1.
Dolore,
rabbia, frustrazione, abbandono. Questo dilaga nella tua mente. Ti senti
perduto?
Sì.
Che
cosa provi? Rabbia?
Disperazione. Odio. Provo odio.
Lo odio.
Oh, so
cosa senti… Lo so. Ti capisco.
Come puoi? Mi hanno abbandonato. Erano
tutto per me. La mia famiglia… loro dove sono? Anche loro non mi cercano?
Oh, puoi
starne certo, ragazzo. Non ti cercano. Sono convinti
che tu sia morto!
NO! Come può essere? Li odio… li odio!
Sì! Sì!
Tu li odi! Tu, che li hai sempre amati con tutto te stesso.
Tu che sei sempre stato un punto di riferimento per loro… tu li odi…!
Sì.
Allora
vieni da me!
No.
No?
Come posso?
Come? Lo
sai. Alzati e incamminati verso il tuo destino. Ti istruirò
io. L’arte va tramandata da padre a figlio. Lascia che io sia tuo padre e che
tu sia il figlio che loro mi hanno tolto.
Sì.
Alzati!
Va bene.
L’uomo
si alza a fatica. Il respiro affannoso, la fronte imperlata di sudore, le
spalle scosse da tremiti di dolore e di freddo. Un freddo che lo prende
dall’interno, la consapevolezza di essere vivo, di
essere lì. Si tocca la faccia. Come può essere ancora
vivo? L’incantesimo lo ha colpito in pieno. Non era alla sua
forza più distruttiva, pensa. Sì. Un accenno di un lieve sorriso compare
sulle sue labbra. Lo ha studiato a scuola, quasi due mesi prima.
Le gambe
quasi gli cedono, gli fanno male. Quella voce, quella voce subdola dentro di
lui lo ha risvegliato dal torpore che lo aveva preso, in
quella posizione disteso, così vicina alla morte. Ed
ora lo aveva invitato a camminare. Muove un passo, poi un altro. La testa
comincia a girargli, lo prende una nausea improvvisa, si preme una mano sullo
stomaco, piegandosi su se stesso, sentendo il sapore amaro della bile sulla
lingua. Ancora scosso da violenti conati continua a
camminare in quella landa desolata. Si ferma un’ultima volta, per riprendere
fiato, appoggiando le mani sulle ginocchia. Alza la testa, socchiudendo le
palpebre nel grigiore piovigginoso che preceda l’alba.
Nella nebbia la figura incappucciata di una specie di monaco guarda verso di
lui. “Chi sei?” chiese l’uomo guardandolo. Una strana risata scuote la figura
immobile davanti a lui. “Sono la tua paura, il tuo rancore… il tuo odio! Sono
te!”. L’uomo drizza la schiena incurante degli spasmi di dolore che lo scuotono.
“Tu sarai mio padre?” chiede. Il monaco annuisce.
“Sì
figlio mio. Io sarò tuo padre. Vieni con me, lascia che ti istruisca,
che ti faccia diventare un vero re!”
“Ti
seguo… Voglio la mia vendetta!” grida l’uomo nella nebbia che li avvolge. “Mi
aiuterai?”
“Certo,
figlio mio. Gli faremo vedere che non è l’unico essere eccezionale!”