Attento a non
inciampare di nuovo, Jake. Ti farai male. Te ne sei fatto
già abbastanza, non
credi?
Adesso chiudi
questa pagliacciata. Inventati qualcosa, qualsiasi cosa, e vattene.
Per un
po’,
giusto un po’, ci sei riuscito, hai indossato la maschera. La
maschera del
vecchio Jacob, quello sereno e ancora bambino, quello ingenuo e un
po’
spaccone. Quello che eri, e forse non sei più.
“Si
sta facendo tardi, è ora di tornare.”
Che
c’entra il tempo che trascorre con un vampiro? E con te?
Niente. Ma va bene, Jake. Va tutto bene.
È
davvero tardi, ed è davvero ora di tornare.
Ti
alzi e la lasci sola, ancora distesa sulla sabbia fredda. Eppure
non importa Jacob: ehi, lei non ha bisogno di te, ricordi? E poi
comunque non
resisteresti. La tua maschera è di cera, si scioglierebbe,
cadrebbe, e la
pagliacciata diverrebbe tragedia.
Ti
trascini verso la salvezza, ma lentamente, perché lei non
deve
capire che quella è una fuga. Ma poi, stai veramente
scappando? Infondo non ci
sei mai riuscito, sei sempre rimasto.
Io
lo so, e lo sai anche tu.
Questo
non è un tentativo di fuga, ma solo un modo per non cadere,
perché te ne sei accorto, Jacob. C’è
qualcosa di diverso, qualcosa di
sbagliato, in quello che sono state queste ore che avete trascorso
assieme.
In
bilico sulla scogliera c’eri solo tu oggi. Lo sai, vero? E la
cosa peggiore è che ci sei ancora. C’è
solo una differenza: non c’è il mare a
salvarti, ma un baratro pronto a risucchiarti, quindi allontanati, fai
un passo
indietro, finché ancora puoi.
“Jacob!”
Nessuno
ha gridato il tuo nome, lei non ha gridato il tuo
nome.
Prosegui, Jacob. Salvati.
“Jacob!”
È
un grido disperato, quasi un’implorazione.
Stringi
forte i pugni. C’eri quasi, Jacob, c’eri davvero
quasi
riuscito. Ma poi ti volti, non puoi non voltarti ad un richiamo del
genere, ed
ingenuamente, forse, pensi di essere abbastanza forte per avere una
seconda
possibilità, ma non l’avrai, Jacob.
Lei,
una seconda possibilità, non te la darà mai.
Sei
ancora lontano, ma le vedi, le gocce che scendono sul suo
viso.
Jacob!
Non sono lacrime. Lei non può piangere, né per te
né per
nessun altro. Davvero, Jacob, non sono lacrime, quelle.
Eppure
non mi ascolti, e ti avvicini. Quando capisci che è solo la
pioggia ad aver iniziato a cadere, ormai è troppo tardi.
“Jake,
io non riesco a dimenticare. Non
riesco a dimenticarmi di te. I miei ricordi umani
sono ormai lontani, ma quelli passati con te… quelli sono
incredibilmente
vivi!”
Stringi
di nuovo i pugni, ma è inutile. Vorrei dirti di non
ascoltare quelle parole, perché qualsiasi cosa
accadrà non cambierebbe nulla,
ma non servirebbe comunque.
Va
bene, Jacob, fallo. Avvicinati pure a lei, lascia che ti faccia
suo eterno prigioniero.
Lasciati
cadere, lentamente.
“Questo
non avresti dovuto dirmelo.”
La
tiri definitivamente verso di te, lasciando che le vostre
labbra si tocchino, si assaporino, si cerchino, sempre più
prepotentemente.
È
un attimo, ma mi viene da pensare che, forse, non stai cadendo
solo tu. Forse, siete stati fatti entrambi prigionieri da un qualcosa
troppo
grande anche per voi.
E
allora, Jacob, cadi, cadete assieme, ma poi promettilo, prova di nuovo
a
sopravvivere.
***
Note:
Questo
extra è ispirato vagamente a “Mentre
tutto scorre” dei Negramaro. L’adoro! In
più mi ha fatto compagnia per l’intera
giornata di oggi in cui ho scritto“Falling slowly.”
Vi lascio anche
il link diretto in caso voleste ascoltarla prima, assieme, o dopo la
lettura.
Ovviamente anche quando vi pare, eh!