Una particolarità di quel posto erano i capelli ramati e gli occhi azzurri, come il cielo: anch’io ho ereditato i capelli ramati, come tutti sull’isola, ma mia madre aveva gli occhi dorati e a quanto pare, mio padre verdi. E così io ho avuto questo eccezionale caso di occhi di diverso colore.
Naturalmente lì non era guardato come maleficio, solo come una cosa strana, come le stelle cadenti. Mi è sempre piaciuto pensare che i miei occhi avessero un legame con esse: era fiabesco. Come la mia vita lì.
La mamma era sempre dolcissima con tutti, ed io l’avevo sempre ritenuta una grande donna e mi vantavo di lei, perché era la cosa più preziosa che avevo.
Io, che vagabondando avevo imparato a riconoscere tutti gli alberi della foresta, negli ultimi tempi ritenevo fosse più divertente scoprire altri luoghi in essa che restare in casa ad aiutare la mamma. Questa specie di ‘gita’, durata più del dovuto, mi salvò, credo. La mia felicità nell’aver trovato una nuova sorgente d’acqua potabile (scarseggiante, oramai nel mio villaggio) si spense alla vista di una grossa colonna di fumo che sapevo provenire da esso.
Da un po’ di giorni si mormorava che stava per cominciare una guerra: poco male, a noi non interessava molto. Finché non si venne a sapere che forse intendevano invaderci, radere al suolo tutto e farci una base a loro detta “strategica” poiché l’isola era proprio nel centro del mare. Un'altra delle cose cui non avevo creduto prima d’allora. Corsi verso quella direzione per quasi una quindicina di minuti. “Non credevo di essere arrivata tanto distante” pensai scioccamente, ma a dire il vero quella corsa mi parve un eternità. Scansai con foga delle grandi foglie che mi coprivano la visuale e arrivai nelle vicinanze del villaggio: quello che vidi, furono gli istanti più indicativi della mia vita.
La colonna di fumo che vedevo proveniva dalle case del villaggio incendiate. Vedevo dei soldati dalle strane divise che fucilavano alcuni miei compaesani, senza ritegno fra vecchi, donne e bambini.
- Chi oppone resistenza venga ucciso sul posto! –
- M..mamma..? –
Mamma aveva uno squarcio sul petto e il sangue si stava a malapena coagulando. Un rivolo di sangue le usciva dalla bocca, aveva i vestiti strappati e aveva gli occhi aperti, quasi traslucidi. Non volli immaginare cosa le avevano fatto prima di ucciderla... Mentre le mosche ronzavano per avere la loro parte del succulento bottino di guerra, io mi voltai e vomitai l’anima. La vista di quel cadavere mi aveva distrutto e non sapevo che fare. Finché qualcuno non mi prese per i capelli.
- Ehi Jones! Guarda che abbiamo qui! –
- Che dici, ce la spassia.. –
- Stai tranquilla. Ora sei in salvo, ora sei in salvo.. –
Purtroppo, per ora non posso sfuggire al comandante, tra poco sarò alla sua cabina.. svoltato quell’angolo laggiù. Ecco la porta: busso e aspetto che mi faccia entrare, nel frattempo mi liscio la gonna. La risposta purtroppo non si fa attendere molto.
- Vieni pure avanti –
Il comandante è seduto su una sedia di mogano nero, le gambe accavallate e i suoi occhi puntati su di me. Intreccia le dita e le stringe prima di partire all’attacco.
- Ho un lavoro per lei, signorina –
- Perché proprio io? – contrattaco.
- Perché.. sei una delle persone che conosco meglio e di cui mi fido. È un incarico importante.. –parata.
- Ah davvero? Importante? Devo forse prepararle la cena? – strategia evasiva.
- No. Quando saremo arrivate farai da badante alle principesse, dormirai in stanza con loro e dovrai educarle. Gradisci un po’ di the? – colpo diretto. Mentre parlava, si era alzato e aveva preparato delle tazze con del the caldo, probabilmente quello l’aveva preparato prima.
- ma.. io.. – dissi mentre prendevo la tazzina. Non mi lasciò continuare.
- Niente ‘ma’! Ormai è già deciso.. – disse sorridendo. Aveva già vinto! E non mi lasciava neppure dire la mia.
- Ma.. avete detto ‘principesse’.. quante ce ne sono? Due? Pensavo ce ne fosse solo una.. – presi un sorso di the.
- Veramente sono cinque.. – mi rispose.
- Ah.. dovrete tener d’occhio anche il principino.. –
- Però non dormirà con voi. Dormirà nella stanza adiacente.. in cui ci sono due letti, per ogni evenienza. –
- P…perché? –
- Uhm… - sorseggia il the e per un po’ cala il silenzio. – si mormora che il principino abbia paura del buio.. e dei temporali.. non vorrei che dobbiate dormire con lui –
- Non sarà mica geloso comandante!!... – fece un espressione indecifrabile e mi zittii.
- Va bene capo. Ho capito! Quando giungeremo a destinazione farò come ha detto.. – risposi riluttante.
- Molto bene. Ti aspetto con le tue cose a destra del molo per illustrarti i particolari –
- Si va bene arrivederla.. – faccio un semi-inchino ed esco dalla cabina, poi mi metto a correre verso le cucine. La prima persona che incontro è Ruth.
- Ah Haw. Ti cercavo dovresti aiutarmi con delle tartine ma… -
In questo momento mi afferra per un braccio e blocca la mia corsa.
- Ehi… E-H-I! mi stai ascoltando? Che è successo? – mi fissa ed io le sorrido
- Niente.. sono stata chiamata dal comandante che mi ha detto che giunti a terra avrò un altro lavoro – dissi tutto d’un fiato.
- E cioè? –
- Dovrò fare da balia alle principesse.. non potrò passare molto tempo con te d’ora in poi.. –
- Oh che tristezza! E così non mi farai più compagnia! –
- Ma no! Ti verrò a tenere compagnia ogni tanto.. –
- Davvero? – scaccia una lacrima da sotto l’occhio sinistro.
- Si! –
- E mi vorrai bene comunque? –
- Si certo! –
- E verrai ancora ad aiutarmi con le pulizie vero?? – stavolta la sua espressione è molto seria.
- Ehm.. si certo! –
- Bene allora puoi andare.. –
- Ehiii.. non intendevo ora.. le tartine ti aspettano! –
Un rumore assordante mi sveglia da una sorta di apatia che mi aveva presa preparando le tartine. Mi volto verso Ruth
- Che.. che cos’era? – mi strofino un occhio con il dorso della mano.
- È la campana.. tra poco attraccheremo - mi spiega, sorridente. Alla mia occhiata aggiunge
- Su, vai pure. Goditi l’arrivo anche per me! –
- Grazie mille Ruth! – sorrido a mia volta e le do un bacio sulla guancia mentre passo per darle il mio
Ora che è più vicina, l’isola mi pare ancora più bella. Assomiglia alla mia; lo stesso verde, ma èmolto più grande. Mi appendo alla balaustra e mi sporgo per vedere meglio. il molo è piccolo, non molto lungo ma abbastanza largo, in legno. Dopo di esso noto un grande spiazzo, riempito da un pugno di persone. La nave si sta avvicinando sempre di più al piccolo pontile, tanto che ho avuto l’impressione che ci andasse a sbattere contro.
Scendo dalla nave guardandomi intorno affascinata: ai lati dello spiazzo le svettanti cime degli alberi solleticano il cielo e nonostante il chiasso delle genti, si sentivano gli uccellini cinguettare allegramente.
Percorro il pontile quasi correndo e quando le assi di legno non rimbombano più sotto i miei piedi e l’erba mi comincia ad accarezzare le gambe, mi viene quasi da piangere. Dopo tanto tempo per mare, quella fraterna carezza riesce a farmi vedere tutto sotto un’altra luce, più luminosa e radiosa. Nel frattempo Roy, Ruth e tutti gli altri aiutanti, passano prima del resto dei passeggeri per preparare il pranzo.
- Haw! Vieni subito qui! – Mi chiama Ruth.
- Ehm… si arrivo! – rispondo.
- Ciao! – disse, e riconosco subito una voce maschile. “Che voce strana per una ragazza” sorrido un po’ impacciata e cerco di concentrarmi sulla mia risposta piuttosto che sui miei pensieri strambi.
- Ciao! – dico cordialmente.
- Hey, sei molto carina! –
- Beh anche tu sei carina! –
- Io sono un ragazzo!! –
- Scusa! Pensavo fossi una ragazza! –
- Come hai fatto a prendermi per una ragazza, scusa? –
- Ecco.. io se fossi un ragazzo non metterei un fiocco rosa in testa.. –
- E’ arancione! –
- Cosa hai fatto all’occhio? – Chiedo incuriosita.
- Non sono affari tuoi! –
- Ehm, ehm… - un colpo di tosse ci distrae e interrompe la nostra ‘presentazione’.
“imbronciato? Zampe conserte? E… ha parlato?” E poi la sua coda aveva qualcosa di strano. “ Ma.. ma che cavolo…?”
- Yuri..–
Il ragazzo appena la vede sorride e lei gli risponde con una smorfia.
- Prendi il… coniglio… ed andiamo… - Ordina lei.
- Va bene! – Risponde lui con voce amorevole.
Ruth mi chiama infuriata e ricordo all’improvviso che dovevo aiutarla e mi volto per rassicurarla
- Arrivo! –
- Scusami se ci ho messo tanto.. –
- Lascia perdere! Il signor comandante ti ha mandato a chiamare. Sai dove trovarlo? Perché non me l’hanno detto.. –
- Oh, per mille cetrioli con la panna! Vado subito!! –
- ..eh? –
- Eccomi.. – finalmente raggiungo, anche se trafelata, il comandante.
- Mi scusi se l’ho fatta aspe.. –
- Più tardi questo – mi interrompe lui (quanto odio quando fa così!!)
- Hai fatto aspettare abbastanza Loro Maestà.. presto Sali.. – mi indica una carrozza.
- Non restare lì impalata, su! –
sentii l’impaziente presenza del capitano dietro di me e mi affrettai ad aprire la porta. L’interno della carrozza era di legno, i sedili sono di seta color porpora ma è.. vuota.
- ..dove sono?? –
- Pensavi li avessi fatto aspettare? Sei matta? – mi rispose come fosse nulla.
- ... – ero delusa e sollevata allo stesso momento.
- Tra quanto arriveremo? – chiedo.
- Tra una ventina di minuti – mi risponde guardandomi con sguardo.. dolce? Non riesco a decifrare quello sguardo.
- Ah – rispondo svogliatamente. Guardo.. la finestra, perché era chiusa da una tendina. Poco dopo ricordo:
- E dov’è che siamo diretti? –
- Lassù – mi indica un punto indistinto fuori dal finestrino.
- Quello è il castello in cui risiederemo – dichiara il comandante con un ghigno.
- ..Castello? – a me pare solo un monte bucherellato di banali finestre quadrate.
- Sì. – tira fuori una mappa da chissà dove e la apre sulle ginocchia.
In sostanza, il ’castello’ è una montagna molto antica, per questo ha quella forma ridicolmente piatta, e nei punti in cui lo era meno probabilmente è stata spianata. Sopra e al centro di essa è stata fatto impiantare un giardinetto, e tutta la montagna.. pardon, il castello è circondato da un parapetto. Mi domando come possono aver fatto ad impiantare delle piante nella roccia.. mi concentro sulla voce del capitano, che mi spiega che all’interno ci sono tantissime stanza scavate nella roccia e i tutto è stato diviso in quattro sezioni: ala nord, sud, est e ovest (che puntavano ognuna verso il punto cardinale omonimo).
- Voi risiederete qui – continua il comandante indicando l’ala est.
- Ah ok. – rispondo (con voce estremamente incoraggiante)
- E questo – tira fuori un’altra mappa ma più piccola – è il vostro piano –
- questa è una camera vuota potete farne ciò che vorrete. Quella sotto e quella adiacente sono le camere da letto dei regali, dove dormirai in questa (indica la camera a destra) e occasionalmente in questa (indica l’altra a sinistra). – si volta a guardarmi.
- La prima è delle principesse e la seconda del principino. – precisa.
- Ci ero arrivata anche da sola – ribatto.
- Bene. –
- Benissimo. –
La carrozza si ferma e io mi sveglio. Probabilmente con il rollio continuo della carrozza, mi sono addormentata e non mi sono accorta della tanta strada compiuta. Siamo ai piedi del castello. Sento delle persone parlare e passi affrettati che rimbombano nei ciottoli, mi sporgo dalla finestra e li vedo.
- Ben svegliata. Siamo giusto arrivati –
Qualcuno apre la portiera e scendiamo sullo spiazzale. Mi stiracchio e osservo oziosamente il cocchiere portare via la carrozza. Il comandante mi consegna una pila di fogli.
- Questa è una guida che ho compilato personalmente studiando le mappe mentre dormivi: è la strada più breve per arrivare il prima possibile alle stanze di cui abbiamo parlato. Capito? –
- Si certo.. – guardo i fogli e poi lui.
- Brava bambina – mi scombina i capelli carezzandomi la testa come fossi una bambina piccola.
- NON sono una bambina!!! - poi imbronciata mi allontano fumando pensieri negativi sul comandante.
- Chi è stato?!? – urlo più arrabbiata che mai.
- Chi siete voi..? -
- Siete.. state voi..? –
- mi spiace!! La mia sorellina è.. è cattiva! Mi ha detto di non dirlo però è stata lei a..pfff! –
- Stai zitta ti avevo detto di non dire nulla stupida!! –
- Argh!!! Se ti prendo!! –
- Dannata!! Lasciami! Lasciami!! –
Una ragazza più grande di me, dai lunghi capelli neri e gli occhi dorati mi rivolge un espressione infastidita mentre tiene la bambina per il colletto, che scalcia come una scimmia.
- Ehi –
- Perso qualcosa..? –
- Si grazie per averla presa –
- Sparisci dalla mia vista se non vuoi finire male.. –
- AAAAAH!!! –
- Salve. Mi chiamo Erin. Tu devi essere… -
- Haw. Piacere di conoscerti –
- Sono una principessa. Perché dovrei stringerti la mano..? –
- Oh.. ehm.. ok, come vuoi –
- Come vuole. –
- Eh? –
- Ti rivolgerai a me dandomi del lei, ricorda che sono una principessa, devi portare rispetto.. –
- Salve!! Erin, oh su non essere così rigida –
- Io sono Opaline! Piacere di conoscerti!! –
- Scusate credo di essermi persa.. chiedo scusa per essere arrivata in ritardo.. –
- Non importa! Cara, lei è Eveleen! Ah già tu come ti chiami? –
- Ehm.. io sono Haw.. –
- Ah-ha! Bel nome davvero!! Le due bambine sono Maggie, quella dolce, e Ginnie, la combina guai. Per favore perdonala se è un po’ maleducata ma.. –
- Beh.. un po’.. –
- Beh scusala perché ti dovrai abituare come noi! Per qualsiasi cosa puoi chiedere a me, perché sono
Mi rivolge un sorriso affabile ma sbrigativo, e così vado subito a conoscere il principino.
La camera in cui mi ritrovo è in penombra, ma abbastanza luminosa per notarne l’interno, arredato proprio come mi sarei immaginata una camera di un principe. È senza finestre, e l’illuminazione è data da delle lampade ad olio riposte in alcune nicchie ricavate nei muri di legno chiaro; sul pavimento si allarga un tappeto con dei ricami che trovo complicati. Alzando lo sguardo vedo un letto a baldacchino dalle coperte rovesciate e confuse, come se qualcuno ci dormisse dentro. Mentre mi avvicino, noto che sulla parte sinistra del letto ci sono delle tende color porpora con drappi bianchi appese, ma non riesco a capirne la funzione. Continuando a camminare ruoto su me stessa ammirando il soffitto, di legno anch’esso quando, ormai ad un passo dal letto un colpo di tosse mi fa voltare verso le coperte proprio nel momento in cui sembrano muoversi per forza propria. “non può essere” penso, “sarà sicuramente il principe” con un groppo in gola per l’emozione, tiro la coperta che al tocco, mi appare come seta. “non ho mai toccato della stoffa così morbida! Sicuramente è seta!” faccio leggera pressione e la sposto, scoprendo un cosino che mi guarda con espressione vagamente scocciata e insofferente.