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Autore: Asukalilje    17/10/2010    0 recensioni
storia completamente inventata, ancora da completare, che non ha solo questa storia. se non capite... beh dovrete aspettare molto! gomen!
NdAmministrazione: secondo il regolamento, l'introduzione deve contenere un accenno alla trama o una citazione significativa ripresa dalla storia. L'autore deve perciò provvedere a modificare questa introduzione (può contemporaneamente cancellare in autonomia questo messaggio)
Genere: Azione, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Prima di partire per questo viaggio, vivevo in una piccola isola che si trova quasi al centro del mare tra le due grandi nazioni Ramnen e Coldene. Sebbene ci fossero queste due grandi influenze, la mia isoletta ne rimaneva intaccata: era troppo piccola e non aveva altro che boschi e prati, quindi un gran bel posto per allevatori e agricoltori come quelli del mio villaggio.
Una particolarità di quel posto erano i capelli ramati e gli occhi azzurri, come il cielo: anch’io ho ereditato i capelli ramati, come tutti sull’isola, ma mia madre aveva gli occhi dorati e a quanto pare, mio padre verdi. E così io ho avuto questo eccezionale caso di occhi di diverso colore.
Naturalmente lì non era guardato come maleficio, solo come una cosa strana, come le stelle cadenti. Mi è sempre piaciuto pensare che i miei occhi avessero un legame con esse: era fiabesco.  Come la mia vita lì.
La mamma era sempre dolcissima con tutti, ed io l’avevo sempre ritenuta una grande donna e mi vantavo di lei, perché era la cosa più preziosa che avevo.
Io, che vagabondando avevo imparato a riconoscere tutti gli alberi della foresta, negli ultimi tempi ritenevo fosse più divertente scoprire altri luoghi in essa che restare in casa ad aiutare la mamma. Questa specie di ‘gita’, durata più del dovuto, mi salvò, credo. La mia felicità nell’aver trovato una nuova sorgente d’acqua potabile (scarseggiante, oramai nel mio villaggio) si spense alla vista di una grossa colonna di fumo che sapevo provenire da esso.
Da un po’ di giorni si mormorava che stava per  cominciare una guerra: poco male, a noi non interessava molto. Finché non si venne a sapere che forse intendevano invaderci, radere al suolo tutto e farci una base a loro detta “strategica” poiché l’isola era proprio nel centro del mare. Un'altra delle cose cui non avevo creduto prima d’allora. Corsi verso quella direzione per quasi una quindicina  di minuti. “Non credevo di essere arrivata tanto distante” pensai scioccamente, ma a dire il vero quella corsa mi parve un eternità. Scansai con foga delle grandi foglie che mi coprivano la visuale e arrivai nelle vicinanze del villaggio: quello che vidi, furono gli istanti più indicativi della mia vita.
La colonna di fumo che vedevo proveniva dalle case del villaggio incendiate. Vedevo dei soldati dalle strane divise che fucilavano alcuni miei compaesani, senza ritegno fra vecchi, donne e bambini.
  • Chi oppone resistenza venga ucciso sul posto! –
Gridava un uomo in sella a un cavallo grigio. Sul cappello aveva un pennacchio azzurro e sembrava essere quello che comandava le truppe.  Non mi accorsi nemmeno di essermi inginocchiata a terra, ormai era come se le mie gambe fossero diventate di budino, senza riuscire a distogliere lo sguardo da quel massacro, senza riuscire a fermare le lacrime che scendevano sul mio viso. Appoggiai la mano a terra bagnandomela, ma purtroppo non di acqua. Guardai verso la mia manocon occhi spalancati e lividi. Solo in quel momento mi accorsi di essere in un lago di sangue: accanto a me c’era il corpo mutilato di qualcuno che conoscevo.
  • M..mamma..? –
Balbettai. Eppure non ottenni risposta. Non potevo riceverne. Era girata su un lato, opposto al mio. Sembrava dormisse, così provai a girarla. Non l’avessi mai fatto.
Mamma aveva uno squarcio sul petto e il sangue si stava a malapena coagulando. Un rivolo di sangue le usciva dalla bocca, aveva i vestiti strappati e aveva gli occhi aperti, quasi traslucidi. Non volli immaginare cosa le avevano fatto prima di ucciderla...  Mentre le mosche ronzavano per avere la loro parte del succulento bottino di guerra, io mi voltai e vomitai l’anima. La vista di quel cadavere mi aveva distrutto e non sapevo che fare. Finché qualcuno non mi prese per i capelli.
  • Ehi Jones! Guarda che abbiamo qui! –
Gridò un soldato allegramente al suo compagno, che tirò un fischio. Io ero immobile, la testa mi faceva male ma non avevo più né la forza, né la voglia di combattere. Tutto quello che volevo, era mia madre. O mio padre, se ci fosse mai stato.Sentii scricchiolare la pianta dei capelli con orrore cercai per istinto di divincolarmi, come un animale selvatico.
  • Che dici, ce la spassia.. –
Non ebbe il tempo di finire la frase che un proiettile gli attraversò le cervella. D’improvviso sentii i soldati movimentarsi e gridare qualche cosa, mentre cadevo rovinosamente a terra. La caduta aveva incrinato le mie percezioni, per cui l’udito mi mandò il rumore di fragore in modo ovattato. Cercai di alzare lo sguardo: altri militari, vestiti di nero, stavano massacrando gli altrinotai, come se tutta la scena non avesse nulla a che fare con me, come se fosse solo una immagine lontana.Ero stanca e mi doleva la faccia. Un uomo venne verso di me, con la pistola in mano e si tolse la giacca, con la quale mi coprì le spalle. Lo guardai con un misto di rabbia e paura, ma quello che poi conobbi col nome di ‘capitano’, mi sorrise dispiaciuto. Molto dispiaciuto. Guardò verso i resti di mia madre, con uno sguardo confuso e smarrito, e molto triste. Le chiuse gli occhi e poi mi prese in braccio
  • Stai tranquilla. Ora sei in salvo, ora sei in salvo.. –
Disse stringendomi a sé, incurante del fatto che la mia faccia fosse impiastricciata di vomito e sangue.  Dopodichè svenni tra le sue braccia. Appresi, dopo il bagno che mi fecero fare – ero molto confusa ancora, e avere delle signore che ti lavano come fossi figlia di un nobile non aiutavano molto a comprendere ciò che stava accadendo – che i militari che avevano devastato il mio villaggio e ucciso la mia mammaappartenevano al regno di Coldene, mentre quelli arrivati in seguito erano di Ramnen. L’uomo che mi aveva salvato era un comandante di quest’ultimi e a quanto pare ‘mi ha salvata perché gli facevo pena’. Degli altri abitanti non fece mai più menzione; penso siano morti tutti. Siamo partiti alla volta di un  isola lontana dalla guerra - o almeno così dovrebbe essere -  e questo per salvare la figlia del re di Ramnen, la principessa: sinceramente non so né chi sia, né che faccia abbia.E non mi interessa in verità molto di lei. Per fortuna oltre a ‘sua maestà’ ci sono altre persone, tra cittadini di piccoli villaggi di Ramnen o conti e marchesi scappati dalle loro ville con la coda tra le gambe al primo accenno di guerra  nelle loro regioni. E tocca a noi preparare da mangiare per tutti loro! Per non parlare del piccolo reggimento con a capo il comandante. Insomma, questa nave è piena di gente diversa che hanno una cosa in comune: fuggire.  
Purtroppo, per ora non posso sfuggire al comandante, tra poco sarò alla sua cabina.. svoltato quell’angolo laggiù. Ecco la porta: busso e aspetto che mi faccia entrare, nel frattempo mi liscio la gonna. La risposta purtroppo non si fa attendere molto.
  • Vieni pure avanti –
Entro con circospezione, e noto subito che la cabina non è un granché, e non è cambiata minimamente dall’ultima volta; sobria e spartana come sempre.
Il comandante è seduto su una sedia di mogano nero, le gambe accavallate e i suoi occhi puntati su di me. Intreccia le dita e le stringe prima di partire all’attacco.
  • Ho un lavoro per lei, signorina –
  • Perché proprio io? –    contrattaco.
  • Perché.. sei una delle persone che conosco meglio e di cui mi fido. È un incarico importante.. –parata.
  • Ah davvero? Importante? Devo forse prepararle la cena? – strategia evasiva.
  • No. Quando saremo arrivate farai da badante alle principesse, dormirai in stanza con loro e dovrai educarle. Gradisci un po’ di the? – colpo diretto. Mentre parlava, si era alzato e aveva preparato delle tazze con del the caldo, probabilmente quello l’aveva preparato prima.
  • ma.. io.. – dissi mentre prendevo la tazzina. Non mi lasciò continuare.
  • Niente ‘ma’! Ormai è già deciso.. – disse sorridendo. Aveva già vinto! E non mi lasciava neppure dire la mia.
  • Ma.. avete detto ‘principesse’.. quante ce ne sono? Due? Pensavo ce ne fosse solo una.. – presi un sorso di the.
  • Veramente sono cinque.. – mi rispose.
Il the non era terribile, ma dopo quella rivelazione il mio corpo minacciò di rigettarlo all’istante. “cinque??? Cinque principesse?? Certo che quel re buono a nulla non ha niente di meglio da fare..”
  • Ah.. dovrete tener d’occhio anche il principino.. –
“…pure…”
  • Però non dormirà con voi. Dormirà nella stanza adiacente.. in cui ci sono due letti, per ogni evenienza. –
  • P…perché? –
  • Uhm… - sorseggia il the e per un po’ cala il silenzio.  – si mormora che il principino abbia paura del buio.. e dei temporali.. non vorrei che dobbiate dormire con lui –
  • Non sarà mica geloso comandante!!... – fece un espressione indecifrabile e mi zittii.
  • Va bene capo. Ho capito! Quando giungeremo a destinazione farò come ha detto.. – risposi riluttante.
  • Molto bene. Ti aspetto con le tue cose a destra del molo per illustrarti i particolari –
  • Si va bene arrivederla..  – faccio un semi-inchino ed esco dalla cabina, poi mi metto a correre verso le cucine. La prima persona che incontro è Ruth.
  • Ah Haw.  Ti cercavo dovresti aiutarmi con delle tartine ma… -
Ruth è la moglie del cuoco Roy. Ha la pelle scura e da quello che mi ha detto, verrebbe dal territorio oltre la catena montagnosa di Egal – che, tra parentesi, divide il continente di Ramnen in due: la parte che dà sul mare dove si trova la mia isola è chiamata regno di Ramnen e la Zona Selvaggia è aldilà appunto delle catene montagnose – e in effetti lei è un po’.. selvaggia.
In questo momento mi afferra per un braccio e blocca la mia corsa.
  • Ehi… E-H-I! mi stai ascoltando? Che è successo? – mi fissa ed io le sorrido
  • Niente.. sono stata chiamata dal comandante che mi ha detto che giunti a terra avrò un altro lavoro – dissi tutto d’un fiato.
Mi guarda stranita.
  • E cioè? –
  • Dovrò fare da balia alle principesse.. non potrò passare molto tempo con te d’ora in poi.. –
La sua espressione cambia e la sua voce si addolcisce,  mi si avvicina abbracciandomi.
  • Oh che tristezza! E così non mi farai più compagnia! –
Imbarazzata le dico
  • Ma no! Ti verrò a tenere compagnia ogni tanto.. –
  • Davvero? – scaccia una lacrima da sotto l’occhio sinistro.
  • Si! –
  • E mi vorrai bene comunque? –
  • Si certo! –
  • E verrai ancora ad aiutarmi con le pulizie vero?? – stavolta la sua espressione è molto seria.
  • Ehm.. si certo! –
  • Bene allora puoi andare.. –
Faccio per avanzare che mi ferma un'altra volta.
  • Ehiii.. non intendevo ora.. le tartine ti aspettano! –
“ma non vale!!” sbuffando mi avvio al lavoro.  
Un rumore assordante mi sveglia da una sorta di apatia che mi aveva presa preparando le tartine. Mi volto verso Ruth
  • Che.. che cos’era? – mi strofino un occhio con il dorso della mano.
  • È la campana.. tra poco attraccheremo -  mi spiega, sorridente. Alla mia occhiata aggiunge
  • Su, vai pure. Goditi l’arrivo anche per me! –
  • Grazie mille Ruth! – sorrido a mia volta e le do un bacio sulla guancia mentre passo per darle il mio
vassoio di tartine.
Ora che è più vicina,  l’isola mi pare ancora più bella. Assomiglia alla mia; lo stesso verde, ma èmolto più grande. Mi appendo alla balaustra e mi sporgo per vedere meglio. il molo è piccolo, non molto lungo  ma abbastanza largo, in legno. Dopo di esso noto un grande spiazzo, riempito da un pugno di persone. La nave si sta avvicinando sempre di più al piccolo pontile, tanto che ho avuto l’impressione che  ci andasse a sbattere contro.
Scendo dalla nave guardandomi intorno affascinata: ai lati dello spiazzo le svettanti cime degli alberi solleticano il cielo e nonostante il chiasso delle genti, si sentivano gli uccellini cinguettare allegramente.
Percorro il pontile quasi correndo e quando le assi di legno non rimbombano più sotto i miei piedi e l’erba mi comincia ad accarezzare le gambe, mi viene quasi da piangere. Dopo tanto tempo per mare, quella fraterna carezza riesce a farmi vedere tutto sotto un’altra luce, più luminosa e radiosa. Nel frattempo Roy, Ruth e tutti gli altri aiutanti, passano prima del resto dei passeggeri per preparare il pranzo.
  • Haw! Vieni subito qui! – Mi chiama Ruth.
  • Ehm… si arrivo! – rispondo.
Mentre vado verso di lei qualcuno mi tocca la spalla. Mi volto e vedo una ragazza bionda con un coniglietto  strano in braccio, che mi sorride cordiale.
  • Ciao! – disse, e riconosco subito una voce maschile. “Che voce strana per una ragazza” sorrido un po’ impacciata e cerco di concentrarmi sulla mia risposta piuttosto che sui miei pensieri strambi.
  • Ciao! – dico cordialmente.
  • Hey, sei molto carina! – 
Arrossisco e sorridendo di nuovo dico
  • Beh anche tu sei carina! –
All’improvviso diventa paonazza e mi guarda arrabbiata:
  • Io sono un ragazzo!! –
Da rossa divento di colpo pallida come un cadavere.
  • Scusa! Pensavo fossi una ragazza! –
E lo dico sinceramente dispiaciuta. “Ma è colpa sua! Dato che è un ragazzo non dovrebbe mettersi i fiocchetti rosa in testa!”
  • Come hai fatto a prendermi per una ragazza, scusa? –
  •  Ecco.. io se fossi un ragazzo non metterei un fiocco rosa in testa.. –
Adesso sembra ancora più arrabbiato. Alza di scatto le braccia e urla
  • E’ arancione! –
Mentre si agita, noto che sotto il ciuffo (che copre l’occhio sinistro) ha una benda.
  • Cosa hai fatto all’occhio? – Chiedo incuriosita.
  • Non sono affari tuoi! –
  • Ehm, ehm… - un colpo di tosse ci distrae e interrompe la nostra ‘presentazione’.
La voce proviene, questo è strano, dal terreno. Infatti,  a terra c’è il coniglio, pare imbronciato ed ha le zampe conserte sul petto.
“imbronciato? Zampe conserte? E… ha parlato?” E poi la sua coda aveva qualcosa di strano. “ Ma.. ma che cavolo…?”
  • Yuri..–
Una voce femminile ci fa alzare lo sguardo dallo strano coniglio, appartiene ad una ragazza dai capelli rosso inglese, mi fissa con sguardo indecifrabile.
Il ragazzo appena la vede sorride e lei gli risponde con una smorfia.
  • Prendi il… coniglio… ed andiamo… - Ordina lei.
  • Va bene! – Risponde lui con voce amorevole.
Non ci capisco più niente. Chi sono queste persone? Non faccio in tempo a chiedere che la ragazza si allontana ed il ragazzo, dopo aver raccolto e nascosto dentro la giacca il coniglio, corre a raggiungerla. Si gira solo una volta verso di me per salutarmi ghignando, alzo una mano in segno di saluto.
Ruth mi chiama infuriata e ricordo all’improvviso che dovevo aiutarla e mi volto per rassicurarla
  • Arrivo! –
Comincio ad incamminarmi verso di lei e per l’ultima volta mi volto a guardare i due strani ragazzi, ma come mi aspettavo, erano spariti nel nulla. Sospiro e correndo raggiungo Ruth.
  • Scusami se ci ho messo tanto.. –
  • Lascia perdere! Il signor comandante ti ha mandato a chiamare. Sai dove trovarlo? Perché non me l’hanno detto.. –
  • Oh, per mille cetrioli con la panna! Vado subito!! –
  • ..eh? –
Mi metto a correre verso il luogo che ci eravamo promessi in cabina, poi però ricordo l’altra condizione; freno e viro verso la nave. Affretto il passo in corridoio, ma non mi metto a correre perché è vietato. Entro come un uragano in cabina e faccio in fretta mettendo i miei pochi vestiti e i miei scarsi averi alla rinfusa dentro la valigia. Torno in corridoio correndo, ma una guardia mi avvisa il regolamento. Faccio un breve inchino chiedendo scusa e rallento, ma appena girato l’angolo ricomincio a  correre.  Salto gli scalini quattro a quattro e percorro il pontile, quasi volessi ammazzarmi.
  • Eccomi.. – finalmente raggiungo, anche se trafelata, il comandante.
  • Mi scusi se l’ho fatta aspe.. –
  • Più tardi questo – mi interrompe lui (quanto odio quando fa così!!)
  • Hai fatto aspettare abbastanza Loro Maestà.. presto Sali.. – mi indica una carrozza.
non è a motore?” mi chiedo, vedendo i cavalli.
  • Non restare lì impalata, su! –
mi esorta ancora, e io lo fulmino con lo sguardo. Poi mi accingo a salire sulla carrozza. Metto un piede sullo scalino e guardo verso  la finestrella scura. Chissà com’erano le principesse e il loro fratellino.. dopo quella porta li avrei conosciuti..
sentii l’impaziente presenza del capitano dietro di me e mi affrettai ad aprire la porta. L’interno della carrozza era di legno, i sedili sono di seta color porpora ma è.. vuota.
  • ..dove sono?? –
  • Pensavi li avessi fatto aspettare? Sei matta? – mi rispose come fosse nulla.
  • ... – ero delusa e sollevata allo stesso momento.
Mi rassegno e mi siedo sul sedile più distante dall’entrata. Mentre aspetto mi liscio la gonna, e quando il comandante sale e chiude la portiera, la carrozza parte con un leggero contraccolpo e io chiudo gli occhi.  L’avevo scampata! Ma non per molto.. tra non so quanto tempo li incontrerò..
  • Tra quanto arriveremo? – chiedo.
  • Tra una ventina di minuti – mi risponde guardandomi con sguardo.. dolce? Non riesco a decifrare quello sguardo.
  • Ah – rispondo svogliatamente. Guardo.. la finestra, perché era chiusa da una tendina.  Poco dopo ricordo:
  • E dov’è che siamo diretti? –
  • Lassù – mi indica un punto indistinto fuori dal finestrino. 
Tiro la tendina e guardo curiosamente fuori. Non vedo altro che alberi e arbusti; poi noto un monte alto e piatto poco distante ma non mi pare nulla di grandioso. Guardando più attentamente, mi rendo conto che le macchie scure non sono affatto parti cangianti di roccia, ma finestre: guardando ancora meglio vedo anche dei balconi, una grande terrazza e dei giardini.
  • Quello  è il castello in cui risiederemo – dichiara il comandante con un ghigno.
  • ..Castello? – a me pare solo un monte bucherellato di banali finestre quadrate.
  • Sì. – tira fuori una mappa da chissà dove e la apre sulle ginocchia.
Penso a quanto doveva essere grande se solo la mappa  riempiva quasi completamente l’interno della carrozza, schiacciandola contro il sedile. Il capitano non ci fece molto caso.
In sostanza, il ’castello’ è una montagna molto antica, per questo ha quella forma ridicolmente piatta, e nei punti in cui lo era meno probabilmente è stata spianata. Sopra e al centro di essa è stata fatto impiantare un giardinetto, e tutta la montagna.. pardon, il castello è circondato da un parapetto.  Mi domando come possono aver fatto ad impiantare delle piante nella roccia..  mi concentro sulla voce del capitano, che mi spiega che all’interno ci sono tantissime stanza scavate nella roccia e i tutto è stato diviso in quattro sezioni: ala nord, sud, est e ovest (che puntavano ognuna verso il punto cardinale omonimo).
  • Voi risiederete qui – continua il comandante indicando l’ala est.
  • Ah ok. – rispondo (con voce estremamente incoraggiante)
  • E questo – tira fuori un’altra mappa ma più piccola – è il vostro piano –
Osservo la piantina. Ci sono tre stanze molto ampie: quella più a nord sembra una stanza vuota con un balconcino, quella subito sotto invece è occupata da sei letti e quella di fianco a sinistra ne ha solo due, al centro di una stanza pari a quella di fianco. Il tutto mostrava una forma di ‘L’ che però aveva una stranezza: sembrava ci fossero due porte, una nella stanza vuota e una in quella sotto, che davano nel punto in cui c’era roccia. Il comandante pareva non essersene accorto (d’altronde le porte erano appena accennate sulla piantina) e continuava a spiegarmi il resto.
  • questa è una camera vuota potete farne ciò che vorrete. Quella sotto e quella adiacente sono le camere da letto dei regali, dove dormirai in questa (indica la camera a destra) e occasionalmente in questa (indica l’altra a sinistra). – si volta a guardarmi.
  • La prima è delle principesse e la seconda del principino. – precisa.
  • Ci ero arrivata anche da sola – ribatto.
  • Bene. –
  • Benissimo. –
infantilmente, mi volto e guardo fuori dalla finestra, imbronciata. Il comandante sospira e ripiega la mappa che torna perfettamente alla forma originaria.
La carrozza si ferma e io mi sveglio. Probabilmente con il rollio continuo della carrozza, mi sono addormentata e non mi sono accorta della tanta strada compiuta. Siamo ai piedi del castello. Sento delle persone parlare e passi affrettati che rimbombano nei ciottoli, mi sporgo dalla finestra e li vedo.
  • Ben svegliata. Siamo giusto arrivati –
mi saluta il comandante e io lo ricambio portando una mano alla bocca per sbadigliare.
Qualcuno apre la portiera e scendiamo sullo spiazzale. Mi stiracchio e osservo oziosamente il cocchiere portare via la carrozza. Il comandante mi consegna una pila di fogli.
  • Questa è una guida che ho compilato personalmente studiando le mappe mentre dormivi: è la strada più breve per arrivare il prima possibile alle stanze di cui abbiamo parlato. Capito? –
  • Si certo.. – guardo i fogli e poi lui.
  • Brava bambina – mi scombina i capelli carezzandomi la testa come fossi una bambina piccola.
Si allontana briosamente da me con le mani in tasca mentre gli urlo dietro
  • NON sono una bambina!!! -  poi imbronciata mi allontano fumando pensieri negativi sul comandante.
Ma ben presto saprò che i miei bollori si placheranno, poiché mentre apro la porta della camera delle principesse un secchio pieno d’acqua mi cade addosso.  Sento qualcuno ridere fragorosamente, e le goccioline d’acqua cominciano a evaporare per la rabbia. Alzo il secchio con una mano mentre fiamme infernali mi bruciano negli occhi.
  • Chi è stato?!? – urlo più arrabbiata che mai.
Guardo davanti a me e vedo due bambine. Identiche. Strabuzzo gli occhi e chiedo
  • Chi siete voi..? -  
Una delle bambine a un ghigno sul volto, mentre l’altra sembra molto spaventata. I miei occhi si fessurano.
  • Siete.. state voi..? –
Mi bagno le labbra pensando a che bel stufato potevo farmi con quelle belle bambine.
  •  mi spiace!! La mia sorellina è.. è cattiva! Mi ha detto di non dirlo però è stata lei a..pfff! –
 la bambina che prima sorrideva tappa la bocca all’altra.
  • Stai zitta ti avevo detto di non dire nulla stupida!! –
Mi guarda facendomi la linguaccia e scappa via.
  • Argh!!! Se ti prendo!! –
grido e mi metto a rincorrerla. Lei scappa dalla porta che dà sulla terrazza. Apro violentemente la porta sempre correndo senza accorgermi di una pezza bagnata su cui poggio il piede ed inevitabilmente cado all’indietro. Sento ridere alle mie spalle mentre mi alzo dolorante e vedo la bambina che sghignazza della mia caduta “razza di teppista” penso, faccio per alzarmi che lei rientra nell’altra stanza. “e chi la prende più adesso?” abbasso lo sguardo e faccio per alzarmi.
  • Dannata!! Lasciami! Lasciami!! –
Sento la vocina della bambina e guardo davanti a me.
Una ragazza più grande di me, dai lunghi capelli neri e gli occhi dorati mi rivolge un espressione infastidita mentre tiene la bambina per il colletto, che scalcia come una scimmia.
  • Ehi –
Mi dice
  • Perso qualcosa..? –
  • Si grazie per averla presa –
Le rivolgo uno sguardo che desta puro terrore nella bambina, e vago interesse nella ragazza. Libera la bambina con cattiveria e questa finisce ribaltoni ai miei piedi. Solleva lo sguardo e mi fissa in volto.
  • Sparisci dalla mia vista se non vuoi finire male.. –
  • AAAAAH!!! –
Forse sono stata troppo cattiva, il tono della mia voce l’ha forse spaventata (a morte)? Beh, meglio così. Mentre lei scappa la ragazza fa un passo verso di me.
  • Salve. Mi chiamo Erin. Tu devi essere… -
  • Haw. Piacere di conoscerti –
Le sorrido tendendo la mano, ma lei alza un sopracciglio guardando prima la mano e poi me.
  • Sono una principessa. Perché dovrei stringerti la mano..? –
  • Oh.. ehm.. ok, come vuoi –
Arrossisco. abbasso il braccio e guardo verso il cielo sensibilmente inscurito da quella mattina.
  • Come vuole. –
  • Eh? –
  • Ti rivolgerai a me dandomi del lei, ricorda che sono una principessa, devi portare rispetto.. –
  • Salve!! Erin, oh su non essere così rigida –
Una ragazza dai lunghi capelli biondi, leggermente mossi sta ora stringendo la spalla di Erin, un espressione dolcissima sul viso. Sembra avere la sua stessa età.
  • Io sono Opaline! Piacere di conoscerti!! –
Mi viene vicina e mi da affettuosamente due baci per guancia. Erin la guarda contrariata e io sorrido debolmente, guardando i suoi occhi azzurri.  Poco dopo arriva un’altra ragazza che guarda prima Erin e poi Opaline costernata
  • Scusate credo di essermi persa.. chiedo scusa per essere arrivata in ritardo.. –
  • Non importa! Cara, lei è Eveleen! Ah già tu come ti chiami? –
  • Ehm.. io sono Haw.. –
Mi presentai nuovamente alle due.
  • Ah-ha! Bel nome davvero!! Le due bambine sono Maggie, quella dolce, e Ginnie, la combina guai. Per favore perdonala se è un po’ maleducata ma.. –
  • Beh.. un po’.. –
La interruppero le altre due con un sospiro.
  • Beh scusala perché ti dovrai abituare come noi! Per qualsiasi cosa puoi chiedere a me, perché sono
la maggiore! Ora se ci vuoi scusare.. la porta della stanza di nostro fratello è a sinistra appena entri nell’altra stanza –
Mi rivolge un sorriso affabile ma sbrigativo, e così vado subito a conoscere il principino.
 
La camera in cui mi ritrovo è in penombra, ma abbastanza luminosa per notarne l’interno, arredato  proprio come mi sarei immaginata una camera di un principe. È senza finestre, e l’illuminazione è data da delle lampade ad olio riposte in alcune nicchie ricavate nei muri di legno chiaro; sul pavimento si allarga un tappeto con dei ricami che trovo complicati. Alzando lo sguardo vedo un letto a baldacchino  dalle coperte rovesciate e confuse, come se qualcuno ci dormisse dentro. Mentre mi avvicino, noto che sulla parte sinistra del letto ci sono delle tende color porpora con drappi bianchi appese, ma non riesco a capirne la funzione. Continuando a camminare ruoto su me stessa ammirando il soffitto, di legno anch’esso quando, ormai ad un passo dal letto un colpo di tosse mi fa voltare verso le coperte proprio nel momento in cui sembrano muoversi per forza propria.  “non può essere” penso, “sarà sicuramente il principe” con un groppo in gola per l’emozione, tiro la coperta che al tocco, mi appare come seta. “non ho mai toccato della stoffa così  morbida! Sicuramente è seta!”  faccio leggera pressione e la sposto, scoprendo un cosino che mi guarda con espressione vagamente scocciata e insofferente.
  
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