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Autore: past_zonk    15/11/2010    7 recensioni
"Fuori s’inizia a sentire il rumore della pioggia che precipita dal cielo. La finestra semiaperta lascia che un soffio si vento gelido penetri nella stanza spoglia. Matt rabbrividisce, Dominic non s’accorge quasi di quell’alito puro. Nulla ha senso."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Breathe
 
Ci sono più citazioni dei Baustelle qui' che in una loro canzone.



 
Il telefono urla con lo stesso decadente squillo senza età che si ripete all’infinito come i motivi floreali sul tubino dell’atricetta lavata con saponi sporchi francesi.
Prendere fiato dopo questo lungo periodo.
La voce troppo acuta d’un pianto e d’un mugolio invoca quel nome che inizia con la D. e con le labbra rifinisce i confini della realtà.
-Ci prendiamo un tè a casa tua?.-
E il punto interrogativo non dovrebbe esserci, dato il tono di Matt. Non è una domanda ed ha la stessa lucidità di pensiero che si ha dopo essersi amati da soli, con una mano a toccare i boxer elasticizzati. Quando l’aria scricchiola e tu ansimi solo.
Niente. Non c’è lucidità.
 
Dentro la vasca sporca come il cielo, sporca di umori e orgasmi, sporca di prostituzione, nera come quella di un motel, pelle morta che galleggia.
-Che sarà di noi?.-
-Non urlare questo mentre vengo.-
Ora viene, Matt.
Nella vasca sporca.
I due corpi si spingono, si sta stretti e l’acqua ormai è fredda.
‘E’ la mia droga non può farmi male’.
Dom affonda nel lerciume della pozza ad inghiottire acqua ed a baciare il membro sommerso di Matt.
I capelli aderenti al collo.
E la mano di Matt si sommerge e va fra le natiche di panna e caffè del biondo.
E vagano violente e fanno ‘splash’.
E fa freddo. Molto freddo.
Come quella sensazione, quando il mondo ti rinnega e tu lo lasci fare. Lo sapete vero? Quando ti recludi. E diventi intellettualoide. E diventi strambo e tutti ti vedono distorto. E da quel momento tu sei un tipo strano un tipo che no, la figlia quindicenne il tuo concerto non lo vede, un tipo che le mani del tuo amico D. ti fanno morire. Diventi un tipo gay sporco più sporco di quell’acqua. Matt non voleva divenire quello. Per un po’, per ora poteva esserlo. Poi basta. Era il momento di scoparsi qualche bionda e vaffanculo Dom e…E.
Era il momento dell’alibi e dei pensieri confusi. Era il momento dei Doors. E di Hoodoo. Era il momento di non urlare per le carezze di Dom che –mio dio- non poteva stare di più lì sotto senza schiattare.
E la mano nodosa di Matt lo tira su di peso per i capelli e lo lascia respirare un po’ e poi gli bacia quelle schifose labbra gocciolanti che –mio dio- vorrebbero fargli schifo. Dovrebbero.
Poi lo lascia respirare un altro po’ e Dom mangia e addenta l’aria.
E Matt gli dice –Non è ancora giunto il momento che tu muoia. Non con la bocca sul mio pene. –
E sembra tanto una cosa della quale ridere .
Grottesco.
E Dom no –Buon dio- non parla.
E in casa squilla il telefono, e forse potrebbe essere Matt, ma no che dice? Matt è lì.
E Matt lo ribacia e questa volta c’è più lingua. E nell’acqua tutto pesa di meno. Tutto, che parolone.
Gli occhi del moro sembrano più liquidi. D’un blu lago malato.
E D. non sa parlare, ma sorride con quella faccia da bravo ragazzo.
Nel 1991 suo padre diceva che avrebbe potuto far carriera da avvocato. Persino il giudice più spietato, diceva, si sarebbe sciolto di fronte a quegli occhi grigi. Ma questo è altro. Suo padre è morto. Quella costatazione non è più vera. Nessuno la pensa. Niente è più vero. Nessuno pensa.
Matt non s’è sciolto con quegli occhi. No.
Matt parla con parole di burro. Con paroloni scivolosi di bolle e bagnoschiuma.
Matt recitava un canto cauto d’addio.
-Non credo ci dovremmo più vedere. Non in queste circostanze.-
Ma a Dom non importa, no davvero.
Dovete credermi! La scrittrice sono io!
La vasca diveniva l’acqua del mare increspata, il soffitto di stelle cadenti crogiolanti spuma di blu acceso e radiazioni.
A D. non importa di quell’addio.
-Insomma tu fai finta di nulla.-
Dom non era ingenuo. Di addii ne aveva sentiti tanti. Nessuno era così poco credibile.
Matt sarebbe tornato arrapato da lui. Piangendo.
I giornali si sarebbero dimenticati quel bacio.
Dom non aveva paura. Matt era suo.
-Ma non credere che per me non sia contato niente.-
E Matt, mentre ciarla, con le dita raggrinzite, ripercorre le labbra del biondo.
Dom di collant ne ha visti tanti.
-Non t’amo. -
Primo bacio. Le labbra del moro tremano viola.
- No. Non t’amo. –
Un secondo bacio. La lingua callosa percorre i denti del biondo. Sono lisci.
- Non mi attrai.-
E le erezione spinge contro l’ombelico del biondo.
- Sono felice, così, senza te. –
Sotto la palpebra, poco sotto, lì, c’è una lacrima nascente.
D. lo sa, D. non ha paura. Ora, no.
-Matt ti amo.-
-Anche io, amore mio. Ti amo all’infinito Dominic.-
-Matt ti amo.-
-Si’ Dom. E non t’importa nulla.-
-No, nulla.-
-Ma a me sì.-
-Fa niente. Io ti amo.-
-Sai che sono tuo. Lo sai, vero? Non lo dimenticare.- soffia M.
-Lo farò forse. Sto pensando di farlo.-
-E’ un addio.-
-No che non lo è-
 
Matt, prima di uscire dall’appartamento di D. , ha scritto su un post it, con grafia barcollante ‘Io ti amo.’
Poi, con passo deciso è uscito a cercasi una donna. Magari una famosa, con la quale accecare i giornali.
Dom, forse, ha pianto, ma io non sono di quelle scrittrici onniscienti e comunque, ora, lo lascerei un po’ solo.
Nel suo asettico appartamento, col suo asettico umore, nella sua asettica Londra e con fra le dita la nient’altro che asettica sigaretta.
 
E friggiamole, ‘ste paure.
 
 
Non ho neanche il tempo di ringraziarvi uno alla volta.
Giuro che questo è un capitolo di transito. Giuro che nel prossimo ci sarà qualcosa.
L’ho scritto dormendo. Sto male e la vita va, male ma va.
Grazie per aver letto fin qui. Se ne vale la pena.
S.
   
 
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