Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Furiarossa    28/10/2010    1 recensioni
La storia fa principalmente due cose: insegnare e scherzare.
Ci fa brutti scherzi, a volte, altre un pò meno ... ma ci ha anche insegnto che alcuni uomini possono essere più pericolosi di altri. O semplicemente più grandi.
E cosa succederebbe se all'improvviso, nella nostra civiltà moderna, si ritrovassero due tiranni del calibro di Vlad Tepes Terzo principe di Valacchia, detto l'impalatore e conosciuto dal mondo come Dracula, e Adolf Hitler, il flagello dei popoli?
Per scoprirlo, non vi resta che seguire questa storia ...
E poi chi dirà più che la storia è noiosa?
Questo racconto è stato scritto in collaborazione con la mia sorellina Roberta, 11 anni. E' piccola, penserete ... si, ma è un genio.
Genere: Azione, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1
Il ritorno di Vlad

Le ossa lucide del grosso cranio erano nel buio di un sacco sigillato ermeticamente. Era un cranio solitario, poverino, che non vedeva il suo corpo da tanto tempo: lui era a Londra, ma il resto delle ossa giacevano da qualche parte sperduta in Transilvania, in mezzo alle montagne frustate dall’acqua e dal vento. Il cranio apparteneva a Dracula, il principe della Valacchia, ma era finito nel cuore dell’Inghilterra a causa di una lunga trafila che non staremo qui a spiegare tutta, ma che si componeva di quattro fasi fondamentali: decapitazione, testa portata dal sultano, sultano morto  e testa a chissà chi, testa finita a Londra causa donazione al museo.
Ed eccolo lì, il leggendario Dracula che tutti cercavano e nessuno riusciva a trovare … per un breve periodo era persino stato in esposizione, ma ora se ne stava nel buio e in un sacco come se fosse robaccia, vecchia spazzatura. Eppure, cavoli, era il cranio di un Principe … la Storia faceva brutti scherzi a coloro che in vita sono stati grandi.
Dracula, essendo morto, ovviamente non aveva idea di quello che gli stava succedendo, della sua relegazione nel magazzino di un museo e del fatto che nessuno sapesse dove si trovava il suo corpo. Ma il destino, il fato, o come volete chiamarlo voi, stava per giocargli un altro brutto tiro …
In effetti l’ennesimo brutto tiro, lui ne aveva avuti tanti nella vita. La sua testa, quel giorno, fu portata via dal museo di Londra da un “topo di appartamento” troppo zelante che aveva deciso di fare il colpo grosso e lo aveva rubato credendo che fosse un qualche monile egizio. Mai ipotesi fu più sbagliata e quando il cranio di Vlad vide la luce nel piccolo scantinato del ladro, la faccia da roditore di quest’ultimo fu parecchio delusa.
Era un ladruncolo extracomunitario … rumeno, per la precisione. Ed è qui che si vede come il destino non sia mai cosa da sottovalutare … anche il ladruncolo portava il nome di Vlad, ma purtroppo non gli rendeva onore.
Il tipo non aveva né soldi né il cervello giusto per farli, era terribilmente pigro e non voleva ingegnarsi, perciò si era dato al crimine anima e corpo, senza mai riuscire davvero a ottenere qualcosa di buono.
Vlad guardò tristemente il cranio del principe e giocherellò con i pollici nelle orbite cave
«Ciao» gli disse «Mi sei capitato tu e un vecchio quadro polveroso con le madonne… il quadro posso rivenderlo a un collezionista, ma tu? Tu chi sei? Eh? Se non so chi sei non posso venderti a nessuno. Certo che avevi dei bei denti. Però te ne manca uno … devono averti tirato un bel cazzotto quando eri ancora vivo».
Anche se il ladro Vlad non era particolarmente onesto e volenteroso aveva la sua bella mente. Certo, non la sfruttava al massimo, ma gli era utile, quando doveva scappare … e fu quella sua bella mente che lo portò a fantasticare e a trarre certe conclusioni.
«Eri un guerriero, non è vero? Altrimenti cosa ti avrebbero voluto a fare in quel museo … certo un nobile senza un dente era cosa strana. Toh, te ne mancano addirittura due … beh, allora poteva essere che non li lavavi, eh? Povero diavolo. Secondo me, però, non ti volevano. Sai che cosa posso farci con te? Ti posso portare a casa, quando ci torno … e ti regalo a mia cugina. A lei piacciono questo genere di cose, i teschi e solo Iddio sa cos’altro. E tu sei un teschio carino. Sul serio, vecchio teschio … ehm ehm …» si impostò con il petto gonfio e resse il cranio con una mano sola, imitando una scena dell’Amleto « Essere o non essere, questo è il dilemma!».
Lasciò rotolare il teschio sul tavolo e quando questo si posizionò proprio con le orbite di fronte ai suoi occhi, le fissò intensamente
«Chi eri quando eri vivo? Hai dipinto quadri? Eri uno di quei pittori e suonatori d’arpa gay che si facevano passare per dei geni? No … guarda che ossa importanti … hai una bella cavità nasale, caspiterina. Ti ci entra il becco di un pappagallo, stai sicuro. No, questa qui può essere la faccia di un guerriero, solo solo … non eri gay. Sai cosa mi piacerebbe poter dire? Che tu sei …».
Era rumeno ed era superstizioso, perciò ci mise un poco prima di pronunciare quel nome ad alta voce, da solo, in una camera, con l’unica compagnia di un cranio lucente
« … Dracula».
Fu come una folgorazione. Una folgorazione, si, un istante … un colpo di genio.
Il colpo della mia vita, oddio!
Il ladro Vlad baciò la fronte del teschio
«Tu mi farai fare un mucchio di quattrini, dio santissimo! Mi prenderanno per tombarolo, d’accordo … ma chi dice che io non possa spacciarti per la vera testa del principe? Dio … solo che mi serve anche un corpo, se voglio fare le cose per bene. Ora che ci penso, mia cugina ha una bella collezione. Si, stai tranquillo, mio buon amico ossuto … io ti farò famoso».
L’immigrato e topo di appartamento rumeno Vlad non aveva la più pallida idea di ciò che stava per scatenare.
Passò poco tempo che riuscì a vendere il quadro e procurarsi i soldi per tornare in Romania, dove andò a trovare sua cugina, Katia, una ragazza strana che abitava a Sighisoara, città natale del principe Vlad III. Lì, con lei, architettarono la truffa … Katia era riluttante, ma suo cugino le fece notare che, se anche avessero scoperto la presenza di un falso, non avrebbero potuto certo imprigionarli per questo. Katia non si fidava delle idee malsane di suo cugino
«Senti, cosa pensi che farebbero se venissero a sapere che tengo in casa delle ossa?»
«Perché dovrebbero venirlo  a sapere … andiamo, ti prego, aiutami»
«Non voglio mettermi nei guai. L’idea è tua, sbrigatela da solo. E poi è assurda … cioè, vuoi fingere di avere ritrovato Vlad»
«Ho la sua testa!»
«Sei abbastanza idiota … la testa non può trovarsi nelle vicinanze del corpo, lo hanno decapitato, capito? La testa è arrivata in Turchia!»
«Ho dei testimoni disposti a fingere per me … insomma, pensaci, una tomba con il misterioso simbolo del drago che ho incontrato nel mio viaggio in Turchia in cerca di lavoro, la mia voglia di comprendere che mi porta ad aprirla, il ritrovamento, Dio, del cranio di Vlad Draculea Tepes!»
«Tu non ci sei neanche mai stato, in Turchia! E a che ti serve uno dei miei scheletri?»
«Devo fingere di aver trovato le indicazioni per la vera tomba e … zac! Mamma, un corpo senza testa! E’ sicuramente il principe!» si portò una mano alla fronte con aria melodrammatica
«Eh?» lei fece una smorfia «Sei davvero fuori di testa come sembri. Pensi che non si accorgeranno immediatamente che la testa non si attacca in maniera giusta al corpo?»
«Smerigliatriceee! E poi faremo delle prove» fece un largo sorriso, da orecchio a orecchio, e i suoi piccoli occhi scuri brillarono «Ti prometto che, se dovessero beccarmi, tu non verresti coinvolta … ma se non mi beccano, ti porto il tuo compenso!».
Katia sbuffò e socchiuse gli occhi
«Ho un corpo senza testa» disse, distogliendo lo sguardo
«Cosa?»
«Ma si, lo ha trovato lo zio in uno scavo archeologico … è completo, ma niente di che, voglio dire, era terribilmente anonimo … era nudo, insomma, e non è così che si seppellisce un nobile. Perciò l’intera troupe ha scartato l’idea che fosse Dracula e me lo hanno regalato»
«Ma è meraviglioso! Dobbiamo solo comprare dei vestiti adeguati …»
«Vlad. Tu sei povero. Non hai soldi per comprare i vestiti del principe Vlad»
«E invece si … è tutto ciò che ho, ma se il trucco mi riesce sarà meraviglioso!»
«Vladdie. Senti, i vestiti nuovi non stanno bene su corpi che hanno superato i cinquecento anni di età, lo sai?»
«Fa nulla, con i vestiti o senza … Io sarò lo storico più acclamato di tutta l’Europa conosciuta e sconosciuta».
Ci fu un lungo battibecco, ma alla fine Katia accettò di aiutare il cugino e gli prestò il corpo senza testa. Era uno scheletro imponente, spalle larghe, il corpo di un uomo alto sul metro e settanta che ne aveva viste di brutte a giudicare dalle tacche, depressioni e bozzi sulle ossa di braccia e gambe.
Quando il ladro Vlad gli provò la testa, notò una certa proporzione, come se in effetti fossero parte di un unico puzzle …  
«Katia …» mormorò «E se avessimo veramente trovato Dracula?»
«Sarebbe fantastico» si limitò a rispondere la cugina, in tono neutro, ma con gli occhi che non riuscivano a staccarsi dalla perfezione dell’insieme … quella era la testa giusta per il corpo giusto.
Tutto fu pronto e il ladro Vlad contattò un esperto in storia, a cui fece esaminare il cranio e il corpo separatamente. Lo storico fu sorpreso e Vlad recitò bene la sua parte, facendo finta di niente, ma esclamando di sorpresa ad ogni deduzione dello storico a cui tuttavia era lui a guidarlo … poi lo studioso giunse alla conclusione che il truffatore desiderava, lasciandosi cadere la penna di mano.
Il suono della plastica che ticchettava per terra risuonò quasi lugubre in presenza di quel grosso scheletro.
«Cristo» disse «Avete trovato Dracula».
Fu accordato che Vlad il ladro portasse la sua scoperta al circolo culturale della capitale. Spese del viaggio pagate. Ci sarebbero state delle interviste, molte interviste, e soldi, probabilmente, in contanti …
Il truffatore gongolava, cuocendo in brodo di giuggiole, e quella sera stappò una bottiglia di ottimo champagne con sua cugina. L’indomani mattina andarono entrambi a dare un’occhiata al “cadavere” del presunto principe e vedere se c’era per caso qualcosa da fare per renderlo più misteriosamente antico o magari più presentabile.
Si sarebbero divertiti a lucidare le ossa per mettere in risalto le scheggiature e gongolare, pensando ai soldi che presto li avrebbero sommersi ed alla popolarità che la loro famiglia non vedeva da praticamente sempre, se non fosse stato per un piccolo, minuscolo, insignificante particolare …
… ovvero che, quando accesero la luce del locale in cui era conservato lo scheletro, questo aveva cambiato posizione rispetto alla notte precedente. Era seduto sul tavolo, accanto alla bara con i piedi che penzolavano nel vuoto. Ed era decisamente cambiato … ricoperto di carne.
Molta carne. Troppa, a dire la verità, per essere quella di uno scheletro. E peli, capelli, unghie, vasi sanguigni e un paio di occhi verdi al posto delle nere orbite vuote che sembravano voler trapanare i due nuovi arrivati. Non con rabbia, no, quella sarebbe venuta dopo … con curiosità …
«Ahhhhhh!» Gridarono all’unisono Katia e il ladro Vlad, saltando all’indietro e chiudendo la porta.
Da dietro il pannello di legno venne un grido simile, ma più breve. Quasi un “ah!” di esclamazione.
Vlad il ladro riaprì lentamente la porta e si sganciò dalla cintura il coltellino della frutta
«Chi … chi sei?»
«Io sono …» la voce dello sconosciuto era profonda, con note metalliche, e aveva un’inflessione curiosa anche se parlava un rumeno splendido « … il Principe. Che cosa ci faccio qui?»
«Come?» il ladro Vlad sporse il labbro in fuori «Solo tu puoi sapere cosa ci fai qui, sciacallo!»
«Sciacallo?» lo sconosciuto balzò giù dal tavolo, ergendosi per oltre un metro e ottanta di statura, e camminò incontro al suo piccolo avversario «Ora ti faccio vedere io, chi è lo sciacallo …».
In quel momento Katia ebbe il coraggio di sbirciare attraverso la porta aperta e quello che vide fu più che altro, una massa ondeggiante di pelle abbronzata, pettorali maestosi e capelli neri arruffati. Suo cugino era piuttosto misero al confronto, piccolo e un po’ più slavato, con i capelli di un castano quasi grigio e le spalle strette. E soprattutto era terrorizzato e anche se armato non riusciva a smettere di tremare.
Il principe afferrò il bavero del ladro e lo sollevò, sbattendolo contro la parete di lato alla porta
«Dovrei farti impalare, piccolo, sciatto, strambo …» sembrava non riuscire a trovare una parola che descrivesse cosa fosse il piccoletto terrorizzato che gli sciabolava davanti al naso con un coltellino di quattro centimetri con la lama troppo smussata
«Scusate» Katia si intromise «Non per mettermi in mezzo alle faccende da uomini,  ma non potete, eventualmente, cercare di uccidervi dopo? Qui ci è appena  sparito un reperto importante, signore e … » sembrò indecisa fra l’essere diretta e schietta o il dare del lei e girare intorno ai concetti, poi scelse la prima opzione « … Per l’amor del cielo, mettiti qualcosa addosso, non ci si mostra così di fronte a una signora».
Lo sconosciuto grugnì una specie di risposta e lasciò andare il ladro, che scivolò tremante lungo il muro, deglutendo convulsamente. Non c’è bisogno di specificare che non fosse molto coraggioso.
Lo straniero scosse la testa e si nascose dietro il tavolo, mentre arrossiva leggermente. Katia lo guardò e lui guardò Katia, cercando reciprocamente di capire se i loro aspetti fossero in qualche modo familiari.
Katia era una donnina in carne, con mani abbastanza grandi e i capelli tinti, color carminio. Aveva le guance rosate e il sorriso facile, un grande sorriso contagioso e una risata ancora migliore.
Lui, lo sconosciuto, era leggermente tarchiato, ma con una faccia affilata, un naso lungo e dritto, baffi neri come il carbone e un pizzetto leggero, una specie di striatura di carbone sul mento solido. La cosa che si notava più facilmente erano i capelli: solo un metallaro o una donna, magari di spettacolo, avrebbero potuto portarli così lunghi … ed erano ricci, splendidi, di un nero intenso come le ali dei corvi.
«Perdonatemi signora» Bofonchiò lo straniero «Ma vedete, uno come me deve difendere, in qualche modo, il suo onore …».
I tre presenti rimasero a fissarsi fra loro per qualche istante, poi Katia rise
«Dio! Che strambo … sa, sa che se io credessi alle favole direi che è venuto dal mondo dei morti?»
«Perché?»
«Beh … perché … in questa stanza c’era uno scheletro. Lo scheletro di Vlad Tepes III principe di Valacchia. Dracula, per il mondo, nel caso non lo conoscesse, signore … ma ne dubito, qui a Sighisoara tutti lo conoscono, porta turismo quell'uomo … e questo scheletro si è appena volatilizzato».
Che lo straniero fosse incline agli scatti d’ira fu subito chiaro, perché tremando convulsamente e rosso in volto come un grosso peperone maturo, latrò ferocemente
«Di cosa blateri, sciocca?»
«Come osi? A parte che questa è effrazione di una proprietà privata …»
«Mi hai dato dello scheletro?»
«Cosa … no. No, assolutamente. Io …» Katia fu terrorizzata dagli occhi furenti dell’uomo e il fatto che fosse così grosso e che fosse anche, beh, nudo, non la rassicurava affatto e non le dava la voglia di fare la spaccona «Sul serio, stavo dicendo di Dracula, cosa ti ha fatto pensare che parlassi di …»
«Io!» lo straniero afferrò il tavolo, stringendolo come se avesse due morse al posto delle mani che fecero scricchiolare il legno, e lo buttò dall’altra parte della stanza, insieme alla bara, con rabbia, capovolgendo tutto e rompendo svariati ricordi di famiglia «Io sono Dracula!».
Katia svenne e il ladro Vlad se la diede a gambe più in fretta che poterono i suoi piccoli piedi.
Vlad si sedette a terra, cercando di calmarsi … glielo avevano sempre detto che era rabbioso, ma lui, lui niente … se avesse saputo che esistevano gli psicologi, ci sarebbe dovuto andare di filato. Troppi traumi infantili.
Grugnì il suo disappunto, guardando Katia per terra
«Cicciona …» mormorò, poi il suo sguardo si spostò sulla lampadina sopra la sua testa.
Ne rimase estasiato, non aveva mai visto un magia come quella …
«Che fuoco minuscolo … eppure fa una luce così terribilmente intensa … Dio … mi fa male agli occhi …» Distolse gli occhi e si guardò intorno.
In effetti era a disagio e probabilmente non si sarebbe dovuto comportare così, ma era stato più forte di lui. Si alzò in piedi e si avvicinò a Katia, poi la sorresse e la appoggiò al muro. Lei non si svegliò e lui le prese il polso … uno, due, tre … si, il cuore batteva ancora, la cicciona non era morta. Doveva essere gentile, con la cicciona … quella doveva dargli dei vestiti, non è che uno come lui potesse andarsene in giro così.
Il problema principale era come fosse finito in quel posto strano … che cosa gli avevano fatto? Cristo … la cicciona doveva essere una strega. Lo aveva rapito perché … perché … non gli venne in mente un buon motivo per cui una strega avrebbe voluto rapirlo se non che era molto bello. Perlomeno gli avevano sempre detto così … e alle streghe piacevano i bei politici. Annusò Katia e sentì tracce di un profumo che non conosceva, un’essenza che faceva quasi male alle narici, troppo forte, come la menta, ma ancora più forte …
La “cicciona”, come il principe l’aveva ribattezzata mentalmente, ci mise un pochino per riprendersi e lo guardò con occhi vacui. Batté le palpebre una, due volte, poi strillò. Anche Vlad strillò, questa volta, e sembrava davvero terrorizzato. Iniziava a delineare il quadro generale, il fatto di essere solo, smarrito, in mano di una strega e senza armi…
Katia si ritrasse e giunse le mani con forza, come se dovesse pregare intensamente
«Oh mio Dio … è un vampiro … un vampiro …»
«Dove?» Vlad si guardò intorno, quasi terrorizzato quanto lei «Dov’è?».
Katia disgiunse le mani. Non era vigliacca come suo cugino e non ci metteva troppo a riprendersi dalle paure
«Tu … non sei un vampiro?»
«Ti … ti sembro un vampiro?» Vlad si tastò la faccia, terrorizzato dall’idea di essere diventato un mostro senz’anima.
Certo, glielo dicevano sempre … “continua così e diventerai un vampiro, la tua sete di sangue sarà la tua dannazione!”… ma non immaginava che se fosse diventato un vampiro si sarebbe sentito così umano. Così normale … tutt’al più aveva freddo alle dita, quello si, ma non poteva dare per scontato che significasse essere un non morto.
«Ehm …» Katia non sapeva che dire «Sei appena tornato dal mondo dei morti … e hai le labbra molto rosse, molto accese, come dire, sei, sei poco umano, quindi, sei un vampiro»
«Caspita» il principe guardò il soffitto per non guardare la cicciona e per non perdere la pazienza «Un vampiro»
«Già. Ehm, non mangiarmi, per favore»
«Non ho sete»
«Meno male»
«Cioè, ho sete, ma non mi sembra che sia di sangue … il tuo odore non mi fa nessun effetto. No, è anzi leggermente … re …» stava per dire repellente, ma si ricordò all’ultimo momento di essere cortese «Ah, non ha nessuna importanza. Hai dei vestiti?»
«Ci deve essere qualcosa di mio zio, nell’armadio che hai appena scassato. Ehi, comunque, se vuoi, puoi andare in giro così».
Il principe si diresse verso il vecchio armadio e ne estrasse dei vestiti pesanti, da lavoro, che lui non aveva mai visto. Erano marroni e ricoperti di calce e sporco di altri generi. Li infilò cautamente, scoprendo che gli stavano un po’ stretti sul petto, ma per il resto erano della taglia giusta.
«Non avevi detto che era sconveniente mostrarsi così di fronte a una signora?» chiese sbadatamente, mentre cercava di capire il prodigio oscuro della modernità di una cintura lampo «E poi, invece, hai detto che posso andare in giro così …»
«Ehm, era solo per separarvi» confessò Katia, altrettanto sbadatamente e senza nessun imbarazzo, mentre sollevava le sopracciglia nel vedere le grosse mani del conte che armeggiavano con cinture e chiusure zip «In realtà ho visto anche di peggio …»
«Peggio?»
«Scusa …» si avvicinò e gli chiuse la cintura rapidamente « … Sembra che tu sia appena risorto dal paleolitico. Ma dove sei vissuto, fino ad ora?»
«Valacchia, è … c’è compresa la Transilvania, sai, quella zona montuosa vicino a …»
«Si, ma dove? Sulle montagne?»
«No» il principe si infilò anche un giubbotto, per quanto trovasse quella moda di cattivo gusto «In un castello»
«Ah» lei non sembrava molto convinta «E ti chiami Dracula, giusto?»
«No. Ovviamente non è il mio nome, è un soprannome … un soprannome storpiato, a dire il vero … e ne ho molti altri di più terribili» la sua voce era profonda e gradevole, ma in essa rimaneva sempre sospeso un curioso senso di minaccia «Io mi chiamo Vlad»
«E io sono un’attrice Shakespeariana … » borbottò Katia, stringendosi nelle spalle « … Senti, bellimbusto, non ho idea del perché tu sia qui, ma ci è appena sparito qualcosa di importante, perciò dovresti andartene immediatamente. Sai, è già molto che non ti ho ancora sparato …».
Vlad sollevò le sopracciglia folte e aggrottò la fronte
«Cosa hai detto?». Ovviamente, al suo tempo, le pistole non esistevano. Così come il termine sparare.
Katia fu parecchio infastidita
«Vattene. Vattene o ti sparo, è meglio se ti levi dai piedi, forza»
«Cosa significa che mi spari?»
«Ti uccido. Dio, ma da dove vieni, sei veramente appena sceso dalle montagne? Chi sei?»
«Vlad Dracula» stavolta fu il suo turno di essere infastidito «Sono un voivoda, né più né meno e non mi interessa se voi streghe siete abbastanza fuori dal comune da poter credere di trattarmi come gli altri uomini, ciò non cambia quel che io …»
«Mi hai dato della strega?» Katia lo afferrò per il bavero e scosse con violenza, lasciandolo stordito «Di, ma chi ti credi di essere? Ah, si, certo … un principe … tu finirai dritto dritto dalla polizia. Dirai a loro chi sei, vedremo se ti crederanno»
«Polizia?» per quanto infastidito, non poteva fare a meno di chiedere spiegazioni su quegli strani termini «Cosa vuoi dire?»
«Le forze dell’ordine!»
«Qui sono io, l’ordine. Non c’è niente sopra di me, niente eccetto Dio. Io sono la sua mano in terra»
«Bravo» Katia lo lasciò e accennò un applauso ironico «Sei il tizio più teatrale che io abbia mai conosciuto. Ma non credere di farmi paura, questa è casa mia, qui non puoi farmi niente … ti spezzerei le gambe. E se anche tu riuscissi a mettermi a tacere come pensi di scappare dal carcere?».
Vlad non volle più sentire una sola parola da quella strega grassa e la superò a grandi passi per varcare la porta dello scantinato. Cercò di dirigersi verso l’esterno, ma la donna lo afferrò per una manica
«Ehi» ruggì
«Sei stata tu a dirmi di scappare» ribatté lui, piccato, mostrando i denti «Non so quali strane regole ci siano, nel mondo di voi streghe, ma penso di stare rispettando tutto, no?»
«Ehm … » Katia, in realtà, era affascinata ma non sapeva come dirlo.
Quel grosso, corpulento, iroso delinquente che era penetrato nel loro scantinato le aveva lasciato uno strano senso di mistico nella testa e sentiva che non avrebbe potuto riempire il vuoto che avrebbe lasciato quando se ne fosse andato, non senza dire chi fosse veramente … cavoli, l’aveva sparata grossa. Il voivoda, l’impalatore, Dracula. Come se lei fosse scema. Come se non lo sapesse che Dracula non poteva essere vivo.
Vlad sbuffò, ingobbendosi nel suo giubbotto polveroso in una maniera che lo fece sembrare più grosso e più taurino
«Cosa vuoi, ancora?»
«Io … che cosa ci facevi nel nostro scantinato?»
«Ah» il principe si rialzò completamente e tirò via il braccio dalla stretta della donnetta «E’ una bella domanda, sai, anche io vorrei sapere cosa diavolo ci facevo in quella grossa cassa da morto. Quali fantasie perverse passano nella mente di una strega? Cos’è che la porta a rapire uno come me e a fargli questo?»
«Cosa?» Katia non voleva farsi sopraffare dal senso dell’irrealtà delle parole di quello strano tizio.
I suoi occhi, i suoi grandi occhi di un verde grigio lucente, dalla volontà ferrea, sembravano assolutamente sinceri, così come sincera sembrava la sua rabbia e il suo disappunto spiccato che gli faceva arricciare le labbra in un ringhio quasi animale. Quel tizio aveva detto di essersi svegliato in una grossa cassa da morto. La cassa dove riposava lo scheletro del presunto Vlad Dracula, lo stesso che era sparito. Il fatto che dicesse la verità poteva essere facilmente messo in dubbio … eppure Katia non riusciva a scovare la finzione, in tutto questo.
Il ladro Vlad comparve sulla soglia del corridoio
«Eccovi!» gridò, trionfante «Fuori ci aspettano un paio di agenti … vogliono fare quattro chiacchiere con il nostro sciacallo».
Alla parola “sciacallo” il principe si scagliò di corsa verso il topo d’appartamento, ringhiando insulti di ogni genere che si fondevano fra loro in maniera da risultare solo vagamente comprensibile.
Il ladro Vlad, sorridendo, scomparve di nuovo dietro la porta e il principe lo seguì. Un paio di agenti nerboruti, con la pelle scura, afferrarono quest’ultimo non appena sbucò all’aperto, placcandolo come giocatori di rugby
«Fermati!» uno dei due gridò, con una voce roca e graffiante, voce da mal di gola «Cosa pensi di fare?».
Il principe guardò i due poliziotti e ringhiò, cercando di scrollarseli di dosso, ma giunse un terzo, più piccolo dei due e più chiaro, che gli saltò letteralmente addosso. Vlad gridò, questa volta, e colpì con un pugno quello che prima gli aveva intimato di fermarsi, spaccandogli il labbro e facendo schizzare il sangue contro le sue nocche.
«Sangue» Mormorò.
Era un elemento terribilmente familiare, per lui. Non era un vampiro, certo, ma riusciva ad andarci molto vicino quando ci si metteva d’impegno. Sbuffando e ruggendo, un animale placcato e ferito, gettò i poliziotti da due parti opposte, sul manto erboso corto e gelido, e sbatté il più piccoletto contro la parete con tanta forza che quello si accasciò per terra emettendo appena un gemito. Sembrava un mostro, l’uomo lupo portentoso uscito da un brutto horror di serie b, oppure un gorilla con un volto più affascinante. Beh, in realtà alcuni avrebbero preferito un gorilla a lui, specie quando era arrabbiato e schiumava di ira come un rinoceronte, con gli occhi iniettati di sangue.
Era più basso dei poliziotti, ma la circonferenza di torace e bicipiti era doppia rispetto a quella che potevano vantare gli agenti al meglio della loro forma fisica.
Il grosso poliziotto scuro, quello con la voce graffiante, si alzò da terra e puntò la pistola contro Vlad
«Fermati» gridò ancora, sputacchiando sangue e saliva «Fermati o sparo!».
Vlad gli andò incontro, per nulla intimorito. Il poliziotto, così come il suo addestramento gli intimava, sparò il primo colpo di avvertimento in aria. La detonazione sorprese il principe, ma non lo fermò: era come drogato. Drogato di furia e di battaglia. Il poliziotto sparò il secondo colpo in mezzo ai piedi dell'energumeno versione mignon che gli veniva incontro e questo, finalmente, lo fece fermare.
Vlad, sentendosi improvvisamente le gambe molli, guardò per terra, dove il terreno era stato deturpato da un grosso buco rotondo. Sollevò un sopracciglio
«Cosa significa?» mormorò.
Era appena finito a stregonilandia o qualcosa del genere? Non c’era nessun’altra spiegazione a quello che aveva appena visto fino ad ora. Lì non contava il suo valore fisico, bastava un bussolotto d’acciaio che usciva da quella specie di canna di metallo per ucciderlo. Era come quando si tiravano le frecce, ma più piccole e infinitamente più forti. Al cuore, dritto, e moriva. Gli avrebbero spappolato il muscolo cardiaco in un batter d’occhio. Oppure lo avrebbero preso in mezzo alla fronte, come si ammazzano i lupi mannari.
«Mani in alto!» Gridò il poliziotto, compiaciuto di aver finalmente il coltello dalla parte del manico.
Vlad obbedì a malincuore. Non era abituato a prendere ordini e questo lo disgustava abbastanza. Il poliziotto gli si avvicinò, sempre tenendo sollevata la pistola. Qualcun altro gli venne di lato e gli intimò di porgere le braccia.
Vlad, senza capire a cosa servisse quel gesto, obbedì e gli vennero messe un paio di manette. Cercò di romperle, ma quelle erano un po’ fuori dalla sua portata fisica.
Mani rudi lo spinsero verso un grosso aggeggio con quattro ruote, un carro chiuso di sopra e fatto di un metallo colorato che lui non seppe riconoscere. Poteva essere, da quello che lui sapeva, un nuovo strumento di tortura. Non voleva essere torturato, proprio per niente, e indietreggiò, spingendo con la schiena il poliziotto dietro di se
«No!» gridò «Io non ci entro, dentro quel coso»
«Non fare lo scemo e sali in macchina» ribatté il secondo poliziotto, con voce stranamente pulita, da cantante «Non costringerci a farti del male».
Sali in macchina. La macchina. La macchina infernale …
Vlad si infilò nell’abitacolo angusto della strana cosa di metallo, notando con piacere i sedili in tessuto che profumavano di Arbre magique, ovvero di menta e bosco tradotto nella sua mente antica. Katia gli si avvicinò e lo guardò dal finestrino, con uno strano sguardo, uno sguardo triste.
«Mi uccideranno?» Le chiese Vlad, preoccupato «Perché mi guardi così? Rispondi. Mi uccideranno?»
«No, davvero» Katia fece una specie di sorriso, ma era più una smorfia «Non vogliono farti del male»
«Dove mi porteranno?»
«Dove ci sono altri come te … credo»
«Ti  …» stava per dire “ti prego”, ma non gli sembrava giusto che un principe si abbassasse a tanto « … Posso chiedere dove siamo?»
«A Sighisoara»
«Come?» gli occhi verdi di Vlad si spalancarono di stupore e la sua faccia affilata assunse per un attimo l’espressione, paradossalmente sbagliata, di un bambino di sette anni «Non è possibile!»
«Si che lo è. Ehm, benvenuto nell’anno duemila e dieci».
Vlad avrebbe voluto urlare, ma non sapendo bene cosa urlare si trattenne. Era pur sempre un nobile, anche se irascibile, e non era carino sbraitare senza senso. Qualcuno gli sbatté la portiera in faccia, deliberatamente con malagrazia, poi il motore dell’automobile della polizia si accese con un ringhio. Lo portarono via.
Benvenuto nell’anno duemila e dieci.
Che?
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Furiarossa