- ¡ Hola Chicos!
- We, sorpresi? Beh, eccomi qui! Ormai questa storia è una delle 'essenziali', la scrivo perchè sono ispirata, finalmente!
- Il che, è solo una sfortuna per voi, che vi dovete sorbire le mie schifezzuole...
- No, sul serio, non so cosa mi possa essere uscito stavolta. Nulla di buono, sicuramente.
- Beh, Bella è entrata nella Cullen Family... Questo è un piccolo capitolo di passaggio. E' trattato brevemente il tema 'amore', e spiego un po' la vita dei ragazzi. Beh, non sono proprio come i Cullen originali, vi avviso. Soprattutto Emmett, Jasper e Edward. In piu, ho voluto cambiare un po' Rose, che sarà piu aperta con Bella, e non la guarderà in cagnesco. U.U Vi lascio al capy, ora...
- Buona lettura!
Capitolo
3- New Cullen
«Bella Bellina, il giorno s’avvicina!»
Quella cantilena mi trascinò via
dall’incoscienza beata del sonno. La voce trillante di Alice, benché
fosse
davvero musicale, mi dava fastidio. Era sempre così al risveglio.
Mugugnai una
risposta della serie “lasciami in pace,
voglio dormire”, e mi raggomitolai sotto le coperte. Mi sarei
riaddormentata, se non mi fossi ritrovata sul pavimento freddo. Riaprii
di
scatto gli occhi. Alice era di fronte a me, a braccia conserte, con un
sorrisino divertito sul viso da folletto. «Sai che ore sono?» domandò,
ignorando la mia occhiataccia. Non aspettò la mia risposta, e riprese
immediatamente: «sono già le sei! Abbiamo solo due ore di tempo per
renderti
presentabile.» annunciò. La sua espressione pareva inorridita, al
pensiero di
non riuscire nell’impresa. La mia faccia era il ritratto del terrore, i
suoi
pensieri non preannunciavano qualcosa di buono. Forcine, pettini, fard,
matite
e ombretti vari; ma mica dovevamo andare a scuola?!
Alice mi porse una mano, che io afferrai di
buon grado, aiutandomi ad alzarmi. Tornata in posizione eretta, la mia
sorella
acquisita temporaneamente, mi prese per un braccio e mi trascinò in
quella che
doveva essere la sua stanza. Era davvero immensa, e ben arredata. Non
si poteva
dubitarne, con Alice. A quanto pareva, amava la moda e lo stile. Il suo
sogno
era di essere una stilita famosa, per creare capi d’abbigliamento di
tutti
i generi. Cosa che, anche se non per
mestiere, faceva già. In una parte della camera c’era un tavolo con un
mucchio
di stoffe di vario genere e colori e una macchina da cucire; affianco
al quale,
stava un manichino bianco mezzo vestito.
«Bella, vedi quel bel vestitino blu? »
indicò proprio il modello che avevo appena notato. Rabbrividii. Quello
era un
vestitino? E io che credevo fosse una di
quelle cinture alte...
«Lo metterai alla festa che sto per
organizzare in onore del tuo arrivo! » trillò tutta eccitata.
Strabuzzai gli
occhi, pronta a dirgliene quattro, ma m’interruppe.
«Non voglio lamentele, ormai tanto è
deciso. Oggi ne parlerò con Carlisle, e lui dirà di sì. E non cercare
appoggio
da Esme, perché lei adora aiutarmi in queste cose.» Misi il broncio, e
la feci
ridere. Mi trascinò verso una nuova porta, e quando l’aprì, quasi non
svenni.
Era una cabina armadio, ma era più grande della stanza in sé!
Alice prese un paio di jeans sbiaditi ad
arte e una camicetta blu. «Non sono il massimo, però..Per oggi può
passare.
Dobbiamo andare assolutamente a fare shopping!» mi lanciò
un’occhiataccia: «e
tu non ti opporrai. » Mi consegnò i vestiti, e io mi cambiai. Alice poi
mi fece
sedere davanti allo specchio del suo bagno enorme. Pareva tanto un
salone di
bellezza degno degli studi di Hollywood. Mi fece la pulizia del viso,
ma non ne
ero sicura, e mi sistemò le sopracciglia. Non volevo le toccasse, ma
alla fine
avevo ceduto. Ormai avevo capito che Alice otteneva sempre ciò che
voleva, e io
non potevo farci nulla. L’unica cosa da fare era acconsentire senza
lamentarsi
troppo, o la tortura sarebbe stata anche peggiore.
«Pronta! » annunciò, e io mi guardai allo
specchio. Mi aveva migliorata, questo era certo. Però le mie
sopracciglia non
erano così male, nemmeno prima!
Scendemmo in sala da pranzo, dove la
famiglia era riunita. Emmett e Jasper erano ancora in pigiama, e ciò
scatenò
l’ira di Alice.
«Non siete ancora pronti?! »
«Alice, dai, non dobbiamo andare ad un
galà! » sbottò Emmett.
«Bisogna essere almeno presentabili! »
«Tranquilla che non veniamo a scuola in
pigiama. » Il ragazzo grizzly sorrise con in bocca il cucchiaio, e io
nascosi
la risatina con un colpo di tosse. Emmett ammiccò in mia direzione, e
ricevetti
un’occhiata truce da Alice. «Non capite niente! » la folletta sbuffò,
sedendosi
a tavola per fare colazione. Carlisle m’indicò la sedia accanto alla
sua, e io
mi accomodai. Esme mi accarezzò una guancia, appoggiandomi davanti una
tazza
con del latte caldo. Ringraziai, arrossendo. I passi di Edward giunsero
dalla
rampa, ed eccolo entrare nella stanza. Sorrise a tutti, in un modo
solare, poi
sedette di fronte a me.
«Buongiorno, famiglia »
«Buongiorno. Ecco tesoro. » Esme gli porse
la tazza, e lui le sorrise di nuovo.
«Siamo di buonumore, Eddy? »
«Non si vede?»ribatté ad Emmett,
sorridente.
Finita la colazione, Emmett e Jasper si
prepararono, poi Esme ci buttò fuori casa; eravamo in ritardo per la
scuola, e
la signora Cullen non voleva che arrivassi tardi il primo giorno.
Alice mi affiancò fin quando non fummo nel
garage gigantesco di villa Cullen. Ormai avevo capito che tutto, qui,
era di
dimensioni esagerate. La camera di Alice non era da calcolare,poteva
essere un
appartamento a sé, tanto era grande.
Nel garage c’erano sei auto tirate a
lucido. Erano il classico tipo di macchine da ricconi; di certo, una
persona
normale non poteva avere una Porsche, una Mercedes e una BMW, tutte per
sé. E
accanto a quelle, erano parcheggiate una Volvo, una jeep e una Auston
Martin
Vanquish. No, di certo i Cullen non avevano problemi di soldi. Eppure
non erano
delle persone snob e antipatiche; anzi, erano generosi e altruisti, i
Cullen.
«Allora, io, Bella, Edward e Emmett
prendiamo la Volvo. Tu e Jazz la M3. » annunciò la folletta,
riferendosi a
Rosalie. La bionda annuì, senza troppo entusiasmo. Salimmo nelle
rispettive
auto, io me ne stavo dietro con Alice, mentre al posto di guida c’era
Edward,
con affianco Emmett. In poco tempo, arrivammo alla Forks High School,
grazie
alla guida da pazzi e spericolata dei Cullen. «Ma guidate tutti così?»
domandai, mentre scendevo dall’auto, attenta a non perdere
l’equilibrio. Mi
sentivo quasi nauseata.
Alice si strinse nelle spalle: «ci piace
andare veloce.»
«L’avevo notato.» borbottai. Rosalie e
Alice mi accompagnarono in segreteria, e mi presentarono come loro
cugina
acquisita, figlia adottiva di uno zio in Alaska. Storia
più complicata no, eh?
La donna alla scrivania, la signora Cope,
mi porse dei fogli da far controfirmare ai professori e la piantina
della
scuola. Non l’avrei usata, per fortuna avevo Alice che mi stava
incollata come
una sanguisuga e mi scorrazzava ovunque.
La prima lezione era letteratura inglese,
con Emmett. Solo che lui un compagno di banco l’aveva già, quindi
dovetti
sedermi accanto ad una ragazza. Lei si presentò come Angela, ma era
timida
quanto me, e non parlò molto. Presi appunti come lei e al suono della
campanella ci salutammo ancora. Emmett si affiancò a me, e mi scortò
alla
seconda ora. Accanto a lui, mi sentivo come marcata da un bodyguard. E
in
effetti, con la stazza ci stava pure. Ma l’orso era una persona
simpaticissima,
e quando sorrideva, cioè praticamente sempre, aveva delle fossette
sulle guance
che lo facevano sembrare un bambino.
«Bellina, eccoci qui! Ora di ginnastica!»
esclamò. Il mio entusiasmo scemò del tutto. Avevo sempre odiato quella
materia:
nonostante fossi dotata di robe degne di una storia di fantascienza,
ero
scoordinatissima. Il mio equilibrio era praticamente inesistente. Però,
forse,
una cosa buona con la mia mancanza l’avevo ottenuta...
«Non ti piace?» Emmett ridacchiò,«come
mai?»
«Sono negata in qualsiasi sport» tagliai
corto. Emmett alzò un sopracciglio, con calcolato scetticismo. «Fidati:
non mi
hai mai vista giocare»
Detto ciò, si congedò. Avanzai timidamente
verso il professore, che stava compilando un registro, seduto dietro ad
un
tavolino messo in un angolo appartato della palestra. Mi schiarii la
gola, per
farmi notare. Il docente alzò il naso dalle scartoffie, e mi scrutò
attentamente:«Tu devi essere Isabella Swan» Annuii, mentre un
fastidioso
rossore si diffondeva sulle mie gote.
Fortunatamente, quel giorno il professore
si era scordato la divisa, e io non avevo il ricambio. Sarei stata
tranquillamente seduta sulla cavallina, a seguire la lezione.
Mi avviai verso il mio giaciglio
momentaneo, e mi ci sedetti sopra.
«Ciao‼» chi mi aveva rivolto la parola, era
un ragazzo biondo, sufficientemente alto, con degli occhioni azzurri
spalancati. Mi rivolse un sorriso entusiasta. Non sembrava
antipatico:«Io mi
chiamo Mike Newton. Tu sei..Isabella, giusto?»
Annuii:«Sì»
«Beh, ti farò compagnia» con un cenno del
capo, mi fece notare la spalla slogata. Sorrise, sedendosi accanto a
me. Il
professore fischiò, e il resto della classe si fece intorno a lui.
Cominciarono
a correre, e ringraziai il cielo per avermi fatto saltare la lezione.
«Non sapevo che i Cullen avessero cugini in
Alaska...Em e Jazz non me ne hanno mai parlato» disse Mike, guardandosi
le
mani, poi tornò a guardarmi in viso; «Beh, benvenuta a Forks.»
«Grazie» gli sorrisi gentile. Alla fine
della lezione, Mike, con cui avevo chiacchierato molto durante l’ora,
insistette per presentarmi i suoi amici.
Era nella squadra di football della scuola,
insieme a Jasper e Emmett, e, da quanto avevo capito, erano il trio dei
dongiovanni. Soprattutto lo erano i due Cullen. Incredibile. Non me lo
sarei
mai aspettato.
Mike mi aveva confidato, sottovoce, che a
lui interessava una ragazza di nome Jessica; me l’aveva indicata
durante la
partita di pallavolo.
Il resto della giornata fu relativamente
tranquillo. Il consiglio dei docenti era sempre lo stesso: «stai
attenta e
prendi appunti, così ti rimetti in pari col programma.»
In un battibaleno, arrivò la pausa pranzo.
«Bella!»
Alice comparve al mio fianco, sorridente ed allegra. Ringraziò Mike, a
capo
chino, poi chiese scusa e mi rapì nel vero senso del termine. Entrammo
nella
mensa, Alice non stava più nella pelle. Era elettrizzata, euforica. Ma
tutto il
suo entusiasmo morì nel giro di un secondo. Notai il suo labbro
tremare, gli
occhi luccicare, tristi, mentre si riempivano di lacrime. Seguii il suo
sguardo; l’attenzione della piccola folletta era tutta sull’ingresso
opposto
della sala. Lì c’era Jasper. Se ne stava con una ragazza. Le teneva una
mano
sul fianco, l’altra era appoggiata alla parete, intrappolandola.
E capii, quando Alice insistette di
metterci in coda per voltare le spalle alla scena, che non provava un
semplice
affetto di fratellanza verso Jasper. La guardai negli occhi, e lei
accennò un
sorrisino timido. Prendemmo solamente sue sode, poi Alice mi condusse
all’esterno. Passammo davanti a Jasper e alla ragazza, che non fecero
assolutamente caso a noi.
Constatai che, nonostante fossero diversi,
i Cullen erano riusciti ad
inserirsi, al contrario mio.
Io e la folletta ci sedemmo su una
panchina, in cortile. Soffiava un leggero venticello, che scuoteva le
foglie
secche e le faceva cadere a terra. C’era quiete, silenzio. E una certa
aria
malinconica. Come quella che emanava Alice, a capo chino, che
giocherellava con
la sua bottiglia.
«Alice..» la chiamai, cautamente. Mi
dispiaceva
vederla così.
Alzò gli occhi azzurri, e li vidi pieni di
lacrime. Sorrise, imbarazzata, passandosi una mano per
asciugarli:«Scusami,
sono una sciocca.» Non parlai. Se si fosse voluta sfogare, io l’avrei
ascoltata
e consolata. Ma non volevo fosse un obbligo.
«E’ che..sono una vera stupida...Un’illusa.
Ogni volta che mi sorride, che mi guarda, il mio cuore si riempie di
speranza...» la voce le tremò, «Ma mi ritiene solo un’amica, o una
sorella
acquisita...Che vana consolazione!» Si lasciò sfuggire un singhiozzo, e
il mio
cuore si strinse in una morsa di dispiacere ancora più ferrea.
«Non mi guarderà mai come una
ragazza...» ruggì, tra le
lacrime,«Ma dopotutto, c’ha la fila dietro..Non mi vedrà mai, proprio.»
appoggiò la fronte sulla mia spalla, e la lasciai piangere per un tempo
indefinito. Le carezzai i capelli, cercando di infonderle consolazione.
Alzò il capo, si asciugò velocemente le
lacrime, e mi sorrise sinceramente:«Grazie, Bella..Mi dispiace che tu
mi abbia
vista così. Oggi non so cosa mi sia preso. Di solito, mi so controllare»
«Perché non provi a parlarci?» domandai,
bevendo un sorso di Soda. Alice sorrise amaramente:«con Jasper, dici? »
ridacchiò, senza allegria «A che servirebbe? Solo a rovinare
l’atmosfera in
casa e a far preoccupare Esme..E’ pressoché inutile. Te lo ripeto:
Jasper mi
ripete continuamente che sono la sua migliore amica. Io è da quando
abbiamo
tredici anni che ho una cotta per lui, e non riesco a farmela passare!
E lui
sono anni che mi racconta delle sue storie d’amore con altre, era a me
che
chiedeva consigli su come conquistarle..Beh, non che adesso gli servano
i miei
consigli su come far cadere ai suoi piedi le ragazze: ne ha fin troppe
che gli
muoiono dietro...» Alice sospirò.
«Diciamo che Jasper non è uno da storie
serie..Il
suo record è di un mese, con una che era pressoché insistente e
opprimente, e
calcola che si trattava di una mezza scommessa con Emmett. Sarebbe
potuta
durare anche meno»
«Ammetto che non me lo immaginavo così. E
nemmeno Emmett.»
«Oh!- esclamò Alice, esasperata- un altro
che va in giro a spezzare i cuori..»
«Fammi indovinare: Rosalie?»
Alice mi guardò implorante:«non dirle che
te l’ho detto.»
«Muta. Comunque, non ho ancora parlato con
lei, e dubito che la prima conversazione tra noi verterà su questo.»
feci,
imbarazzata. E non ero nemmeno sicura che
ci saremmo parlate mai. Avevo l’impressione di non andarle troppo
a genio.
Alice sorrise:«Non le stai antipatica, se è
quello che pensi. Rose sta sempre un po’ sulle sue. In questo periodo,
poi, è
praticamente intrattabile. A differenza mia, lei si sfoga così..Non le
va giù
che sia più di una settimana che Emmett sta con la stessa ragazza.»
Alice
scosse la testa. «Ma anche lei è poco furba. Emmett è convinto che lei
lo odi,
e viceversa. Non sanno comportarsi civilmente, quando sono vicini.
Emmett è
competitivo di natura; appena Rose gli fa un commento, e lo fa apposta,
Emmett
deve ribattere... E’ così da non so quanto tempo.»
«E Edward?» Alice alzò un sopracciglio, e
cercò di nascondere un sorrisino. Evitai di immaginare a cosa sarebbe
potuta
giungere, con la mia domanda, la sua mente contorta. «Per curiosità»
sottolineai.
«Lui è single. Splendidamente e fieramente
single.» nel mio cuore, per un motivo a me sconosciuto e irragionevole,
si
mosse qualcosa. Era lo stesso sentimento che avevo provato quando
Carlisle mi
aveva chiesto di rimanere, la stessa emozione che avevo sentito quando
Alice e
Emmett mi avevano sorriso. Era la medesima sensazione che mi gonfiava
il petto
quando Edward mi appariva in sogno: era speranza.
«Strano» mi limitai a commentare. Alice si
lasciò andare ad una risata allegra, e ne fui felice. Stavo riuscendo a
farla
svagare un po’.
«Uhm- si ricompose-, la maggior parte delle
ragazze, qui, pensa che Edward sia il più bello scapolo di Forks,
nonché
d’America.»
«Non è difficile da credere» mi lasciai
scappare, con un po’ di scetticismo. Alice rise di nuovo.
«Per me è esagerato..Okay che è carino, ma
è tanto vero che Jasper è innegabilmente più bello di lui. » quando
pronunciò
il suo nome, a Alice luccicarono gli occhi. «Ha un’attrattiva speciale,
charm,
fascino..E il suo sguardo di ghiaccio, Dio..Sentissi il mio cuore come
batte
quando incrocio il suo sguardo!» Sorrisi, intenerita. Era davvero
cotta. Nonostante
ciò, non mi potevo dire d’accordo con lei. Era assolutamente di parte
con
Jasper! Ma lasciai correre.
«Alice, ma quindi..Voi siete stati tutti
adottati?»
«Ringrazierò sempre Esme per averci presi
con sé. Vedi, lei non poteva avere bambini, e questo l’ha sempre resa
molto
triste. Ha praticamente implorato Carlisle di portarla in un
orfanotrofio!-
sorrise teneramente- Lì c’era Emmett. E’ stato il primo ad arrivare a
casa.
Solo che Esme non era ancora soddisfatta, e ha usato la scusa che
Emmett si
sentiva solo, per fare un’altra visita là. E c’ha trovato i gemelli
Hale...»
In quel momento, la campanella suonò, e io
e Alice ci alzammo contemporaneamente. «Beh, poi la storia non è molto
complicata.» disse Alice, cominciando ad avviarsi;«Questa volta, era
Carlisle a
volerne uno. E’ venuto, questa volta solo, e – così dice lui- incantato
da due
piccoli bimbi: io e Edward. Indeciso, ci ha portati tutti e due a casa.
Non
immagini l’euforia di Esme» Alice rise. Stavamo entrando di nuovo
nell’edificio, adesso. «Io e Edward ci conosciamo praticamente da
sempre, per
questo siamo così legati. Ma anche con gli altri; quando siamo
arrivati, Em,
Rose e Jasper avevano pochi anni...CAVOLO, SONO IMPRESENTABILE!» con
quell’urlo, Alice mi aveva assordata per metà. Dovevano debellare
qualsiasi
superficie riflettente, quando in giro c’era Alice. Io la trovavo
splendida, ma
lei non era del mio stesso avviso. Corse come una forsennata per tutto
il
corridoio, poi si sentì un tonfo, e la voce inconfondibile di Alice
urlacchiare. La raggiunsi, e la scena mi mise una certa ansia. Alice
era a
terra, Jasper stava inveendo contro un altro ragazzo, e tutti gli altri
erano
lì che osservavano straniti la scena.
«Hai capito, razza di imbecille? Stai
attento, la prossima volta: potevi farle del male, bestione che non sei
altro!»
Da sottolineare, che il ragazzo che aveva investito Alice era pressoché
scheletrico, alto e all’apparenza più fragile del cristallo. Per me, si
era
fatto più male lui di Alice. Anzi, lei mi sembrava stesse bene, forse
un po’
shoccata, ma stava bene.
«Jasper..» cercò di chiamarlo.
«Chiedile scusa, idiota!» esclamò il
biondo. Il ragazzo-grattacielo balbettò sconnessamente delle scuse.
Poverino,
era mortificato. Non era nemmeno colpa sua: Alice era partita in quarta
e non
aveva guardato dove andava. Alice si rialzò, e Jasper le si affiancò
immediatamente.
«Tutto bene?» chiese, preoccupato. Solo amica? Pensai, scettica.
«Sì, ma non è colpa sua. Non ho guardato
dove andavo» mormorò Alice, senza guardarlo.
«Fila!» esclamò Jasper all’altro, e lui si
volatilizzò, spaventato. Alice si scostò dal biondo, e mi venne al
fianco.
«Andiamo, Bell» Io annuii, poi la seguii fino alla classe di spagnolo.
Poi lei
mi salutò, e si spostò a quella affianco. Io entrai nella stanza, e mi
guardai
intorno. Notai Rosalie, in fondo all’aula. Lei mi sorrise, stupendomi,
e mi
fece cenno di raggiungerla. Il prof non era ancora entrato, e la classe
era
mezza vuota. M’incamminai, incespicando, fino al fondo. Rosalie mi
salutò:«ciao, Bella!»
«Rosalie» balbettai.
«Senti...» fece, arrossendo,«mi dispiace
per la freddezza che ho dimostrato nei tuoi confronti: è che ancora non
sapevo
se fidarmi..»
«E cos’è che ti fa fidare di me, ora?»
«Non lo so..» disse, pensierosa.«Però ormai
fai parte della famiglia, no? – Sorrise ancora- e poi, oggi sono
particolarmente su di giri, che abbraccerei la mia peggior nemica!» mi
preoccupai, a quell’affermazione. Rosalie mi guardò, poi rise:«che non
sei tu,
tranquilla!»
In quel momento, in classe entrò una
ragazza alta, bionda, dall’aria superficiale. Rose grugnì a bassa
voce:«Wilma Spencer..»
sibilò, poi scosse la testa e sorrise.
«Oh, che sciocca..- si riprese- Non devo più
pensare a Emmett.» si ricordò che non sapevo nulla, e arrossì. «Acqua
passata.
Sì, mi sono presa una cotta per lui, ma ora è passata..» i suoi occhi
però non
sembravano esser d’accordo con le parole. Brillavano di tristezza.
«E poi, oggi un ragazzo, non so se sai chi
è, Tyler, mi ha chiesto di essere la sua ragazza...» Sorrise, «E ho
detto sì.»
--
L’ora con Rosalie era passata in modo
divertente, tra chiacchiere sussurrate e risate soffocate. Era più
simpatica di
quando immaginassi. Ma non ero in confidenza quanto lo ero con Alice,
non
ancora almeno.
«Salve!» esclamò la bionda, arrivate alla
macchina di Edward. Lì, c’erano lui e Alice.
«Gli altri due?» domandai. Edward- che non
avevo visto tutto il giorno- mi fece un cenno col capo, dietro sé.
Jasper e Emmett
erano appartati rispettivamente con una ragazza, e si baciavano
abbastanza
audacemente.
«Per me, si risucchiano a vicenda. Quando
arriva
Jasper, avrà la faccia sfigurata.» Il commento acido di Alice fece
sorridere
sia me che Edward. Beh, se lui non lo sapeva, abile lettore di
cervelli, chi
doveva essere a conoscenza?
Alice e Rose si persero in una
conversazione su quel tipo, Tyler, e Edward mi si avvicinò. «Com’è
andata?» si
indicò la testa, e compresi.
«Sinceramente, non ho sentito tanto
fastidio. A me basta non concentrarmi, che tutto fila liscio» sorrisi,
trionfante. Edward sbuffò: «insegnami, allora.»
«Vedrò che si può fare» gli sorrisi
nuovamente, e lui ricambiò.
«EHI VOI DUE!» esclamò Alice, facendoci
trasalire entrambi, «IO DEVO PARLARE CON CARLISLE!»
Mi voltai di nuovo verso Edward: «Sarà
piccola, ma la voce ce l’ha eccome...»
«E non è nulla..» Edward montò al posto di
guida.
Io lo seguii, e salii dietro, con Alice.
Davanti a noi, ancora Emmett.
«Allora, Bellina! Pronta ad
affrontare il
primo allenamento?»