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Autore: Looney    28/10/2010    2 recensioni
La sorpresa di Michael finalmente si è mostrata agli occhi increduli di Fiordaliso: è sua nipote, la piccola Michael, che dovrà proteggere ed istruire come un angelo. Perché proprio di questo si tratta.
Attraverso le sue parole ed i suoi occhi noi riusciremo a cogliere la sua difficile esistenza, segnata da avvenimenti dolorosi (ma anche felici), accompagnata dal suo fedele amico, un certo Michael Jackson ridotto a riflesso di un'epoca di splendore.
E' lui che la guiderà verso il ricongiungimento con i suoi simili, e le farà comprendere quanto sia importante la sua presenza sulla Terra, devastata dall'odio e dalla miseria.
Ma non sempre il destino scritto per noi si realizza...
E rieccomi qui con la mia seconda parte!XD Spero davvero che vi piaccia! L'ho pubblicata solo ora perché non volevo fare lo stesso errore di un anno fa, e perciò mi sono portata avanti col lavoro. Allora, aspetto solo vostre recensioni, di qualunque tipologia siano!XD Buona lettura, cara Jacksoniane!
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Will You Be There '
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                                       Wish You Were Here

         (And you run, and you run to catch up with the sun)

 

Se ne stava comodamente sdraiata sul divano, e non pensava a nulla: perché avrebbe dovuto?

Pensare fa male, soprattutto ad un cervello piccolo e imbecille come il suo.

Ma allora, perché questo insignificante cervello si ostinava tanto a pensare alla sua unica nipotina, la sua unica ragione di vita assieme a sua figlia, ben sapendo che stava benissimo e si stava divertendo un mondo?

Era una di quelle domande a cui non sapeva rispondere, e non perché lei fosse una stupida (ma, in fondo, ci mancava poco) ma perché queste domande non avevano semplicemente una risposta.

Incredibile, ma vero.

L’unica persona che, poi, poteva aiutarla, era perennemente irreperibile, e l’ultima volta che si erano parlati risaliva a qualche mese prima; oltretutto, le aveva già spiegato tutto nei minimi particolari, e non riteneva necessario farsi vedere molto spesso nei pressi di casa sua.

Per questo la sciagurata doveva compiere svariati cambi di autobus e taxi prima di raggiungere la sua nuovissima villa, un luogo magico e surreale, talmente incredibile da sembrar tutto una finzione, per strappargli qualche povera informazione sul suo difficile ruolo di educatrice.

Purtroppo Michael, quando si parlava di ciò, diventava una persona molto misteriosa, ed ero perciò difficilissimo che regalasse qualche consiglio, anche alla sua migliore amica, la persona di cui era sicurissimo di potersi fidare, e viceversa.

Cominciava a capire che l’affetto che lei nutriva per lui non era ricambiato allo stesso modo, o magari era una sua impressione…

Boh.

Sapeva soltanto una cosa: senza di lui, era completamente perduta!

“Fiordaliso, qui c’è una persona che vorrebbe tanto parlare con te!”

La vociona di Fernando la svegliò dal suo sonno, facendola voltare curiosa verso di lui: ciò che vide, anzi chi vide, le bloccò il respiro, lasciandola a bocca aperta come un pesce fuor d’acqua.

Al contrario, Michael sembrava perfettamente a suo agio nel suo salotto, e non aspettava altro che una reazione dalla povera donna di fronte a lui.

Purtroppo, Fiordaliso aveva dei riflessi molto lenti; quando si decise a tornare in compagnia dei mortali, Fernando la osservava rassegnato: quando si sarebbe decisa, quella donna, a crescere?

“Michael è venuto per parlare con te. Dice che si tratta di una questione molto importante. Se magari…”

“Oh sì, non c’è problema, Fernando, lascia fare a me!”

“Va bene” sbuffò esausto il povero maggiordomo, e si accinse ad andare ai piani superiori, senza prima aver dato un’altra occhiatina ai due che ora sedevano sul divano, e che lo stavano spiando a loro volta.

Quando furono sicurissimi che nessuno li guardasse, si scambiarono uno sguardo d’intesa: era il segnale.

“Perché non ti sei fatto sentire quando io ti ho cercato?”

“Avevo degli impegni, Fiorellino! Se non l’hai ancora capito, sono Michael Jackson…

“Non preoccuparti, non sono così scema! Comunque, io volevo parlarti di Mike”

“Dimmi, avanti”

Michael si sistemò meglio sul divano, mente Fiordaliso cominciava la sua confessione.

“Qualche tempo fa, mia nipote giocava nella sua cameretta con una bambina, una certa Isabel, ora non mi ricordo bene il nome… So solo che si divertivano un mondo, e non avevo mai visto Mike così felice in tutta la sua vita! Aveva una compagna di giochi, e non la smetteva mai di ridere

“Ed allora, qual è il problema?” domandò Michael, spalancando i suoi grandi occhi scuri in direzione di Fiordaliso, che subito sentì i peli delle braccia rizzarsi in un brivido.

Lei abbassò lo sguardo, cercando l’ausilio del suo coraggio, che purtroppo accorreva soltanto nei momenti meno impensati.

“Il problema è che non mi ricordo da dove è sbucata la sua amichetta…” mormorò imbarazzata, guardandosi sempre le gambe.

Michael si era rifiutato di riprenderla, poiché non era colpa di Fiordaliso se ella non si ricordava della piccola Isabel, e non voleva farla sentire in colpa per la sua frequente svenevolezza.

In quella faccenda c’era lo zampino di qualcun altro.

Una persona cui Fiordaliso non avrebbe mai pensato.

“Non ti ricordi neanche il giorno in cui Mike ti presentò la sua amica?”

“No. L’ultimo mio ricordo risale a molti giorni prima di aver sbirciato nella loro cameretta, ma non era nulla di rilevante. Piuttosto, mi sembra di aver molti punti vuoti nella memoria…È tutto così sfocato…

“Come se qualcuno ti avesse cancellato alcuni ricordi…

“Esatto! Anche se ho una strana immagine in mente, che non riesco a decifrare: sono affacciata alla finestra, proprio quella, dietro di te, ed a un certo punto scorgo mia nipote, che cammina in direzione del cancello. Mi alzo, e decido di andarle a chiedere spiegazioni, ma non appena metto piedi fuori casa mi sento avvolgere da uno strano calore, ed una presenza estranea sembra impossessarsi della mia mente… E poi non mi ricordo più nulla” concluse Fiordaliso guardando nel vuoto, cercando qualche possibile indizio che potesse aiutarla a risolvere quel bel mistero.

Michael rimase in silenzio: non sapeva cosa dire, anche se si era già fatto un’idea su chi fosse l’assalitore mentale di Fiordaliso.

Il problema era come dirglielo…

“Mi hai detto che ti sei sentita avvolgere da un grande calore…

“Sì”

“E che qualcuno ha cominciato a rovistare nel tuo cervello

“Come scusa?”

Fiordaliso si sentiva piuttosto a disagio: perché Michael era così sicuro di ciò che diceva?

Nascondeva forse qualche altro mistero in quel sorriso così dolce e spontaneo?

“Un essere umano dai poteri psichici molto sviluppati ha penetrato le tue deboli barriere mentali, ed ha manipolato i tuoi pensieri. Non c’è altra spiegazione alle tue dimenticanze

“Questo vuol dire…”

“Che non ti ricordi dell’amica di Michael semplicemente perché una persona ha fatto in modo che passasse completamente inosservata ai tuoi occhi. E quella persona non può essere altro che Isabel

“Ma come fai a esser così certo di quello che dici? Isabel è solo una bambina, e non penso che possieda dei poteri così straordinari…

“Non centra nulla. Isabel non possiede soltanto quei fantastici poteri, ma anche un’intelligenza smisurata. Lo so, perché l’ho conosciuta personalmente

“E dove?”

“Me l’ha presentata un amico” sorrise Michael, un sorriso molto enigmatico, inquietante.

Fiordaliso rabbrividì, nonostante si stesse avvicinando la primavera ed il sole splendeva tranquillo in cielo: le era ancora difficile credere che una star della musica come Michael, un uomo così conosciuto, in ogni parte del mondo, potesse in realtà nascondere la sua vera natura, quella di un messaggero sceso tra di loro per trasmettere i veri valori di cui ogni umano ha bisogno.

Pochi conoscevano la sua vera storia, ed altri meno il suo grande segreto: eppure, per queste fortunate persone, la sua figura rimaneva ancora un mistero.

Anche per Fiordaliso, che aveva visto versargli lacrime ingiuste, e che l’aveva consolato stringendolo tra le braccia quando era ancora un bambino, che l’aveva strappato da un destino crudele, e gli aveva permesso di far conoscere il suo talento al mondo intero.

Di fronte ai suoi occhi custodi di realtà terribili, lei diventava del tutto impotente.

“Un amico molto speciale” continuò Michael, vedendo che la sua amica non rispondeva, e lei si girò distrattamente verso di lui, come se non si fosse accorta di ciò che aveva appena detto.

Si riprese dai suoi viaggi mentali annuendo e domandando senza alcuna intonazione particolare :”Un amico?”.

“Sì” le rispose Michael, come se stessero discutendo di tappezzerie per bagni “È uno degli angeli custodi più importanti e ammirati di sempre. Una persona meravigliosa”

Al ricordo del collega, che aveva conosciuto anni prima, gli occhi di Michael si illuminarono di una luce misteriosa, che solo lui poteva vedere, dimenticandosi del mondo che lo circondava.

“Lo conobbi durante l’anniversario della sua morte, qualche decennio fa: allora ero solo un bambino, e non sapevo la grande impresa che quell’uomo aveva compiuto. Con il passare del tempo mi resi conto del suo grande valore, e lui fu così gentile con me da presentarmi la sua protetta, una bambina dolce e silenziosa, così intelligente da apparire più grande della sua età

Michael smise di contemplare i ricordi e posizionò i suoi occhi su Fiordaliso, che tratteneva il respiro cercando di capire chi fosse il misterioso angelo amico di Michael, ed intanto provava a muovere gli occhi, ma senza speranza: si rinsavì soltanto alle ultime parole dell’amico, ed i pensieri nella sua testa cominciarono a vorticare nervosamente.

Non era come pensava lei.

No, non poteva essere…

“Quella bambina si chiamava Isabel Manasvi. Ed è una bambina molto speciale”

Michael sorrise a Fiordaliso, ma lei non sapeva cosa rispondere: era rimasta piuttosto scioccata dalla verità.

L’amichetta di sua nipote era un piccolo angelo come lei. Ecco perché, ogni volta che ripensava al suo visetto serio, il cuore le si stringeva e lo stomaco avvampava, bruciato da fiamme sconosciute.

Creature misteriose come lei sconvolgevano l’animo umano, ed impiantavano le loro radici in esso, costringendolo ad una esistenza dolorosa, ed allo stesso tempo meravigliosa.

Fiordaliso, nonostante la sua abitudine a frequentare messaggeri celesti, non era ancora riuscita a controllare la propria mente né le proprie emozioni in loro presenza: si immobilizzava al solo urlo di sua nipote, per quanto poco avesse urlato nella sua breve vita.

E con Michael le cose non andavano molto meglio.

Sospirò, rassegnata: non sarebbe mai riuscita a vivere in armonia con gli angeli, né con se stessa.

“È un angelo. Come mia nipote. Ed ora che si sono incontrate, cosa succederà?

“Se Isabel è al corrente della sua vera natura, allora lo confiderà a Michael, ed insieme andranno alla ricerca dei due angeli rimanenti. Altrimenti, dovrai pensarci tu”

“Co-cosa dovrei fare?” mormorò Fiordaliso, incapace di accettare le parole appena dette da Michael: sua nipote era ancora piccola, non sapeva difendersi… Come avrebbe potuto tradirla in quel modo, rivelandole finalmente chi fosse?

Sarebbe scappata via, lontana da lei, per aiutare chi soffriva, insieme ad Isabel… E lei non l’avrebbe più rivista.

“Devi raccontarle tutto, Fiordaliso. Solo così riuscirà a trovare le sue compagne, ed unite, potranno rendere questo mondo un posto migliore. Ognuna di loro possiede poteri incredibili, come hai già notato, e questi poteri non possono rimanere per sempre rinchiusi dentro la possidente: devono essere liberati. E ciò può succedere soltanto se chi ne è dotato è consapevole del suo ruolo

Michael smise di parlare quando si accorse che Fiordaliso non tremava più, ed il suo viso era circondato dalla tristezza.

Poi, molto lentamente, questo velo cominciò a liberare stille di dolore, e Fiordaliso si perse in esse.

“Fiordaliso…”

Michael si sporse verso di lei, e l’abbracciò dolcemente, sussurrandole parole di conforto, ma purtroppo non funzionavano: la donna continuava a piangere, mormorando lamenti sconnessi e preghiere, tutti indirizzati alla sua nipotina, che giocava tranquilla nella sua stanzetta, saltando sui mobili senza provocare il minimo danno.

 

“Mike, tu credi nel destino?”

Mi voltai confusa verso Isabel, che si trastullava seduta sul tappeto della mia stanza, molto probabilmente contando i granelli di polvere nascosti nel tessuto.

Nonostante fosse passato molto tempo dal nostro primo incontro, non ero ancora abituata alle sue enigmatiche domande né ai suoi sguardi indecifrabili.

La osservai per un po’ di tempo, non sapendo come risponderle: era una domanda complicata per me... Il destino...

Cosa ne poteva sapere una bambina di sette anni del destino?

Forse Isabel mi riteneva al suo stesso livello, e pensava che avrei risposto in modo adeguato, ma io non ne ero molto sicura.

Né sulla nostra uguaglianza né sull’esistenza del destino.

Mia mamma dice sempre che il destino è soltanto una scusa per giustificare il presente, ed anche io la penso allo stesso modo. Ma ci sono alcuni momenti in cui il presente sembra già scritto, e tu non potresti comunque far nulla per cambiarlo... Ti è mai capitata una cosa del genere?

“Sì, molto spesso. Ad esempio, i miei genitori sapevano che avrei ricevuto delle doti speciali, così come sapevano la data ed il luogo della mia nascita. Inoltre, mi hanno detto che il mio futuro è quello di usare i miei poteri soltanto per il bene del mondo, cancellando l’odio ed il dolore che si sono impadroniti degli animi umani. Solo grazie ai miei doni posso riuscire in questa impresa, ed è già stato tutto scritto. Altrimenti sarei una bambina come tutte le altre

“Mettendola così, mi stai dicendo che tu credi nel destino?”

“Sì. È strano che tu non la pensi come me”

“Perché?”

“È molto semplice, Michael. Anche tu possiedi delle doti incredibili, ed il tuo carattere ti spinge ad aiutare il prossimo, dimenticandoti addirittura di te stessa. Tu sei come me. Sei nata per sacrificarti”

“Ma non so neanche cosa significhi! Sono troppo piccola per combattere contro il male, e non sono di certo matura come te, non ho dei poteri… e non so cosa fare!

Mi accasciai al suolo, impotente e distrutta dalle mie stesse parole, piangendo lacrime disgustosamente dolciastre.

Non riuscivo a capire cosa volesse dirmi Isabel, e questo mi faceva stare ancor più male: voleva forse mettermi alla prova? Da una persona come lei me lo sarei aspettato… Eppure non c’era cattiveria nelle sue parole; il suo è solo un modo per spronarmi, nient’altro di particolare.

E non sapeva che non ci sarebbe mai riuscita senza prima avermi spiegato per bene di cosa stesse parlando: l’ignoranza non riesco proprio a sopportarla.

Doveva aver letto nei miei pensieri, perché mi si avvicinò lentamente, e cominciò ad accarezzarmi i capelli, provocandomi una indescrivibile sensazione di calore, così piacevole da farmi smettere di singhiozzare sulla sua spalla.

Mi staccai da lei per asciugarmi il viso dalle lacrime, e notai sul suo dolce viso un certo disappunto.

Che ce l’avesse con me?

“Non devi piangere, Michael. Solo i deboli piangono”

Mi osservava mentre mi liberavo delle lacrime, mantenendo sempre la sua espressione indecifrabile che nascondeva benissimo un universo di pensieri e parole mai citati.

Era impossibile mantenere un ricordo al sicuro nella propria testa se c’era Isabel che ti guardava insistentemente, ed avvertivi una fastidiosa presenza che girovagava indisturbata nella tua mente.

Con questo metodo era riuscita a scoprire i segreti di moltissime persone, alcuni dei quali l’hanno addirittura sconvolta, tanto da farla piangere.

Ma più la guardavo, e più ero consapevole della sua forza e del suo coraggio, virtù così inarrivabili che tramutavano l’animo dell’uomo in modo sconcertante.

Non riuscivo ad immaginare una Isabel piangente riversa a terra, così come non riuscivo ad immaginarmi me stessa nelle vesti di salvatrice del mondo.

La mia fantasia non oltrepassava certi limiti, e la mia timidezza non la aiutava.

 

Sandy osservava il paesaggio monotono e frivolo della via nella quale abitava, affacciata ad una finestra del soggiorno, ed ogni volta che scorgeva qualche bel riccone che se la spassava allegramente, sospirava esausta: c’era così tanta gente disposta a vendersi per poco, trascurando valori più importanti di una grande villa o di un jet privato.

Ma, dopotutto, se la passavano proprio bene rispetto ad altra gente: operai, piccoli impiegati, mendicanti accasciati sul ciglio dei marciapiedi, tanto da confondersi con esso…

La sua vista fu attraversata da un bolide nero che scomparve in pochi secondi, trascinandosi via un rombo orribile, che le fece accapponare la pelle.

Dopo essersi ripresa, voltò le spalle alla grande finestra, e salì le scale che portavano alla sua camera.

Sì, c’era gente che se la passava veramente malissimo…

 

“Perché sei venuta oggi?”

“Per ricevere un po’ di compagnia, penso. Bucarsi da soli è piuttosto triste”

Katie sprofondò nella sedia della cucina, ansiosa di ricevere un poco di energia da quella sostanza che Sandy disgustava: non aveva mai provato a bucarsi, e non l’avrebbe mai fatto.

Da quando la sua amica preparava la miscela sul tavolo della sua piccola cucina e se la infilzava nel corpo come una medicina dolce e indispensabile per il suo sostentamento, il ribrezzo per quella roba era aumentato moltissimo.

Distruggeva creature meravigliose come gli esseri umani, molti dei quali ne abusavano orribilmente. Uno di questi era proprio Katie.

Dopo la nascita di sua figlia fu colta da una forte depressione, che le impediva addirittura di badare alla piccola, lasciandola alle cure di sua madre, mentre lei si deteriorava inesorabilmente.

Sandy le stette accanto come una vera amica, non potendo fare molto per Katie, ed alla fine lei si riprese piuttosto bene.

Dopo cinque anni.

Naturalmente Katie non era stata aiutata soltanto dai suoi parenti e dagli amici, ma anche da quella magica sostanza che cancellava dalla sua mente tutti i problemi e le ansie, rendendola la ragazza più felice del mondo.

Anche se sussistevano vari problemi riguardo la sua condizione: se non si bucava diventava piuttosto irascibile, cercando conforto in qualcosa di più simile alla droga, ovvero i farmaci antidepressivi.

Ne conservava ancora un po’ dai tempi del liceo, e non ne rimaneva mai senza. Sandy riteneva quelle medicine addirittura più nocive della droga vera e propria, ma non osava controbattere per il rischio di dover litigare con la sua amica, già molto provata emotivamente.

Tutto quello che poteva fare era starle vicina: lei lo voleva, sentiva che da sola non ce l’avrebbe mai fatta, neanche con una siringa in più.

“È triste quello che fai”

Katie spense l’accendino e rimirò la sua gioia nel cucchiaino, ormai pronta per essere assorbita.

La amava come amava sua figlia.

“Lo so. Ma è l’unico modo per tirare avanti”

Sandy la vide far scivolare il liquido nella siringa, fremendo per l’eccitazione, mentre lei tremava di paura pensando a quando essa sarebbe entrata nel corpo della sua amica.

Di solito chiudeva gli occhi ed aspettava che passasse tutto, cancellando dalla mente l’immagine di Katie che teneva in mano la sua adorata siringa, e quando li riapriva l’atto disperato della sua amica le sembrava meno tremendo.

Quel giorno però volle tenere gli occhi sbarrati, per superare le sue paure, e per accettare la realtà: la sua migliore amica si drogava.

Era un fatto normale, no? Quanta gente al mondo si drogava per trovare un po’ di felicità?

“Ecco qua…”

Sandy sospirò dolorosamente: finalmente Katie si era iniettata la sua dose giornaliera, e sembrava più sveglia che mai.

Sorrideva, ed i suoi occhi erano luminosi come stelle.

La osservava divertita, mentre riordinava il tavolo e nascondeva la sostanza nella sua borsa, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.

Gettò la siringa nel cestino della spazzatura, e sorrise a Sandy.

“Non ti dispiace, vero?”

“Oh… No, figurati. A nessuno verrebbe in mente di rovistare nella mia pattumiera

“Giusto”

Katie si sedette di nuovo al suo posto, sempre sorridendo come un’ebete, e fissò la povera Sandy, che non si era ancora ripresa dallo choc, e fuggiva le sue pupille terribilmente dilatate.

“Ti faccio paura, vero?”

Sandy alzò lo sguardo, e vide la figura sconvolta della sua amica, in attesa della risposta.

Il sorriso le era scomparso dalle labbra, e la sua espressione era inquietante.

Non era seria, e neanche preoccupata.

E lei non sapeva cosa risponderle, da quanto era terrorizzata…

“So cosa pensi, Sandy. Tu hai paura di me e per me”

Katie affondò il volto paonazzo nelle mani tremanti, emettendo lamenti simili al pigolio di un pulcino, mentre la sua amica la guardava incapace di parlare: perché si comportava così? Di solito chi si droga è felice, no? E la sua amica non era il tipo che la dava vinta tanto facilmente…

Si sentiva impotente, incapace di consolare Katie, poiché non sapeva come si dovesse consolare un drogato pentito delle proprie azioni, e la tensione cresceva con il passare del tempo, rendendola ancora più nervosa.

Cavolo, perché era sempre così stupida? Quando si sarebbe decisa ad aiutare veramente Katie? Il giorno prima della sua morte?

Si grattò nervosamente la testa, fino a far sanguinare il cuoio capelluto: non doveva pensare a queste cose, non doveva…

“Sono un mostro. Sono diventata un mostro”

Katie piangeva e si lamentava quando Sandy ritornò alla realtà.

Il suono della sua voce spezzata dal pianto era una tortura per le sue orecchie, ma non sapeva come farla smettere.

Era un’incapace.

A parte ospitare la sua amica durante i finesettimana e farle un po’ di compagnia durante le sue abluzioni, non era capace d’altro.

Tutti la ritenevano una ragazza brillante per il solo fatto di possedere una laurea alla Columbia ed un banchiere come padre a New York…

Qualità insignificanti di fronte al suo vero essere.

“Che fai, piangi anche tu?”

Sandy sentì la mano di Katie stringere la sua, e pensò che il mondo andava tutto al contrario: era lei che doveva consolare Katie, non Katie che doveva consolare lei.

Ma ormai non le importava più tanto.

In qualche modo si sentiva ricambiata. L’affetto che univa lei e l’amica era lo stesso.

Dopo dieci anni nessuna delle due era cambiata.

 

 

Ohilà, bella gente! Rieccomi a fracassarvi le palle con una storia che ben pochi leggono D: No, non è vero questo!XD C’è ancora gente che legge la mia storia, ma tutto ciò che chiedo è un vostro parere: se voi non mi fate sapere nulla, io non migliorerò di conseguenza, e non scriverò più -.-“ Perciò, un minuscolo commentino (anche per criticarmi giustamente) me lo lasciate? Non chiedo molto, non sono una di quelle che ammazzerebbe per una recensione ù__ù e poi mi piace parlare con voi lettrici, troppissimo, vi giuro <3 Anche se mi mandate un messaggio ne sarei molto felice =D

Comunque, ora passiamo al resto: ho aggiornato solo ora perché non riuscivo (anzi, non RIUSCIVAMO) a trovare un titolo decente per questo capitolo! Ma alla fine è saltato fuori, eh, Rò?XD Non puoi capire quanto sia felice per questo! Tu sei una titolista bravissima, e ti giuro, non ti cambierei con nessuno <3 Ah, e sei anche la mia salvatrice!ù__ù

Tuttavia, non sei esonerata dalla recensione della mia storia, perciò… Mi raccomando XD

Vorrei ringraziare anche le poche persone che hanno recensito XD, ovvero la dolce _lullaby alias Margot (la mia gemellona *__*), Lafayette alias Moma, una delle mie più grandi fan <3 e naturalmente la cara GioTanner, ovvero Rò, la titolista. Ragazze, vi voglio tanto bene, e mi sembra anche banale dirvelo. Ma è inevitabile che in queste situazioni io mi lasci andare al romanticismo XD Sopportatemi, vi prego!XD

Okay, si è fatto tardi, e VOI dovete leggere ancora la mia storia! ù__ù Scherzo, naturalmente!XD

Spero comunque che vi piaccia questo capitolo <3 Grazie moltissimo a chi mi segue ed anche a chi ha semplicemente letto.

Alla prossima

 

                                                          Looney

   
 
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