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Autore: skonhet    13/10/2010    1 recensioni
Giornate come quella,passate ad aprire impavido il frigo nonostante la presenza di sostanze risalenti a qualche fiorente epoca lontana,oppure a spulciare,più fiduciosi,cassetti ricchi di schifezze strapazza fegato,erano la vera essenza della sua esistenza,una difficile e faticosa esistenza,aggiungerei in onore del prode Albus.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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Mio fratello è figlio unico.


Checché se ne dicesse riguardo il primogenito della famiglia Potter, di certo non che fosse stupido; James, al contrario, era tutt'altro che stupido. Forse un po' sempliciotto, a tratti infantile e fin troppo scalmanato, ma aveva un ottimo cervello e, per giunta, lo sapeva usare in maniera ottimale. E così quella mattina, di fronte ai suoi cereali preferiti affogati in litri di latte, stringendo convulsamente la sua tazza con un grosso stemma dei Cannoni di Chudley, si ritrovò a pensare per quale assurdo motivo si ritrovava in casa con una specie di ameba senza averlo richiesto a nessuno, quando non appena trasferiti lui e Albus facevano la coppia più scoppiettante di Londra. Poi era iniziato -per Albus- tutto quel periodo di esco-vado-torno-quella-quell'altra-camerachiusa-nondisturbare-risate-cazzate che era inevitabilmente finito con un evento che James non aveva ancora ben visualizzato. Di certo si trattava di qualcosa non troppo grave (o che comunque, non lo riguardava direttamente) ma allo stesso tempo era davvero tragico, contando che per tre settimane di seguito James era stato costretto a sentire i lamenti notturni del fratello senza saper bene cosa fare.

Dunque, il suo problema, non era tanto la stupidità, quanto la comunicazione. Non era mai stato un grande oratore, o almeno non in campo sentimentale; certo, era stato in grado di convincere Albus a tingersi i capelli di viola, di tatuarsi un grifone sulla schiena, di puntare dieci galeoni sui Caerphilly Catapults, di uscire con Margareth Collins, di trasferirsi con lui in quel buco di casa, di fargli scegliere mobili usati e scialbi, di non comprare un pc, di restare senza un lavoro per più di due mesi (ma quella volta aveva vinto Albus, poiché ritrovandosi a digiuno era stato costretto a correre ai ripari) e di fare un sacco di altre cazzate che James lo aveva persuaso a fare tanto per svagarsi. Ma parlare di donne che non lo riguardassero...Mai! Era un argomento troppo profondo, troppo personale. Cosa avrebbe mai potuto dirgli? Sembrava così maledettamente indifferente alle donne che incontrava, quando invece, a quanto pare, una era riuscito a metterlo nel sacco. E quella situazione, da ormai troppo tempo, gli stava stretta.

James inizialmente aveva attuato la tattica non vedo non parlo non sento convinto che quella depressione così repentina sarebbe passata come era incominciata, senza lasciare tracce del suo passaggio o conseguenze future. Purtroppo, però, si trattava sempre di suo fratello, e di ignorarlo così spudoratamente lo faceva sentire un verme. Fu così che nacquero i primi tentativi di approccio, che assomigliavano tutti più o meno a quello della notte precedentemente descritta; tuttavia non era mai riuscito a cavargli nulla di bocca, anzi, l'aveva portato a trasferirsi su quel covo di pulci o chissà che altro per -così sembrava- il resto della vita, a costo di non subire più quegli interrogatori. James era certo che Albus lo considerasse invadente al limite del sopportabile, e la cosa che lo preoccupava era proprio che non aveva ancora minimamente protestato. La sua frase preferita era “non ora”, mai un vaffanculo o un fatti i cazzi tuoi. James sapeva che una volta sentite quelle parole avrebbe significato un miglioramento di quelli consistenti. Ma purtroppo, di improperi, neanche l'ombra.

Il nostro James si concentrò sul respiro pesante del suo coinquilino, finalmente abbandonato nel mondo dei sogni. Ormai il suo ciclo giorno/notte era fallato quasi quanto l'orologio che teneva al polso, ma James poteva scommettere che anche quella fosse soltanto una tattica per ignorare il fratello maggiore.

Lasciò vagare per un istante lo sguardo, concentrandosi su affari decisamente futili; circa il 60% degli appuntamenti che aveva nel corso di una giornata (che potevano essere visite mediche, riunioni di lavoro o incontri con donne) veniva smarrito all'interno della sua mente e rinvenuto sempre troppo tardi. Aveva rischiato il suo impiego così tante volte che ormai ne aveva perso il conto, ma cercava di trattenerlo con tutte le forze: da quando Al aveva perso il suo, di lavoro, le uniche entrate erano quelle di un normale impiegato al Ministero, che James detestava con tutto il cuore. Ma per amor del fratello, della fame e del padre, si accontentava di trascinarsi, tutte le mattine, all'odiato ufficio.

Proprio mentre meditava su come spendere il suo unico giorno di ferie settimanale, il suo sguardo incontrò il calendario, dove era segnato, su un sabato indefinito, una grande X. James restò qualche minuto a riflettere su cosa volesse mai significare quell'indicazione, che tra l'altro doveva aver fatto proprio lui, poiché Al non prendeva una penna in mano da secoli. Poi, con un lampo di genio che lo inondò di orgoglio, si rese conto che quel sabato segnato era proprio quello attuale, dunque voleva significare qualche evento importante.

Dopo qualche istante di vuoto cosmico, alzò le spalle, indifferente. Come recitava la sua filosofia di vita, le cose importanti l'avrebbero travolto, e così più o meno fu. Dopo qualche ora di totale ozio, passata vagando per casa senza meta e a guardare la tv il più basso possibile, per non disturbare Al, James finalmente ricordò cosa stava per accadere. Sbiancò, sentendo appunto un leggero scalpitio proveniente dai ciottoli del loro giardino, e un bussare ponderoso alla loro porta, che riportò Albus nel mondo dei coscienti.

Se c'era una cosa che i fratelli Potter temevano più al mondo erano le visite inaspettate. Questo, da come poteva ricordare James, era un timore avuto fin da quando si erano trasferiti; se solo Harry avesse scoperto il loro stato, di certo l'avrebbero seccato come non era riuscito in diciotto anni Voldemort. Poi, da quando Al aveva deciso di gettarsi nel burrone della depressione, quel timore era cresciuto ancora di più, dato che la casa era caduta in una decadenza ancora più portentosa.

Ma James sapeva chi era lo sgradito ospite, perché d'un tratto, appunto, ricordò il momento tragico che l'aveva portato a tracciare un enorme X su quel sabato 5 novembre. Se solo si fosse avvicinato al calendario avrebbe anche notato che, in uno spazio vuoto, c'era una piccola legenda che dichiarava “X=OSPITE INVADENTE”. E se solo avesse guardato le pagine precedenti, ad ogni primo sabato del mese avrebbe trovato la stessa X.

Si voltò verso il fratello minore, annuendo appena quando quest'ultimo mimò con la bocca la parola “cugina”, anch'esso abbastanza terrorizzato.

«James Potter, apri questa porta» il gelo, attraverso il piccolo spiraglio sotto la porta, entrò nello squallido salotto, portando Al a tirarsi su le coperte fino al mento e abbassando la temperatura di almeno dieci gradi.

Quel freddo non era dovuto alla stagione,bensì a Rose Weasley, temuta presenza e inarrestabile donna. Era stata la prima, forse anche prima di Lily, a venire a conoscenza della situazione di Albus, questo per la sua brutta -a suo tempo era persino piacevole- abitudine di visitare i suoi cugini. Mentre Lily si teneva spesso alla larga da quel posto, sensibile allo sporco più di quanto fosse necessario, Rose, la quale amava sparpagliare per il pavimento della sua casa libri, fogli e penne, si sentiva decisamente a suo agio in quel caos, malgrado fosse decisamente più ordinata e professionale dei due. E, da quando il suo cugino coetaneo aveva perso la via dell'amenità,le sue visite assomigliavano molto a quelle di un tenente alle stanze dei suoi cadetti.

James andò ad aprire, cosciente che farla aspettare sarebbe stata una pessima idea, e si ritrovò davanti la solita spietata Rose Weasley, piccola come una bambina, al tempo stesso, determinata come nessun altro avesse mai conosciuto. Rose gli sorrise beffarda, dandogli un pizzicotto amichevole (tanto volte James si chiedeva perché non riusciva più a strapazzarla come dovrebbe fare un cugino maggiore, e come faceva ad Hogwarts) e poi corse verso Albus, il quale tentava in tutti i modi di mimetizzarsi con la tappezzeria del divano. Se possibile, lui, era ancora più terrorizzato del fratello; se sfuggire alle domande di James era difficile, con Rose impossibile.

«Ciao Al» mormorò, fingendo di non vedere il suo patetico tentativo di sfuggirle. Poi si rivolse direttamente a James «Da quanto tempo non si schioda da questo lerciume?» assottigliando lo sguardo per cogliere eventuali menzogne. Questi cercò di fargli un resoconto di cosa era cambiato dal mese precedente, spiegandogli che malgrado si alzasse più spesso, dormiva altrettanto più tempo. Le labbra di Rose si strinsero, in disaccordo «Mhh» quell'unico suono le uscì dalla bocca con una tale fatica da sottintendere chissà quanti improperi nascosti.

Si sedette a gambe incrociate, e iniziò a cambiare canali a raffica, spazientita dalla lentezza di quel catorcio. Da quanto poteva ricordare James, il quale non faceva visita a casa di Rose da circa un anno, possedeva un arsenale di tecnologia non indifferente, incentivata dal suo lavoro di Caporeparto al San Mungo; ma non protestò, anzi, una volta trovato un canale di cucina, posò il telecomando soddisfatta «Jamie, hai una birra?» chiese, concentrata. Rose era una schiappa a cucinare; quello che non bruciava aveva sempre un sapore terribile, tanto da tenere lei stessa alla larga dalla propria cucina. Per questo amava veder preparare un buon pasto, sopratutto quando era costretta a ordinare da mangiare al fastfood sotto casa.

James annuì, prendendo tre bottiglie e portandole ad ognuno dei presenti. Ovviamente Albus non si mosse di un centimetro dalla sua posizione, evidentemente così terrorizzato dalla presenza della cugina da resistere anche al richiamo della birra.

Quello che successe per i successivi trenta minuti assomigliava in maniera inquietante a tanti altri sabati passati; James vide Rose fremere per un tempo indefinito, in silenzio, ignorando Albus; la vide poi alzarsi di botto e rovesciare la propria birra, prendere Albus per il colletto della maglietta e urlargli in faccia che puzzava e le ricordava il gatto obeso di zia Muriel; vide entrambi correre per la casa, Rose predatrice e Al preda, al suono di suppliche e ordini; vide Albus finalmente opporsi e tirare fuori il suo impeto antico, prendere Rose e urlarle che doveva farsi gli affari suoi; sentì «Ti stai rovinando!» e «Tornatene a casa!» e «Smettila di fare la vittima!» e «Non sai niente!» tanto forte da ronzargli le orecchie.

I due si fermarono giusto per mangiare qualche boccone, scambiandosi occhiate ricche di rancore, e poi riprendere la battaglia, mentre James, riscoprendosi inutile e quasi d'intralcio, tentava in tutti i modi di non trovarsi in mezzo e fingere che non stesse accadendo nulla.

Poi, con un finale inaspettato, Albus con un ultimo «VAFFANCULO!», corse nella sua vecchia camera che divideva col fratello e ci si chiuse dentro. Rose, con un sorriso di trionfo sul volto, si lasciò cadere sul vecchio giaciglio di Albus, stralunata. Passò qualche istante di silenzio, che lei interruppe con una risata roca «Non preoccuparti James, è tutto apposto» mormorò, per la prima volta dopo la battaglia del sabato totalmente rilassata.

Ma James non era del tutto sicuro; bé, il fatto che lui non stesse piangendo sulla spalla di nessuno e avesse reagito era buono ,ma non era del tutto certo che le cose sarebbero cambiate. Però osservando l'ospite, così soddisfatta e calma, si convinse che la sfuriata, questa volta, era servita a qualcosa. Rose finalmente si alzò, stiracchiandosi un momento, e dando un occhiata al proprio orologio. «Che ore sono?» chiese in fretta James. «Le quattro e venticinque» rispose lei, per poi avvicinarsi alla porta d'uscita «Scusa Jam se non mi trattengo, ma ho un affare da sbrigare. Se c'è qualche novità avvertimi, ci conto» e con un ultimo sorriso, questa volta caldo e cordiale, di quelli che solo lei, quando voleva, sapeva regalare, uscì, lasciando James interdetto, a meditare su cosa fare.

Così corse verso il pendolo, cambiò l'orario e si sedette sul divano, senza però dimenticare di pulire ciò che da tempo non veniva sistemato, e attese che Albus uscisse dalla stanza, per scherzare insieme, per vedere un po' di tv e sghignazzare senza pudore, per riprendere semplicemente la vita che il pensiero struggente di una donna gli aveva negato ed un'altra, decisamente più amabile, gli aveva riconsegnato.

 

Note dell'autrice.
Il seguito del capitolo precedente è stata voluta e inaspettata insieme. A dirla tutta sono stata incerta fino all'ultimo della presenza di Rose,però mi piace troppo come personaggio e dopotutto avevo bisogno di lei.
Bé! Alle poche anime che daranno retta a quello che scrivo,fatemi contenta,lasciatemelo un parere :')
Hile!

  
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