Ed eccoci con la
seconda parte del primo capitolo!!!
Saranno quattro in
totale,sì sì. E lo so che questo è più un libro, che un primo capitolo, ma
amen, ce ne faremo tutti una ragione... tranne forse Jones, che ne avrà anche
pieni i cosiddetti di girare tra le tombe J
Ma passiamo ai
grazie, che il caro Dr.Bailey si è categoricamente
rifiutato di fare, dichiarandosi un totale incapace nelle relazioni pubbliche.
Aya Lawlieth
Beh, credo che la
figura di Jones abbia un po’colpito tutti, e non solo al primo ascolto. La
equiparo, come fascino, solamente alla prostituta e alla bambina di “Via del
campo”, altre due figure senza dubbio altrettanto immortali. Jones è
meraviglioso. Ha la frivolezza di una Bocca di Rosa e la consapevolezza di
avere una vita piena e bellissima. Lo adoro, semplicemente. Spero che i
personaggi femminili ti abbiano soddisfatto altrettanto e ci tengo molto a
conoscere il tuo parere anche su questo capitolo, soprattutto perché la prima
volta che scrivo su un cantante diverso dai miei superfavolosissimi
Pooh.
Maggie
Ciao bellissima!
Quanto tempo!!!
Beh, intanto sono
felice che le mie storie ti commuovano e ti ringrazio per il complimento anche
a nome di quello là *indica Bailey*.
La bellezza nei testi
di De Andrè è innegabile... è la bellezza delle cose semplici, quella che colpisce
al cuore. Ti consiglio, se non ce l’hai, di acquistare la vera “Antologia di
Spoon River”, di Edgar Lee Masters. Le poesie dei
defunti regalano una vita che nemmeno si può immaginare.
E ora vi lasciamo
alle donnine della collina!!!
A presto!
Temperance
-La Collina-
Dove
solo Ella e Kate
Morte
entrambe per errore,
una di
aborto, l’altra d’amore...
La neve scendeva
copiosa nella notte che, placida, calava su Spoon River, portando con sé il
dolce sonno che cullava i bambini della piccola città, sussurrando loro sogni
che nemmeno il più grande scrittore sarebbe stato in grado di partorire.
Quella notte,
però, solo gli infanti dormivano.
I due angeli
vestiti di bianco bussarono alla porta e l’uomo aprì in fretta e furia.
Di corsa li
condusse poi al piano di sopra, nella stanza della donna.
Dolore.
Dolore immenso.
E le urla ruppero
il silenzio.
Kate aveva
conosciuto Elmer molti anni prima, ormai, quando lei studiava il college e lui
assisteva suo padre nella bottega di calzolaio poco lontano dalla scuola.
Si videro, quella
lontana mattina di settembre, e da allora non si lasciarono più.
Lui amava il suo
sguardo dolce, la sua pelle chiara, i capelli castani e i suoi grandi occhi
azzurri come quel mare che lui, Elm, come lei amava
chiamarlo, non aveva mai visto.
Mai, fino a quel
giorno, quando il mare prese ad essere sempre sotto il suo sguardo, negli occhi
brillanti di Kate.
Si amavano,
dunque, l’uno era il bisogno dell’altra e la sua felicità.
La bianca chiesa
fu addobbata in una tiepida mattina di marzo, pronta ad accogliere tra le sue
mura la gioia di una neonata famiglia e tutto l’amore di quel due giovani tanto
impazienti che neppure erano in grado di aspettare che il prete terminasse la
formula di rito.
Lo interruppero,
infatti, prima Elmer e poi Kate, con un euforico “lo voglio”, tanto vivace da
essere quasi urlato.
Il loro piccolo
mondo, Spoon River, ben conosceva il loro amore e tante furono le
congratulazioni degli abitanti.
Vennero le calde
giornate d’estate e gli autunni che colorarono le giornate di tinte
meravigliose e poi ancora le sere d’inverno, sulle labbra l’ultimo baffo della
cioccolata, preparata dalle piccole, sapienti mani di Kate.
E poi le
primavere e di nuovo le estati...
Passarono così
gli anni e la coppia si ritrovò all’improvviso troppo sola, senza un figlio, un
erede sempre desiderato ma mai avuto.
Il grande amore
lasciò così il posto ad un’altrettanto immensa tristezza, fino a che...
Nausea.
Stanchezza.
La visita annuale
dal dottore del villaggio non era mai stata così bella per Kate.
Lui o lei c’era,
era lì!
Mese dopo mese
contrazioni e nausea crescevano, così come cresceva l’amore di Kate per la sua
creatura che, sentiva, sarebbe stata femmina e avrebbe avuto nome Ella.
Era un cognome
breve che ben si abbinava con le tre lettere che Elmer aveva, suo malgrado, per
cognome.
E poi venne
quella notte.
Erano le undici e
solo le urla di Kate rompevano il silenzio che l’inverno
portato su Spoon
River, illuminata da una sola, piccola luce.
La stanza,
preparata per il parto, accoglieva una piccola donna dalla testa mora che,
negli otto mesi precedenti aveva avuto in sé tutto l’amore e le attenzioni di
una novella madre e che ora era lacerata da null’altro che un dolore
terribilmente intenso.
Il medico e
l’infermiera la incitarono a spingere.
Grida.
Il piccolo corpo
uscì, viola.
Non un accenno di
pianto.
Non un respiro,
nonostante la lunga e delicata rianimazione operata dalle grandi mani del
medico, mentre la povera infermiera si affaccendava a tamponare il sangue, che
sembrava non voler smettere di traboccare dal ventre materno.
Il pianto di
Elmer svegliò, straziandole, tutte le anime di Spoon River e poi fu solo il
silenzio, gravido della morte di Ella e di Kate, a ricoprire come una cappa la
piccola città.
Quella
notte, pensò Jones, forse anche il buon Dio aveva avuto troppo freddo per
infondere un alito di vita nei corpi di una madre e di una figlia, morte per un
tragico errore.
Non
sapeva cosa lo avesse richiamato vicino alle tombe della famiglia Lee... forse
era stato quel pianto, quella voce bambina che la Terra mai aveva potuto udire.
“Riposa
in pace, piccola Ella. Non sempre questo mondo vale la pena d’esser vissuto.”
E
piano, in rispettoso silenzio, l’uomo prese il violino tra le braccia,
cullandolo come un neonato, e si avviò verso il settore di cimitero riservato
alle donne, angeli più fragili e belli di quel piccolo e stravagante aldilà.
E
Maggie uccisa in un bordello
Dalle
carezze di un animale
Edith
consumata da uno strano male
Le
croci erano bianche e grigie, tutte in fila, una foto alla base di ognuna.
Volti
di donne, vecchie e bambine o nel fiore degli anni, tutte accomunate dal bianco
e nero che, nella morte, si era sostituito al rosa delle loro guance e all’oro
dei lunghi capelli.
Due
tombe sole, tra tutte le altre, erano prive di fotografia.
Due
tombe che urlavano più delle altre, per far sentire la loro anonima presenza in
quel mare di occhi troppo vivi per un cimitero.
Gridavano,
con due voci limpide e cristalline, storie di sesso e paura, così come d’amore
e speranza, ma soprattutto urlavano al mondo il loro profondo, insanabile odio
per il sesso maschile, accozzaglia di senza cervello che le aveva condotte alla
morte.
Il bordello era
un alto palazzo dalle pareti di un giallo troppo sporco per essere ancora
riconosciuto come tale.
Edith ci era
nata, nel bordello e ci aveva passato tutta la vita, ringraziando il cielo in
ogni momento di non essere una di quelle sventurate, costrette a fare il suo
stesso mestiere nel freddo grigiore delle strade di città più grandi.
Aveva passato lì
tutta la sua vita, Edith, e c’era anche quando Maggie era morta.
Che poi, a ben
pensarci, la morte di Maggie era stato proprio l’inizio della fine, per lei.
Non erano mai
state amiche, lei e Maggie, e nemmeno si erano mai odiate.
Vivevano, come
tutte le colleghe, in una sorta di benevola reciproca ignoranza, eppure Edith
in cuor suo odiava la compagna.
La odiava perché
Maggie era amata e lo sapeva bene.
Amata dal giovane
postino Tom, uno degli uomini in assoluto più avvenenti dell’intera Spoon
River.
E che faceva, la
disgraziata? Fingeva deliberatamente di non essere interessata a lui, quando
invece i suoi occhi lo divoravano ogni volta che passava di lì.
Avrebbe voluto
prenderla per le spalle e gridarle in faccia che era una stupida, che non era
vero che una prostituta non poteva amare.
Lei lo avrebbe
fatto.
Lei sarebbe
saltata su quella bicicletta, pronta a farsi una nuova vita, una vita degna di
tale nome.
Ogni tanto la
seguiva, quando alla sera usciva sulla strada ad aspettare che Tom passasse, ad
aspettare che lui la guardasse per poi giare gli occhi dall’altra parte, in
ostentazione di una fintissima indifferenza.
Lui, dalla
bicicletta, non poteva vedere il rossore delle sue guance.
L’aveva seguita
anche quella sera e aveva visto tutto.
Aveva visto Bert,
quel rozzo ubriacone, chiederle una prestazione gratuita, aveva visto lei
rifiutare e aveva visto le sue pupille ruotare velocemente alla ricerca di Tom.
Tom che non
arrivava.
Aveva visto le
mani di Bert lasciar cadere la bottiglia e stringersi saldamente intorno al suo
collo latteo, reso rosato dalla luce del sole al tramonto.
Avrebbe voluto
aiutarla, ma sapeva fin troppo bene che sarebbe morta anche lei.
E poi Tom arrivò.
Arrivò quando la
vita già era defluita dalle sue guance e tutto ciò che riuscì a fare fu levarla
anche a Bert, la vita, per poi consegnarsi, inerme, ai poliziotti.
Edith aveva
scosso la testa ed era tornata al piano di sopra, certa più che mai che il
mondo sarebbe stato un posto migliore, senza uomini.
La morte di
Maggie le era parsa una terribile crudeltà, certo, ma non aveva pensato alle
conseguenze.
Una ragazza in
meno significava, infatti, più lavoro per le altre e lei non poteva sopportare
più lavoro del normale.
Già da tempo,
infatti, era colta sempre più spesso da una singolare stanchezza e il pallore
della sua pelle era aumentato all’inverosimile, rendendola quasi trasparente.
Una pelle
estremamente chiara, però, era vista molto di buon occhio dai rozzi coloni di
Spoon River, che avevano iniziato a richiedere sovente la piccola bambola di
porcellana.
Le dicevano che
sembravano una principessa, si diceva fosse figlia di nobili europei caduti in
rovina.
E lei... lei
avrebbe voluto gridare a tutti quanti che sua madre era una prostituta venuta
da New Amsterdam e di suo padre nemmeno conosceva il nome.
Voleva solo
dormire, Edith dal volto candido, dormire e svegliarsi in un altro luogo e in
un altro tempo, lontana da quel piccolo mondo infame.
Pian piano iniziò
ad invidiare la sorte di Maggie, morta in modo così rapido e così indolore,
vegliata dagli occhi tristi di un uomo che l’amava.
Le sarebbe
piaciuto essere amata, anche solo una volta, anche solo un minuto.
Ma l’unico suo
amante sembrava essere quel morbo inspiegabile che le attanagliava le membra e
l’anima.
Si sentì mancare
all’improvviso, tra le braccia di un cliente più gentile degli altri, un
giovane con la camicia bianca e i capelli pettinati di lato che la trattava
come una donna e non come un oggetto.
Le piaceva, quel
giovane, e si era aggrappata a lui con tutte le sue misere forze, ma la morte
era più potente anche delle braccia di un ragazzo in salute.
La strappò via da
quel letto piano piano, lasciandole il tempo di posare una volta sola le labbra
su quelle di lui.
In lontananza,
suonava un violino.
Jones
si allontanò con un gesto brusco.
Non
era d’accordo con quegli spettri, non tutti gli uomini erano così, non tutti.
Non
lui.
Lui si
divertiva con le donne, ma non le aveva mai toccate con troppa violenza o
insistenza. Lui era... era un brav’uomo, dopotutto.
Con
quella certezza in cuore, per lui tanto stravagante, il violinista si avvicinò
all’unica altra tomba che, da lontano, lo chiamava con voce adirata, ansiosa di
raccontare la sua storia.
E
Lizzie che inseguì la vita
Lontano
e dall’Inghilterra
Fu
riportata in questo palmo di terrra.
Mentre
si appropinquava alla lapide di lussuoso, pallido marmo, a Jones parve di
udire, in lontananza, il suono aggraziato e costante delle onde che si adagiano
sul bagnasciuga.
Solo il fischio
del piroscafo la destò, quella cupa mattina d’autunno.
Nemmeno il mare
in burrasca aveva impedito al sonno di impossessarsi di lei, una ragazza troppo
giovane per trovarsi in una striminzita cuccetta piena di uomini che,
malvolentieri, facevano ritorno alla terra che aveva, anni prima, dato loro i
natali e che, odiosa, pareva divertirsi a ripudiare i suoi figli, cacciandoli
senza pietà verso luoghi lontani.
Per Lizzie,
invece, non era così.
Su quella nave
lei era salita per scappare da un altro mondo, un mondo creato, per ironia
della sorte, proprio da coloro grazie ai quali aveva visto la luce e che le
stava troppo, troppo stretto.
Era un universo,
il suo, fatto quasi unicamente di oppressione e traboccante delle rigide regole
familiari che il padre, primo cittadino di Spoon River, aveva imposto a tutti
gli abitanti della casa ancor prima che lei nascesse.
Ma ora lei era
lì, nel grande porto che segnava l’inizio della sua nuova vita nella grande e
gloriosa Inghilterra.
Non fu certo il
fumo delle fabbriche, unito a freddo e grigiore del cielo, a spegnere l’entusiasmo
della giovane, che si affrettò a scendere dalla Glorious
Lily, trascinandosi appresso l’unica, insignificante valigia di cuoio scuro, contenente
pochi vestiti segnati dal tempo.
Il porto, però,
non si rivelò essere l’amico tanto cercato e non l’Inghilterra una madre
ritrovata, bensì una perfida aguzzina che si dilettò a far sprofondare la
poverina e tutti i suoi sogni nella gelida umidità di un marciapiede e nell’altrettanto
glaciale indifferenza dei passanti.
Neve.
I glauchi occhi
di bambina si chiusero.
E poi più nulla.
Morì così,
dolcemente, tra i suoni della città ovattati dal candido manto di neve che,
discreto, prese a posarsi su quel gracile corpo ormai irrimediabilmente segnato
da impietosi giorni di stenti.
Forse nemmeno si
rese conto che i suoi occhi, chiusisi su quella bianca sera londinese, non si
sarebbero aperti mai più.
Piccola e
innocente, si addormentò e per la prima volta sognò la sua terra.
Sognò Spoon River
e la sua famiglia.
Sognò suo padre.
Non aveva il suo
tipico sguardo di austera nobiltà, no... questa volta il suo volto era trafitto
da lame di dolore e le lacrime avevano persino bagnato l’abito a lutto di preziosa
seta nera.
Sentì la madre
singhiozzare.
Singhiozzi rotti
solo da un Requiem Eternae, intonato dal coro di
quella chiesa che non si era resa conto le mancasse tanto.
Vide una bara di
legno chiaro e, fissata ad essa, una piccola targa di ottone dorato.
Era troppo
lontana per leggere le parole che vi erano incise, ma vi scorse il proprio nome
e comprese.
Si sentì cullare,
con amore.
E infine il buio le prese fraternamente la
mano e, insieme, andarono via, verso un luogo, forse, un poco migliore.
Dormono
dormono sulla collina
Dormono
dormono sulla collina