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Autore: Mex    15/10/2010    3 recensioni
Una storia ambientata nella campagna inglese qualche anno dopo la sconfitta definitiva di Napoleone.
Una ragazza che si mimetizza in una società soffocante ed un uomo che trasgredisce ogni regola del viver civile, si scontreranno in un ambiente assolutamente parziale.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Questo è stato il capitolo più difficile che abbia mai dovuto scrivere e sinceramente non so se sia venuto decentemente anche se lo riscritto almeno una decina di volte!
Leggetelo e giudicherete da voi, ditemi come l'avete trovato.
L'appello per l'introduzione rimane sempre valido e chiedo ancheopinioni su questo capitolo che ha costituito un vero tormento!

Capitolo 14

Gli avevano dato poche ore per prepararsi a partire.
Erano passati quasi tre anni da quando gli avevano affidato una missione simile. L’ultima l’aveva accolta come un’eccellente opportunità per mostrare il suo valore, ma ora … ora vedeva la faccia martoriata del giovane Simons e quella disperata della moglie alla quale si sovrapponevano quelle sorridenti delle sue bambine lasciate sole e bastarde senza nessuno che potesse aiutarle.
Loro avevano solo lui, non era suo diritto rischiare la vita ma non poteva neanche tirarsi indietro.
Questa sarebbe stata l’ultima, sarebbe andato direttamente da Sinclaire e si sarebbe tirato fuori una volta per tutte.
Ma fino a quel momento …
Più di due ore passarono prima che lui riuscisse a trovare una soluzione, quando la trovò non ne fu comunque entusiasta. Quella scelta significava tirare in gioco un’altra persona che non aveva quasi niente a che fare con lui, significava affidare le sue bambine e il suo futuro ad una persona estranea, una donna che conosceva da troppo poco.
Non c’era altro modo.
Adesso vedremo veramente di che pasta è fatta
Ormai deciso, uscì dalla biblioteca e a passo di carica rifece la strada che aveva percorso con tutt’altro spirito.
Frustrazione, rabbia, dubbio e profonda impotenza facevano muovere i suoi piedi più velocemente di quanto avesse voluto, facendolo marciare come una piccolo tamburino sospinto dal suono rollante del suo stesso tamburo verso una fine che non era rassicurante e tanto meno sicura.
Logan, comunque, non era più un ragazzo perciò stringendo le mascelle non rasate, allungò la mano decisa verso la maniglia della porta.
Trovò Miss Flanigan sveglia che, appoggiata ai cuscini, ascoltava le chiacchere instancabili di Anjuli. Appena varcò la soglia le sue figlie si alzarono dal letto dove erano accoccolate tranquille, per corrergli incontro. Con la coda dell’occhio vide che la sua ospite si tirava fin sotto il mento le lenzuola e spingeva dietro le spalle i lunghi capelli cercando di rendersi presentabile anche se costretta a letto.
Incorreggibile!
“State dando noia a Miss Flanigan? Lo sapete che deve riposare”
Lei si apprestò a difenderle: “No, non rimproveratele. Mi stavano tenendo compagnia. Almeno loro si sono ricordate di avere un’ospite rilegata in questo letto da inferma!”
Fece un sorrisetto e gli lanciò un’occhiata giocosamente irata che completava il suo tono melodrammatico.
Bhè, non così irrecuperabile
“Vi state riferendo a me? Avete sentito la mia mancanza?”
Questa volta era lui a far comparire sul viso il sorriso sornione, che però non durò tanto a lungo quanto gli altri che le aveva  lanciato in precedenza.
Lei non rispose, alzò il mento e si aggiustò meglio le lenzuola attorno alle spalle.
Il silenzio fu interrotto da Zaira: “Papà, Miss Amelia mi ha detto che appena starà meglio ci insegnerà a cucire, così potrò fare a Miss Jenny un nuovo vestitino, così quando arriverà l‘inverno non avrà freddo”
Logan accarezzò le teste delle figlie.
Dio quanto gli sarebbero mancate!
Tirò il naso ad entrambe: “Devo parlare con la nostra malata. Lasciateci soli, scimmiette. Salutate”
Le gemelle obbedirono e richiusero la porta dietro di loro.
Logan fece un grosso respiro e si rivolse a lei con una faccia così seria e scura che Amelia si preoccupò: “Milord, è successo qualcosa?”
Iniziò ad andare su e giù per la stanza come una bestia in gabbia, non riuscendo a risolversi a parlare.
“Milord! - Amelia iniziava a preoccuparsi seriamente- Come posso aiutarvi? Ditemi, vorrei veramente esservi utile”
Furono momenti di pura angoscia ed irresoluzione quelli che passò in quel momento il Duca, mai aveva esitato nella vita ma mai aveva dovuto prendere tale decisione.
Le si pose davanti e alla fine riuscì a far uscire le parole: “Ho bisogno di un grande, grandissimo favore.- Lei fece un cenno incoraggiante e lui si grattò la testa come sempre faceva quando non era proprio a suo agio- Voi mi dovete sposare”
Amelia tornò ad appoggiarsi contro i cuscini, atterrita.
Avrebbe voluto illudersi che quella dichiarazione fosse dettata da un irresistibile trasporto per lei, ma capiva bene che ciò era impossibile. Certo era diventati amici molto naturalmente, ma chiederle di spossarla era tutt’altra faccenda.
Chiuse per un attimo gli occhi cercando di riordinare le idee.
Dopodiché indicò la sedia accanto al letto: “Volete raccontarmi cosa sta succedendo?”
Lui fece come lei gli aveva detto. Era sollevato che lei rimanesse così calma e controllata.
“La verità è che ho bisogno del vostro aiuto. Non mi piace chiedervi questo favore, mi pone in una situazione di svantaggio e non ho il controllo della situazione. Mi devo allontanare.
Non ne sono contento ma non posso evitarlo.
Non è pericoloso, ma diciamo che non si garantisce la mia incolumità”
Le lanciò un’occhiata per vedere la sua reazione alle sue parole. Lei lo guardava seria con le sopracciglia un po’ aggrottate.
Si sentiva egoista nel porle quella richiesta, ma le sue bambine venivano prima di tutti “Nel caso che io muoia, nessuno si prenderebbe cura di Anjuli e Zaira. Mia madre probabilmente per carità cristiana le metterebbe in un convento francese e le abbonderebbe lì per il resto della loro vita. Loro devono avere tutti i privilegi e i diritti che spettano loro in quanto figlie mie”
Lei incrociò le mani e strinse le dita: “E vorreste sposarmi perché una moglie, nel caso che voi … non tornaste, diventerebbe la loro tutrice”
Non era una domanda, la ragazza aveva capito.
Lei si morse le labbra mentre lui annuiva: “Siete l’unica persona al mondo a cui le affiderei”
La torsione alle mani si fece più forte.
“Cosa accadrà quando tornerete?”
Lui distolse lo sguardo e lo rivolse alla finestra: “Qualunque cosa voi vorrete. Sarò in debito con voi. Possiamo mantenere segreto il matrimonio così potrete decidere senza nessuna pressione. Io mi conformerò a qualunque cosa.”
Ci furono cinque minuti di silenzio, entrambi persi nei loro ragionamenti e nella loro personale disperazione.
È folle!
Non funzionerà mai!
È irresponsabile!
È inaspettato!
Ma non lo fa solo per sé stesso e tu non saresti una approfittatrice.
Senza senso, impossibile, senza fondamento!
È inevitabile!
Vedendo che lei non dava una risposta ma continuava a scuotere la testa con le sopracciglia aggrottate, lui si alzò di scatto: “Mi dispiace di avervi disturbato”
Amelia si riscosse velocemente, si allungò, ma il risultato che ottenne fu solo una fitta lungo la gamba: “Dove andate? Andrete a proporlo a qualcun’altra?”
Era deluso, arrabbiato e non sapeva più cosa fare, le si rivoltò contro duramente: “Non siate stupida! Non affiderei alla prima venuta le mie bambine”
Amelia lo fermò.

Posò la penna con la quale aveva appena firmato e rimase a fissare per qualche secondo il foglio. Non era tanto il testo che la legava ad un’altra persona che la impressionava quanto la firma che aveva apposto in fondo: Amelia Redbourne.
Era fatta, tutto le era passato davanti come se fosse stata un automa.
Ti chiederai, lettore, se adesso si sentisse timorosa, sconvolta o felice, te lo dirò io, si sentiva umiliata.
Sì, era questa la parola.
Era umiliata per quella farsa che il prete mezzo ubriaco, raccattato in qualche osteria di paese aveva pronunciato e spacciato per celebrazione.
Umiliata perché il suo matrimonio era avvenuto alla chetichella, nel cuore della notte e con la sposa in camicia da notte costretta a letto e lo sposo che puzzava di fumo, con le maniche della camicia rimboccate e la barba non fatta.
Umiliata perché i due testimoni avevano firmato con una croce quel documento preso non si sa dove ma che la legava a quell’uomo che seduto al tavolino le dava le spalle mentre scriveva precipitosamente e rispondeva alle domande di rito distrattamente e non senza essere stato richiamato a farlo.
Si sentiva spossata per la febbre che le era aumentata nel corso del pomeriggio e un dolore sordo le impediva di ragionare.
Avrebbe voluto rompere qualsiasi cosa le fosse capitata sotto tiro.
Finalmente il cameriere e Maya se ne andarono e trascinarono fuori il sacerdote che continuava a biascicare congratulazione senza senso.
Tutto divenne silenzio, solo lo scricchiolio della penna che scriveva in continuazione si poteva sentire.
Finito di redigere il documento e firmatolo, Logan si voltò e si trovò lo sguardo inquisitorio e furioso della ragazza. Ne rimase un attimo sorpreso ma non ci prestò caso.
Le passò i fogli che aveva scritto e lei li prese automaticamente: “Quello è il mio testamento. C’è scritto che alla mia morte tu diventerai la tutrice di Anjuli e Zaira, ne amministrerai il patrimonio e questa casa fino al compimento dei vent’un anni. A te lascio un terzo del mio patrimonio.
Questo testamento diventerà esecutivo qualora io muoia. In tal caso agirai come meglio credi, ma ti consiglio di chiedere aiuto a mia madre, è una donna dura ma ti ha sempre mostrato comprensione e affetto. Inventati una scusa qualsiasi- vedendo che lei non accennava a rispondergli si accostò al letto- Perché non dici niente?”
Non era pentito, aveva fatto tutto il necessario e nel miglior modo possibile, ma capiva che lei era turbata. Doveva comprenderla, le era piombato tutto addosso e non era in grado di gestire completamente la situazione.
Le si fece più vicino: “Ti fa male la gamba?”
Lei scosse la testa, non avrebbe detto niente. Adesso si sentiva emotivamente instabile per il dolore e per l‘incertezza. Iniziò a tormentare gli occhiali tra le mani, lasciando impronte sulle lenti e rischiando di spezzare le stanghette.
Lui si sedette sulla sponda del letto e glieli portò via dalle mani, li appoggiò sul comodino e rimase in attesa.
Logan la osservò per un attimo, si chiese se non avesse fatto un errore enorme. Eppure allo stesso tempo sentiva che quella ragazza avrebbe potuto sopportare un peso enorme sulle sue spalle nonostante non capisse come.
Intuendo che non avrebbe ricevuto risposta, le prese il viso tra le mani e stringendoglielo glielo alzò leggermente per portarlo più vicino al suo: “Potresti vincere un esercito intero se solo lo volessi. E quando tornerò, saremo in due a risolvere questa faccenda”
L’angoscia fu più forte di lei: “E se non tornaste? Se accadesse qualcosa e ci fosse bisogno di voi? Chi o che cosa vi costringe ad allontanarvi dalle vostre bambine e da chi vi ama?”
Chiuse di scatto la bocca ed arrossì vivamente ma non le importò più di tanto che le sue parole potessero venire fraintese. Era troppo, troppo stanca e voleva rimanere sola.
Il volto di suo marito si fece scuro. Le sopracciglia si aggrottarono, la bocca divenne rigida e la presa si strinse: “Non darmi anche questa responsabilità. Non adesso”
Amelia non capì bene quelle parole perché gliele aveva sussurrate tanto vicino alle labbra e poi l’aveva baciata che non era ben riuscita distinguere se anche quelle parole non facessero parte del bacio.
La prima volta che Logan l’aveva baciata era stato tanto rapido che lei non era riuscita a capire cosa stesse succedendo, quest’ultimo fu tutt’altra cosa.
Le sfiorò delicatamente le labbra con le sue, con la stessa delicatezza con cui i suoi polpastrelli le toccavano le orecchie. In ogni tocco di lui c’era una sensualità latente, anche se non passionale nel vero senso della parola. Amy non ne fu spaventata anche se ne era cosciente nel più profondo di sé stessa. Ricambiò delicatamente e lentamente ogni suo piccolo e superficiale gesto anche se non mosse le mani che ancora stringevano il documento che la rendeva responsabile di ogni suo bene.
Ben presto, troppo presto, lui le lasciò il viso e si scostò.
“Ne riparleremo quando sarò tornato. Dormi bene, moglie”
La lasciò sola.

Il mattino dopo partì adducendo come scusa degli affari urgenti e improrogabili, al suo posto, quel pomeriggio, arrivò come un turbine la Contessa di T*** disperata e preoccupatissima per la figlia.



Ringraziamenti:

Un enorme grazie alle mie due commentatrici ormai ufficiali: Elfa Sognatrice e Melikes che ogni volta tirano su il morale di una povera scrittrice a tempo perso!

Ai nuovi e vecchi lettori che hanno una gigantesca pazienza.
  
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