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Autore: kenjina    24/10/2010    4 recensioni
La situazione peggiorò quando trovarono un tavolo da biliardo libero e pronto solo per loro e, ovviamente, finì invischiato in un due contro due in coppia con la sua manager - almeno quella era una piccola fortuna in mezzo a tanta sfiga, si disse per farsi forza. Non avrebbe saputo di che morte morire, se avesse dovuto scegliere tra il Porcospino e la Scimmia; per non parlare della nuotatrice che, grazie a Buddha, non aveva mai giocato a biliardo e non sapeva neanche da che parte iniziare.
«Ehi, guarda che hai le palle piene tu, intesi?», gli fece Hanamichi, puntandogli la stecca contro.
Rukawa sollevò gli occhi al cielo. «Scimmia, non c'era bisogno di dirmelo. Che ho le palle piene di te lo sapevo da tempo».
(Tratto dal capitolo 17)
I ragazzi selvaggi son tornati, più selvaggi di prima... Ne vedremo delle belle!
Storia revisionata nell'Agosto 2016
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Nobunaga Kiyota, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wild Boys'
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Ni-hao a tutti

Capitolo 10

Tante, forse troppe novità.

 

 

La signora Mitsui si sentì decisamente meglio appena appoggiò i piedi per terra. Sapeva che il figlio era sempre molto prudente in moto, soprattutto quando accompagnava qualcuno con sé, ma quella bambolina – come la chiamava lui amorevolmente – proprio non le piaceva; solo il rombo del motore la metteva in soggezione, per non parlare del fatto che lei, così piccola in confronto al figlio, figurarsi alla motocicletta, doveva stringersi forte forte alla schiena del ragazzo, per non perdere l’equilibrio. Si tolse il casco, così grande per una donnina minuta come lei, e sospirò sollevata.

«Non vedo l’ora che ti prenda la patente, mi sento più sicura in una macchina piuttosto che su quell’affare», disse lei, mentre Hisashi girava la chiave per spegnere il motore.

«Prima di prendermi la patente abbiamo altre spese da affrontare, . La moto andrà benissimo per qualche altro anno». Corrugò la fronte appena sentì il rumore di una sega elettrica al lavoro.

«Sembra provenire dalla casa di Akira», disse la donna, stringendosi nel suo cappotto e osservando la graziosa abitazione tradizionale della famiglia Sendoh. Faceva un fresco piacevole, quel pomeriggio e il cielo non era dei migliori; nuvole scure e poco promettenti arrivavano dal mare e probabilmente avrebbe piovuto tra qualche ora.

«Sì, gli staranno tagliando la testa. Non sarebbe male, no?».

«Hisashi!».

Lui sorrise, precedendo la madre per aprirle il cancelletto che portava al piccolo viale d’ingresso della casa. La signora Sendoh li accolse gioviale, riservando un abbraccio per entrambi. «Prego, entrate! Gli uomini di casa si stanno dando alla falegnameria, c’è un caos in giardino! Spero non vi dispiaccia».

«Figurati, Rinako, non è un problema. Se disturbiamo, però, passeremo un’altra volta», disse Tamaki Mitsui, togliendosi le scarpe all’ingresso.

«Ma no, ma no. Non disturbate mai, cari! Ho preparato i dorayaki*, questa mattina, accomodatevi anche in giardino, così potremo chiacchierare insieme, io porto i dolcetti!».

Hisashi salutò il signor Sendoh, che si levò gli spessi guanti da lavoro per stringergli la mano. Era un architetto affermato e competente, alla mano e sempre sorridente proprio come il figlio. Per Akira il padre, Goro Sendoh, era l’esempio di uomo che avrebbe voluto diventare un giorno; d’altronde non era un caso se aveva deciso da tempo che carriera intraprendere all’università, la stessa del padre. Diceva sempre che l’idea di progettare qualsiasi cosa, da un infisso a un edificio, lo elettrizzava e lo terrorizzava al contempo, ma doveva essere una sensazione incredibile poter vedere, poi, le sue idee diventare realtà.

«Ehi, perdente!», salutò il suo amico Hisashi, ficcandosi le mani nelle tasche dei jeans e osservando il piccolo cantiere che avevano messo su. «Che combinate?».

Akira sollevò gli occhiali protettivi sulla fronte, sorridendo. «Abbiamo deciso di allargare la casa con una piccola ala per gli ospiti», gli spiegò l’aspirante architetto, indicando lo scheletro portante di legno che sbucava dietro il grande salice. «L’ingresso sarà proprio lì, da quella parte del giardino; ci saranno due piccole camere da letto, una stanza comune e un bagno».

Hisashi si grattò la fronte, perplesso. «Ma casa vostra non ha già delle camere per gli ospiti?».

Il signor Sendoh annuì. «Sì che le ha. Ma ci stiamo rendendo conto che non bastano per le nostre… esigenze, ecco».

La guardia dello Shohoku non capì l’occhiata che si scambiarono padre e figlio, ma non domandò altro. «Avete bisogno di una mano?».

«Sarebbe una buona cosa, sì!», ridacchiò Goro. «Ho giustappunto in mente un lavoretto che potresti fare».

E mentre le donne chiacchieravano tranquillamente su qualsiasi cosa venisse in mente loro, Hisashi si ritrovò a tagliare delle tavole, seguendo le misure che il signor Sendoh aveva annotato su un foglio, spiegandogli che erano le assi per i tramezzi.

«Allora, che mi dici di quella ragazza… come si chiama? Kiyoko?».

«Kobayashi per te, maniaco».

Akira scoppiò a ridere, alzando le braccia al cielo. «Tranquillo, non è il mio tipo!».

«E anche se lo fosse…», Hisashi lasciò la frase in sospeso, ma la conclusione era ovvia. Quello era il suo terreno e neanche il suo miglior amico avrebbe potuto calpestarlo.

«Certo che potevi trovare un’altra scusa per chiederle di uscire», commentò il Porcospino, consulente dell’ammmore, come lo chiamava Hime.

«Vorrei vedere te, con una come lei!», esclamò Hisashi. «Dire che devi dosare le parole è poco».

Akira ci pensò sopra qualche secondo. «Vediamo un po’ di analizzare la situazione… o questa ragazza ti piace sul serio o è diventata una questione personale in cui devi vincere per non ferire il tuo smisurato orgoglio, per cui…».

«Oh, no, ti prego, tutto ma non psicanalizzarmi, Freud!».

Goro Sendoh tirò un buffetto al figlio. «Suvvia, Akira, non stressarmi Hisashi!».

«Ecco, ascolta le sagge parole di tuo padre e non rompermi le scatole».

«Io non stresso nessuno, papà», si difese il ragazzone del Ryonan, con un sorrisino furbetto. «È lui che si presta, anche senza il lettino dello psicanalista».

Gli altri due scossero il capo mestamente.

«Comunque, dov'è che la porti? Hai già deciso?».

Hisashi si strinse nelle spalle. «Forse. Ma non sono ancora sicuro».

«Come siamo misteriosi!».

«Non spiffero le mie tecniche di seduzione a te, deficiente».

Akira scoppiò a ridere. «Tanto prima o poi mi dovrai raccontare se ti ha piantato a metà serata o se è arrivata fino alla fine».

«Stai pur certo che ci arriverà, e anche soddisfatta», ghignò quello, ben consapevole delle sue capacità.

Poco dopo cambiarono discorso - vuoi perché Akira aveva iniziato a canticchiare qualcosa sul prossimo scaricamento dell'amico, vuoi perché Goro temette che Hisashi usasse la sega elettrica per troncargli il collo - e chiacchierarono per un po' della partita del giorno prima, dei nuovi e dei vecchi giocatori e del vicino inizio di Campionato.

«È stato un match interessante», disse Akira. «Le vostre nuove reclute sono in gamba, i gemelli in particolare. Complimenti!».

«Sì, son bravi» Hisashi lo guardò storto, non capendo bene il perché di quel sorrisino sornione che si era stampato in viso. «Che hai da ghignare ora?».

Akira scosse il capo, misterioso. «Vedrai, vedrai. Ci sarà da divertirsi».

«Quando hai detto che inizia il torneo?», chiese Goro al figlio, interrompendo quella loro strana discussione.

«Il primo dicembre», rispose quello. «Son curioso di conoscere il tabellone, ancora non è uscito. Tu ne sai qualcosa?».

Hisashi fece spallucce. «No, altrimenti avrei sentito Ayako sbraitare gli incontri e appendere striscioni per tutta la palestra come fa sempre».

«Quella ragazza è matta!», rise Akira.

«Perché non sai cosa tutto non faccia con l’altra esagitata di Hime! Due manager più schizzate non potevano capitarci».

«Beh, sempre meglio di niente!», gli strizzò un occhio l’altro, schivando un pezzo di legno che altrimenti lo avrebbe centrato in fronte. «Ohi, assassino!».

«Magari lo fossi davvero, ti avrei già fatto fuori».

Goro scoppiò a ridere. Adorava ascoltarli mentre litigavano - o facevano finta di farlo. Non poteva immaginare due amici più diversi di loro… forse perché non conosceva Hanamichi e Kaede, ecco.

«Comunque spero per voi di non incontrarci subito… mi dispiacerebbe vedervi fuori dal primo turno».

Hisashi alzò un sopracciglio. «Amico, vedi di svegliarti e torna sulla terra. Incontrarci all’inizio potrebbe essere una bella cosa, per voi e per tutti gli altri: vi levereste subito il dente e tornereste a casa senza ulteriore stress».

«Sembri convinto… bene!», sorrise Akira. «È decisamente più divertente giocare contro un avversario motivato, piuttosto che con uno che sa già di perdere».

«Allora tu e la tua squadra farete bene ad allenarvi il triplo, perché non abbiamo alcuna intenzione di andarcene, se non dopo aver vinto la finale».

 

*

 

«Sanako, c'è un ragazzo al tavolino nell'angolo che ha una brutta faccia, vuoi che lo serva io?».

La barista fece capolino da sotto il bancone, dove era chinata a raccogliere il contenuto del cestino, su cui aveva sbattuto contro poco prima, e osservò il brutto ceffo che le aveva indicato il signor Watanabe. «Oh, non si preoccupi, lo conosco, ci penso io!». Si rinfrescò velocemente le mani e, asciugandosele contro il grembiule bianco, si avvicinò. «Ciao! Sei venuto, quindi».

Kaede, che aveva la testa ciondolante sul dorso della mano, accennò solo un gesto perplesso - mosse unicamente un sopracciglio, come se gli costasse chissà quale sforzo disumano muoversi di mezzo millimetro. «Mantengo la mia parola, Tsukiyama».

Lei sorrise, grattandosi la tempia con la penna che aveva tolto fuori per l'ordinazione. «Cosa posso offrirti?».

«Una coca, grazie».

Sana tornò due minuti dopo, con un bicchiere di succo di frutta all'ananas per lei, oltre alla bevanda per lui. Kaede bevve qualche sorso, attendendo che quella iniziasse a parlare, ma gli parve che non ne avesse la minima intenzione. Che diavolo, si era anche scomodato dal suo invitante antro sul divano perché lei gli aveva chiesto gentilmente di parlargli di qualcosa di così importante e lei neanche accennava a iniziare. Che poi, che diavolo aveva da dirgli? Se quella era l'ennesima trovata di una ragazzina in delirio che gli avrebbe confessato tutto il suo amore da lì ai successivi cinque minuti era più che deciso a farla fuori, unicamente per il disturbo. Era carina, sì, e diversa dalle altre balde donzelle che circolavano per quel liceo di teppisti - addirittura non lo conosceva, fino a qualche settimana prima! - ma non aveva intenzione alcuna di preoccuparsi di fare il fidanzato. Lui non era portato per certe cose, senza contare il fatto che il suo cuore l'aveva già rubato il basket e non c'era posto per nessun'altro. O forse sì, forse un posticino piccolo c'era. O anche un po' più di piccolo, ecco. Ma non gliel'avrebbe mai detto, a quella svitata, neanche dopo tutti quegli anni, altrimenti l'avrebbe persa definitivamente, ed era l'ultima cosa che voleva: Hime Sakuragi in brodo di giuggiole non era mai un bello spettacolo.

Sana abbassò lo sguardo sul suo bicchiere, quasi del tutto vuoto. Aveva già prosciugato quel bicchierone? Doveva darsi una calmata, accidenti! «Dunque, tu... ecco, tu non sai perché ho voluto parlarti faccia a faccia, vero?».

«Dovrei?».

«Non so... insomma, vorrei chiederti una cosa, tra tante... ecco... com'è tuo padre?».

Kaede fu preso in contropiede. Non si aspettava certo una domanda come quella! «Pazzo». Notò l'espressione perplessa di lei e sospirò. «Una brava persona».

La barista giochicchiò con il bicchiere, non del tutto soddisfatta. Non che si aspettasse una biografia completa e dettagliata su vita e miracoli del signor Rukawa, ma almeno una parolina in più, accidenti... così le rendeva la cosa anche più imbarazzante di quanto già non fosse. «Beh, tutto qui?».

Il Volpino si poggiò contro lo schienale, scrutandola in silenzio. Che razza di domande gli faceva? Voleva sapere com'era un padre, dato che lei non ne aveva mai avuto uno? Perché non voleva essere impreparata quando quell'uomo che aveva abbandonato sia lei che la madre sarebbe tornato a casa? O c'era dell'altro? Proprio non capiva.

Sana prese un bel respiro, decidendo di smuovere un po' la discussione - se di discussione si poteva parlare, visti i proverbiali monosillabi di lui. «Dovrei darti delle spiegazioni, quindi... vediamo se riesco a mettere in ordine le cose».

«Sarebbe il caso, sì», disse Kaede, incrociando le braccia e osservando lo zio di Sendoh che rideva come una Iena, proprio come il nipote.

«Ecco, ricordi che ti avevo parlato di mio padre, no? Beh, l'altro pomeriggio abbiamo trascorso un'oretta insieme e, cavolo, devo dire che dopo un po' di timidezza è stato come parlare con un vecchio amico. Ma non è questo che voglio dirti». Ridacchiò nervosamente appena Kaede sollevò un sopracciglio, attendendo impaziente che arrivasse al punto. «Dunque, il fatto è che ho scoperto come si chiama, il che è assurdo che non conoscessi il suo nome fino a pochi giorni fa».

«E che c'entro io?».

La barista si mordicchiò il labbro. «Si chiama Kiichi...».

Lui corrugò impercettibilmente la fronte. Che devo dirle? Complimenti per il bel nome?!

«Kiichi Rukawa. È il fratello di tuo padre... per quello ti ho chiesto com'era lui, per sapere se ci sono somiglianze o no. Ti ho sconvolto?».

Direi di sì. «Hn». Kaede si passò una mano tra la frangetta nera, socchiudendo gli occhi e pensando a quella nuova scoperta. Ricordava che suo padre gli avesse raccontato, un giorno, di avere un fratello, ma non gli aveva mai detto cosa facesse nella vita o che fine avesse fatto. Kaede era cresciuto senza conoscerlo e aveva vissuto tranquillamente senza ulteriori domande; non gli importava poi molto di un parente che, se non era ancora morto, neanche passava a trovare suo nipote. Tornò a guardare il signor Watanabe e per un momento pensò a quell'idiota di Sendoh: lo aveva visto poche volte in compagnia di suo zio, ma ogni volta sembrava che fosse con suo padre. Chissà se anche suo zio era un uomo socievole e simpatico come il suo chihi**?

«...Rukawa? Mi hai sentita?», disse Sana, chinandosi per osservarlo meglio e attirare la sua attenzione. «Ho detto che, se due più due fa quattro, allora siamo cugini».

«Ma no?». Kaede si morsicò la lingua per la risposta eccessivamente sarcastica, ma lei non sembrò prendersela. Anzi, rise. «E ora che hai?».

«Niente, niente», agitò le mani, con un sorriso delizioso sulle labbra. Finalmente qualcosa di sincero! «È che ti ho dato una notizia che chiunque avrebbe preso con stupore, ma tu non hai fatto una piega!».

«E che devo fare?».

Sanako scoppiò a ridere ancora una volta e lui pensò seriamente che quella ragazzina dovesse avere qualche rotella fuori posto.

«Non sei stranito? Voglio dire, siamo parenti!».

Aspetta, eh, ora mi concentro e faccio l'espressione stupita. «Com’è piccolo il mondo».

«Sì, lo è davvero», annuì lei. «Comunque son contenta di avere un cugino come te. Voglio dire, chi l'avrebbe mai detto? Il ragazzo della terrazza è mio cugino! È eccitante, non trovi?».

Kaede si strinse nelle spalle. «È strano, più che altro». Un po' come te. Voltò lo sguardo distrattamente, appena si accorse di tre persone che fecero il loro colossale ingresso al bar. Vide prima la testa rossa di Hanamichi che sbraitava qualcosa alla volta di Yoehi Mito, l'unico ragazzo dell'Armata che potesse ritenersi normale - almeno, nella norma, ecco - e poi lei, che richiuse la porta, mentre rideva come un'esaltata.

«Quando si è messo a strillare come un pescivendolo che la sua lezione non era l'ora dello spuntino ho temuto gli scoppiasse qualche vena», stava dicendo Yoehi.

«Ohi, io stavo morendo dalla fame!», si difese subito Hanamichi. «L'hai sentito anche tu il mio stomaco brontolare, no?».

«Hana, credo che l'abbia sentito tutta la classe», disse ridendo Hime, dandogli un bacino. Fu l'esclamazione del fratello a farla saltare dallo spavento.

«E tu che cosa ci fai qui?!», gridò infatti il rossino, indicando Kaede. «E in compagnia di Nacchan, tra l'altro!».

Hime rimase inebetita davanti a quella vista. Kaede insieme a una ragazza che non fosse lei o Ayako? Per di più soli? Dunque non si sbagliava quando pensava che fosse interessato a Sana... ed era ricambiato, per giunta. Indi per cui Ayako aveva totalmente cannato le sue supposizioni. Oh, insomma! Dovresti essere felice per loro, stupida! «Ede, Sana! Che sorpresa!».

«Vi ricordo che lei ci lavora, qui», fece saggiamente notare Mito, afferrando per il polso Hanamichi, già partito in quarta con l'intenzione di sedersi con loro e non schiodarsi più finché non avesse scoperto di che parlavano. «Mi sembra di capire che vogliano rimanere soli, no?».

«Soli?! Io non la lascio Nacchan in balia di un Volpino surgelato!», esclamò Hanamichi, mentre Kaede lanciava un l'ennesimo vaffa nell'aria.

«Ma no, tranquilli! Potete unirvi a noi, nessun problema!», fece Sana, sorridendo ed alzandosi per prendere le ordinazioni.

Kaede lanciò un'occhiata all'amica, che si era stranamente ammutolita. Ultimamente, aveva notato, si stava comportando in modo bizzarro. Evidentemente era l'influenza della Scimmia che frequentava a guastarla - non bastava, infatti, suo fratello! Ma non poteva negare, almeno a sé stesso, che quei suoi strani modi lo insospettivano e lo preoccupavano.

Hime gli sorrise, sedendosi accanto a lui. «Allora, abbiamo interrotto qualcosa?», gli chiese, con tono malizioso ma, se ne accorse anche lei, non troppo convinto.

«Un'interessantissima discussione sulla dicotomia tra bene e male».

Dopo qualche secondo di silenzio, le due ragazze scoppiarono a ridere; Hanamichi, più che altro, sembrò perplesso. «Dì un po', Kit, ultimamente stai leggendo il dizionario per imparare una nuova parola al giorno?».

«Do'aho, si chiama "cultura". Cercalo sul dizionario».

Sana sorrise al battibecco dei due e riuscì a prendere le ordinazioni solo dopo che ebbero finito di scannarsi - nel frattempo aveva intavolato una piacevole discussione con Mito sulla musica, dicendole che le avrebbe prestato dei dischi che le sarebbero piaciuti - poco importava se questi dischi erano di Kiyota, che li aveva prestati al suo amico... al massimo avrebbe assistito all'ennesimo delirio tra scimmie, ormai ci stava facendo l'abitudine.

«Ehi, Hicchan, tutto bene?», chiese preoccupato Hanamichi, vedendola con lo sguardo perso in chissà cosa.

No, non va bene per niente, Hana, ma mica posso dirtelo ora. «Certo, perché? Stavo pensando che stanotte potremmo chiedere a Nobu e Arimi di venire a cena, che dici?».

Bugiarda, pensò Kaede, osservando i tre parlottare sull'eventualità. La conosceva troppo bene per capire quando mentiva o meno. E Hime, per quanto brava fosse, quella volta non era riuscita nella recitazione.

«A proposito della Scimmia, dov'è finito?».

Hime poggiò il viso sul dorso delle mani. «Agli allenamenti».

«Certo che potevi trovartelo più vicino, il ragazzo, Hime», disse Yoehi. «Vi vedete poco e niente tra gli impegni tuoi e suoi».

Lei fece una smorfia, rattristandosi. «Non girare il coltello nella piaga, disgraziato!».

«Ecco, perché non lo molli? Così non mi ritrovo la casa infestata di pulci!».

«Tu non devi parlare, ho visto come ti guarda Arimi e come guardi lei!».

Hanamichi cadde dalle nuvole, e fece anche un bel capitombolo, data l'espressione completamente rincretinita. «E come ci guardiamo?!».

Yoehi scosse il capo mestamente. «Amico mio, tu sei troppo addormentato per certe cose».

«O troppo preso a pensare ad altro per accorgersene», commentò Hime, chiaramente riferita alla Babbuina, come chiamava lei la Akagi.

Hanamichi, rosso come i suoi capelli, s'inalberò subito. «Qualcuno mi spiega perché ora stiamo parlando di come ci guardiamo io e Ari-chan, quando prima stavamo parlando di Hicchan e la Nobu-scimmia?!».

«Argomento esaltante», frecciò Kaede, sbuffando. Ricambiò l'occhiata di Hime, ma non riuscì a decifrarla. Accidenti a lei, che diavolo le stava prendendo? Era e rimaneva sempre il solito narcolettico Rukawa che non vedeva altro davanti al suo naso se non il cuscino e il canestro, non poteva capirla sempre al volo, eccheccavolo!

Sanako tornò con le loro ordinazioni e Hanamichi le chiese di rimanere con loro per due chiacchiere in compagnia.

«Piaciuta la partita?», chiese Hime, bevendo il suo beneamato the verde.

«Oh sì, all'inizio non capivo tanto, ma Yoehi è stato così gentile da farmi il corso accelerato di basket», rispose la barista, sorridendo imbarazzata alla volta del ragazzo.

«È un'ottima allieva», disse lui, scherzoso. «Fa anche domande intelligenti!».

«Ohi!», esclamò Sana, tirandogli una lieve spinta che lo fece ridere.

«Magari, se ti capitasse di venire agli allenamenti, potrei insegnarti qualche tiro», disse pensieroso Hanamichi, accarezzandosi il mento con fare distratto. «Yoehi saprà anche la teoria, ma in quanto a pratica sono un genio! Ahaha!».

Il diretto interessato alzò gli occhi al cielo, tra le risate delle due ragazze e il "Che esaltato" di Rukawa. Era inutile, se il rossino non riusciva a proclamare la sua genialità almeno una ventina di volte al giorno stava male, era l'unica spiegazione plausibile. Un po' come quando Takamiya non faceva la scorta di schifezze e porcherie varie a tutte le ore, piagnucolando che sarebbe morto di fame se non avesse mangiato quello squisito panino stra-imbottito.

«Non saprei se nella pratica sarei così brillante come nella teoria, Hana-kun!», disse la ragazza, scostandosi la frangetta dagli occhi. «Sono parecchio negata negli sport».

«Anche lui», disse subito Kaede, indicando con un cenno del capo il suo miglior nemico che, giustamente, iniziò a fumare come una pentola a pressione.

Rimasero al bar per un'altra mezzora buona, tra le sole chiacchiere di Hanamichi, Yoehi e Sana, e lo strano mutismo dei due migliori amici - o meglio, di Hime, dato che non era una novità per Kaede non spiccicar verbo. Per non parlare delle strane occhiate che, si accorse Sana, quei due si stavano lanciando. Non seppe dire se fossero di irritazione o di due ragazzi troppo timidi per dire o fare qualcosa; se non avesse saputo che Hime era fidanzata con quel Kiyota, avrebbe detto che fosse segretamente innamorata di Kaede. Che i due avessero litigato? No, non era possibile... poco prima la ragazza sembrava tranquilla, e anche lui; o almeno così le era parso. Allora cosa poteva essere accaduto? Non che fossero fatti suoi, lo sapeva bene, ma quei due l'avevano sempre incuriosita dal primo momento che li aveva visti insieme.

«Ehi, Nacchan, dì un po': ho visto che eri insieme alla bionda che deve uscire con Mitchi, ieri», disse Hanamichi, avido d'informazioni. «Che mi sai dire?».

«Hanamichi, sembri una pettegola.», lo ammonì Yoehi, sorridendo.

«Che c'è? Devo sapere tutto se voglio vendicarmi delle volte che mi ha sfottuto, quel maledetto!», esclamò il rossino. «Pensa tu se lo scaricasse! Ahaha!».

«Devo ricordarti il tuo mirabile record?».

Hanamichi s'avvolse delle fiamme dell'inferno e il suo amico rischiò seriamente di essere colpito da una delle sue micidiali testate che gli avrebbero fatto passare tutta la voglia di prenderlo per i fondelli; fortuna sua che Sana s'intromise provvidenzialmente tra i due, ridacchiando nervosamente e temendo di dover ripulire il pavimento dal sangue - cosa che avrebbe fatto fare a qualcun altro, data la sua tremenda fobia.

Il gruppo di amici levò le tende poco dopo e, insieme, presero la via di casa.

«Ehi Kit, ci degnerai della tua presenza, stanotte?», chiese Hanamichi, guardando sbiecamente il suo compagno di squadra.

«E stare con te e l'altro buffone? Scordatelo».

«Bene, perfetto!», sbraitò il rossino, offeso. «Perfetto!».

«Do'aho, guarda che ho sentito».

Hime sbuffò, stringendosi nella giacca a vento dallo strambo colore verde acceso, che faceva risaltare tantissimo i suoi capelli rossi come il fuoco. Forse era meglio così, che Kaede se ne stesse a casa sua, per quella sera. Voleva pensare solo a Nobunaga e non dover rischiare di perdersi in pensieri che non la riguardavano. Sì, forse era meglio così.

«Ehi, Rossa, non me la racconti giusta», le disse Yoehi, avvicinandosi, mentre alle loro spalle scoppiava l'Inferno. «Ti vedo strana da un po' di tempo a questa parte».

Lei alzò gli occhi al cielo, che ormai stava scurendo, e sbuffò ancora. «Non lo so, Yoehi, non lo so davvero. Non sono fatta per pensare».

«Oh, questo lo sapevo da tempo!». Schivò all'ultimo momento un calcio che l'avrebbe preso sul suo bel fondoschiena e ridacchiò. «Fammi tirare ad indovinare».

«Non mi pare di avertelo chiesto!», protestò lei, ben conscia che quel ragazzo avrebbe azzeccato cosa le passava per la mente.

«Tu sei gelosa di Rukawa», sussurrò lui, per non farsi sentire dagli altri due, che comunque non davano segni d'interesse, troppo occupati a battibeccare come vecchie bisbetiche.

Se avesse avuto la possibilità di specchiarsi, Hime avrebbe potuto notare tutte le tonalità dal rosso al viola che colorarono il suo viso. Accidenti, accidenti! «Io? Gelosa di lui?! Ah! Ma non farmi ridere!».

«Neghi l'evidenza?» Yoehi sorrise quando la vide voltare lo sguardo. «Avanti, Hime, non prendiamoci in giro».

«Non sono gelosa», disse lei, stringendo le labbra. «Voglio dire... ho solo paura che si allontani troppo. Ho paura che... che mi rimpiazzi, che trovi una ragazza più importante di me e che si dimentichi di me, di noi».

«Quindi sei gelosa!».

Hime lo spintonò via, le guance che le andavano letteralmente in fiamme. Era veramente gelosa e si sentiva un'egoista, una stupidissima egoista. Come poteva solo sperare che Kaede non trovasse una ragazza che avrebbe riempito il suo cuore, prima o poi? Come poteva sperare che potesse rimanere sempre lei l'unica nella sua vita? Cos'era lei se non solo un'amica? «Un'amica dovrebbe essere felice per lui, che razza di persona sono?», mormorò, sentendo gli occhi pizzicarle. «Oh, quanto sono stupida!».

Yoehi le circondò le spalle con un braccio, stringendosela contro. «Non sei stupida. Tu... gli vuoi bene, è normale». Cambiò totalmente rotta all'ultimo momento, Yoehi. Stava per dire qualcosa di estremamente sbagliato e Hime era già abbastanza confusa di suo per rischiare di darle il colpo di grazia. Aveva visto nascere e crescere la loro amicizia, sapeva bene quale tipo di legame unisse i due, e sapeva riconoscere i comportamenti di due amici... e quelli di due che si amavano. Quando aveva saputo che Hime aveva iniziato a frequentare Kiyota era rimasto parecchio perplesso, ma non aveva osato ribattere; tutto sommato era ben felice che la sua amica avesse trovato qualcuno che sembrasse fare per lei, soprattutto uno che non parlava a monosillabi e che avrebbe potuto dimostrarle dell'affetto senza che si vergognasse di farlo davanti al mondo. Ma conosceva la ragazza e conosceva anche Kaede per sapere che presto o tardi le cose sarebbero cambiate. «Su, tranquilla.», le disse, sorridendo. «E poi, se vuoi saperla tutta, Sanako non mi è sembrata molto interessata a lui».

Lei si asciugò le lacrime, ridendo poi per il suo comportamento. «Dici?». Al cenno affermativo dell'amico lei fece una smorfia divertita. «Sei un bugiardo. Ma ti ringrazio».

Yoehi le diede un leggero bacio tra i capelli e pensò che Sana non fosse veramente interessata a Kaede. Durante la partita non aveva tolto gli occhi di dosso a Sendoh, tra una chiacchiera e l'altra, cosa che, per altro, gli aveva dato parecchio fastidio.

Kaede li lasciò all'incrocio successivo e Hanamichi gli lanciò tanti di quegli improperi che li sentì finché non tornò a casa sua. Il Volpino, nonostante tutto, sarebbe rimasto a cena dai gemelli, ma aveva ricevuto troppe novità quel giorno per rilassarsi con le idiozie di quelle due scimmie; non che la scoperta di avere una cugina, per di più quella Sanako, lo avesse steso, ma era pur sempre una sorpresa per lui. Per non parlare di quella scema di Hime, che non faceva altro se non preoccuparlo ancora di più. Aveva altro a cui pensare, il Campionato Invernale prima di tutto, non poteva permettersi distrazioni di alcun genere; eppure non riusciva a smettere di vedere quegli occhi castani che lo osservavano  tristemente... forse feriti?

Si richiuse la porta alle spalle, togliendosi le scarpe e buttando il giubbotto sulla prima poltrona disponibile. Il padre era ancora in ospedale per il suo turno e avrebbe passato l'ennesima serata in solitudine. Sbuffò quando aprì il frigorifero e notò che c'era ben poco da mangiare. Non aveva assolutamente voglia di andare a fare la spesa come una casalinga. Richiuse l'elettrodomestico con un colpo secco e decise bene di coricarsi sul divano, davanti alla tv, sperando di trovare qualche partita interessante. Chissà cosa stavano facendo quelli lì senza di lui?

 

*

 

«Ehi, Scimmia Rossa! Giù le mani da mia sorella, pedofilo!».

«Cosa dovrei dire io, maledetto?!».

«Io non ho un anno più di Hicchan!».

«E che diavolo c'entra? E poi Ari-chan è ben felice di farsi truccare da me!».

«Ben felice? Ma se sembra un panda!».

«Ah beh, parla quello che sa truccarsi, travestito!».

«Ho perso una maledettissima scommessa, idiota!».

Arimi e Hime si guardarono mestamente, non sapendo bene se ridere per come si stavano conciando o preoccuparsi per l'incolumità dei loro fratelli. La geniale idea era nata dalla mente contorta di Yoehi, che zitto zitto, se ne stava in un angolo a ridere come un deficiente; avevano iniziato a parlare di Halloween, che sarebbe stato il giorno dopo, ed era partita la sfida della maschera migliore tra i due deficienti di turno.

 

No, forse Kaede non si stava perdendo niente. Decisamente.

 

 

 

Continua...

 

 

* * *

 

*dorayaki, è un dolce formato da due pankake simili al nostro pan di spagna (kasutera) e riempito con l'anko, una salsa di fagioli di azuki.

**chihi, in giapponese "padre", quando ci si riferisce al proprio parente.

 

E dopo neanche troppo tempo di attesa ecco il nuovo capitolo! Ho messo un altro po' di carne al fuoco, le cose iniziano a delinearsi meglio... spero di non aver deluso nessuna delle vostre aspettative. :)

Sono reduce da una settimana distruttiva passata a stare dietro ad una comitiva di tedeschi con altri colleghi e non ho la testa per rispondere con dettaglio a tutte come faccio sempre. Risponderò a grandi linee alle domande più interessanti ;) Prima di tutto voglio ringraziarvi per i vostri splendidi commenti - Umbriel, The White Lotus23 e Liricchan -, è sempre una gioia sapere che vi diverto e soprattutto che i personaggi siano IC! *O*

Per la possibilità di vedere Sana e Kaede insieme è vero, legalmente è possibile, e li vedrei anche come coppia... Insomma, lei è veramente un'imbranata mentre lui è impeccabile in tutto! Lo scopriremo vivendo, però; ho un piano da quando ho iniziato a scrivere Wild Boys e credo che continuerò a seguirlo! Anche perché ho in programma di scrivere anche l'ultimo capitolo di questa "saga", quindi le sorprese non finiranno qui. ;)

Comunque adoro il basket e scrivere alcuni passaggi delle partite o degli allenamenti è veramente divertente, per niente noioso: l'unico problema è che il basket è uno sport entusiasmante da vedere e ho sempre paura di non rendergli giustizia con le parole, quindi cerco di non esagerare troppo. :D

Perdono ancora se non ho risposto a tutte, ma son veramente troppo stanca. Dal prossimo capitolo torno carica come prima! *O*

Grazie anche a tutti coloro che hanno aggiunto questo delirio tra preferiti, seguite e ricordate! Vi adoro!

Un abbraccio enorme!

Marta.

 

PS: ho aperto un account di Facebook che utilizzerò per gli aggiornamenti e le novità di EFP, chiunque voglia aggiungermi è liberissimo di farlo. J

 

   
 
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