Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto una settimana di esami/parziali/prove in itinere all'università e ho dovuto rimandare l'aggiornamento.
Per il prossimo non dovrete aspettare a lungo, promesso =)
Disclaimer: Tutto
appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.
Alles Verloren
Capitolo 4
“C’è
una
cosa che non mi spiego” esordì Draco un sabato a
mezzogiorno mentre stava
pranzando insieme ad Harry in salotto, come facevano da che il
Serpeverde era
arrivato a Grimmauld Place.
“Cosa?”
replicò Harry afferrando una fetta di pizza dal cartone che
aveva posato sul
tavolo da caffè.
“Come
riesci a non essere tempestato da gufi ad ogni ora del giorno e della
notte o
non passare tutto il tuo tempo al Ministero, assediato dai
giornalisti?”
Per un
secondo Malfoy giurò di aver visto un lampo di terrore negli
occhi di Harry.
Il
Grifondoro deglutì e osservò attentamente
l’altro ragazzo, quasi stesse
cercando le parole giuste da rivolgere al suo interlocutore.
“Ho
fatto
degli accordi con Kingsley” spiegò “Un
pomeriggio alla settimana lo passo al Ministero
tra giornalisti e tutto il resto. Il resto del tempo lo posso gestire a
modo
mio. Kingsley ha anche vietato l’utilizzo di qualunque
Incantesimo Tracciante
su di me. Non che qualcuno non ci provi, ma non hanno molto successo.
Ho
imparato a nascondermi.”
“Come
avresti fatto?”
Harry
alzò le spalle e sorrise.
“Dopo
aver passato l’ultimo anno errando per i boschi della Gran
Bretagna
nascondendomi dai Ghermidori, ho imparato molto da Hermione.”
Draco
annuì, per quanto strano gli sembrasse. Non che la cosa lo
interessasse
realmente (o per lo meno, non più di tanto) però
considerando tutto il tempo
libero che aveva, gli capitava di ritrovarsi a riflettere sulle cose
più
assurde.
“E
la mia
magia?”
“E’
al
sicuro anche la tua. Potrebbero incontrarci solo per caso, ma nessun
mago
potrebbe localizzarci mentre giriamo per la Londra Babbana.”
“Hai
protetto anche me dagli Incantesimi traccianti?!”
domandò stupito Draco.
“Certo
che l’ho fatto! Altrimenti ogni volta che metti il naso fuori
di casa
troverebbero subito anche me.”
“Credi
che siano in molti a volere la mia testa?”
Harry
scosse la testa. Sapeva che in fondo il Mondo Magico non poteva
avercela troppo
con Draco, però aveva preferito che Kingsley proteggesse il
biondo. In caso di
pericolo, sarebbe stato difficile aiutarlo. Il rischio più
grande per Harry era
essere inseguito da qualche mago eccessivamente riconoscente (le tracce
del
male nel Mondo Magico erano quasi del tutto scomparse) e quindi si
sarebbe
facilmente potuto confondere tra la folla. Ma per Draco sarebbe stato
più
difficile e siccome – essendo già il Serpeverde un
mezzo prigioniero – non
voleva che qualcuno disturbasse la quiete delle ore d’aria
che riusciva a
concedergli.
“Sai
Potter, sono indeciso tra il cinese e l’italiano”
disse il biondo cambiando
discorso e riscuotendo Harry dai suoi pensieri. Il biondo sapeva
perfettamente
che ricordare l’anno appena trascorso non piaceva
né a lui né al Grifondoro. Le
domande che avrebbe voluto porgli le avrebbe tenute per sé.
Non era necessario
discuterne in quel momento, anzi. Forse non sarebbe servito discuterne
affatto.
“Io
voto
per l’italiano,” rispose il moro,
“Andiamo, a chi non piace la pizza? Credo che
sia la cosa universalmente più amata. I maghi italiani hanno
una fortuna non
indifferente…”
“Non
mi
piacciono. I maghi italiani intendo. Troppo confusionari e
zoticoni.”
“Hai
troppi pregiudizi” lo rimproverò Harry.
“Giusto,
voi Grifondoro siete zotici quanto gli italiani.”
“Hey!
E
voi Serpeverde cosa sareste, sentiamo?! Gli inglesi sono
esclusi.”
Draco parve
rifletterci mentre masticava lentamente un piccolo morso della sua
fetta di
pizza chiedendosi intanto da dove fosse nato quello strano gioco,
però la cosa
sembrava divertente.
“Francesi”
asserì il biondo deciso “Nobili, d’elite
e un po’ con la puzza sotto al naso.”
“Assolutamente
d’accordo. I Corvonero invece? Spagnoli?”
“Sia
mai!” replicò Draco “I Corvonero sono i
tedeschi. La Germania è la culla della
cultura, della musica e della filosofia e per dei cervelloni come i
Corvonero
non c’è nazione più calzante!”
Harry
alzò le spalle. Aveva completamente rimosso tutto
ciò che aveva studiato prima
di essere ammesso ad Hogwarts. Lui non era come Hermione, le nozioni a
lui non
necessarie venivano automaticamente eliminate dal suo cervello.
“E
i
Tassorosso?” domandò il moro osservando
l’altro ragazzo.
I due si
scrutarono per un istante prima di asserire con un ghigno ‘Gli irlandesi!’*
Sì,
forse
per quanto Draco non amasse dividere la casa con Harry Potter, pian
piano stava
imparando a farci l’abitudine.
***
“Venerdì
è il mio compleanno” disse Harry una domenica
mattina a colazione
“Auguri.”
“Grazie,
ma non era questo lo scopo.”
“Non
posso farti regali, non ho soldi e mai te ne chiederei per comprarti
qualcosa.”
“Squisito
come sempre. Ad ogni modo, te lo sto dicendo perché volevo
festeggiare
invitando a cena da noi Ron ed Hermione.”
“…
da
noi?” chiese perplesso Draco, inorridendo leggermente per
quel pronome.
“Beh,
intendevo qui. E siccome qui ci viviamo entrambi… Per te va
bene?”
“E’
casa
tua, Potter.”
“Nostra,
direi.”
Draco
storse il naso.
“Ok,
è
casa mia” si corresse Harry comprendendo da cosa derivasse
l’espressione
vagamente disgustata del biondo “Però ci vivi
anche tu, e se non ti va di
vedere i miei amici, posso andare fuori con loro.”
Il
Serpeverde scosse la testa.
“Io
resterò tranquillo in camera mia, facendo come se non
esistessi.”
Harry lo
guardò terrorizzato per un istante prima di abbassare lo
sguardo.
“Che
ti
prende, Potter?”
“Harry,
il mio nome è Harry razza d’idiota”
rispose il moro mordendosi nervosamente il
labbro inferiore.
“Ok,
ok…
cosa ti prende, Harry?!”
“Nient-”
“Non
ci
provare” sibilò il biondo.
“Quando
mio zio aveva ospiti a casa dovevo sempre fingere di non esistere. Non
è mai
una bella cosa.”
Draco
sbuffò.
“Sono
io
a decidere, falli venire qua” asserì lui
stupendosi di se stesso e della sua
accondiscendenza.
Harry
sorrise sinceramente mimando un grazie con le labbra. Non lo disse, ma
Draco lo
lesse chiaramente e chinò il capo in segno di gentilezza,
come gli era stato
insegnato da piccolo.
“Ho
voglia di uscire” mormorò poi il moro.
E
l’altro
fu ben felice di seguirlo.
***
Draco non
poteva credere alle assurdità che Potter aveva acquistato.
Erano
andati in un negozio di elettronica,
così l’aveva definito il Grifondoro, ed erano
tornati con un sacco di scatole,
anche parecchio pesanti.
Il moro
aveva giustificato gli acquisti come oggetti utili a combattere la
noia, ma
Draco non riusciva assolutamente a capirne il funzionamento.
“Non
mi
hai spiegato a che cosa servono!” piagnucolò il
Serpeverde.
Harry
rise divertito.
“Non
potevo farlo, la gente si sarebbe posta troppe domande.”
“Perché?”
“Perché
non crederebbero mai che un ragazzo di diciotto anni ignori
l’esistenza di uno
stereo” spiegò Harry prendendo uno scatolone che
aveva posato in terra.
“Questo
è
l’ultimo modello. Riesce anche a leggere i CD, dei dischi con
su la musica… li
avete anche voi nel Mondo Magico, no?”**
Draco
annuì.
“Sì,
li
abbiamo anche noi” mormorò il biondo non capendo
perché Harry si fosse in
qualche modo escluso con quel ‘voi’.
“Questo
fa esattamente la stessa cosa.”
“Come
può
funzionare in una casa piena di magia?” chiese Draco.
“Diciamo
che mi sono fatto aiutare dal signor Weasley ad installare alcuni
collegamenti
elettrici che mi permettono di far funzionare questi cosi. Deve anche
aver
fatto un qualche incantesimo per non fare entrare in conflitto le due
fonti
d’energia.”
“Ingegnoso.
Non pensavo che il capo dei pezz- il signor Weasley” si
corresse Draco venendo
fulminato dallo sguardo del Grifondoro “fosse così
sveglio.”
“Ti
stupiresti di quanto” rispose Harry acidamente.
Passarono
il resto del pomeriggio e della serata – interrotti solo
dalla cena – a
sistemare i vari oggetti che erano entrati a far parte
dell’arredamento di Grimmauld
Place. Nonostante la diffidenza iniziale, Draco apprezzò lo
stereo, ma quello
che lo stupì e colpì maggiormente fu il
televisore. L’idea che qualcuno potesse
raccontare storie, parlare e fare cose strane che esattamente non
capiva cosa
fossero, come insegnare a cucinare, avevano il loro fascino.
Harry
aveva voluto piazzare lo stereo nella sua stanza per fargli compagnia,
mentre
il televisore e il videoregistratore erano stati messi in salotto, dopo
aver
rimosso il ripiano di una libreria mezza vuota si era rivelata perfetta
per
ospitare i due oggetti.
Il moro
aveva mostrato a Draco come si poteva utilizzare il tutto per dargli un
qualcosa che gli facesse compagnia quando lui non c’era o
aveva voglia di fare
altro. Gli fece presente che al momento le videocassette in suo
possesso erano
poche – e composte solo da due cartoni animati (delle storie
raccontate senza
persone ma con dei disegni) di Walt Disney – ma che avrebbe
provveduto a
comprarne delle altre.
Notarono
che ogni tanto l’immagine tendeva a saltare o ad
accartocciarsi su se stessa,
ma la cosa era facilmente imputabile all’energia magica
presente in casa.
“Grazie
Potter” mormorò Malfoy quando decisero che avevano
giocato a sufficienza con il
televisore.
“Di
nulla. Ah! Ho una cosa per te” disse il moro prima di
congedarsi.
“E
sarebbe?”
chiese il Serpeverde tradendo una curiosità non indifferente
dai suoi occhi.
Harry
sorrise e gli allungò un sacchetto di HMV.***
Draco
aprì velocemente il sacchetto e scartò
l’involucro che conteneva la sorpresa di
Harry. Quando il libro – di bella edizione, con la copertina
rigida e i colori
vivaci – fecero la comparsa davanti ai suoi occhi, lui non
poté trattenersi dal
fare una smorfia.
“Non
lo
leggerò mai Potter” sibilò il biondo.
“Invece
so che lo farai” ghignò Harry salutandolo e
lasciandolo lì Draco con la sua
copia personale – fresca di stampa – de ‘Il
mago di Oz’.
***
Quando
Draco si svegliò quel venerdì mattina, Harry non
era in casa. Scese a far
colazione e mentre prendeva il latte vide un post-it firmato dal
ragazzo che lo
avvisava che sarebbe tornato entro l’una. Il biondo
controllò l’orologio
(semplice e Babbano munito di sole tre lancette) appeso su una parete e
constatò che erano solo le nove. Evidentemente quella
giornata sarebbe stato
destinato a passarla da solo. Odiava rimanere da solo in casa, ma aveva
imparato a chiudersi in camera sua mentre Oz ogni tanto si fiondava in
cucina
gracchiando fastidiosamente nella speranza che Harry prendesse la
lettera che
l’animale aveva in consegna. E quel giorno sarebbe stato
peggio. Non aveva idea
di quanti gufi potessero trovarlo, ma erano comunque troppi
probabilmente, e il
ragazzo non aveva voglia di fare colazione circondato da uccellacci del
malaugurio. Così, dopo aver recuperato un vassoio, vi
posò sopra una teiera, una
tazza, il bricco per il latte e un piattino con quattro piccoli muffin
che
aveva preparato Kreacher durante la notte.
Salì
fino
alla sua stanza e posò il tutto sulla scrivania guardandosi
intorno e
rendendosi conto che non aveva la benché minima idea di cosa
fare. Notò con
disappunto che la saga dei libri dei
draghi – che per altro non è che avesse
amato poi così tanto – l’aveva
già
riportata in biblioteca e che l’unico volume disponibile era
quella maledetta
copia del libro così tanto amato da Potter. Storse il naso
ma decise di
provare. Non si fidava minimamente del gusto del Grifondoro, ma il
fatto che il
protagonista – almeno all’apparenza - fosse un mago
– lo convinse a provare. E
i titoli della biblioteca di Potter facevano schifo, quindi quella
pareva
l’alternativa migliore. Così, tra una tazza di the
velata di latte e un muffin,
Draco iniziò a percorrere il sentiero di mattoni gialli
senza riuscire a
staccare gli occhi da quelle pagine, deciso a non far sapere nulla ad
Harry. Si
sarebbe morso la lingua piuttosto che ammettere che alla fine aveva
ceduto.
Fu solo
all’una – e quando Draco era oramai ad un terzo del
libro – che il Grifondoro
fece ritorno a casa chiamando il suo coinquilino in salotto.
Il biondo
sbuffò e, prendendo il vassoio su cui c’erano
oramai solamente le stoviglie da
lui usate per fare colazione, scese al piano inferiore. Con calma mise
gli
oggetti nel lavandino (ovviamente li avrebbe lavati Kreacher, lui non
si
sarebbe mai abbassato a tanto, anzi!, aveva già fatto fin
troppo per una persona
del suo rango) e raggiunse Harry in salotto.
“Che
vuoi
Potter?”
“Ce
l’ho
fatta!” disse l’altro mettendogli sotto il naso una
tessera rosa con la sua
faccia sopra.
“Cosa
sarebbe?”
“La
patente! Ora posso tranquillamente guidare
un’automobile!”
“Quand’è
che te l’hanno data?”
“Questa
mattina ho fatto l’esame. Avevo superato lo scritto la
settimana scorsa e
adesso sono finalmente abilitato alla guida.”
“Ma
non
hai l’autonobile”
constatò Draco con
un ghigno.
“Ancora
per poco! Il signor Fitch, il proprietario di quel negozio di
alimentari che
ogni tanto ai visto all’angolo della via dove viviamo, sapeva
che volevo
prendere la patente e mi ha detto che se fossi stato interessato, era
disposto
a vendermi la sua vecchia utilitaria per cinquecento sterline
più le duecentocinquanta
per il trapasso di proprietà. Siccome è un
po’ difficile spiegare alla
motorizzazione – il luogo in cui vengono registrate le
proprietà
automobilistiche – perché non ci sia traccia della
mia casa, gli ho detto che
l’avrei pagato mille sterline per tenerla intestata a
sé. Ovviamente poi
pagherò io l’assicurazione o le multe che spero di
non prendere” disse Harry
quasi tutto d’un fiato, ricordandosi molto Hermione quando
doveva ripetere una
lezione.
“Molto
Serpeverde da parte tua, Potter” constatò Draco.
“Grazie
per il complimento.”
“Lo
era!”
Harry gli
sorrise.
“Lo
so.”
***
Draco non
era del tutto certo di voler sapere quello che accadde in cucina nelle
ore
pomeridiane.
Potter
sembrava essere stato colpito da un Incantesimo Rallegrante: forse era
stato
l’entusiasmo per poter finalmente guidare, o forse
semplicemente per il fatto
che fosse il suo compleanno, ma tutta quella felicità
tendeva a dargli sui
nervi.
Draco
cercò
d’ignorare la voce fastidiosa del Grifondoro che canticchiava
motivetti
palesemente Babbani e a lui ovviamente sconosciuti.
L’odore
di cibo che pian piano raggiungeva il piano superiore gli metteva
sempre di più
l’acquolina in bocca ma, deciso a mostrarsi freddo ed
impassibile, ignorò i
morsi della fame e proseguì la lettura di quel libro che
– seppur con suo
grande rammarico – l’aveva conquistato.
C’era
qualcosa d’indescrivibile nel leggere un libro per bambini
capace di
affascinare anche le persona più scettiche come lui. Non
riusciva a capacitarsi
di come una bambina col suo cane, un omino di latta, un leone fifone
– e qui
non poteva fare a meno di ridere per le somiglianze con Paciock
– e uno
spaventapasseri apparentemente idiota fossero riusciti a trasportarlo
ed
appassionarlo a un qualcosa che aveva così tanto disprezzato
e che avrebbe continuato
a disprezzare, se la noia non avesse avuto la meglio su di lui.
Nel
momento in cui il mago imbroglione riuscì a lasciare il
paese a bordo della sua
mongolfiera, qualcuno bussò alla porta. Il biondo nascose
velocemente il libro
sotto il cuscino e sdraiandosi con l’aria di uno che aveva
passato con gioia il
pomeriggio a non far nulla, diede il permesso a Potter o Kreacher di
entrare,
strascicando se possibile ancor di più la sua voce.
La chioma
incolta del Grifondoro fece la sua comparsa e Draco notò che
reggeva tra le
mani un vassoio.
“Ti
ho
portato la cena” disse Harry posando il tutto sulla scrivania
“Tra dieci minuti
arriveranno Ron ed Hermione e ho pensato – visto che non vuoi
mangiare con noi
– che la cena in camera ti avrebbe fatto piacere.”
“E’
bello
vederti nei panni di un elfo domestico, Potter” lo
schernì Draco alzandosi dal
letto e avvicinandosi al moro “Avresti fatto
carriera.”
L’occhiata
di Harry fu abbastanza eloquente e il profumo troppo invitante
perché Draco
perdesse altro tempo ad insultare il ragazzo.
“Cos’è?”
si ritrovò invece a domandare il biondo indicando il piatto
coperto da uno
spesso coperchio.
“Steak
pie con patate. Dolci non ne ho fatti perché la torta la
porterà Hermione”
spiegò il moro rabbrividendo all’idea
“Ma siccome la conosco ho fatto preparare
a Kreacher dei biscotti d’emergenza. C’è
un incantesimo riscaldante sulle
pietanze, potrai mangiarle quando vorrai. E il succo di zucca invece
è freddo”
concluse Harry arricciando le labbra.
Draco
annuì e prima che Harry se ne andasse mormorò un
flebile grazie che però il
moro riuscì comunque ad udire e questo, con un sorriso, si
chiuse la porta alle
spalle lasciando il Serpeverde da solo con i suoi pensieri. E un libro da finire.
***
I Babbani
facevano veramente ridere quando nei loro racconti descrivevano la
magia, si
ritrovò a pensare Draco finendo di masticare un biscotto
mentre terminava
l’ultima pagina de Il Mago di Oz.
Non
poteva certo dire che il libro gli fosse piaciuto; sicuramente era
avvincente e
ben scritto, ma l’unica cosa che aveva guadagnato da esso era
sentirsi
ribollire il sangue nelle vene e la sua magia implorare di uscire.
Leggere di
quel patetico mago – così rinominato per puro
diletto – del tutto privo di
magia l’aveva frustrato. Lui in quel momento era un mago
pieno di magia
repressa ma non aveva modo di utilizzarla. La sua bacchetta era nelle
mani di
Potter e non aveva idea di dove il ragazzo la custodisse. Non poteva
fare nulla
per cercarla perché era solo attraverso di lei che la sua
magia poteva venir
sprigionata.
Posò
il
libro sulla scrivania – controllando che i segni della
lettura non fossero
troppo visibili – e bevve l’ultimo sorso di the che
aveva nella tazza. La
teiera era piuttosto grande e sarebbe riuscito a farsela bastare per il
resto
della serata.
Dal piano
inferiore provenivano le risate, le voci e gli schiamazzi del magnifico
trio,
ma il biondo stava facendo di tutto per ignorare la loro presenza.
Concentrarsi
sulla lettura era stato d’aiuto, ma a libro ultimato le
alternative erano
poche. Così decise che, anche se erano solo le dieci e un
quarto di sera,
sarebbe andato a dormire nella speranza che il giorno successivo
arrivasse
velocemente, senza Donnole e Mezzosangue tra i piedi.
Si
alzò
dalla sedia stiracchiandosi leggermente ed uscì dalla
stanza, raggiungendo il
bagno, uscendone solo una mezzora dopo.
“Hai
fatto qualche incantesimo?”
Draco
venne colpito dalla voce di Weasley che celava un vago timore. La
risposa di
Potter non gli pervenne, ma il commento della Granger fu sufficiente.
“Dovresti
farlo amico. In fondo è Malfoy, è vincolato a te.
Non direbbe nulla a nessuno.”
“Ho
detto
di no!”
Questa
volta la risposta di Harry giunse forte e chiara alle orecchie del
Serpeverde
che sentì salire un moto di rabbia improvviso.
I
Grifondoro erano più viscidi dei Serpeverde. Il fatto che
lui fosse vincolato a
Potter in qualche modo avrebbe giustificato la sua
impossibilità di svelare al
Mondo Magico eventuali incantesimi che il moro avrebbe fatto su di lui?
Se
l’avesse costretto a stringere un Voto Infrangibile nessuno
sarebbe venuto a
conoscenza della loro meschinità. Potter non voleva fare
nulla, ma questo lo
fece sentire anche più debole perché lui sarebbe
stato totalmente incapace di
difendersi da qualunque attacco, se non sperando in qualche scatto di
magia
involontaria. E questo Draco non poteva accettarlo.
Tornò
in
camera infuriato sbattendo la porta, non curandosi del fatto che il
magnifico
trio potesse farsi qualche domanda. I due pezzenti sapevano
perfettamente che
lui viveva lì.
A quel
punto i suoi buoni propositi di abbandonarsi al sonno scemarono. La
rabbia di
sicuro non gli avrebbe permesso di dormire.
Gliel’avrebbe
fatta pagare a Potter.
Non
appena Weasley e la Granger se ne fossero andati, però.
Lui era
da solo. E senza bacchetta.
***
“Lo
fai
perché sei in Grifondoro, vero?”
domandò Draco raggiungendo Harry in salotto
dove stava radunando i bicchieri e i piatti che avevano usato lui, Ron
ed
Hermione durante le ore passate a chiacchierare davanti al fuoco freddo
evocato
dalla ragazza. Data la stagione, accendere il camino non era
necessario, ma ai
tre era sempre piaciuto chiacchierare davanti al fuoco e
così, per restare
fedeli alla tradizione, Hermione aveva mormorato un semplice
incantesimo e un
fuoco freddo, che non necessitava di nulla per ardere, era sgorgato
dalla sua
bacchetta.
“Cosa?”
chiese il moro smettendo di canticchiare un motivetto sconosciuto.
“Ho
sentito quello che hai detto ai tuoi amici.”
Harry
smise di raccogliere gli oggetti e si voltò verso Draco.
“Cosa
vorresti dire?”
“Sei
tu
che mi devi delle spiegazioni Potter. Ho sentito per caso quello che
stavate
dicendo. Non hai ancora fatto un incantesimo da che io sono arrivato.
Non ti ho
mai visto con la bacchetta in mano! Mi credi tanto cretino?!”
Il
Grifondoro deglutì spaventato.
“Pensi
che non possa sopportare l’idea di Harry Potter che usi la
magia quando il
povero Draco Malfoy è segregato in questa casa senza la sua
bacchetta che è
custodita nelle stanze dell’Eroe del Mondo Magico! Pensi che
leggere quel tuo
maledetto libro in cui un mago riesce a fare tutto senza avere un
briciolo di
magia mi consoli?!”
Con
grande sorpresa del Serpeverde, il moro iniziò a ridere. Una
risata nervosa che
non aveva nulla di realmente divertito.
“Tu-tu
sei davvero un idiota Malfoy!” balbettò il ragazzo
non riuscendo a frenare quel
riso isterico.
“Sei
un
codardo Potter! Potrei benissimo difendermi anche se mi
attaccassi.”
“E
come?!
Con una bacchetta del ristorante cinese?!”****
Draco, a
quelle parole, reagì d’istinto e
afferrò Harry per la maglia e lo spinse a
terra, iniziando a colpirlo in malo modo mentre questo reagiva con
altrettanta
feroce incoerenza.
Era una
rabbia repressa, un odio fino a quel momento taciuto e che entrambi
avevano
cercato di soffocare e che prendeva il sopravvento sulla loro ragione.
Le
braccia si muovevano scompostamente, colpendo a caso il corpo
dell’altro,
spesso fallendo, incontrando o l’aria o il tappeto. Con un
colpo di bacino
Harry ribaltò le posizioni, trovandosi al di sopra di Draco
con le mani strette
attorno al suo collo.
“Non
provocarmi Malfoy” disse il moro senza riuscire a celare la
rabbia e l’amarezza
dietro i suoi occhi.
“Allora
fa qualcosa! Cruciami! Impastoiami! Schiantami!”
“Vorrei
tanto Malfoy! Tu non hai idea di quanto vorrei schiantarti in questo
momento!”
sibilò Harry a pochi centimetri dal volto del biondo
“Ma non posso…”.
E Draco, in
quell’istante, capì.
Gli occhi
di Harry, la luce oramai spenta di quello sguardo gli disse tutto
ciò che
l’altro non gli aveva mai rivelato in quei due mesi.
Capì
perché il manico di scopa del Grifondoro era appeso alla
parete e perché il
ragazzo avesse voluto tanto un mezzo di locomozione Babbano. Comprese
la
ragione dell’affidare a Kreacher ogni compito e qualunque
attività potesse
richiedere l’uso della magia.
E
capì
perché Harry si fosse così tanto affezionato a ‘Il Mago di Oz’, quel libro
che raccontava di come un mago senza magia fosse riuscito a stregare
un’intera
città.
Draco
afferrò i polsi del moro, riuscendo così a
bloccarlo. Lo fissò negli occhi per
un lungo istante prima di trovare le parole giuste per porgli
l’unica domanda
che avrebbe spiegato tutto.
“Com’è
successo Potter? Com’è che hai perso la tua
magia?”
Note
dell’autrice:
** Tenendo
conto che teoricamente la vicenda è ambientata nel
1998… io ricordo che in
quegli anni andavo ancora di walkman e cassette XD
***
Negozio di libri e cd. Un po’ la Feltrinelli&Ricordi
della Gran Bretagna.
Spero che
l’ultima frase sia riuscito nell’intento di
sorprendervi, rivelando il perché
Harry non fa ma mai magie o trova metodi alternative per fare le cose.
E
inoltre quella frase vi rivela anche il significato del titolo della
storia.
Alles Verloren
– che si traduce con tutto
perduto – altro non
che la scomparsa
magia di Harry. Ulteriori spiegazioni ve le darà il diretto
interessato nel
prossimo capitolo ^^
Ovviamente, come sempre, grazie mille a Meg per il betaggio <3