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Autore: Furiarossa    30/11/2010    0 recensioni
«Il nostro universo non è del tutto infinito. L'universo è solo una sfera gigantesca della quale non possiamo vedere i contorni, così come di noi non può "vedere" i contorni, inteso come la fine della nostra massa, un atomo posato sulla superficie di uno dei batteri che colonizzano la nostra pelle.
Potete immaginare, per parlare in immagini semplificate, una palla di vetro gigantesca.
Si, proprio come quelle che si capovolgono e la neve cade.
Ora immaginate che l'involucro di vetro racchiuda al suo interno un oceano grande come tre o quattro volte il Pacifico. Ogni atomo di idrogeno presente in quel mare è uno degli innumerevoli mondi in cui possono svolgersi Storie differenti … e tenete presente che ci sono più atomi in un solo bicchiere d'acqua di quanti bicchieri d'acqua esistano in tutti gli oceani del pianeta Terra.
Tuttavia, anche se enorme, un universo finito non è allettante … finirebbe per essere esplorato tutto, prima o poi, fra un numero di anni tanto alto da non essere prevedibile, né calcolabile, quando tutti i calendari avranno perso un senso e nuovi mondi e nuovi tempi saranno venuti …
Eppure, anche una volta che l'universo fosse stato scoperto nella sua più piccola parte, quando i segreti di nuove forme di vita fossero stati illuminati e strane leggi fisiche e condizioni estreme sarebbero state archiviate come dominio pubblico, anche allora non si finirebbe comunque di esplorare …
Poiché oltre il nostro universo conosciuto, esistono gli Altri Mondi, quelli che comunemente si chiamano Universi Alternativi o Realtà Parallele.
Facciamo finta di allontanarci per allargare la vista: abbiamo sempre il nostro universo, una palla di vetro piena d'acqua, ma man mano che saliamo vediamo che intorno alla palla di vetro c'è un enorme mare di fuoco.
Allora, potreste pensare, intorno al nostro universo c'è una distesa di fiamme infinita?
La risposta è no.[...]
Fra improbabili situazioni ai limiti della fisica e occultismo, ecco a voi una nuova serie. Non è scritta interamente da me, sarò del tutto sincera, ma è in buona parte stata elaborata da una persona che in rete conoscono come "Magictaker" o "Magician" o ancora "Cristina"
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 6

P-11 e il Nemico

 

La conversazione era entrata nel vivo, così appassionata che l’intero gruppo si era distratto.

Così, mentre passeggiavano, non si accorsero di essere passati da un mondo all’altro … dopotutto il mondo in cui erano entrati era incredibilmente simile al loro. Solo Kate, dopo qualche metro, notò un nocciolo che non ricordava di aver mai visto nei dintorni dell’istituto. Inspirò a fondo e sollevò la mano destra con il palmo rivolto verso i suoi compagni di avventura, fermandoli

«Non so se ve ne siete resi conto»disse, allegramente «Ma laggiù dietro di noi le nuvole hanno un andamento strano … come potete vedere si spezzano in quel punto laggiù …  e poi, non so se avete notato, ma questo delizioso nocciolo non c’era nella nostra vecchia … zona».

Il professor Participius sorrise, voltandosi all’indietro

«Non ci posso credere … siamo entrati in uno di questi portali che stanno in giro senza nemmeno accorgercene … chissà dove siamo finiti … Non resta molto da fare per scoprirlo, eh?»

«Io direi che è pericoloso proseguire» intervenne Kate «Forza, tutti indietro, la scampagnata è finita!»

«No, niente affatto» ringhiò Vlad, scivolando indietro per frapporsi fra il gruppo e la strada ignota che conduceva in ignoti luoghi «Credo proprio che proseguirò e che terrò con me chiunque voglia fare altrettanto»

«Puoi fare come desideri, principe» Kate gli sorrise «Grande e grosso come sei non credo che tu abbia bisogno di una baby-sitter»

«Però …» Lo sguardo del vampiro scorse sui membri del gruppo, poi si fermò di nuovo sulla Signora dei Druidi e un sorriso leggero e divertito si mostrò sul suo volto « … Mi piacerebbe che tu mi accompagnassi. Andiamo, cosa c’è da temere, vi proteggerò io, sono un immortale, non credo che potesse accaderci niente ..»

«Mi dispiace Vlad, ma non credo che ti accompagnerò … voglio dire, il portale alle nostre spalle. Niente di personale, e non credere che io abbia paura, credimi»

«Ma certo … non ci avevo pensato» sembrò imbarazzato «Va bene, allora io proseguirò, non ho nulla da perdere … chissà, magari fra un milione di anni o due il portale si riaprirà e tornerò a trovarti»

«Spero solo che la nostra razza non si sia estinta fra un milione di anni o due … potresti finire sulla terra e non trovare niente da mangiare»

«Ma tu … non dovresti essere un druido? La vostra razza?»

«Oh, se la nostra razza si estingue sta tranquillo che anche gli umani si estingueranno … siamo o non siamo i padroni delle leggi del mondo? Che dire … se non ci fossimo noi a regolare la natura non ci sarebbe più di che sostentarsi per la specie umana, non trovi?»

«Spero proprio che tu non muoia» il principe parve serio mentre lo diceva, ma Kate gli sorrideva come di fronte ad alcune battute particolarmente divertenti.

Il professor Participius si fece avanti

«Io voglio esplorare con voi, signor Vlad»

«Ne è sicuro, umano?»

«Umano?»

«Forse non lo è, professor Participius?» domandò beffardo il vampiro, sollevando gli angoli della bocca.

Il professore non rispose, ma si affiancò al principe e chinò la testa. Era evidentemente invaso dalla brama di conoscere, di esplorare il nuovo universo, e contemporaneamente farsi proteggere da Vlad, ma ciò non voleva dire che sopportasse granché Dracula.

Kate annuì

«Forse è meglio così, professor Participius … senza di te non avremo problemi, immagino. E poi sono sicura che verrà con voi anche Genovesi …»

«Cosa vorresti dire?»

«Beh,cercavo solo di vedere il lato positivo della cosa … se tu rimani qui staremo più tranquilli, no, Claudius? Non avremo nessuno che apre pericolosi buchi ultra dimensionali in cui la gente può finire passeggiando per strada …»

«Ehi!» Claudius si sentì profondamente indignato «Non è detto che io non debba ritornare, il portale potrebbe non chiudersi ... Sempre se non interferite».

Qualcuno si avvicinò al gruppo.

Quando fu abbastanza vicino perché si potesse distinguere nelle tenebre, si accorsero che era un uomo basso, anziano, con i capelli bianchi come il cotone, tagliati cortissimi sulla testa quasi perfettamente tonda. Anche se era anziano, aveva un volto pieno e le guance stranamente da bambino, morbide, senza neppure un filo di barba, segnate appena da qualche ruga. Era vestito con un camice candido adornato di un cartellino di cartoncino giallo chiaro con sopra scritto il suo nome “Mack McCleever”.

«State tranquilli, quel portale non si chiuderà prima di due o tre mesi» Disse, disinvolto, con una voce vivace e sottile, leggermente impastata «Siamo stati in grado di stabilirne la durata … con un certo margine»

«Come?» Kate si fece avanti e andò incontro all’uomo «Lei è l’artefice del portale?»

«No, non sono stato io, ma visto e considerato che la natura dei portali, nel nostro mondo è questa, e che la durata varia da mondo a mondo … niente, sappiamo già che la durata di un portale ultra dimensionale aperto casualmente nella nostra terra non può essere inferiore al mese. Comunque, signori, capitate giusto a fagiolo … » si voltò e prese fra le mani il volto di Dracula, indelicatamente «Specialmente lei, signor Nosferatu»

«Ma chi diavolo è lei?» ringhiò il vampiro, mostrando le sue due file di denti mostruosi

«Pensavo che non me lo avreste chiesto, visto che c’è sul cartellino» l’uomo lasciò il mento del non morto e si pulì le dita sul camice, come se avesse toccato qualcosa di sporco «Allora, signori, volete seguirmi. Sono sicurissimo che il mio obiettivo e il vostro sono gli stessi, ma non abbiamo molto tempo»

«Come sarebbe a dire non abbiamo tempo?» lo interruppe Participius, rabbiosamente «Mi sembra che stiamo correndo un po’ troppo».

Anche se Participius era senza dubbio un uomo pragmatico per quello che era il suo mondo,  non era abituato a dover “correre” così in fretta e per lui un uomo che saltava in quel modo i convenevoli era maleducato.

Tuttavia Mack McCleever ignorò le parole di Claudius e si mise a camminare da solo in direzione di un grande edificio bianco e creato da forme tondeggianti che risplendevano come di metallo nella notte stellata

«Forza» disse «Ora non ditemi che anche voi non mi aspettavate …»

«No» ruggì Claudius, ma tutti lo ignorarono

«Andiamo, su, su, su!».

E così furono quasi letteralmente costretti a seguire quello strambo ometto candido che sembrava avere le risposte al disastro che era accaduto fra le dimensioni, il quale li condusse fin dentro l’enorme struttura complicata fatta di muri bianchi e cupole, vetrate ampissime e in generale un aspetto così alieno, così avanti con i tempi, che era impossibile per loro pensare che una cosa del genere si potesse costruire e far stare in piedi.

L’interno della struttura era persino più bizzarra, ricordava vagamente, per la luminosità che avrebbe dovuto avere durante il giorno, la scuola retta da Kate, ma non c’erano colonne, solo pareti, acciaio e vetro, tantissimo vetro,di forme e colori diversi.

La luce delle lampade era bianchissima, come quella del sole di mezzogiorno.

«Intendiamo puntare su P-11» Iniziò improvvisamente a spiegare l’omino candido «ora ve la farò conoscere …»

«Chi è P-11?» domandò Kate, curiosa

«Oh, stavo giustappunto per parlarvene. Allora, questo centro di studio è quanto di meglio esista in tutto il creato conosciuto per quanto riguarda la bioingegneria»

«Bioingegneria?» fece Claudius, stranito, e stavolta la sua domanda fu ascoltata

«Si, l’arte di manipolare il DNA»

«DNA?»

«Si, insomma, il nostro codice genetico. La serie di caratteri che determinano il nostro aspetto, il nostro carattere, il nostro organismo, il sesso e tutte quelle caratteristiche … ah, dimentico sempre da dove venite. Noi siamo in un’epoca molto più … avanti rispetto alla vostra. Solo che voi avete lui» e indicò Dracula

«Ehi, sono desiderato» si vantò il principe, lisciandosi i capelli con fare vagamente civettuolo

«Certo» disse Mack «Ma non invaghirti di me, si sa come siete voi vampiri …»

«Invaghirmi?»

«Ah, dimentico che ci metterete un po’ di tempo per … accettare di parlare di cose scandalose in questo modo svagato. Comunque, ragazzi, benvenuti nel futuro. Ci troviamo nel duemilacentouno, l’era della biotecnologia. Dopo aver passato le due rivoluzioni industriali e l’era dell’informatica ci troviamo finalmente nel mondo in cui l’intero sapere si concentra su quella che chiamiamo la forza della vita e il suo potenziale inaspettato. Per questo motivo pensiamo di avere esattamente quello che vi serve per risolvere tutti i vostri problemi»

«Mi sembrate un venditore ambulante» commentò la Kate dell’altra dimensione, aspramente «E comunque voi che ne sapete dei nostri problemi, signorino fiocco di neve?»

«Più di quanto crediate … per esempio voi non sapete qual è il problema di base»

«Oh si, che lo sappiamo» la Kate gentile si intromise «E’ per colpa del Professor Participius che ha tentato un viaggio utilizzando come vettore la materia oscura del nostro universo e ha richiamato creature le quali hanno ripetutamente aperto altri passaggi utilizzando la magia oscura. E’ per colpa del fatto che ci sono stati troppi passaggi insieme e … la materia spazio-temporale ha avuto qualche curva di troppo e si è bucata»

«Oh. Signorina, lei è molto lungimirante, ma … certamente non ha potuto vedere che c’è dell’altro. Adebaren»

«Cos’è Adebaren?»

«Non cosa, ma chi. Adebaren è quello che sta approfittando della rottura dell’equilibrio spazio-temporale per creare nuovi passaggi ed invadere mondi. Ora vuole arrivare al nostro e al vostro … ma brama soprattutto il vostro, visto che è la base del fenomeno» ridacchio sommessamente, come un bambino che ha visto un cartone animato particolarmente divertente «Dobbiamo combattere contro di lui, eh?»

«Come sarebbe a dire combattere?» chiese Vlad, su di giri «Vuoi dire proprio combattere combattere?»

«Bravo ragazzo, adesso mi dai del tu?»

«Ehm …»

«Non è un rimprovero, è un elogio. Ma dov’eravamo rimasti? Ah, per combattere contro Adebaren abbiamo puntato tutto su P-11»

«Chi è P-11?» si ripetè ancora una volta Kate

«Ma certo, certo … dovevo spiegarvelo. E vi sto portando da lei, perché sapete, anche se da lontano non sembra, è una lei … è il nostro esperimento di punta. L’unica riuscita del progetto Warmachine. Abbiamo combinato la tecnologia con la bioingegneria, il risultato è quasi perfetto. Quasi, direi, perché ancora non abbiamo finito di lavorare su di lei … sapete, abbiamo utilizzato la base genetica di un licantropo»

«Un licantropo?» Vlad fece una smorfia difficilmente interpretabile, digrignando i denti

«Si. Di base, ma abbiamo inibito la sua forma umana, esaltando le caratteristiche animali e la capacità di sintetizzare le proteine che in un licantropo, come perfino voi saprete, è altissima. Abbiamo usato un goldenwolfen»

«Pelliccia d’oro?»

«Si, bravo vampiro, hai indovinato ancora una volta. Ma, per ricapitolare, è il mostro perfetto, la macchina da combattimento, summa dei nostri estremi sforzi. Un DNA quasi perfetto, l’aggressività esaltata al massimo delle possibilità, l’intelligenza quasi umana di un licantropo, la forma di un hispo, come un orso, ma la leggerezza e la rapidità del lupo. La forza di due dei suoi arti è stata raddoppiata grazie a dei congegni appositamente studiati che si adattano naturalmente al movimento del suo corpo e che si muovono esattamente in sincrono essendo collegati ai nervi tramite delle protesi nervose e dunque funzionano proprio come se fossero dei prolungamenti veri e propri delle zampe»

«Ehm, perché mai solo due zampe?»

«L’ho detto che il lavoro non è ancora finito? Non abbiamo fatto tutto in una volta perché è … doloroso, immagino. E la nostra creatura potrebbe morire per lo shock»

«Interessante … e questa creatura …»

«So che detto così non sembra possibile, ma è la cosa più forte che tu abbia mai visto, vampiro. E’ quasi più forte di un drago …»

«Un drago?»

«Fai troppe domande per essere un tenebroso principe»

«Scusami, ma è difficile starvi dietro, e proprio io sono troppo antico per adattarmi così in fretta …»

«Intelligente il ragazzo, intelligente … proprio come un bambino»

«Ehi!»

«Sul serio … ah, dimenticavo che nel vostro secolo i bambini non sono presi abbastanza sul serio. Ma recenti ricerche hanno dimostrato che i bambini sono molto più intelligenti e deduttivi dell’adulto, basti pensare a come riescono ad imparare a parlare e a collegare i significati alle parole … un adulto non è altrettanto capace di imparare una nuova lingua o qualunque altra cosa, non pensate?»

«Questo alla faccia di Van Helsing che diceva che sono infantile!».

Mack ridacchiò ancora una volta e poi rimase in silenzio.

Arrivarono di fronte ad una gigantesca cella. Le sbarre erano pesanti, a sezione esagonale, di metallo lucente. In alcuni punti erano state deturpate come da colpi di artigli.

La camera era tanto profonda e così poco illuminata che vi si scorgeva appena il contenuto, una scintilla brillante sul fondo che si muoveva lentamente al ritmo di un respiro mastodontico. Poi la scintilla si mosse, sollevandosi da terra.

Era d’improvviso più in alto di quanto si potesse immaginare … no, nessun lupo poteva avere quelle dimensioni e quel colore. La bestia si avvicinò alle sbarre con passo calmo e pesante, i suoi arti d’acciaio producevano un rumore quasi robotico contro il suolo di mattonelle di pietra ruvida.

Il respiro dell’animale somigliava al cupo ansito di un mantice gigante e quando il suo muso comparve fu come vedere due pezzi di carne ricoperti di una peluria ispida color miele striata di giallo disposti sopra e sotto ad una serie di lame mostruosamente spesse e lunghe.

Era una creatura sorprendente, una specie di misto fra specie che la rendeva bizzarra e invincibile. Sul cranio pesante, solo vagamente lupesco, crescevano due corna che somigliavano a quelle delle antilopi, percorse da spirali, e che si curvavano leggermente all’indietro.

Solo uno degli occhi era giallo e tondo, con la pupilla dilatata, mentre l’altro era evidentemente artificiale: una telecamera dall’obbiettivo rosso e bombato impiantata nella carne con un anello di metallo le cui propaggini si infilavano sotto la pelle. L’occhio artificiale era collegato ad una specie di piccolo pannello solare scuro attraverso un filo e il pannello stesso era collegato dietro l’orecchio, sottopelle, con un altro cordino simile.

La zampa sinistra anteriore e la zampa destra posteriore, poi, erano ricoperte da una sorte di involucro metallico che sembrava pesare parecchio e che era formato da diverse piastre unite da piccoli cardini e cavi.

L’animale mostrava i denti come se fossero un trofeo, scoprendo anche le gengive rosate, e il suo alito caldo si infilò fra le sbarre ed investì i presenti con una zaffata di odore pesante e carnoso.

Il vampiro si avvicinò alle sbarre della cella e posò le mani intorno ai pezzi di metallo, chiudendo delicatamente le dita, come se avesse paura di fare movimenti bruschi.

P-11 spalancò le fauci, disserrando le due chiostre di denti affilati, e ansimò violentemente. Poi, piano, estrasse un’enorme lingua rosata e con quella toccò le nocche di Vlad.

Il Principe sorrise

«Proprio una bella bestia» mormorò, soddisfatto «Avete fatto un ottimo lavoro su di lei, non credevo che fosse possibile»

«Quindi approva» disse Mack, il quale evidentemente si era sentito sollevato

«Si, è perfetto …»

«Oh. Beh, avevo paura che non ti piacesse, che non ti soddisfacesse»

«Perché proprio lui?» chiese la Kate sgraziata, senza gentilezza

«Perché lui è un vampiro e non soltanto questo … è lui che dovrà collaborare con P-11 ed è lui che dovrà entrare in sintonia con lei, perciò era importante che lei gli piacesse. E poi, di solito, vampiri e licantropi non vanno d’accordo …»

Il vampiro fu sorpreso per tale affermazione
«Per quale ragione dovrei collaborare con la vostra creatura?»  chiese in maniera pacata, mantenendo il suo aspetto regale
«Perchè, nonostante l'immensa evoluzione che ha subito tramite la biotecnologia, non basta per sconfiggere il nostro nemico. Serve una forza diabolica maggiore. Dovete unire le vostre forze. Soltanto se riuscite a fondere le vostre coscienze in un un'unica energia e a collaborare potremmo vincere su Adebaren».
Il principe mostrò un'espressione seria che tradiva il fatto che fosse contrario a ciò. Mai e poi mai gli era servito l'allearsi con nessun essere, né tanto meno lo avrebbe fatto con un licantropo, quanto fosse cambiato o evoluto. Inoltre percepiva che la fame aumentava. Il fissare continuo della Kate ignorante lo fece comprendere a Mack McCleever
«Non preoccuparti» tranquillizzò «Con i nostri sofisticati macchinari siamo in grado di creare artificialmente del sangue umano. Potrai nutrirti con esso».
A Dracula tale idea sembrò disgustosa. Nutrirsi non significava bere insulso sangue artificiale in un bicchiere. Significava carpire la preda, sedurla, finché essa stessa desiderasse la morte pur di avere un minimo di quell'infinito piacere causato dal dissanguamento tramite gli affilati e brillanti lunghi canini. Era sottomettere la vittima, affinché questa, in ginocchio, implorasse al proprio vampiro divenuto quasi dio di afferrarla, concedendo volontariamente il proprio corpo e il proprio collo. Questo significava nutrirsi. Fare ciò che proponeva McCleever era umiliarsi. Vlad, però, si volse per un istante verso Kate, la signora dei Druidi. Sapeva che non avrebbe mai permesso un tale gesto, e non poteva rischiare con lei. Era costretto a bere per il momento quel sangue finto, ma solo momentaneamente, giacché presto avrebbe braccato la propria vittima, ed egli già sapeva perfettamente chi sarebbe stata la persona che sarebbe stata ipnotizzata dalla sua seduzione di morte...
I suoi pensieri furono interrotti dal chiacchiericcio dei suoi compagni. Gaber si avvicinò a P-11 per osservarla meglio. A lui e Niiver la luce dava molto fastidio, ma non risultava essere dannosa come quella solare
«Complimenti, è veramente un ottimo esemplare» e stava per avvicinare la mano per sfiorarla, ma Mack glielo impedì in tempo.

P-11 scattò in piedi e con rabbia ringhiò selvaggiamente al demone. Storse la gabbia con le sue possenti zanne, ma questa riuscì a contenerla. Ci vollero alcuni minuti affinché alcuni scienziati accorsi la tranquillizzassero. Gaber fu fatto allontanare dall'esperimento. Dal suo volto era abbastanza chiaro che voleva delle spiegazioni
«L'abbiamo programmata affinché ella uccida Adebaren, ed egli è un appartenente alla tua razza» tali parole suscitarono sorpresa nel demone e agli altri ascoltatori «Per questo motivo tu non puoi avvicinarti, ti ucciderebbe all'istante»
«Quindi è un pericolo per tutti i miei simili che vivono in questa dimensione?» ringhiò Gaber, l'altro fece segno di no con la testa
«Adebaren è l'unico superstite della tua specie»
Il principe iniziò a ridere
«Scusatemi, ma se questo temibile nemico è solo un demone come lui, io non servo assolutamente. Saranno anche immensamente forti e grandi conoscitori della magia nera, ma sono ben inferiori a me, e di certo a P-11».

Il ringhio di Gaber significava che si fosse offeso. Mack scosse la testa preoccupato, prese i suoi occhiali, li pulì con un fazzoletto di stoffa, e se li mise davanti agli occhi
«Adebaren non è un demone qualsiasi. Egli è la fusione di tutti i demoni esistenti. Durante il Medioevo del mio mondo tali creature insieme alle cosiddette streghe venivano cacciati e sterminati»
«Stessa cosa successe nel nostro mondo» aggiunse Genovesi, contrariato per questa scelta fatale della storia, l'altro continuò
«Già. Molti appartenenti a tale specie vennero sterminati, ma molti altri decisero di unire le forze. Tramite un incantesimo le loro menti si fusero in una, dalla quale nacque una creatura spietata e crudele, spirito creatosi dal nutrimento di vendetta e rancore nei confronti di noi esseri umani. All'epoca tale essere, che sterminò un intero continente, venne intrappolato con la magia. Ai nostri tempi tramite la tecnologia, ma l'aver utilizzato da parte vostra la materia oscura ha fatto cedere la barriera che lo teneva prigioniero, ed ora è nuovamente libero. Non potete neppure immaginare che essere sia, e di cosa sia capace di fare».
A tali parole le due Kate si mostrarono preoccupate, come le due Claire, il John buono era terrorizzato dall'idea di incontrare tale mostro, mentre il suo alter ego mostrava un sorriso arrogante come di chi fosse pronto a competere in un match di boxe. Dracula invece era estasiato, quasi drogato dalla frenesia di incontrare un essere al suo pari. Da quanti secoli non accadeva? Troppi... E troppi miseri insetti insignificanti aveva incontrato al suo cammino. E ora invece era giunta la sfida che tanto attendeva...
«Mi scusi» intervenne Genovesi «Tale magia di unire più persone in un unico essere è veramente affascinante e ha veramente dell'incredibile!» era elettrizzato «Non vi è possibile studiare alcuni documenti di cui parlino di tale incantesimo?»
«Ma certamente!» gli sorrise lo scienziato «Nella nostra biblioteca potrete avere tutto il materiale che volete».
A Genovesi scappò un largo sorriso. Anche Claudius Participius si intromise
«Anch'io vorrei analizzare i vostri documenti: ha detto che ci troviamo nell'anno duemilacento, e vorrei assolutamente capire come sia possibile! Sapevo che in ogni universo vi fossero mondi diversi, ma non che in tali mondi anche il trascorrere del tempo mutasse. Ero convinto che tali universi vivessero tutti la stessa epoca»
«Potrà studiare anche questo quesito. Due scienziati di mia fiducia vi aiuteranno nell'usare i nostri dati»
«La ringrazio» rispose Robert «Ma siamo in grado di usare dei libri da soli»
«Oh ma noi non abbiamo libri, abbiamo dei computer nei quali è memorizzata tutta la nostra storia, ricerche, geografia e ogni genere di argomento!» e sorrise.

Participius fu veramente sorpreso, anche perchè ignorava cosa fosse esattamente un computer. Seguendo due scienziati che furono convocati da McCleever, andò via, insieme a Genovesi. Anche il principe li seguì, accettando l'invito di Genovesi di andare con loro, e anche Gaber per conoscere meglio tale essere straordinario della sua specie, e ovviamente Niiver. I restanti invece rimasero con Mack, il quale li condusse nelle loro stanze per passare la notte.

La professoressa McDotter si mise le mani tra i capelli. Era mattina, la scuola era aperta da mezz'ora, e dei docenti Kate, Participius, Genovesi e Woolf nessuna traccia. Fortunatamente la Woolf aveva la sua settimana di pausa, ma gli altri tre erano indispensabili per le lezioni. Inoltre la signora Kate doveva amministrare l'istituto. Nel cercarli passò un'altra ora. Ormai le lezioni stavano per cominciare, e la giornata scolastica doveva avere inizio. Per necessità prese lei il comando della scuola, finché Kate non fosse riapparsa. Si riuscì a far svolgere tranquillamente le lezioni, ma il problema consisteva in tre classi: la sua, quella di Kate e quella di Participius. Come poteva un'insegnante sola gestire tre aule contemporaneamente? Diede il comunicato a queste tre di presentarsi nel cortile interno, giacché gli studenti sarebbero stati seguiti da lei soltanto in una lezione straordinaria. Mentre camminava per il corridoio pensava nella speranza che la sua brillante mente le desse un suggerimento o un'idea su come risolvere la questione e che genere di «lezione speciale» svolgere. Inoltre, come se i guai non bastassero, una segretaria, raggiungendola le consegnò un telegramma che le fece quasi venire un infarto: il signor Woolf si sarebbe presentato il giorno dopo all'istituto per congratularsi con la figlia della sua nomina di docente.

Questo era senza dubbio un problema, visto che la figlia del signore si era appena volatilizzata insieme alla preside e al geniale scienziato che aveva creato insieme alla signorina Woolf la macchina per viaggiare fra mondi …

Asciugandosi la fronte sudata, la professoressa McDotter decise di iniziare a pensare solo una cosa alla volta, anteponendo le urgenze. E la lezione di quest’oggi sarebbe stata su qualcosa che avrebbe sicuramente tenuto buoni i ragazzi, interessati com’erano all’argomento: i vampiri.

Sapeva bene che una delle classi era composta da elementi troppo giovani per essere abbastanza avanti con gli studi da conoscere quel genere di creature, ma era sicura che proprio per questo li avrebbe stregati parlando loro degli “immortali”.

Quando si presentò nel cortile interno, le classi erano già radunate. C’era il rosso smunto delle uniformi dei Keepers, la classe dei giovani “Cercatori di Tesori”, il verde bottiglia intenso delle cappe lunghe dei Woodboys, gli appassionati di scienze naturali, e poi c’era il grigio chiaro della classe dei giovanissimi che non erano ancora stati smistati.

La McDotter inspirò profondamente e con il suo solito contegno granitico raggiunse la posizione che le spettava, di fronte alla folla di studenti accoccolati e con gli occhi brillanti di attenzione

«Allora» inizio «Oggi studieremo qualcosa che tutti voi, di certo, conoscerete … anche grazie alla gloria che un’opera ha raggiunto proprio negli ultimi tempi, un libro di Bram Stoker …».

Una mano si alzò, scattando in aria come una molla: era quella di un ragazzo grosso, tarchiato, con il collo taurino e i capelli cortissimi che portava la divisa rossa dei Keepers.

La McDotter annuì

«Cosa c’è, Brown?»

«Ma signora, il professor Genovesi aveva detto che non avremmo iniziato i vampiri prima di un mese»

«Oh, beh … è per questo che quella che sto per fare è una lezione speciale, non credi ragazzo?»

«Scusatemi l’impertinenza, ma non sarebbe più qualificato il nostro professore di occultismo per reggere una lezione del genere?»

«Oh, si, certo … senza dubbio, ma vede, signorino Brown, in questo momento il professor Genovesi non può essere presente».

Stringendo i pugni, il giovane Brown rimase in silenzio. Non trovava giusto che fossero costretti ad affrontare una delle lezioni più entusiasmanti proprio con “madama perfezione”. Non sarebbe stato affatto entusiasmante …

«Allora, iniziamo partendo dal significato proprio della parola vampiro. L’etimologia non è chiarissima, ma si ritiene che questa parola possa derivare dal serbo, dove si utilizzava il termine vampir. Ricordiamo inoltre che quasi tutte le lingue slave possiedono un termine simile e con uguale significato rispetto a quello serbo …».

Brown sospirò. Sapeva che se invece della McDotter ci fosse stato Genovese, avrebbe presentato la lezione in maniera completamente diversa … aveva ancora in mente la presentazione sul mondo demoniaco che aveva fatto loro proprio il giorno precedente.

Con zelo, con enfasi, era entrato e si era accasciato gravemente sulla sedia dietro alla cattedra, come se fosse stato in preda di qualche angoscia sovrannaturale. Eppure Brown era riuscito a leggere chiaramente, dietro quel comportamento, la voglia assurda di mettere su una lezione spettacolare.
Per qualche istante il professore Genovesi si era massaggiato le tempie, con lenti movimenti circolari delle dita, poi aveva alzato la testa verso il suo pubblico attento e aveva sorriso

«Sapete, miei giovani discepoli, che in questo momento potrei benissimo essere posseduto da una qualche incredibile forza maligna?» aveva chiesto.

E come lo aveva chiesto: sembrava davvero che stesse soppesando la possibilità concreta di avere un demone dentro di se.

Un brivido collettivo aveva percorso gli studenti  mentre il professore si lanciava in un’ardita descrizione delle tipologie di demoni e delle loro conseguenze

«Fuoco, terremoti, orrende nefandezze, accompagnano i demoni più potenti, i figli stessi di satana, ma è una razza ormai estinta … mai, però, crediate che non possano tornare! Abbiate paura invece, dei più deboli in forza, poiché ugualmente scaltri e nefandi sono e si infilano nelle case per suggere la vita dai loro abitanti! Come gli incubi … oh si …» la sua espressione si era fatta affilata, mentre fissava in particolare un ragazzo, uno mingherlino, con il raffreddore «… I piccoli incubi sono praticamente minuscoli, non più grandi di un gatto, ma sono fatti di una materia terribilmente concentrata e pesano come il ferro … di notte entrano nelle case e si posizionano sul petto dei giovani, impedendo loro di respirare. E così che uccidono! E poi si nutrono del sangue della vittima» i suoi occhi scorrevano ancora in mezzo al suo raggelato ed eccitato pubblico, poi le sue labbra tornarono a muoversi rapidamente per illustrare gli orrori del mondo dei demoni «Attenti poi ai demoni succubi, miei cari ragazzi, poiché inducono al peccato, venendo la notte, sotto forma di voluttuose e meravigliose giovinette, ma non appena ad esse cedete, loro banchetteranno con le vostre carni … e anche per voi, ragazze, c’è qualcuno, non crediate di essere al sicuro! Gli incubi, oh si, loro sono la versione maschile dei succubi e sono altrettanto pericolosi … ».

Invece, con la McDotter era tutta un’altra storia. Noiosa, era già mezz’ora che stava discutendo dell’origine del nome vampiro, più che altro sembrava dubbiosa. Aveva blaterato di stregoni malefici e del fatto che esistessero tanti di quei tipi di vampiri da fare venire il capogiro, ma non sembrava sapere nulla che potesse veramente rivelarsi utile nel caso se ne incontrasse uno. Noiosa …

  
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