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Autore: Trijpmaker    22/10/2010    1 recensioni
M'è sempre piaciuto il film Blade Runner di Ridley Scott e ho voluto scrivere una storia ambientata a Venezia. Spero che vi piaccia.
NdAmministrazione: secondo il regolamento, l'introduzione deve contenere un accenno alla trama o una citazione significativa ripresa dalla storia. L'autore deve perciò provvedere a modificare questa introduzione (può contemporaneamente cancellare in autonomia questo messaggio)
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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6


Nell'appartamento il silenzio era calato opprimente ed insopportabile.

Certe giornate e certe notti dovevo fare i conti con questo silenzio, che metteva a dura prova la mia determinazione a restare sulla terra, decisi di attaccarmi alle maniglie della scatola empatica.

Qualunque cosa andava bene pur di non sentire il silenzio che era calato in quel momento.

Tutte le famiglie sulla terra e nelle colonie extra mondo ne avevano una e tramite questo aggeggio riuscivi ad assistere all'ascesa di Wilbur Mercer, Mr Empatia in persona.

In quel momento tutto svaniva e in quell'esperienza riuscivi ad entrare in contatto col prossimo e ad allegerirti il cuore e la coscienza. Una volta, prima della guerra, la gente andava in chiesa e ne parlava col parroco, ma ormai le chiese erano diventate dei monumenti vuoti e spogli.

Presi la scatola, l'accesi, attesi che si fosse connessa con la rete e afferrai le maniglie.

Il soggiorno, il palazzo sul Canal Grande era scomparso. Adesso ero in un deserto.

Riaprii gl'occhi e davanti a me una distesa di pietre e sabbia. Ero Mercer.

Sentivo il calore del sole che bruciava la fronte, il tessuto ruvido della tunica, che ad ogni movimento grattava la pelle, il vento e le gocce di sudore che colavano sulla sabbia.

Adesso sono Mercer, sto camminando sul pendio. Sento che arriva il primo sasso, ma non mi prendono. Ne arriva un altro e questo va a segno, colpendomi alle spalle.

E un altro, un altro ancora. Tutte le volte che un sasso va a segno, ne sento l'impatto e dentro di me un esplosione di dolore che riverbera nel corpo.

Al dodicesimo o tredicesimo sasso mollo la presa dalle maniglie della scatola, non potevo più sopportare quella sassaiola. Il collegamento s'interruppe subito.

  • Cosa è successo? Ho sentito un grido..

Doveva essermi scappato un urlo durante la sessione di fusione empatica. Cazzo.

La ragazza vide la mia espressione, un misto di sorpresa e di stupidità.

  • Non la facevo un tipo da scatola empatica..

  • Nessuno è ciò che sembra, avvocato.

  • La prego, mi chiami per nome..

  • Come si chiama?

  • Melissa.

Avevamo rotto il ghiaccio e non sapevo se era una cosa buona o cattiva.

Un atteggiamento poco professionale non mi avrebbe permesso di ottenere informazioni o peggio sarebbero state influenzate dalla mia attrazione sessuale nei confronti della ragazza, che era bellissima. Il manuale sconsigliava scopate coi testimoni, almeno finché fosse durata l'inchiesta.

Ma come potevo resisterle? Decisi di riprendermi e poi non avevo voglia di scopare, non col cadavere della Laura ancora caldo.

  • Allora.. adesso esamineremo il contenuto dell'Hard Disk e lei dovrà darmi molte spiegazioni. Se scopro che ha omesso, nascosto o cercato di depistarmi, giuro che se ne pentirà.

La vidi deglutire e guardarmi con occhi spaventati. Povera ragazza, ma fino a ad un certo punto.

Accendemmo il PC e dopo alcuni minuti cominciavamo a smanettare sui documenti dello studio.

Lasciammo perdere i documenti fiscali, troppo complicati per il momento e ci concentrammo sulla corrispondenza del caro estinto.

  • Un mucchio di mail tra il commendatore, l'avvocato e un terzo soggetto non identificato, che si nasconde dietro il nome di David.

  • Almeno è un inizio.

Ci guardammo di nuovo negl'occhi. Era bella. Molto attraente.

Distolsi lo sguardo e mi rituffai nella corrispondenza.

Aprii il primo messaggio della lista ma non potevo leggerlo, perchè era stato crittografato e l'unico che potesse decodificarlo era morto stecchito.La migliore opzione sarebbe stata interrogare l'avvocato.Adesso ogni possibile pensiero legato al sesso era bandito dalla mia mente.

Lei era una portatrice di informazioni e dovevo riuscire a cavarne fuori il massimo.

Ospedale Arcangelo Michele

Isola di Nuova Venezia

Lunedì Mattina


Alvise Bridolin era un portantino.

Abitava in un condominio d'appartamenti (CONDAP) nel quartiere Pertini, periferia di Mestre.

Non che ne fossero rimasti molti di quei palazzoni, che cadevano a pezzi per incuria e perché abbandonati. Lavorava all'isola di Nuova Venezia, una nuova scommessa edilizia e architettonica lanciata dalla città prima della guerra. Era rimasta incompleta, ma nel giro di sei anni, nuove torri d'acciaio e vetro, svettavano a due miglia marine dalla costa. Una scommessa quasi vincente, malgrado la polvere radioattiva e l'inquinamento. Chi non poteva emigrare si rifugiava in questa nuova isola.

Bridolin aveva fatto domanda per poter emigrare su Titano, nella colonia di Nuova Verona, ed oggi avrebbe ricevuto il risultato dei test, effettuati due settimane prima.

Non era particolarmente nervoso, ma nemmeno eccitato. L'unica cosa che non gli dispiaceva era la possibilità di rivedere la bella dottoressa Myaskovsky.

Non sapeva da dove venisse, ma la conosceva, di vista però sapeva chi fosse. L'aveva vista tante volte quando puliva i corridoi del reparto dove prestava servizio. Era adorata dai pazienti, perché possedeva una naturale sollecitudine nei loro confronti ed aveva una naturale autorevolezza nel condurre le visite. Ogni volta che la vedeva era una delizia per gl'occhi.

Capelli neri lunghi e lisci come seta, fisico atletico temprato dalle arti marziali e una naturale grazia in ogni semplice movimento.

Aveva appena varcato il portone d'ingresso dell'ospedale. Visto da fuori sembrava una spada fatta di vetro che volesse sfidare la sorte e il tempo.

Si fece avanti verso il banco d'accettazione dell'ospedale e chiese informazioni all'impiegata.

Le rispose sgarbatamente di rivolgersi al quarto piano per ritirare i certificati di cui aveva bisogno.

Arrivato al quarto piano entrò nell'ufficio che gl'aveva indicato l'arcigna impiegata e con sua grande sorpresa trovò proprio la dottoressa Myaskosvskiy.

  • Buongiorno signor Bridolin, s'accomodi.

  • Buongiorno a voi dottoressa..

Si sedettero e lei gli rivolse un bel sorriso, poi riprese

  • Signor Bridolin, devo riferirle i risultati dei test, effettuati due settimane prima.

  • Allora? Potrò emigrare su Titano?

  • Temo di no signor Bridolin.

Queste parole s'abbatterono si di lui come un maglio.

  • Perché? - chiese flebilmente

La dottoressa inforcò degl'occhiali da vista e lesse il referto delle analisi.

  • Mi ascolti, lei ha una sindrome degenerativa, che ha affetto il suo cervello.

    E' ai primi stadi e ritengo che con la dovuta terapia ci potrebbe essere una speranza di cura.

Bridolin non riusciva a capire e le successive parole non vennero registrate dalla sua mente.

  • Signor Bridolin.... Alvise.. mi sente?

Rialzò lo sguardo e fisso i suoi occhi azzurri nel volto della dottoressa, inspirò e sospirò

avrebbe voluto mettersi a piangere. Sapeva, Bridolin sapeva cosa sarebbe successo dopo.

Lo aveva visto tante volte quando da inserviente aveva pulito il piano degli “speciali” ovvero i soggetti col cervello bruciato dalla polvere tossica.

Erano fantasmi che vagavano tra i corridoi dell'ospedale come mosche ubriache dal caldo.

Non voleva finire così. Rifiutava con ogni fibra del suo essere un simile destino ed emigrare era la sua unica speranza. Ma adesso? Che fare?

  • Alvise ascolta.. ce la puoi fare. Non finirai col cervello bruciato è ancora ai primi stadi ed è possibile curarla.

  • Guarirò?

  • Si ma dobbiamo cominciare subita la terapia. Adesso ti prescriverò dei farmaci e dopo dovremo effettuare altre visite di controllo. Devi solo tenere duro e rimboccarti le maniche.

    Io t'aiuterò ma tu devi darti da fare.

  • Va bene dottoressa, mi fido di lei.

Le i le rivolse un bel sorriso ed iniziò a scrivere una prescrizione medica.

  • allora due al mattino prima dei pasti...

  • grazie dottoressa.

  • Non ti preoccupare, il tuo problema si risolverà

Si strinsero la mano. Di solito una stretta durava pochi istanti ma, in quel momento, quando i loro occhi s'incontrarono per alcuni istanti, durò qualche momento in più.

Non sapeva che cosa dire ma doveva sfruttare quell'esile momento d'informalità

Decise di osare.

  • Stanno per aprire un nuovo ristorante.. le andrebbe di venire con me?

Lei lo guardò per un istante, era rimasta un attimo interdetta. Cosa avrebbe risposto?

Anche Bridolin era emozionato, quale sarebbe stato il verdetto? Sulla Polvere o sull'Altare?

  • Che tipo di ristorante è?

  • Indiano.. lo inaugurano domani sera....

  • Va bene domani sera ma non glielo garantisco.

  • Alle nove?

  • Andata.

Bridolin uscì dallo studio con passo fiducioso. Era sicuro di se, poiché ad un cervello di gallina mai e poi mai sarebbe riuscito ad ottenere un appuntamento con una bella ragazza. Questa promessa di una notte romantica lo aveva rinfrancato e con un sorriso sulle labbra si diresse verso l'uscita dell'ospedale.


Questura di Venezia

Piazza Roma

Lo stesso giorno


“Takeshi... Figlio di Puttana...” mi dissi tra me.

Oggi avevo ricevuto la sua vendetta. I Gemelli Diversi m'avrebbero accompagnato in ogni mio passo durante questa caccia.

Comunque c'era poco da scegliere, perché sapevo di essere nel taschino di quel nano bastardo.

Quel giorno ero riuscito a stabilire alcune connessioni col caso in corso ed erano:

  1. C'era qualcosa che si stava muovendo nel sottobosco dei lavori in pelle e questo qualcosa poteva avere sviluppi interessanti.

  2. L'Avvocatessa o la iena in completo gessato mi aveva aperto uno spiraglio, di che genere non potevo saperlo, però sapevo che c'era.

  3. Questo giro di giostra sarebbe stato differente sotto molto aspetti e ancora non avevo ben capito quali disgrazie il padre eterno m'avesse nascosto dietro l'angolo.

Seduto nel mio sgabuzzino mi collegai con la banca dati della Questura ed iniziai ad effettuare delle ricerche incrociate. Per le notti successive avrei dovuto muovermi tra la vecchia Venezia e quello schifo di vetro, acciaio e cemento che viene chiamato Nuova Venezia per ottenere delle risposte, ma adesso era ora di cominciare a trovare la prima preda.

Decisi di cominciare dagli ospedali e vedere se saltava fuori il nome dell'androide medico.

Il fatto che non avesse preso le solite precauzioni come un nome falso poteva voler dire che la sua leggenda, cioè la sua finta storia di vita, fosse stata curata nei minimi dettagli.

Cominciai con le cliniche private, ma non ebbi riscontro. Proseguii con controlli incrociati in tutti gl'ospedali della regione, finché non venne fuori una piacevole sorpresa.

L'ospedale Arcangelo Michele aveva effettuato una nuova aggiunta al suo staff medico.

Sul mio volto si dipinse un ghigno sinistro. La prima preda dopo tanta attesa.
M'alzai e trassi dal cassetto della scrivania un caricatore vuoto ed incominciai a riempirlo con cartucce a punta cava, quindici colpi in tutto. Poi pulire la mia pistola e controllare il resto del mio equipaggiamento, ricontrollare le batterie del segnalatore Penfield. I preparativi mi tennero occupato per quindici minuti e dopo essermi messo l'impermeabile uscii dalla questura.

Fuori ad attendermi c'erano i Gemelli Diversi.

Non dissi una parola e feci cenno ai due di seguirmi dentro lo spinner. Il primo gemello accese la radio e il suono dei violini uscì dalle casse.

“Strano – mi dissi – non li facevo tipi da musica classica...”.

Capivo che non avevano molta simpatia nei miei confronti. Erano solo ansiosi di compiacere il loro padrone, in questo caso Takeshi, sperando di migliorare la loro situazione. Ai loro occhi prima riuscivo a chiudere questa storia, prima mi sarei tolto di mezzo.

Nemmeno io avevo la voglia di restare all'OCRA, ormai avevo dato e non ci tenevo a continuare.

Però questo genere di atteggiamento poteva essere un intralcio nel lavoro. Quando le circostanze lo richiedevano bisognava agire in fretta, ma se potevo m'organizzavo prima di buttarmi nella mischia.

Mentre lo spinner viaggiava verso l'Isola di Nuova Venezia decisi come impostare l'azione.

  • Allora sentitemi bene. Niente armi. Andremo ad operare in un ambiente pieno di civili. Il vostro compito sarà quello di bloccare le vie d'uscita dall'ospedale. Corea chiama il comando dei carabinieri a Nuova Venezia e digli che mandino alcuni uomini e che blocchino le vie di fuga intorno all'ospedale. Se ti fanno noie passameli che ci parlo io. Digli che si tratta di un codice libellula.

Corea non disse nulla ed inizio a parlare con il comandante dei carabinieri di Nuova Venezia.

Appena arrivati in Campo Carlo Goldoni scendemmo dallo spinner e ad attenderci c'erano una decina di militi. M'avvicinai al maresciallo e dopo i convenevoli, iniziai ad impartire le istruzioni

per l'operazione in corso.

Mentre gli uomini prendevano posizione mi rivolsi ai Gemelli Diversi

  • Allora statemi a sentire. Sicura alle armi ed evitiamo che questa cosa si trasformi in un merdaio di proporzioni colossali.

I due non dissero nulla, si limitarono ad annuire e a seguirmi.

Prima d'entrare nell'ospedale detti un'occhiata alla sistemazione degli uomini. Tutto era pronto.

Dietro di me s'erano concentrate nuvole grigio piombo, il tempo minacciava pioggia.

Mancava poco ad un nuovo appuntamento col sangue





















  
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