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Autore: LaTuM    17/11/2010    7 recensioni
"Allora fa qualcosa! Cruciami! Impastoiami! Schiantami!”
“Vorrei tanto Malfoy! Tu non hai idea di quanto vorrei schiantarti in questo momento!” sibilò Harry a pochi centimetri dal volto del biondo “Ma non posso…”.
E Draco, in quell’istante, capì.
[post 7° libro senza epilogo, pre-slash]
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Alles Verloren - Capitolo 3

Disclaimer: Tutto appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.

 

 

Alles Verloren

Capitolo 3

 

Nonostante fosse provato sia fisicamente che mentalmente, Draco si alzò di buonora la mattina successiva. Quando i suoi occhi focalizzarono la stanza in cui si trovava ebbe bisogno di qualche secondo per ricordarsi che quella era la camera degli ospiti di Grimmauld Place, la casa di Harry Potter.

Il biondo sbuffò, memore di tutto quello che era successo e che si erano detti il giorno precedente, nonostante – per sua fortuna – la conversazione fosse stata molto limitata.

Io non ti odio, gli aveva detto Potter prima di abbandonarlo in cucina. Solo un Grifondoro poteva uscirsene con patetiche frasi di quel genere. Non si dice non ti odio al proprio peggior nemico. Sempre che Potter lo considerasse tale. Per quanto Voldemort fosse stato il vero antagonista del moro, era lui a considerarsi il vero nemico del ragazzo, era lui che lo faceva disperare a scuola, era da lui che doveva sempre guardarsi le spalle.

Forse era lui  a darsi troppa importanza. La verità era che Draco Malfoy era semplicemente una spina nel fianco per Harry Potter, nulla di più.

Con un gesto secco e stizzito il biondo scostò le coperte e scese dal letto, rabbrividendo al contatto con la pietra nuda. Avrebbe dovuto farsi portare un tappeto per evitare un così spiacevole contatto con la realtà.

Si passò una mano sugli occhi e – dall’armadio ancora aperto – tirò fuori un semplice completo nero, sobrio ed elegante ma allo steso tempo comodo. Era stata spesso la sua informale tenuta casalinga quando ancora viveva al Manor e trascorreva giornate tranquille in compagnia di sua madre e, talvolta, anche di suo padre.

Draco prese gli abiti e, accertandosi che non ci fosse nessuno in corridoio, andò velocemente in bagno a cambiarsi.

Si lavò e si vestì con molta calma. Non aveva idea se Potter alle otto di mattina fosse già sveglio o cosa stesse facendo, per cui Draco decise di seguire i propri ritmi, magari decelerandoli di un poco, giusto per.

Tornò nella sua stanza, mise il pigiama su una sedia posta non troppo distante dal letto e, stando bene attento a dipingersi sul volto l’espressione più snob ed austera che possedesse, scese le scale e raggiunse la cucina.

Quando via quando si sorprese nel vedere Potter già seduto a tavola intento a gustarsi uova e pancetta mentre leggeva una pagina del Corriere del Quidditch, lasciando da parte la Gazzetta del Profeta, che probabilmente aveva già sfogliato distrattamente, a giudicare dall’impietoso stato in cui versavano le pagine.

“Buongiorno…” lo salutò Harry prima di riempiersi la bocca di una generosa porzione di uova.

“Non avevi detto che avremmo dovuto mangiare sempre insieme?” gli domandò Draco perplesso, stordito dal profumo invitante della più classica e succulenta colazione inglese.

“Non sapevo a che ora ti saresti svegliato e siccome devo uscire per un po’, avevo optato per lasciarti un post-it” spiegò il ragazzo mostrando al biondo un foglietto giallo pallido.

“Un post-che?”

“Post-it. Sono foglietti adesivi che principalmente i Babbani usano per lasciarsi i messaggi se non ci sono. Scrivi qualcosa e poi li attacchi al frigorifero. Il più delle volte si staccano, ma solitamente non vanno molto lontano e abbassando lo sguardo li trovi senza troppe difficoltà.”

Draco alzò un sopracciglio chiaramente perplesso.

“Li trovi su quel ripiano accanto alla biro, tutto chiaro?” spiegò Harry.

Il biondo fu tentato di domandargli come avrebbero potuto funzionare delle penne prive di boccette d’inchiostro, ma si trattenne anche perché Potter non gli diede il tempo di parlare e continuò la sua spiegazione.

“Immagino di dover rispondere di sì” rispose lui facendo una smorfia.

Harry sorrise e versò del the in una tazza poco distante da dove sedeva lui.

“Penso sia la risposta corretta”  mormorò Harry facendogli segno di accomodarsi “Dentro queste cose – conosciute come pentole e padelle – c’è la colazione. Serviti tranquillamente. Ti consiglio di provare il pane alla pancetta di Kreacher, è squisito” concluse il ragazzo afferrando una borsa di tela malconcia che era appesa ad una sedia.

“Il frigo è quel coso lì bianco, comunque. Io ora devo uscire, tornerò tra poco” disse Harry raccogliendo le stoviglie e mettendole nel lavandino. A lavarle ci avrebbe pensato Kreacher.

“Dove vai?”

“Commissioni nel mondo Babbano tra cui una piccola spesa alimentare di cose che purtroppo non è possibile reperire a Diagon Alley. Tu hai bisogno di qualcosa?”

“Sai che non ho soldi e non posso permettermi nulla.”

“Vuoi che ti dia una paghetta settimanale per comprarti le tue cosine?” lo schernì Harry prima di vedere l’espressione omicida dipingersi sul volto di Draco “Stavo scherzando, Draco!” lo rimproverò il moro chiamandolo per nome “Sei mio ospite, se ti serve qualcosa basta che tu me lo dica.”

“L’unica cosa di cui avrei bisogno sarebbe tornare a vivere al Manor, ma considerando che tutto ciò non è possibile. No, grazie. Non ho bisogno di nulla.”

“Ok…”

“Ok.”

“Vado, ho poco tempo e molte cose da fare, tornerò per pranzo!”

“E io cosa faccio qua per tutto il tempo?!”

“Innanzitutto colazione” rispose Harry fermandosi sulla porta della cucina “Poi puoi sempre girovagare un po’ per la casa. Diverse stanze sono chiuse a chiave per sicurezza, altre per scelta. Domanda a Kreacher di mostrarti la nuova biblioteca, potresti trovarci qualcosa d’interessante.”

Gli occhi di Draco s’illuminarono.

“Hai libri del nostro mondo?”

Harry scosse la testa.

“Solo Babbani, ma sono sicuro che saprai adattarti. Ti consiglio Il Mago di Oz, sono sicuro che ti piacerà” rispose il moro e, con un cenno della mano, lo salutò e sparì nell’ingresso. Dopo due secondi Draco sentì la porta sbattere, segno che Potter se n’era veramente andato lasciandolo lì con un palmo di naso.

Potter l’aveva lasciato completamente solo senza troppe cerimonie! Come padrone di casa faceva davvero schifo…

Sbuffò per l’ennesima volta in quella mattinata ma decise che poteva anche iniziare a mangiare.

 

***

 

Il biondo chiuse irritato la copia di un noioso romanzo sui vampiri. La letteratura Babbana faceva davvero schifo. E sicuramente era quel romanzo ad essere penoso. I Babbani erano proprio ignoranti quando facevano della magia e delle creature fantastiche l’oggetto dei loro scritti.

Il biondo aveva adocchiato poggiato su tavolino da lettura accanto alla poltrona rossa (quella che aveva scelto lui era verde, probabilmente Potter aveva pensato anche a questo… forse non faceva poi così schifo come ospite) la copia con la copertina sbiadita de ‘Il Mago di Oz’, ma non avrebbe mai dato a Potter la soddisfazione di leggerlo. Il Grifondoro doveva essere molto affezionato a quel libro per ridurlo in quello stato, considerando che le pagine erano tutte spiegazzate, ingiallite e consumate. Doveva essere un patetico libro per bambini Babbani che non si avvicinavano neanche per sbaglio a quella che era la vera magia. C’erano dei disegni sulla copertina, ma Draco non era in grado d distinguerli.

Il biondo buttò distrattamente il libro che stava leggendo sul tavolino da lettura accanto alla sua poltrona e sbadigliò. Non poteva neanche divertirsi a frugare – e magari impossessarsi – delle cose di Potter. Non senza magia, almeno, e le chiavi per chiudere o aprire le teneva nascoste il moro da qualche parte. Non escludeva neppure che le avesse portate con sé, legate a quell’enorme mazzo di chiavi che gli aveva visto mettere nella borsa mentre usciva di casa.

Si alzò e provò a fare un salto in cucina ma il tono ben poco garbato dell’elfo che gli domandava che diavolo ci facesse lì, lo fece desistere dal proseguire la sua ispezione. Tornò in biblioteca e si mise alla ricerca di un qualche titolo interessante, lasciando perdere la patetica lettura sui vampiri su cui si era concentrato poco prima.

Fu una piccola serie composta da tre libri a catturare la sua attenzione e, mettendo un soprammobile al posto dei volumi mancanti, li prese tutti e tre e li portò nella sua stanza.

 

Quando Harry tornò Draco lo stava aspettando in salotto seduto su una delle tante poltrone verdi che Potter aveva sparso per la casa. Inizialmente aveva pensato che si fosse trattato di un caso, ma poi aveva notato che più o meno in ogni stanza – a seconda delle attività che vi svolgevano – c’erano oggetti verdi e rossi. Era un patetico Grifondoro, ma in quelle ore che aveva trascorso da solo aveva avuto tempo di notare queste piccolezze e, stranamente, Draco si era ritrovato ad apprezzarle, anche se non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura.

“Kreacher!” chiamò il moro e un sonoro crack annunciò che l’elfo si era spostato dalla cucina all’ingresso.

“Il padrone ha chiamato?”

“Hai già cucinato?”

“Sì, lo stufato è pronto per essere servito, signore” rispose l’elfo e, anche se Draco non poteva vederlo, era certo che la creatura si fosse inchinata davanti al cospetto di Potter.

“Puoi tenerlo da parte per la cena? Ho comprato qualcosa mentre ero fuori…”

“Come vuole il padrone” rispose l’elfo e con un secondo crack tornò in cucina.

Draco sentì i passi del moro avvicinarsi sempre di più a lui, finché non lo vide comparire sull’ingresso con un sorriso soddisfatto dipinto sul viso.

“Fame?” domandò lui.

In verità Draco era vicino all’auto-digestione, ma si limitò a rispondere che sì, quella sarebbe anche potuta essere ora di pranzo.

“Ho comprato il pranzo dal take-away non distante da qui, è ancora caldo e la cola è ancora fresca” disse Harry avvicinandosi al tavolino davanti al camino (al momento spento) e posando un sacchetto di plastica su di esso.

“Cos’è un take-away?”

“Una specie di Paiolo Magico, solo che invece di mangiare lì, compri il cibo e te lo porti a casa. Ci sono cibi per tutti i gusti, ma il mio preferito è il cinese.”

“Cinese?” chiese Draco strabuzzando gli occhi.

“Spaghetti di soia con verdure, riso alla cantonese, pollo alle mandorle o al limone. Immancabili i dolcetti della fortuna” spiegò Harry tirando fuori degli involucri argentati dal sacchetto “Ho preso anche le posate perché non so come te la cavi con le bacchette. Io queste cose preferisco mangiarle così” continuò a dire il moro mostrando a Draco due bastoncini di legno che avevano di tutto, tranne che un’aria vagamente magica.

“E vorresti mangiare qui così, senza nemmeno i piatti?!”

“Sì” rispose Harry inchiodando gli occhi in quelli di Malfoy con uno sguardo che non ammetteva repliche.

“Ok” poté solo dire il biondo accettando sospettoso una cosa rossa che gli porgeva l’altro.

“Questa è Coca-Cola.”

“E cosa sarebbe?”

“Considerala la Burrobirra Babbana…”

Draco non era molto convinto di quello che gli stava offrendo Potter, però dal canto suo sapeva che doveva fare un piccolo sforzo. Quella sarebbe diventata la sua vita e non poteva cambiare le cose. E se significava accettare di buon grado di pranzare con un patetico Grifondoro bevendo e mangiando cibo Babbano cucinato da Babbani… avrebbe fatto lo sforzo.

L’anno appena passato l’aveva costretto a rivedere le sue priorità e le proprie convinzioni, comprendendo che molto di quello che gli era stato insegnato era stato ciò che li aveva visti diventare i perderti di una guerra senza né capo né coda. E ora a lui, sopravvissuto e scagionato, toccava pagarne le conseguenze, abbassando il capo e facendo penitenza, sopportando la convivenza con la sua nemesi. Era bello pensare a Potter come la propria Nemesi, riusciva a dare un’aria più aulica alla loro inimicizia, rendendola meno patetica di quanto in realtà non fosse.

“Hai…” provò a dire Draco “Hai fatto le tue commissioni?”

Harry smise di masticare e lo guardò quasi fosse stato posseduto.

“Sto cercando di fare una vaga conversazione civile, non guardarmi come se mi fossero spuntate corna da alce sulla testa!” lo rimbeccò Draco “Non ho alcun tipo di corna, vero?”

Harry rise e scosse la testa.

“Niente corna e, sì, ho fatto quello che dovevo fare. Certo, spendere soldi non è mai piacevole, ma è una cosa che desideravo da anni!”

“Potter, se volevi essere ambiguo ci sei riuscito benissimo…” sbottò Draco infilzando in bocconcino di pollo. Non che fosse entusiasta dell’idea di dirlo a Potter, ma quello che stava mangiando era abbastanza di suo gusto.

“Al compimento dei diciassette anni* nel mondo Babbano – anche se non sei ufficialmente maggiorenne - puoi guidare un’automobile. Sono sicuro che le hai viste almeno una volta in vita tua, sono quelle scatolette di latta con quattro ruote che vanno in giro per le strade di Londra senza essere trainate da cavalli alcuni. O Thestrals, nel caso delle carrozze di Hogwarts.”

“Sai Potter, per quanto ignorante e tagliato fuori dal mondo Babbano, certe cose credo di conoscerle” disse irritato lui quando in realtà non è che avesse avuto ben chiaro fino a quel momento cosa fossero realmente le autonobili “Quello che non capisco è cosa te ne faccia…”

Harry arricciò le labbra.

“Ehm… andare in giro?”

“Non hai ancora passato l’esame per Smaterializzarti?”

Il moro si morse nervosamente le labbra.

“Non mi piace smaterializzarmi, ho avuto una brutta esperienza – anche se indiretta – quando Ron si è spaccato lo scorso anno.”

“Passaporte?”

“Altra brutta esperienza nel labirinto alla fine del Torneo Tremaghi. La coppa era una Passaporta, Voldemort è risorto e Diggory è morto.”

“Metropolvere?”

“La prima volta che l’ho usata ho sbagliato e sono finito a Nocturne Alley dove c’era tuo padre che stava rivendendo oggetti sospetti da Magie Sinister.”

“Merlino, Potter! Sei assolutamente incapace di viaggiare nel mondo magico!”

“Mi piace volare, ma muoversi per Londra a bordo di un manico di scopa è un po’ scomodo. O metropolitana o automobile, non appena riuscirò a prendere la patente.”

“Cosa te ne fai della patente nel Mondo Magico?”

Il moro sospirò e si curò di non guardare Draco mentre rispondeva.

“Può sempre tornarmi utile.”

“Perché anche se non hai ancora diciotto anni, com-”

“Sai quand’è il mio compleanno?!” domandò Harry basito, lasciando cadere le bacchette nella vaschetta degli spaghetti di soia.

“Tutti sanno quand’è il compleanno di Harry Potter. Ho sentito parlare di te per dieci anni prima di conoscerti.”

Harry scosse la testa, ancora adesso la cosa lo straniva sempre sapere quanto gli altri sapessero di lui, quando lui per quei dieci anni delle sue origini e del suo passato non aveva saputo praticamente nulla. Aprì la confezione con l’altra porzione di pollo, ma constatò con disappunto che questo si era raffreddato.

“Kreacher” chiamò Harry e l’elfo apparve in un istante davanti a lui.

“Padrone…” disse l’elfo con un inchino.

“Puoi riscaldare questo?” gli domandò il moro porgendogli la vaschetta d’alluminio..

L’elfo – con uno schiocco delle dita – fece quanto gli era stato chiesto prima di sparire e tornare ad occuparsi delle sue faccende.

“Perché non l’hai fatto tu?” gli domandò Draco.

“Non avevo a portata di mano la bacchetta” rispose prontamente Harry.

“Potevi andarla a prendere…”

“Se hai un cane non ti riporti il bastone da solo…” mormorò il moro concentrandosi sul pollo finalmente caldo e Draco fece lo stesso con la sua porzione di cibo.**

“Che frase così poco da Grifondoro” lo schernì Draco ed Harry si limitò a scrollare le spalle, indifferente.

 

Al biondo però non sfuggì il lieve sospiro – vagamente affranto - che poco dopo Harry soffocò nella lattina di Cola.

 

***

 

Era un mese che Draco viveva a Grimmauld Place e da quando era arrivato non era uscito di casa neanche una volta. Non che Potter non glielo avesse proposto, ma lui aveva sempre declinato. In realtà avrebbe fortemente voluto uscire, ma temeva il momento in cui avrebbe rimesso piede a Diagon Alley. Quello non era il suo posto, non al momento, almeno. Per quanto fosse stato scagionato da tutte le accuse (e dovere la sua libertà vigilata a Potter era una delle cose che più lo feriva nell’orgoglio) sapeva che di certo il suo nome non avrebbe più avuto alcuna influenza su nessuno. Cosa se ne faceva la gente del nome Malfoy, quando oramai l’unico valore che avevano quelle lettere era stato aver involontariamente prestato ad Harry Potter la bacchetta con cui aveva sconfitto Voldemort. Nulla di più. Il suo biancospino era stato sequestrato, sigillato e consegnato al suo custode. Il Grifondoro non pareva minimamente preoccupato dall’idea che Draco potesse trovare la sua bacchetta: era come un cavaliere senza spada, incapace di difendersi, incapace di attaccare. Il mese del suo processo (Potter aveva insistito affinché lo processassero subito e Draco gliene era stato molto grato) non era stato particolarmente difficile, considerando che l’aveva trascorso nelle sue stanze al Manor e con gli elfi a servirlo, la magia non gli era servita poi così tanto.

A Grimmauld Place le cose non erano andate molto diversamente: Kreacher lo serviva e Potter… beh, Potter faceva quello che gli pareva. Facevano colazione, passavano il tempo in biblioteca o nelle loro camere e il pomeriggio Potter usciva. Da quel che aveva capito, tre volte a settimana andava a scuola per imparare a guidare le autonobili, mentre gli altri giorni… gli andava semplicemente di uscire.

Draco apprezzava molto quando il moro tornava a casa con il cibo Babbano che acquistava ai take-away. Ne avevano provati di diversi, da una strana cosa di carne chiamata kebab che però si era rivelata troppo speziata per il suo fine e nobile palato inglese, passando per l’esotico sushi (ma anche lì Draco aveva declinato: il pesce crudo lo disgustava) all’indiano. Ma alla fine il palato del Serpeverde era stato catturato dal cibo cinese che Harry gli aveva portato a casa il suo secondo giorno di permanenza a Grimmauld Place. Quel pranzo aveva in qualche modo sancito una sorta di resa – soprattutto da parte sua – nei confronti del moro.

 

“Posso mandare Sarpedon in Francia con una lettera per mia madre?” chiese Draco un venerdì pomeriggio, giorno in cui solitamente passavano tutto il tempo a casa e di rado Harry usciva.

“Non vedo perché no…” rispose il ragazzo alzando gli occhi dal Times. Una cosa che gli piaceva fare era leggere sia la stampa magica che quella Babbana e – a detta del moro – il Times era l’unico giornale che facesse il suo lavoro e non fosse una semplice raccolta di gossip.

“Sai, complotti da Mangiamorte.”

“Gli Auror francesi sanno perfettamente dove si trova tua madre, intercetteranno sicuramente il tuo gufo e si assicureranno che sia la lettera del figlio a cui manca la sua famiglia. Se così non fosse la lettera sarà opportunamente distrutta” rispose Harry quasi totalmente privo di tono. La guerra l’aveva cambiato e per quanto non avesse perso il suo spirito da buon Grifondoro, la freddezza e l’apatia di certi suoi commenti e risposte riuscivano a terrorizzarlo. Ma in fondo la guerra aveva cambiato anche lui… se gli avessero detto che sarebbe riuscito a convivere – per quanto fosse una convivenza alquanto fredda – con Harry Potter, si sarebbe messo a ridere in faccia a chiunque avesse osato predire qualcosa di così apocalittico per il suo futuro.

“Non ho intenzione di tramare alle tue spalle, voglio soltanto farle sapere che sto bene, più o meno.”

“Deve mancarti molto” constatò il moro.

“Ovviamente. Ma ti posso assicurare che, pur essendo cresciuto con una madre, non ho ricevuto tutte le attenzioni o l’affetto che possono aver ricevuto i Weasley.”

“Che intendi dire?”

“Che noi Malfoy siamo nobili e questo fa sì che dobbiamo rispettare un’etichetta, che ci piaccia o meno.”

“E l’etichetta dice anche che le madri non devo amare i propri figli?”

“Mia madre mi ama a sufficienza, e l’ha anche pienamente dimostrato.”

“Mentire a Voldemort per salvarti è stata un’azione molto Grifondoro…”

“Non insultare mia madre, Potter!”

Harry sbuffò ma sorrise divertito.

“Manda pure il gufo a tua madre.”

“Stasera le scriverò allora” disse Draco mentre Harry annuiva.

“Bene!” fece allora il moro “Direi che allora possiamo uscire!”

“Possiamo?”

“Non ti va di mettere il naso fuori di casa?”

“Non sono il benvenuto…”

“Ma nella Londra Babbana nessuno sa chi sei e ora ti sei fatto una cultura sufficiente per sopportare un giro a Candem e un salutare pranzo da McDonald’s…” disse Harry squadrandolo da capo a piedi “Prima però è meglio se facciamo sistemare da Kreacher alcuni dei miei vestiti, ho idea che – per quanto le stranezze siano ben accette – le vesti da mago siano un po’ eccessive.”

“Non mi metterò i tuoi vestiti Potter!”

“Oh, sì che lo farai” rispose Harry afferrandolo per un braccio e trascinandolo fino in camera sua, dove chiamò Kreacher, affinché l’elfo – una volta individuati dei jeans e una semplice t-shirt – li adattasse a Draco.

“Non sono mai stato bravo con gli incantesimi casalinghi” si giustificò il moro.

L’altro sbuffò mentre l’elfo prendeva le sue misure con la magia. La stanza di Potter era esattamente come aveva immaginato che fosse: identica alla sua, con l’unica differenza che tende, lenzuola, cuscini e poltrone erano rossi, gli inserti dei mobili invece dorati (a differenza dei suoi che erano argento). Quella era indubbiamente la camera di un Grifondoro e la cosa lo fece rabbrividire. A casa sua il rosso e l’oro erano colori che, accostati, erano praticamente proibiti e ritrovarsi circondato da queste tonalità lo mise quasi a disagio.

Con un semplice schiocco di dita, il biondo vide i vestiti di Potter trasformarsi e cambiare dimensione, prima che Kreacher, a seguito di un inchino, si congedasse.

“Perfetti!” gli disse Harry mettendogli tra le braccia un paio di scarpe da tennis, dei jeans blu con un taglio sul ginocchio e una maglietta nera. Con un sorriso d’incoraggiamento gli indicò la porta, invitandolo cortesemente a lasciare la stanza.

“Usciamo tra venti minuti”

 

Draco annuì anche se ai suoi occhi non sfuggì il fatto che la Firebolt del moro fosse attaccata al muro e coperta di polvere.

 

Note dell’autrice:

* In Inghilterra i ragazzi possono guidare dal compimento dei diciassette anni d’età. Fonte Wikipedia.co.uk.

** Questa battuta la pronuncia Arthur nella puntata 1x10 di Merlin 

 
Questo capitolo ha finalmente visto la luce - dopo mesi e mesi di pausa dai primi due - grazie al pensiero del pane alla pancetta. Scritto non so quando, a luglio 2010 probabilmente, a 11 mesi dall’ideazione della storia. Questo mi convince sempre di più che è cosa buona e giusta - almeno per la sottoscritta - avere quasi tutta la storia finita prima di pubblicare, onde evitare blocchi come questi XD

Come al solito un grande grazie a Meg per il betaggio <3

RINGRAZIAMENTI - IMPORTANTE! Le risposte ai bellissimi commenti che mi avete lasciato al capitolo precedente le trovate direttamente nella pagina del commento, grazie alla funzione da poco inserita nel sito e che spero rimanga, data l'immensa comodità anche per poter rispondere velocemente e a mente fresca =)

Grazie mille a tutti quelli che hanno commentato e alle 14 persone che hanno inserito questa storia tra le seguite <3

 

   
 
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