino messo in un angolo appartato della palestra. Mi schiarii la gola, per farmi notare. Il docente alzò il naso dalle scartoffie, e mi scrutò attentamente:«Tu devi essere Isabella Swan» Annuii, mentre un fastidioso rossore si diffondeva sulle mie gote.

Fortunatamente, quel giorno il professore si era scordato la divisa, e io non avevo il ricambio. Sarei stata tranquillamente seduta sulla cavallina, a seguire la lezione.

Mi avviai verso il mio giaciglio momentaneo, e mi ci sedetti sopra.

«Ciao‼» chi mi aveva rivolto la parola, era un ragazzo biondo, sufficientemente alto, con degli occhioni azzurri spalancati. Mi rivolse un sorriso entusiasta. Non sembrava antipatico:«Io mi chiamo Mike Newton. Tu sei..Isabella, giusto?»

Annuii:«Sì»

«Beh, ti farò compagnia» con un cenno del capo, mi fece notare la spalla slogata. Sorrise, sedendosi accanto a me. Il professore fischiò, e il resto della classe si fece intorno a lui. Cominciarono a correre, e ringraziai il cielo per avermi fatto saltare la lezione.

«Non sapevo che i Cullen avessero cugini in Alaska...Em e Jazz non me ne hanno mai parlato» disse Mike, guardandosi le mani, poi tornò a guardarmi in viso; «Beh, benvenuta a Forks.»

«Grazie» gli sorrisi gentile. Alla fine della lezione, Mike, con cui avevo chiacchierato molto durante l’ora, insistette per presentarmi i suoi amici.

Era nella squadra di football della scuola, insieme a Jasper e Emmett, e, da quanto avevo capito, erano il trio dei dongiovanni. Soprattutto lo erano i due Cullen. Incredibile. Non me lo sarei mai aspettato.

Mike mi aveva confidato, sottovoce, che a lui interessava una ragazza di nome Jessica; me l’aveva indicata durante la partita di pallavolo.

Il resto della giornata fu relativamente tranquillo. Il consiglio dei docenti era sempre lo stesso: «stai attenta e prendi appunti, così ti rimetti in pari col programma.»

In un battibaleno, arrivò la pausa pranzo. «Bella!» Alice comparve al mio fianco, sorridente ed allegra. Ringraziò Mike, a capo chino, poi chiese scusa e mi rapì nel vero senso del termine. Entrammo nella mensa, Alice non stava più nella pelle. Era elettrizzata, euforica. Ma tutto il suo entusiasmo morì nel giro di un secondo. Notai il suo labbro tremare, gli occhi luccicare, tristi, mentre si riempivano di lacrime. Seguii il suo sguardo; l’attenzione della piccola folletta era tutta sull’ingresso opposto della sala. Lì c’era Jasper. Se ne stava con una ragazza. Le teneva una mano sul fianco, l’altra era appoggiata alla parete, intrappolandola.

E capii, quando Alice insistette di metterci in coda per voltare le spalle alla scena, che non provava un semplice affetto di fratellanza verso Jasper. La guardai negli occhi, e lei accennò un sorrisino timido. Prendemmo solamente sue sode, poi Alice mi condusse all’esterno. Passammo davanti a Jasper e alla ragazza, che non fecero assolutamente caso a noi.

Constatai che, nonostante fossero diversi, i Cullen erano riusciti ad inserirsi, al contrario mio.

Io e la folletta ci sedemmo su una panchina, in cortile. Soffiava un leggero venticello, che scuoteva le foglie secche e le faceva cadere a terra. C’era quiete, silenzio. E una certa aria malinconica. Come quella che emanava Alice, a capo chino, che giocherellava con la sua bottiglia.

«Alice..» la chiamai, cautamente. Mi dispiaceva vederla così.

Alzò gli occhi azzurri, e li vidi pieni di lacrime. Sorrise, imbarazzata, passandosi una mano per asciugarli:«Scusami, sono una sciocca.» Non parlai. Se si fosse voluta sfogare, io l’avrei ascoltata e consolata. Ma non volevo fosse un obbligo.

«E’ che..sono una vera stupida...Un’illusa. Ogni volta che mi sorride, che mi guarda, il mio cuore si riempie di speranza...» la voce le tremò, «Ma mi ritiene solo un’amica, o una sorella acquisita...Che vana consolazione!» Si lasciò sfuggire un singhiozzo, e il mio cuore si strinse in una morsa di dispiacere ancora più ferrea.

«Non mi guarderà mai come una ragazza...» ruggì, tra le lacrime,«Ma dopotutto, c’ha la fila dietro..Non mi vedrà mai, proprio.» appoggiò la fronte sulla mia spalla, e la lasciai piangere per un tempo indefinito. Le carezzai i capelli, cercando di infonderle consolazione.

Alzò il capo, si asciugò velocemente le lacrime, e mi sorrise sinceramente:«Grazie, Bella..Mi dispiace che tu mi abbia vista così. Oggi non so cosa mi sia preso. Di solito, mi so controllare»

«Perché non provi a parlarci?» domandai, bevendo un sorso di Soda. Alice sorrise amaramente:«con Jasper, dici? » ridacchiò, senza allegria «A che servirebbe? Solo a rovinare l’atmosfera in casa e a far preoccupare Esme..E’ pressoché inutile. Te lo ripeto: Jasper mi ripete continuamente che sono la sua migliore amica. Io è da quando abbiamo tredici anni che ho una cotta per lui, e non riesco a farmela passare! E lui sono anni che mi racconta delle sue storie d’amore con altre, era a me che chiedeva consigli su come conquistarle..Beh, non che adesso gli servano i miei consigli su come far cadere ai suoi piedi le ragazze: ne ha fin troppe che gli muoiono dietro...» Alice sospirò.

«Diciamo che Jasper non è uno da storie serie..Il suo record è di un mese, con una che era pressoché insistente e opprimente, e calcola che si trattava di una mezza scommessa con Emmett. Sarebbe potuta durare anche meno»

«Ammetto che non me lo immaginavo così. E nemmeno Emmett.»

«Oh!- esclamò Alice, esasperata- un altro che va in giro a spezzare i cuori..»

«Fammi indovinare: Rosalie?»

Alice mi guardò implorante:«non dirle che te l’ho detto.»

«Muta. Comunque, non ho ancora parlato con lei, e dubito che la prima conversazione tra noi verterà su questo.» feci, imbarazzata. E non ero nemmeno sicura che ci saremmo parlate mai. Avevo l’impressione di non andarle troppo a genio.

Alice sorrise:«Non le stai antipatica, se è quello che pensi. Rose sta sempre un po’ sulle sue. In questo periodo, poi, è praticamente intrattabile. A differenza mia, lei si sfoga così..Non le va giù che sia più di una settimana che Emmett sta con la stessa ragazza.» Alice scosse la testa. «Ma anche lei è poco furba. Emmett è convinto che lei lo odi, e viceversa. Non sanno comportarsi civilmente, quando sono vicini. Emmett è competitivo di natura; appena Rose gli fa un commento, e lo fa apposta, Emmett deve ribattere... E’ così da non so quanto tempo.»

«E Edward?» Alice alzò un sopracciglio, e cercò di nascondere un sorrisino. Evitai di immaginare a cosa sarebbe potuta giungere, con la mia domanda, la sua mente contorta. «Per curiosità» sottolineai.

«Lui è single. Splendidamente e fieramente single.» nel mio cuore, per un motivo a me sconosciuto e irragionevole, si mosse qualcosa. Era lo stesso sentimento che avevo provato quando Carlisle mi aveva chiesto di rimanere, la stessa emozione che avevo sentito quando Alice e Emmett mi avevano sorriso. Era la medesima sensazione che mi gonfiava il petto quando Edward mi appariva in sogno: era speranza.

«Strano» mi limitai a commentare. Alice si lasciò andare ad una risata allegra, e ne fui felice. Stavo riuscendo a farla svagare un po’.

«Uhm- si ricompose-, la maggior parte delle ragazze, qui, pensa che Edward sia il più bello scapolo di Forks, nonché d’America.»

«Non è difficile da credere» mi lasciai scappare, con un po’ di scetticismo. Alice rise di nuovo.

«Per me è esagerato..Okay che è carino, ma è tanto vero che Jasper è innegabilmente più bello di lui. » quando pronunciò il suo nome, a Alice luccicarono gli occhi. «Ha un’attrattiva speciale, charm, fascino..E il suo sguardo di ghiaccio, Dio..Sentissi il mio cuore come batte quando incrocio il suo sguardo!» Sorrisi, intenerita. Era davvero cotta. Nonostante ciò, non mi potevo dire d’accordo con lei. Era assolutamente di parte con Jasper! Ma lasciai correre.

«Alice, ma quindi..Voi siete stati tutti adottati?»

«Ringrazierò sempre Esme per averci presi con sé. Vedi, lei non poteva avere bambini, e questo l’ha sempre resa molto triste. Ha praticamente implorato Carlisle di portarla in un orfanotrofio!- sorrise teneramente- Lì c’era Emmett. E’ stato il primo ad arrivare a casa. Solo che Esme non era ancora soddisfatta, e ha usato la scusa che Emmett si sentiva solo, per fare un’altra visita là. E c’ha trovato i gemelli Hale...»

In quel momento, la campanella suonò, e io e Alice ci alzammo contemporaneamente. «Beh, poi la storia non è molto complicata.» disse Alice, cominciando ad avviarsi;«Questa volta, era Carlisle a volerne uno. E’ venuto, questa volta solo, e – così dice lui- incantato da due piccoli bimbi: io e Edward. Indeciso, ci ha portati tutti e due a casa. Non immagini l’euforia di Esme» Alice rise. Stavamo entrando di nuovo nell’edificio, adesso. «Io e Edward ci conosciamo praticamente da sempre, per questo siamo così legati. Ma anche con gli altri; quando siamo arrivati, Em, Rose e Jasper avevano pochi anni...CAVOLO, SONO IMPRESENTABILE!» con quell’urlo, Alice mi aveva assordata per metà. Dovevano debellare qualsiasi superficie riflettente, quando in giro c’era Alice. Io la trovavo splendida, ma lei non era del mio stesso avviso. Corse come una forsennata per tutto il corridoio, poi si sentì un tonfo, e la voce inconfondibile di Alice urlacchiare. La raggiunsi, e la scena mi mise una certa ansia. Alice era a terra, Jasper stava inveendo contro un altro ragazzo, e tutti gli altri erano lì che osservavano straniti la scena.

«Hai capito, razza di imbecille? Stai attento, la prossima volta: potevi farle del male, bestione che non sei altro!» Da sottolineare, che il ragazzo che aveva investito Alice era pressoché scheletrico, alto e all’apparenza più fragile del cristallo. Per me, si era fatto più male lui di Alice. Anzi, lei mi sembrava stesse bene, forse un po’ shoccata, ma stava bene.

«Jasper..» cercò di chiamarlo.

«Chiedile scusa, idiota!» esclamò il biondo. Il ragazzo-grattacielo balbettò sconnessamente delle scuse. Poverino, era mortificato. Non era nemmeno colpa sua: Alice era partita in quarta e non aveva guardato dove andava. Alice si rialzò, e Jasper le si affiancò immediatamente.

«Tutto bene?» chiese, preoccupato. Solo amica? Pensai, scettica.

«Sì, ma non è colpa sua. Non ho guardato dove andavo» mormorò Alice, senza guardarlo.

«Fila!» esclamò Jasper all’altro, e lui si volatilizzò, spaventato. Alice si scostò dal biondo, e mi venne al fianco. «Andiamo, Bell» Io annuii, poi la seguii fino alla classe di spagnolo. Poi lei mi salutò, e si spostò a quella affianco. Io entrai nella stanza, e mi guardai intorno. Notai Rosalie, in fondo all’aula. Lei mi sorrise, stupendomi, e mi fece cenno di raggiungerla. Il prof non era ancora entrato, e la classe era mezza vuota. M’incamminai, incespicando, fino al fondo. Rosalie mi salutò:«ciao, Bella!»

«Rosalie» balbettai.

«Senti...» fece, arrossendo,«mi dispiace per la freddezza che ho dimostrato nei tuoi confronti: è che ancora non sapevo se fidarmi..»

«E cos’è che ti fa fidare di me, ora?»

«Non lo so..» disse, pensierosa.«Però ormai fai parte della famiglia, no? – Sorrise ancora- e poi, oggi sono particolarmente su di giri, che abbraccerei la mia peggior nemica!» mi preoccupai, a quell’affermazione. Rosalie mi guardò, poi rise:«che non sei tu, tranquilla!»

In quel momento, in classe entrò una ragazza alta, bionda, dall’aria superficiale. Rose grugnì a bassa voce:«Wilma Spencer..» sibilò, poi scosse la testa e sorrise.

«Oh, che sciocca..- si riprese- Non devo più pensare a Emmett.» si ricordò che non sapevo nulla, e arrossì. «Acqua passata. Sì, mi sono presa una cotta per lui, ma ora è passata..» i suoi occhi però non sembravano esser d’accordo con le parole. Brillavano di tristezza.

«E poi, oggi un ragazzo, non so se sai chi è, Tyler, mi ha chiesto di essere la sua ragazza...» Sorrise, «E ho detto sì.»

--

L’ora con Rosalie era passata in modo divertente, tra chiacchiere sussurrate e risate soffocate. Era più simpatica di quando immaginassi. Ma non ero in confidenza quanto lo ero con Alice, non ancora almeno.

«Salve!» esclamò la bionda, arrivate alla macchina di Edward. Lì, c’erano lui e Alice.

«Gli altri due?» domandai. Edward- che non avevo visto tutto il giorno- mi fece un cenno col capo, dietro sé. Jasper e Emmett erano appartati rispettivamente con una ragazza, e si baciavano abbastanza audacemente.

«Per me, si risucchiano a vicenda. Quando arriva Jasper, avrà la faccia sfigurata.» Il commento acido di Alice fece sorridere sia me che Edward. Beh, se lui non lo sapeva, abile lettore di cervelli, chi doveva essere a conoscenza?

Alice e Rose si persero in una conversazione su quel tipo, Tyler, e Edward mi si avvicinò. «Com’è andata?» si indicò la testa, e compresi.

«Sinceramente, non ho sentito tanto fastidio. A me basta non concentrarmi, che tutto fila liscio» sorrisi, trionfante. Edward sbuffò: «insegnami, allora.»

«Vedrò che si può fare» gli sorrisi nuovamente, e lui ricambiò.

«EHI VOI DUE!» esclamò Alice, facendoci trasalire entrambi, «IO DEVO PARLARE CON CARLISLE!»

Mi voltai di nuovo verso Edward: «Sarà piccola, ma la voce ce l’ha eccome...»

«E non è nulla..» Edward montò al posto di guida.

Io lo seguii, e salii dietro, con Alice. Davanti a noi, ancora Emmett.

«Allora, Bellina! Pronta ad affrontare il primo allenamento?»

  
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