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Autore: Embrido    06/11/2005    1 recensioni
Durante una battaglia tra la Surprise e l'Acheron, Jack Aubrey riesce a catturare il capitano della nave nemica...Quale sarà la sua sorpresa quando scoprirà con chi ha a che fare..... Mi raccomando, leggete e commentate, è la mia prima fanfiction e quindi può essere un troiaio....ho bisogno di sostegno morale!!!!
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Una donna

Capitolo 2: Una donna?

 

“Una donna?!” esclamò sconvolto e con una punta di disprezzo il capitano.

Cosa? Una donna a capo di una ciurma, ma è inaudito!” aggiunse il Signor Pullings, squadrando con un’occhiata torva il volto della giovane ragazza seduta davanti a lui.

Perché? Una donna secondo la mentalità inglese non può essere degna di tale ruolo? Beh, è forse preferibile il vostro comandante, il capitan Jack Aubrey, il cosi detto Fortunato, che riesce a catturare le persone aggredendole alle spalle?” chiese con freddezza la donna.

Nessuno seppe cosa rispondere, le sue parole avevano zittito tutti, anche quelli più loquaci.  Jack capì subito che la ragazza aveva veramente un bel caratterino e voleva farsi rispettare sempre e comunque. Era molto diversa dalle donne normali che subivano le diverse sottomissioni da parte dell’uomo in silenzio. No, lei era un tipo determinato e, forse per l’istruzione che aveva ricevuto o per la sua indole, reputava che tutte le persone fossero alla pari, sia uomini che donne e che quest’ultime dovevano ribellarsi alla loro condizione di schiavitù ed inferiorità.  Il capitano valutò per un attimo quello che sembrava il carattere della donna e pensò che loro due, dal modo di fare, di agire e di pensare, fossero molto  simili, forse anche troppo. La sensazione che aveva provato in precedenza, e cioè quella che loro due sarebbero andati molto d’accordo, non lo aveva del tutto abbandonato,infatti, continuava a credere che loro due, superando le ostilità sarebbero potuti diventare nuovi amici e poi, chissà! La fanciulla che gli si presentava davanti, era in assoluto quella più bella che avesse mai visto, e sicuramente lo era anche per il resto della ciurma. I suoi capelli erano nerissimi, talmente scuri da avere dei riflessi bluastri, che ricordavano i bellissimi capelli neri delle donne indiane.

Erano mossi ma non troppo, poiché le onde che i capelli formavano erano molto morbide e le scendevano sulla schiena fin quasi alla vita. Qualche ciuffo più corto rispetto agli altri, cadeva sul suo viso, coprendole parte della fronte.

Era alta, con un gran bel fisico, snello e longilineo, ma con le sue “ciccette” nei punti giusti.

La sua carnagione era piuttosto chiara e contrastava deliziosamente con il colore dei capelli.

Il viso era bellissimo, un ovale regolare, le labbra erano piccole e leggermente carnose, in particolar modo il labbro inferiore.

Il naso era piccolo e all’insù e, sotto le sopracciglia scure che formavano un’arcuata accentuata, brillavano due occhi verde chiaro, dal taglio leggermente allungato, incorniciati da  ciglia lunghe e scure.

“Il mio comportamento non è stato leale” ammise il capitano, smettendo di osservare meravigliato la donna “ma di quando in qua ognuno di noi rispetta le regole?”

I due sembravano sfidarsi a parole, sembrava che cercassero di ghiacciarsi l’un l’altro, senza che però glielo avesse ordinato qualcuno.

“Nemmeno io mi sono comportata lealmente in mare, se questo è quello che volete dire, ma d’altronde, come avete detto voi stesso, chi rispetta le regole?”.

La donna aveva girato bene la domanda e ora toccava a Jack a trovare una risposta soddisfacente, che potesse far valere la sua causa. Ma per fortuna, questo battibecchio interminabile, fu interrotto da Stephen che, non sentendo più il rumore degli spari, era venuto ad accertarsi dell’esito dello scontro.

“Jack, allora com’è…” eclamò il dottore appena mise piede sul ponte, non finendo però il suo discorso tanta era la meraviglia di vedere una donna così attraente.

“Oh Stephen” disse il capitano voltandosi a sinistra “se vuoi sapere l’esito della battaglia, beh, sembrerebbe nostra la vittoria, anche se qualcuno qua dentro non è disposto ad accettarlo”.

Nel frattempo Stephen si domandava chi fosse la donna che si trovava davanti a lui, da dove venisse e soprattutto, perché era legata in quel modo; dall’aria non sembrava assolutamente una persona pericolosa.

“Non ho detto di non essere d’accordo” controbattè la ragazza “ho soltanto constatato il modo in cui siete riuscito a vincere”.

“Ehi voi, moderate il tono, non è il modo adeguato di rivolgere la parola ad un capitano” l’ammonì il signor Pullings.

“E’ una questione fra capitani questa, non vedo il motivo del suo intervento” rispose velenosamente la donna sottolineando il grado inferiore di Tom.

Se avessero continuato a litigare, molto probabilmente sarebbero potuti arrivare a sfidarsi, perciò Stephen si mise in mezzo e disse: “Suvvia, vi pare questo il momento di litigare? Piuttosto, se non le dispiace, mi par di aver capito che voi siete un capitano, ma è vero?”

“Certamente” rispose la donna, con un tono di voce molto più tranquillo e moderato.

E com’è possibile” continuò Stephen “se da quanto ne so io, le donne non sono accettate in mare?”

“Su questo non posso rispondervi, mi dispiace, ma stiamo entrando in fatti troppo personali”.

Un altro silenzio scese sulla ciurma, ma che fu presto rotto da Jack che esclamò: “Va bene signora, siccome sarete prigioniera sulla nostra nave, è meglio andare d’accordo ed evitare situazioni sconvenienti. Inoltre, mi piacerebbe presentarle i miei compagni d’avventura: il Signor Pullings” disse  indicando verso destra “il Signor Hollom” questa volta indicò la sinistra “e infine, il nostro medico di bordo, che come avrete capito, si chiama Stephen, Stephen Maturin.” Terminò indicando una persona leggermente dietro a lui.

“Piacere” esclamò di malavoglia la donna, ancora legata, che ormai aveva capito di doversi adattare a ciò che le veniva imposto.

“E il vostro nome qual è?” chiese curioso il capitano “sicuramente sarà bello come voi”.

La ragazza arrossì un po’, e sorrise timidamente, poi rispose: “Mi chiamo Nancy Marton”.

“Ma è un nome inglese, non siete di origine francese?” chiese Stephen, che voleva saperne sempre di più.

“No, mio padre era inglese, mia madre francese. Lui era venuto in francia per lavoro, dove incontrò mia madre. Si sono innamorati, sposati ed eccomi qua. I miei genitori hanno sempre voluto rimanere in francia, ma io so parlare anche l’inglese, non vi eravate ancora chiesto perché ci siamo capiti fino ad ora?”

La ragazza aveva pienamente ragione: fino a quel momento tutti le avevano rivolto la parola in inglese, pur essendo lei di nazionalità francese.

Le ostilità sembravano cessate, ma dentro Nancy ancora qualche sentimento di odio le attraversava il cuore, uno altro sentimento di…come definirlo, forse di simpatia e ammirazione  verso il suo peggior nemico stava nascendo dentro di lei, e questo la ragazza non sapeva spiegarselo.

Poco dopo Nancy fu portata sottocoperta e venne rinchiusa in una cella stretta e buia, ma forse una delle più comode prendendo come termine di paragone tutte le altre stanze microscopiche nelle quali venivano segregati i prigionieri di guerra più importanti, quelli che, per un verso od un altro, potevano infine rivelarsi utili.

E la ragazza mora già si immaginava cosa volesse il capitano da lei: sapere i piani e le mosse del nemico.

Fino adesso era vissuta bene sulle navi perché, essendo stata nominata capitano, i marinai non potevano farle assolutamente niente, ma ora si ritrovava in mezzo ad una ciurma di persone sconosciute, che la detestavano perché era una nemica.  Nancy però non si lasciava intimorire: molte volte era scampata da situazioni difficili usando il suo influente carisma; si, perché quando voleva sapeva anche essere molto convincente, e non vedeva il motivo per cui non sarebbe dovuta riuscirci un’altra volta ancora.

In qualche modo sarebbe riuscita a farsi amare dalla ciurma, e allora da li il gioco era fatto.

Nancy si sedette su quello che in teoria, ma non in pratica, doveva essere il suo letto: una tavolaccia di legno coperta da uno straccio. Beh, per essere una prigioniera di guerra, era stata trattata anche troppo bene!

Adesso non restava altro che mettersi l’anima in pace, rimanere li ferma, seduta ed immobile ed aspettare, prima o poi la fortuna avrebbe girato anche dalla sua parte.

 

***

Dopo aver lasciato la donna nella sua stanza e aver ordinato alla ciurma di frenare i bollenti spiriti e trattarla con gentilezza, Jack si recò da Stephen che, come suo solito si era recato nell’infermeria. D’altronde era un dottore, era logico che trascorresse gran parte del suo tempo laggiù, no?

Jack aprì la porta, senza bussare. Non era un comportamento giusto da tenere, ma il capitano conosceva così bene Stephen, che poteva permettersi certi comportamenti meno eleganti e formali.

Jack, ditemi, come mai qui?” chiese il dottore incuriosito; si erano lasciati soltanto poco tempo fa e non pensava di rivedere già l’amico.

“Così, avevo voglia di sfogarmi..anzi, più che altro volevo scambiare quattro parole con voi…”

“E’ per la ragazza?” domandò Stephen, anche se era quasi sicuro della risposta affermativa del capitano.

“Già..”

“Su, ditemi” lo sollecitò il dottore “potete confidarmi tutto, oppure è qualcosa di troppo personale?”

“Beh, ecco, intanto mi domandavo coma abbia fatto a diventare un capitano, ma non è questo quello che mi preoccupa…” il capitano lasciò cadere il discorso, che però fu prontamente ripreso da Stephen.

“Io ho provato a chiederglielo, ma non ha voluto rispondere, ci possono essere miliardi di motivi..e comunque c’è da sperare che col tempo magari si aprirà un po’ nei nostri confronti”

“E’ inutile sperare, è una prigioniera, e come tale non stringerà nessun rapporto di amicizia con noi”.

Stephen aveva capito al volo, al capitano in un modo o in un altro interessava essere in buoni rapporti con la ragazza, e forse anche di più, ma come Jack, pensava che sarebbe stato difficile, data la condizione in cui l’avevano messa; ci sarebbe voluto soltanto un miracolo.

“Jack, vi interessa la sua amicizia, vero?” chiese il dottore con aria inquisitoria.

“In un certo senso..va be’, facciamola breve: quando combattevamo sulla nave, prima che scoprissi che è una donna, le ho detto che, se non fossimo stati nemici a causa del destino, sicuramente saremmo andati molto d’accordo. Mentre discutevamo con lei sul ponte, ho continuato a pensare la medesima cosa..

E allora? Non vedo cosa ci sia di male”

“Il punto è che Nancy è una nostra nemica! Hai mai visto un inglese che voglia accattivarsi l’amicizia di una francese?!”.

Il capitano si stava sfogando, sembrava stesse perdendo le staffe, ma Stephen sapeva come farlo calmare: in tutti quei dieci anni trascorsi assieme a lui, molte volte aveva dovuto calmarlo per diversi motivi, e tutte quelle volte ci era riuscito perfettamente.

“Jack, ascoltatemi” cominciò Stephen “non è il momento adatto per arrabbiarsi questo..avete pensato che forse anche altre persone vorrebbero essere amiche di un francese? Non importa se siamo in guerra oppure no, siamo tutti uguali, capisci?”

Il capitano non rispose, accenò un si con un movimento della testa, ma rimase completamente muto; poi alla fine disse: “Stephen, avete di nuovo ragione”

“Una domanda, se è troppo personale non rispondetemi, vi piace Nancy?”

Jack ci pensò un po’ su poi disse: “Ad essere sincero, Stephen, se proprio devo dirvi la verità, ecco…forse…”

Ma non riuscì nemmeno a finire il suo discorso, la porta dell’infermeria venne sbattuta così forte che, sia Stephen, che il capitano si voltarono a guardare.

 

  
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