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Autore: Sybelle    05/11/2010    2 recensioni
Lui era un vampiro. Sarebbe sempre stato tale: bello e perfetto per l’eternità.
…E lei?
Lei sarebbe lentamente cresciuta, cambiata.
Sarebbe diventata ancora più debole, il suo cervello si sarebbe rattrappito prima o poi, la sua pelle si sarebbe infiacchita…
Sarebbe diventata….vecchia.
E forse sarebbe anche diventata noiosa.
Forse sarebbe diventata brutta.
Ed allora avrebbe perso Armand.


Buona lettura a tutti voi =) Sybelle
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Presentazioni

Non che fosse una tipa particolarmente paranoica, ma stranamente la prima ed unica ipotesi che era riuscita a immaginare era quella dello stalking.
Si diede della stupida: come poteva subito pensare al peggio?
Esistevano le coincidenze, fino a prova contraria; poteva persino essersi sbagliata, no?
Magari lui non la stava fissando come credeva!
No, fuori questione. Il suo cervello razionale si ribellò alle casualità della vita, preferendo ad esse il sospetto.
Micol del resto sognava di diventare una famosa detective, l’intuito di certo non le mancava.
Scese dal treno, dunque, immersa nei pensieri più cupi, ringraziando il cielo nel constatare che quell’individuo non fosse sceso con loro.
“Micol...? Micol...? MICOL!”
Sussultò, mentre Diana le passava una mano davanti agli occhi, cercando invano di attirare la sua attenzione.
“Ci stai pensando anche tu eh?” Esordì la ragazza, esibendo un gongolante sorriso malizioso.
“Pensando a cosa?” Chiese distratta, tentando di comprendere l’eccitazione dell’amica, pur non giungendo a grandi risultati.
Diana parve sognante, se non addirittura estasiata, nel rispondere: “Ma a LUI! Non vorrai mica farmi credere di non averlo notato?!” Domandò dunque stizzita, come se Micol avesse compiuto così uno scandaloso crimine.
Rimase sul vago, senza incrociare il suo sguardo: “Forse, ma spiegati meglio.”
La bionda non se lo fece ripetere due volte e subito si dilungò in un’appassionata descrizione: “Era davanti a noi, indossava una maglia nera, bellissima, e dei pantaloni scuri a sigaretta, divini! Aveva i capelli scuri e lunghi, veramente lunghi –ma come sembravano curati!-, la pelle bianca e perfetta e gli occhi... Oh, ma non hai visto come ci guardava?!”
Micol si ritrovò a pensare, piuttosto egoisticamente, che Diana non centrasse niente: provò una sorta di odio verso l’amica, che riteneva di essere stata guardata da quel tale.
Ebbe l’impulso di dirle che no, non guardava tutte e due, che lui guardava lei. Lei soltanto.
Ma si sentì immediatamente stupida ed infantile, e si limitò ad annuire col capo.
“L’ho visto ieri al Prince, comunque.” Aggiunse, giusto per non sembrare troppo fredda.
“DAVVERO? Ma allora è del posto!” Esultò Diana, esibendo un enorme sorriso.
“Sai Micol...”, disse subito dopo, aggrappandosi al braccio dell’amica, “...Credo di aver visto la mia anima gemella!”
“Non esagerare, dai...!” Commentò con un vago sorrisetto poco convinto, cercando di apparire tranquilla.

Non dire cazzate!
Quanto avrebbe voluto urlarglielo!

 *

“Signora, mi scusi, non vorrei interromperla mentre svolge il suo prezioso lavoro. Mi vedo d’altronde costretto a chiederle l’ubicazione dell’aula quattro. Sarebbe possibile forse?”
La signora delle pulizie credeva ormai di aver visto praticamente tutto, in cinquantotto anni di vita e trenta di onorata carriera; ma mai, mai aveva visto un giovane –o forse era un uomo?- così galante, ben educato e ... sexy. Avvampò come una ragazzina, balbettando inebetita la risposta.
“Lei è stata davvero gentile. La ringrazio per la cortese informazione.” Dopo averla abbagliata con un sorriso perfetto –ed averla messa in totale imbarazzo-, si diresse nella direzione indicatagli.
Trovò immediatamente l’aula, vi entrò e si sedette in un posto a caso; la classe era costituita da sessantadue membri, dunque era piuttosto piccola, e la maggioranza di questi era maschile.
La sua ricerca sarebbe stata rapida.
Ed eccola là, infatti, la preziosa Micol!
Qualche banco più in basso vide infatti una lunga chioma castana, le cui lisce ciocche terminavano in piccoli boccoli ordinati. Micol sorrideva divertita all’amica, che le sedeva proprio affianco.
Le due stavano controllando l’una gli appunti dell’altra, divertendosi forse nel notare le incongruenze e gli errori dovuti alla distrazione.
Sentì l’impulso selvaggio di richiamare la sua attenzione.
Che pensiero stupido ed infantile!
Si prese il tempo di ammirarla; notò che il suo viso era un po’ allungato e che la sua pelle era liscia e pulita; non si truccava molto e non era una che badava troppo all’apparenza ed alla bellezza.
Diana, l’amica bionda, al contrario sembrava attentissima al proprio aspetto, pur non volendo apparire una ragazza facile o, ancora peggio, di cattivo gusto.
Vederle nella loro quotidianità gli fece un certo effetto: erano entrambe sorridenti e rilassate, ragazzine giovani e semplici.
Per esempio Diana la sera prima gli era sembrata vanitosa e oca, usando il gergo moderno, mentre in classe appariva simpatica e gioviale.
Micol gli sembrò più coerente: una persona pacata che sapeva sia adattarsi che prendere in mano la situazione.
Il suo sorriso era così dolce!
Ma non poteva perdersi in certe sciocchezze da mortali: il professore era entrato.
Così, mentre l’uomo aggiustava la sua cartellina ed i suoi oggetti personali, lei, come era già successo altre tre volte dal giorno prima, si girò ed incrociò il suo sguardo.
Allo spavento seguirono la rabbia e l’indignazione, a loro volta seguite dal sospetto; non scappò dai suoi occhi, anzi, li affrontò con rara determinazione.
In quei pochi secondi combatterono fieramente.
Chi avrebbe distolto lo sguardo?

 
*

 Si sentiva osservata. Di nuovo. E lei ODIAVA sentirsi osservata.
Per tutta la vita aveva lottato contro i pregiudizi altrui, così quando sentiva un paio d’occhi su di sé subito avvertiva un nuovo giudizio; la irritava.
Non poteva comunque giungere a conclusioni affrettate: doveva scoprire se davvero la stessero guardando.
Si girò e per l’ennesima volta si trovò ad incrociare lo sguardo magnetico del tizio affascinante.
Il cuore ebbe un sussulto. Paura. Chi era? Non l’aveva mai visto prima: né a lezione, né in città, né in discoteca... Eppure dalla sera prima era diventato onnipresente.
E continuava a fissarla con quei suoi occhi splendidi, come a volerla intimorire!
No, non era mai esistito che Micol Hale, la spavalda, avesse avuto paura di qualcuno, e non sarebbe successo mai; nemmeno se ad atterrirla era quell’inquietante ed attraente ragazzo (uomo?).
Avrebbe ricambiato lo sguardo ed avrebbe messo in ginocchio quel miserabile figlio di ...!
L’avrebbe costretto a distogliere quegli occhi maledettamente sexy da lei; lui le sembrò sorpreso, ma pronto comunque a vincere la sfida che gli lanciava.
Il docente li interruppe sul nascere, iniziando a parlare: “Buongiorno. Vi sarà di certo giunta voce di un accordo tra la nostra facoltà e la polizia; l’accordo ora è ufficiale. Comprende in particolare gli studenti dell’ultimo anno, ma è probabile che anche voi veniate coinvolti; il progetto consiste nella compartecipazione lavorativa, così noi della facoltà di criminologia potremo partecipare alle indagini e contribuire virtualmente ad esse. Potrete, nelle ore apposite di lezione, formulare ipotesi, alibi, accuse, moventi e quant’altro sia utile ad un’indagine.”
Il professore attese che la classe manifestasse i propri sentimenti a riguardo, per poi cominciare la lezione.
Micol era sempre stata una “secchiona”: i suoi appunti erano oggetto di contese e di ammirazione.
Quel giorno non riuscì a scrivere niente.

 *

Quella facoltà sembrava davvero interessante: l’impulso di diventare uno studente si fece sempre più forte...
No! Non poteva!
Cosa stava facendo? Era impazzito?! Diventare studente sarebbe stato il primo passo verso la socializzazione con gli umani, e questo avrebbe anche portato ad incontri sempre più ravvicinati con la ragazza.
Voleva conoscerla, voleva parlarle. DANNAZIONE!

Stupido, stupido, stupido! Non innamorarti! Perché non impari dal tuo passato? Perché non impari a diffidare?
Si sentì preda di una sofferenza che da tempo aveva dimenticato.
Seguirla o non seguirla? Presentarsi o sparire?
Avrebbe tanto desiderato che lei si voltasse di nuovo, per bearsi ancora dell’autunno dei suoi occhi!
Con i suoi poteri avrebbe tranquillamente potuto entrare nella sua mente e manipolarla fino a farla voltare, certo, ma non era ciò che voleva; lui voleva che lei lo notasse per ciò che era, per un moto volontario.
Sentiva il bisogno che lei provasse per lui l’interesse che lui provava per lei.
Capì che non poteva lasciarla andare così.

Posso almeno provare a conoscerla.
Così, finite le lezioni, andò spontaneamente da lei e dalla sua amica.
Lei arretrò leggermente, schiva, avvertendo forse un segnale di pericolo.
Era splendida.

 *

 Era splendido. Fu l’unico pensiero che riuscì a formulare in quel momento. Le uniche volte che l’aveva visto era stato sotto luci abbaglianti o nel buio della metro, così non era riuscita a farsi un’idea precisa.
Ora che la luce del giorno lo illuminava –sebbene le nuvole grigie attutissero l’effetto dei raggi solari- poteva vederlo per come era veramente: non aveva rughe, imperfezioni o brutti lineamenti.
Il suo viso era pallido ma non per questo sembrava malato, anzi, sembrava piuttosto in forma.
Era giovane ma definirlo giovane era comunque sbagliato. Era strano.
Indossava un dolcevita nero, jeans scuri e una cintura firmata (Valentino... Non era un famoso stilista italiano?); le scarpe erano semplici Adidas bianche con le strisce nere. Il look era sportivo ed informale, ma l’effetto finale, su di lui, mozzava il fiato.
I capelli non erano né neri, come Diana sosteneva, né rossi, come credeva lei. Erano indubbiamente scuri, castani forse, ma dai riflessi si capiva che non erano castani; quando la luce li colpiva assumevano riflessi ramati, al contrario, se rimanevano all’ombra, i riflessi diventavano violacei.
Un colore parecchio insolito, insomma, come i suoi occhi.
Improvvisamente si sentì tremendamente banale con il suo semplice castano.
Prima di poter fare qualcosa, Diana era già partita all’attacco: una simile occasione non andava sprecata!
“Ciao, sono Diana Rowen! Sei nuovo?” Coronò l’esuberanza con un sorriso abbagliante.
Lui sembrò divertito; rispose con voce garbata e tranquilla: “Piacere Diana Rowen. Sì, effettivamente sono nuovo, e non conosco ancora nessuno.”
Diana rimase affascinata dal timbro profondo ed ammaliante dell’uomo, ma non perse comunque tempo: “Come ti chiami?”
Micol notò che, curiosamente, venne preso da un rapido attacco di panico: solo per un istante i suoi occhi apparvero persi e incerti.
Si riprese molto velocemente: “Io sono Armand De Lincourt.”
“Sei francese?” Domandò Diana, colpita dalla singolarità del nome.
Pensò che tutto in quella persona era estremamente inusuale: l’aspetto, i modi, il nome...
“Sì.” Rispose sorridendo, ed il panico che per un momento lo aveva assalito si era già vaporizzato.
Spostò lo sguardo su di lei: “E lei come si chiama, madame?”
Avvampò, pur non volendolo, e nessun broncio, nessuna diffidenza poté impedirle di rispondere: “Micol Hale.”
 

*

 La sua voce aveva un suono così dolce! Nonostante all’apparenza fosse una ragazza forte e risoluta, possedeva un timbro vocale femminile ed affascinante.
In più si accorse di un fatto singolare: mentre Diana, come tutti, rimaneva immediatamente sedotta da lui, Micol resisteva stoicamente, impedendosi di cedere.
Le sorrise, sperando che cogliesse il suo invito a lasciarsi andare: fu inutile.
“Sono davvero felice di avervi conosciute; in classe mi sentivo spaesato e solo.”
Aveva subito capito il carattere della ragazza bionda e quindi sapeva perfettamente che lei avrebbe subito cercato di farlo sentire meno solo.
“Beh, hai già fatto un giro per la città?” Incalzò lei, attendendo fremente la risposta.
“No.” Rispose semplicemente, aspettando che lei lo invitasse.
“Allora che ne pensi di venire con me e Micol? Ci divertiamo!”
Micol non sembrò affatto entusiasta, ma lui non poteva permettersi di rifiutare: “D’accordo.”

 
*

Diana aveva esagerato questa volta. Invitare, senza consultarla, un emerito sconosciuto per un’improvvisata uscita a tre era l’azione più sconsiderata che avesse mai fatto!
Che poi l’emerito sconosciuto fosse un dio incarnato non era una scusante.
Il pretesto?
“Ti prego Mic, aiutami a conquistarlo! Mi piace da impazzire!”
Cosa non si fa per gli amici...
“Armand, ma quanti anni hai? Scusa se te lo chiedo, ma sembri più grande di noi... Non si direbbe che hai appena cominciato l’Università!”
Micol alzò gli occhi al cielo: tipico di Diana esordire con domande patetiche.
Infatti lui rise, una risata così dolce da stupirla: “Infatti io sono un po’ più grande di voi, ho ventiquattro anni. Comunque vorrei farti notare che l’Università si può iniziare a qualunque età.”
Diana arrossì, annuendo impercettibilmente.
Riuscì a superare la brutta figura in pochi minuti, intrattenendo il suo nuovo “amore” con infinite chiacchiere sugli argomenti più disparati; Micol li osservava ad un passo di distanza, studiando silenziosamente il bel -bellissimo, divino, sensuale!- francese.
C’era qualcosa che non le quadrava: l’idea dello stalking si fece ancora strada nella sua mente.
Cercò di non pensarci.
Diana si fermò improvvisamente, stupendo entrambi; iniziò a cercare qualcosa nella borsa, finchè non ne tirò fuori un foglietto stropicciato.
“Un promemoria.” Spiegò frettolosamente, aprendolo.
In effetti Diana scriveva sempre su un foglio le cose che temeva di scordarsi; purtroppo poi si dimenticava del foglio, così si era sempre da capo.
“Ecco cosa dovevo prendere! Mi ero scordata di aver finito i soldi nel cellulare! Mi aspettate un attimo mentre vado a ricaricarlo? Ci metto un secondo!” Esclamò tutto d’un fiato, indicando un tabacchi poco distante.
Trovò stupido avere l’affanno per una questione così semplice; Diana davvero si sentiva così in soggezione con Armand?
Lui al contrario sembrava estremamente a suo agio: “Vai pure, noi non ci muoveremo d’un passo.”
Rincuorata, corse subito al negozio.
Lei ed Armand si ritrovarono improvvisamente soli, in una piazzetta poco frequentata in un angolo della città incredibilmente tranquillo; la pace fuori e l’inferno dentro.
Sentiva un disagio che non riusciva a spiegarsi: paura, ansia, agitazione, sospetto... Cosa poteva essere?
“Puoi avvicinarti sai?” Le sorrise lui, educatamente sarcastico.
“Sto bene dove sto, grazie.” Rispose il più freddamente possibile, senza incrociare il suo sguardo. Non sembrava un pervertito, però...
Fidarsi è bene, non fidarsi...
Non si sarebbe avvicinata dunque, anche se a chiederglielo era stato un fotomodello dalla voce intrigante e dai modi di un gentleman! Non avrebbe fatto la figura della stupida!
Lui reagì in modo bizzarro: sembrò rattristato ed un po’ deluso, come se lei avesse rifiutato una proposta galante. Lo guardò appena, giusto in tempo per notare il suo cambio d’espressione: la tristezza era stata sostituita da uno sguardo assorto e meditabondo, come incantato.
Parlò, e la sua voce fu talmente bassa che dovette persino sforzarsi per sentirlo: “Sei stata creata dagli angeli...”
Non poteva crederci: davvero l’aveva detto?
“C-cosa? Come hai detto?” Impacciata e presa alla sprovvista, non ricevette risposta.
Diana tornò, riprendendo subito a ridere ed a scherzare intimorita con il francese.
Lui da parte sua le sorrideva garbatamente dandole corda, e lanciò solo un’ultima occhiata in sua direzione.
Lei era una statua: non poteva esserselo immaginato; aveva davvero pronunciato quelle parole.
Si sentì stordita.
Ricominciando a camminare dietro di loro, si concentrò sulla sua voce, notando che il tono era leggermente diverso: sembrava spontaneo, sincero e divertito, ma si sentì abbastanza sicura di poter affermare che quello che stava chiacchierando con Diana non era il vero Armand.
Il vero Armand era quello che le aveva appena detto, con l’aria di un uomo che osserva la cosa più bella di questo mondo, che quella cosa più bella era lei.
 

Fine secondo capitolo

 Ed eccoci qua =)
Sono tanto felice di vedere che questo remake ha riscosso successo!
Spero che il capitolo, per quanto esiguo, vi sia piaciuto! ^^

 Euridice Volturi: Grazie mille per i gentilissimi complimenti, li apprezzo veramente molto. Per il disegno di Armand... L’impresa si sta rivelando difficile! O.ò Speriamo bene! Aspetto la tua su questo capitolo, ciao =)

 Houdry: Ciao Houdry, ti ringrazio infinitamente per il tuo giudizio così positivo: mi rendi fiera del mio italiano! X3 Il disegno l’ho fatto io, sì, anche se devo ammettere che dal vivo fa un’impressione migliore ^^’’. Micol la puoi vedere qui sotto, per Armand dovrete –purtroppo- aspettare. Spero che tu recensisca ancora! Un bacio

 StilledAnima: Ciao carissima! Sono così felice di rivederti! Innanzitutto sono lieta del fatto che tu abbia notato la maturazione stilistica e le migliorie apportate alla trama: sto cercando di fare del mio meglio! >.< Ah, per fortuna sono riuscita a rendere bene il carattere di Micol: non volevo creare una ragazza troppo perfetta o troppo imperfetta. È una ragazza carina e simpatica, con la testa sulle spalle ed i suoi sogni; una donna terra a terra, insomma, ma non arida e vuota. >.< Voglio che Micol sia una ragazza come tante, come potrei essere io e come potresti essere tu. Ci si vede =) Bacio!

 Aphrodite: Ma guarda un po’, una sorellona! :D Mi rende contenta vedere un po’ di entusiasmo da parte tua... sperando ora –e qui mi maledirai- di non deludere!!! O.o Armand registra tutto più per diletto che per utilità... ma lo spiegherà in futuro. Spero che tu legga presto questo capitolo! >.< un bacione

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