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Autore: binca    12/11/2010    14 recensioni
Bianca è una ragazza normale di quattordici anni, con i problemi di una qualsiasi adolescente, incomprensioni continue con la madre, migliori amici fantastici e un amore a distanza che dura da ormai due anni. Tutto nella sua vita funziona più o meno bene fino al giorno in cui scopre di essere incinta. E sarà qui, che presa dalla disperazione dovrà prendere la decisione più difficile della sua vita: abortire e continuare la sua vita di sempre o mollare tutto e scappare in montagna per crescere ciò che si sta formando dentro di lei con l'aiuto di Matteo, il suo ragazzo?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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 Ciao a tutti:)

QUESTA STORIA E' STATA SCRITTA NEL 2010 ED E' STATO FORSE GRAZIE A LEI, CHE MI SONO DEDICATA AL MONDO DELL FF, SO CHE MOLTE COSE SARANNO INVEROSIMILI PER NON DIRE IMPOSSIBILI, MA IN PASSATO HA AVUTO MOLTI FAN ACCANITI CHE SI SONO AFFEZZIONATI AI PERSONAGGI, QUINDI SE VI IMBATTETE NEL MONDO DI "SONO INCINTA", VI CONSIGLIEREI DI VISITARLO E DI LEGGERE I CAPITOLI ANCHE CON UN PO' DI IRONIA:)

 
UN BACIO E BUONA LETTURA <3





CAPITOLO UNO

Quando tutti credono che la tua vita sia perfetta è difficile sfatare il mito. Genitori con un ottimo lavoro, vacanze lunghe ed emozionanti ogni estate, feste in famiglia, vestiti di marca, il sorriso sempre stampato sul viso ed una certa classe che anche se non vuoi fa parte del tuo DNA. Questa ero io, Bianca Bass, una ragazzina di quattordici anni incapace di urlare al mondo ciò che davvero avevo dentro. Non che odiassi la mia vita, semplicemente in quel momento odiavo vivere in una delle città più belle del mondo dovendo frequentare gli ambienti più “aristocratici”. Secondo i miei genitori quello era solo un momento passeggero dovuto all’adolescenza, ma io dentro di me sapevo che non era così. Semplicemente per la prima volta stavo cominciando a capire cosa volevo davvero dalla vita. E allo stesso tempo, per la prima volta, mi stavo rendendo conto della differenza fra la mia famiglia unita al mondo che frequentavamo e ciò che c’era in periferia o forse dovrei dire in montagna.
Per tutta la vita ero cresciuta con la convinzione che al mondo fossimo tutti uguali ma poi avevo capito che io sapevo sgusciare e mangiare un’aragosta con forchetta e coltello mentre il ragazzo che amavo e tutto il suo gruppo di amici non facevano altro che staccare una chela e morderla succosamente, sempre se ordinavano un’aragosta. Perché detta fra noi avevo la sensazione che il loro ordine avrebbe puntato in una bistecca impanata con le patatine.
Scossi la testa a quel pensiero ed osservai il letto rigorosamente rifatto su cui mi ero appena lasciata cadere.
Non una piega, non un cuscino fuori posto, niente di niente se non nel punto in cui c’ero io. Anche quello era strano, a casa mia era sempre tutto perfetto, merito di Patrizia la nostra governante, a casa degli altri invece, magari anche alle cinque del pomeriggio, le coperte erano ancora tutte aggrovigliate.
Sbuffai e presi il telefono in mano.
Come al solito nessun messaggio da parte di Matteo, nonostante stessimo insieme si faceva sentire solo per la buonanotte e anche quello era un bel punto interrogativo. Quando gli girava sapeva essere il più dolce del mondo ma per il resto del tempo era uno stronzo patentato, che però, aimè, io amavo incondizionatamente. Decisi di non pensarci, avevo già fin troppi problemi per la testa e aggiungerne un altro non avrebbe migliorato di certo le cose.
Ero in camera mia, le lacrime mi rigavano il viso e le mie mani non reggevano più l’oggetto che avevo tenuto in mano fino a pochi secondi prima. Il test di gravidanza era per terra, arrabbiata gli diedi un calcio e lo scagliai dalla parte opposta della stanza.
ERO INCINTA!
Non poteva essere vero, avevo solo quattordici anni!
Certo, per il mio ragazzo ne avevo quindici dato che non gli avevo mai detto la verità sulla mia data di nascita, ma la situazione non cambiava molto. A quella constatazione, mi sedetti nuovamente sul letto e iniziai a pensare, mentre mille dubbi e mille paure si impossessavano della mia mente. Fin dalle elementari avevo sognato un bambino, ma mai avrei pensato di ritrovarmi con la possibilità di diventare mamma senza un lavoro né un compagno stabile. Sospirai e abbracciai Buba, il pupazzo che fin da piccola mi dava più conforto.
Nonostante avessi fatto il test circa un’ora prima, non ero ancora riuscita a metabolizzare davvero la cosa né a rendermi conto se ero spaventata, felice o disperata. Decisi che prima di focalizzarmi su quello avrei dovuto esserne sicura al mille per cento. Già qualche settimana prima avevo provato a fare il test, ma ne era risultato uno negativo e uno positivo, così avevo lasciato correre, eppure i primi segnali erano evidenti: l’assenza di mestruazioni e il fastidio al seno non smettevano di perseguitarmi ed alla fine ero ritornata nel supermercatino dei cinesi a comprare un secondo pacchetto sotto lo sguardo annoiato della commessa che per fortuna non aveva fatto domande troppo intenta a masticare la gomma e a mettersi lo smalto rosso sulle unghie dei piedi.
Quell’immagine mi fece scappare un sorriso, se davvero fossi stata incinta e se fosse stata una bambina, non avrebbe mai dovuto assomigliare a quella cinese! Che poi, mi preoccupavo di quello quando il vero problema erano i miei genitori, ne ero sicura, alla notizia di diventare nonni mi avrebbero buttata fuori di casa, motivo per cui la paura di informarli era tanta! In realtà però neanche quello era il problema principale, nella mia testa riuscivo a pensare solo a come avrei fatto a mantenere il bambino senza soldi e allo stesso tempo al dolore che il parto mi avrebbe procurato. La mia paura per gli ospedali riusciva a superare quella di diventare madre, avrebbero dovuto farmi andare al guinness dei primati per le fobie, mi vergognavo io di me stessa, ma alla fine così ero fatta e nessuno sarebbe mai riuscita a cambiarmi. Che poi, probabilmente non tremavo all’idea di diventare madre per il fatto che io amavo i bambini. Certo, averne uno mio era diverso, lo sapevo perfettamente, ma ciò che mi terrorizzava era l’incapacità di dargli tutto quello che i miei avevano dato a me. Per una ventina di minuti rimasi lì, in silenzio, poi, dopo aver esaurito le lacrime mi alzai in piedi con un’unica sicurezza: Dovevo confidarmi con qualcuno.
Per quanto fosse una situazione complicata e soprattutto delicata, tenermi le cose dentro non era il mio forte. Di solito o scrivevo pagine e pagine sul mio diario personale oppure chiamavo le mie amiche e le tenevo al telefono per circa due ore finché mia mamma esasperata non si metteva a bussare alla porta. Fatto sta che dato che in quel momento non c’era, ancora tremante presi il telefono e composi i numeri, mentre il cuore non ne voleva sapere di rallentate.
«Pronto?»
«Ciao Elena, sono Bianca...»
«Hey hola, come va?» Sorrisi fra me e me, sembrava felice di sentirmi.
«Male, ho bisogno di vederti, vieni il prima possibile, ti prego».
«Va bene arrivo...» rispose titubante, per poi riattaccare, mentre un peso enorme si toglieva dal mio stomaco. Ancora mezza intontita, feci la stessa chiamata anche con Matilde e subito dopo mi diressi in cucina per prepararmi un tè, sperando così di calmarmi un po’. Ero davvero fortunata ad avere amiche come Matilde ed Elena, che, anche se impegnate o lontane, accorrevano da me appena serviva senza farsi nessun tipo di problema.
Stavo ancora pensando ai fatti miei, quando il campanello suonò facendomi rallegrare. Erano loro finalmente!
Con le gambe molli e la paura di essere giudicata percorsi il lungo corridoio per poi, aprire la porta e appoggiarmi al muro.
Che cosa gli avrei detto?
Loro non sapevano neanche che avevo fatto l’amore. Nessuno sapeva che avevo fatto l’amore.
Era stata una cosa talmente tanto bella e personale che avevo deciso di tenermela tutta per me. Matteo nonostante i suoi modi barbari era stato perfetto, dolce al punto giusto. E sapevo perfettamente che nessuno avrebbe mai creduto una cosa del genere dato il suo poco tatto. A quel pensiero mille dubbi si impossessarono della mia mente, non che stessi pensando a qualcosa di brutto in particolare, ma questo scatenò di nuovo in me un pianto dirotto, forse era colpa degli ormoni, chi poteva saperlo.
«Hey che succede?» Chiese confusa Matilde pochi secondi dopo chiudendosi la porta alle spalle, mentre io la osservavo in silenzio. Era una bella ragazza, i capelli lunghi, in verità castani, erano ora tinti di rosso facendola sembrare una pazza, mentre Elena, un po’ meno in carne, con i suoi occhi castani e i capelli marroni mi stava regalando uno dei suoi più bei sorrisi.
«Già, così ci fai paura».
Era strano sentirle parlare così, non che avessero torto, sembravo una fontana, il problema era che di solito ogni volta che c’erano loro, non facevo altro che sorridere e saltellare dalla felicità per questo fra un singhiozzo e l'alto, cominciai a parlare, mentre la gravità della situazione, in cui ero finita, si abbatteva su di me.
«Ho fatto una cazzata, una grossa cazzata, forse la più grande della mia vita!»
«Beh, detto da te, non mi sembra una novità! Tu sei sempre in mezzo a casini» rispose Elena mentre la rossa, con un sorrisetto divertito ribatteva prontamente. «Sono pienamente d’accordo con lei. Che hai combinato sta volta, hai speso tutti i soldi della paghetta?»
«Non capite» le interruppi con forza, sempre più disperata per il fatto che quelle che dovevano essere le mie migliori amiche, non riuscissero a comprendermi e neppure a restare serie. «Questa volta non è un gioco! È un problema, e anche grosso, ho fatto sesso!» Dissi con tutto il fiato che avevo in gola, mentre il sangue mi si gelava nelle vene. Non avrei mai dovuto informarle in quel modo. Il problema era che ero tornata da poco dalle vacanze in montagna dove viveva il mio grande amore e sebbene la scuola fosse iniziata da un po’, non avevo ancora avuto occasione di raccontare alle due ciò che era successo durante i mesi estivi. Il fatto che il liceo ci avesse diviso non aiutava. Nel senso, Elena era stata la mia compagna di banco per tutte le medie e con lei ne avevo combinate di tutti i colori mentre Matilde l’avevo conosciuta da piccola in montagna, dove entrambe trascorrevamo due mesi con le nonne e sebbene inizialmente non andassimo particolarmente d’accordo, con il tempo eravamo diventate inseparabili. Con lei avevo lasciato alle spalle la vita da bambina diventando una ragazza. Forse il fatto che avesse due anni più di me aveva aiutato, ma ciò che davvero amavo di Matilde era il suo modo di vedere il mondo. Lei era la mia migliore amica e nulla e nessuno avrebbe cambiato questo. Ancora immersa in questo ragionamento fui obbligata a ritornare alla realtà.
Entrambe mi osservavano con occhi spalancati probabilmente aspettandosi che aggiungessi qualcosa.
Sfortunatamente io non avevo nessuna intenzione di aggiungere altro ed infatti, dopo qualche altro istante di totale silenzio in cui, probabilmente, entrambe avevano assimilato le mie parole prima di comprenderne davvero il significato, si misero a parlare.
«Cosa?» Urlarono «E con chi lo avresti fatto?» Chiesero, come se la risposta non fosse ovvia a tutte e tre.
Mi pareva di essere in un film. Un film dove la protagonista ha perso l’uso della parola e le comparse non lo capiscono. Un film da una parte comico dall’altra drammatico. Se avevano reagito così alla notizia che avevo perso la verginità non osavo immaginare cosa avrebbero fatto scoprendo della gravidanza. Chiusi gli occhi e sospirai. Speravo di avere ancora un po’ di tempo. Imbarazzata, spostai lo sguardo in giro per il corridoio, cercando così una via di fuga che sfortunatamente non trovai e così, sempre più spaventata, feci un respiro profondo e risposi alla domanda cruciale che mi avevano posto.
«Ho fatto l’amore con Teo...»           
«Cosa? Stai scherzando spero. Sei completamente impazzita?» Esclamò la maggiore, mentre io incerta indietreggiavo di qualche passo. Come avevo immaginato, infatti, Matilde si era arrabbiata, ed anche più del previsto. Elena, invece, se ne stava muta ad osservare la scena.
Infastidita dai due comportamenti strinsi i pugni e presi coraggio. Quelle erano le mie migliori amiche, avrebbero dovuto essere felici per me.
«Sì, lo so! Ho fatto una cazzata, è la prima cosa che vi ho detto ma non me ne pento» gridai in risposta alla rossa con le lacrime agli occhi dovute alla rabbia e alla frustrazione.
«Ma proprio con una persona del genere dovevi farlo?»
«Sai cosa ti dico? Sono contenta di averlo fatto con lui».
«Fai veramente schifo» sibilò mentre io la guardavo ad occhi sgranai. Stava decisamente oltrepassando il limite e questo non mi andava bene. Solo perché, quando eravamo più piccole, lei aveva dato il primo bacio della sua vita a quello che orami era il mio ragazzo da tre anni, non si poteva certo permettere di dire certe cose. Stavo per controbattere quando Elena s’intromise con il tono più naturale del mondo.
«Dai Maty non esagerare, a lei piace Matteo, lo sappiamo tutte e due! E a questo punto, voglio proprio sapere com'è stato» disse con un sorrisino complice, mentre un’espressione sognante appariva sul mio volto.
«È stato veramente fantastico, non me lo sarei mai immaginata così. Si è comportato nel migliore dei modi. Oddio, avevo sempre pensato di fare l’amore in una camera d’albergo con tanti petali di rosa come si vede nei film ma devo dire che è stato bellissimo anche così. Sono stata davvero felice di averlo fatto con lui» mormorai con gli occhi a cuoricino, ripensando al grande momento, avvenuto solo qualche settimana prima. Parlare con le mie amiche della mia prima volta era fantastico, e non avevo nessuna intenzione di rovinare quell’istante che sarebbe restato impresso nella mia mente per il resto della vita. Quando Matteo mi aveva proposto di farlo era stato tutto bellissimo, le sue mani mi avevano accarezzata nel punto giusto e i suoi baci sul mio collo e sulla mia fronte erano stati i più dolci del mondo. Tanto che se inizialmente avevo avuto paura di farlo, ben presto tutto era cambiato ed era stata una cosa così personale e bella che avevo scritto ben venti pagine sul mio diario, ma dato il casino in cui ero finita avevo la sensazione che da quel momento ne avrei scritte tante altre. Nel frattempo Elena e Matilde sembravano rapite dal mio racconto, proprio per questo avevo deciso di aspettare ancora un po’ prima di comunicare la notizia cruciale. Sapevo che nel momento esatto in cui avessi detto a qualcuno del mio “problema” avrei smesso di essere una ragazzina così continuai il mio racconto, cercando di farlo durare il più possibile. Quando l’estate prima Matilde l’aveva fatto con Edoardo, un mio caro amico, io l’avevo ascoltata in silenzio per giorni, Elena invece mi aveva preceduto solo di qualche mese e pure con lei ero rimasta in silenzio, incapace di immaginarmi come sarebbe stata la mia prima volta. Ora, che finalmente avevo raggiunto la tappa tanto attesa dovevo ammettere che ogni prima volta era diversa ed ero convinta che nessuna di noi avrebbe cambiato la sua con quella di un'altra. Che poi, l’unica ad avere una vera relazione e soprattutto duratura, se così si poteva definire, ero io. Stavo con Matteo da ormai tre anni, ma avendo lui un carattere particolarmente complicato, i litigi e i problemi ci avevano accompagnato per la maggior parte del tempo tanto da mettere in difficolta la mia gigantesca pazienza. Lui era il tipo più lunatico e menefreghista del mondo. O le cose venivano fatte come voleva lui e con i suoi tempi o non si andava mai da nessuna parte, certo, a volte poteva risultare complicato ma alla fine avevo imparato a conviverci. La vera difficoltà però era la lontananza. Matteo viveva a centocinquantasette chilometri da me e per raggiungerlo ci servivano circa due ore. Certo, ogni estate trascorrevo due mesi esatti nel suo paese ma il tempo sembrava non essere mai abbastanza. Era per questo che la mia vita girava intorno alle stagioni. Durante l’inverno non facevo altro che contare i giorni sul calendario che mi dividevano dal mio grande amore. Per il resto ci vedevamo solo qualche fine settimana, ma non era facile.
Cullata dall’amore che provavo per lui e per ciò che ogni volta mi lasciava finii il mio racconto per poi lasciare la parola alle mie amiche che mi guardavano sorprese.
«Sono contenta per te, anche se avresti potuto sceglierti una persona migliore. Ora, possiamo andare in camera tua, invece di stare in piedi davanti alla porta d’entrata?» Chiese dopo un attimo di smarrimento Matilde mentre io annuivo un po’ più calma. Sapevo che se si era arrabbiata era stato solo per proteggermi. Lei pensava di conoscere Matteo, ed effettivamente era vero, conosceva una piccola parte del suo carattere, quella brutta, ma solo io ero riuscita a scovare il calore del suo cuore. Subito però mi resi conto che non era quello il momento di pensare al caratteraccio del mio caro fidanzato, dunque mi staccai dal muro su cui mi ero appoggiata e feci segno alle mie amiche di seguirmi in camera nel più totale dei silenzi, ma nel momento esatto in cui misi la mano sulla maniglia, Elena riprese a parlare.
«Spiegami una cosa, se sei così felice di aver fatto l’amore con Matteo, perché prima stavi piangendo?» Impietrita da quelle parole, andai a sedermi sul letto mentre il cuore, che da un po’ si era calmato, riprendeva a battere velocissimo.
«Ehm… io…» sussurrai con un groppo in gola, sperando di trovare una balla abbastanza decente da dire, sapevo che da li sarebbe dipeso il mio futuro. Nel momento esatto in cui avessi pronunciato quelle parole, tutto sarebbe cambiato. La mia vita sarebbe cambiata, il mio rapporto con le mie amiche sarebbe cambiato, in pratica tutto il mio mondo. Stavo appunto per rispondere quando Matilde si mise in mezzo.
«Lo so io il motivo…» mormorò, con una voce talmente strana, da non sembrare neanche sua.
Sobbalzai a sentire quelle parole e, per qualche secondo, restai in silenzio, riordinando i pensieri, mentre Elena ci guardava senza capire, spostando lo sguardo, da me, alla rossa.
Cosa significava quella frase?
Sapeva forse qualcosa?
Immediatamente scacciai quell’idea dalla testa, era decisamente impossibile. Nessuno sapeva della mia gravidanza, fra un po’ non lo sapevo neanche io. Decisi di posare la mia attenzione su di lei, sperando di capire qualcosa dalla sua espressione. Matilde, con il viso contratto in una smorfia indecifrabile stava guardando per terra. Seguii il suo sguardo con il cuore che batteva a mille e le mani che cominciavano a sudare freddo. Avevo paura: solo una cosa poteva aver catturato la sua attenzione in quella maniera, un oggetto che mi ero dimenticata di spostare, un oggetto che avrei preferito non vedere mai nella mia vita prima dei venticinque anni...
Il test di gravidanza!
A quella vista m’immobilizzai di colpo e senza che me ne rendessi conto le lacrime ricominciarono a scendere. Avevo paura, per la prima volta da quando ero nata avevo davvero paura.
Cosa sarebbe successo?
Come l’avrebbe presa Matteo?
Che cosa avrei fatto?
Sarei riuscita a finire la scuola?
Sarei riuscita a crescere il mio bambino?
Non ero pronta!
Sapevo di non essere pronta! Mi vergognavo a pagare il conto al ristorante, a fare compere, io la ragazzina timida e un po’ bambina, io che stavo per diventare mamma.
«Bi, sei incinta?» Sentii sussurrare subito dopo. Non sapevo chi delle due stesse parlando, ma feci cenno di sì con la testa per poi mettere il viso fra le ginocchia e chiudere gli occhi, sperando di svegliarmi da quel brutto sogno, che si era impadronito di me. Era buffo, tutti mi avevano detto che per fare l'amore bisognava sentirsi pronti ed io, quando lo avevo fatto, ero pronta. Avevo usato il preservativo, mi ero assicurata di avere tutto il tempo a disposizione spegnendo il cellulare per non essere disturbata, ero sicura di amare il mio ragazzo, e allora perché, facendo l’amore una singola volta, una singola ed insignificante volta durata circa mezz’ora mi ero incasinata la vita?
Com’era possibile che tante ragazze lo facessero solo per il gusto di farlo continuando a vivere come se niente fosse?
Com’era possibile che io, che aspettavo quel momento da quando avevo scoperto cosa significasse amarsi, fossi finita in quell'inferno?
 
 
 
 
  
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