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Autore: Anastasia_Malfoy    01/12/2010    5 recensioni
Anastasia ha sempre voluto una cosa dalla vita: essere speciale. Ha sempre voluto distinguersi dalla massa di semplici umani babbani che le stanno attorno. Così quando un uomo, alto, biondo, con gli occhi argentati arriva a scuola per farle da conversatore d'inglese, lei riesce solo a pensare un nome: Draco Malfoy.
Draco, in compenso, non ha mai creduto nell'amore. O meglio, non ha mai creduto di poterlo provare per qualcuno. Nemmeno una profezia riesce a fargli cambiare idea. Nulla può.
Ma quando incontrerà lei, la Nata-Babbana della profezia, l'unica donna che sarà in grado di fare battere il cuore dell'ex-Mangiamorte,Draco sarà costretto a cambiare idea.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'And you thought it wasn't real...'
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2. Tempestae Dominatrix

 

Sbuffo, sbattendo la testa contro il banco. A volte vorrei solo potere scappare da questa prigione che è la scuola. A volte vorrei solo andare in aeroporto e prendere il primo aereo per qualsiasi destinazione e ricominciare tutto da capo. Ma poi mi tornano in mente tutte le responsabilità che ho nei confronti dei miei genitori, dei miei amici, delle persone a cui voglio bene e che mi vogliono bene. E rinuncio.

 

Certo, un briciolo di quella che ho sempre pensato fosse solo fantasia, ma che è la realtà, ha bussato alla mia porta tre giorni fa, quindi non riesco a digerire la normalità. Non ci riuscivo già prima, farlo adesso che niente meno che Draco Lucius Malfoy è il mio conversatore d’inglese, venuto qua apposta per me, risulta assolutamente impossibile.

 

Anche se è da quando se ne è andato l’altro giorno che mi chiedo se sia successo veramente o solo nella mia testa. Ok, siamo liceali e non ci preoccupiamo poi molto delle nostre lezioni, ma un conto è fare finta di nulla quando il conversatore che viene a farti lezioni è un novantenne senza un briciolo di sex appeal, una cosa è quando, a tenere le lezioni, è uno come Draco Malfoy. E il fatto che nessuna delle mie compagne no abbia detto nulla a riguardo mi sta fa stare malissimo. Perché mi fa credere che io mi sia inventata tutto, e davvero, non voglio sperare invano.

 

Sospiro mentre la mia Professoressa di Storia continua a blaterare sulla Crisi del ’29. Prendo qualche appunto, soprattutto quei piccoli particolari che non sono presenti nel libro, ma che lei vorrà sapere all’interrogazione. Stronza.

 

È un piccolo bussare alla porta che interrompe brevemente la lezione. Io ne approfitto per controllare il cellulare, in caso di qualche nuovo messaggio. Sarà sicuramente qualche stupida circolare di cui non importa niente a nessuno. E io non riesco a guardare in faccia i miei amici, figuriamoci gli estranei.

 

-Avanti.- dice la mia Professoressa, alzando gli occhi al cielo.

 

-Buongiorno, Professoressa.- dice una voce conosciuta. –Posso rubarle la Signorina Berri per il resto dell’ora? Sempre se non è un disturbo, ovviamente.-

 

Ok, quindi non mi sono inventata tutto. Draco è qui. Draco è qui, e ha chiesto di parlarmi. Draco è qui davanti a me e sta parlando in italiano. Ok, è davvero uno stronzo. Uno stronzo figo, ma sempre uno stronzo è.

 

-Mi scusi, ma chi è lei? Perché una ragazza dovrebbe lasciare la sua classe durante una mia lezione?- chiede lei, assottigliando lo sguardo.

 

Faccio per rispondere, ma Draco è più veloce di me.

 

-Sono il conversatore d’inglese delle quinte classi.- spiega, mettendo un piccolo broncio. –Anastasia è davvero brava, e mi sarebbe di grande aiuto in una classe in cui non conoscono la differenza tra un verbo e un aggettivo. Le può concedere il permesso? Per favore?-

 

Quasi mi viene da ridere. Draco, oltre al broncio, ha uno sguardo da cucciolo bastonato che fa venire voglia di pizzicargli le guance. Poi sbatte le ciglia in maniera sensuale ma con indifferenza, tanto da far boccheggiare un paio di persone alle prime file. E ha anche risultato sulla Prof, che arrossisce vagamente. Quindi anche lei ha degli impulsi ormonali…

 

-Be’, se proprio la mette così.- dice la Professoressa. –Ok, Anastasia, puoi andare.-

 

Alzo gli occhi al cielo. Era anche ora in fondo. Scuoto la testa, prendendo la giacca, e mi avvicino a lui. Mi guarda attentamente e arrossisco, sentendomi un po’ sotto esame. Credevo che venire a scuola con un paio di jeans stretti neri, camicetta rossa e un cardigan nero non fosse poi così male. Ma questo non è quello che lui pensa, a quanto pare, perché prende piano la mia mano, lasciandovi un lieve bacio, senza poggiarvi veramente le labbra.

 

E arrossisco fino ai capelli. Ho sempre pensato che il baciamano fosse uno dei gesti più squallidi che un uomo potesse fare. È squallido compiere un gesto di devozione che però implica un ricambio di sottomissione. L’ho sempre visto così, persa nel pensiero che fosse qualcosa che gli uomini avevano smesso di fare quando alle donne era stato finalmente concesso il permesso di scegliere chi sposare. Ma fatto da lui, fatto con quella luce negli occhi dolce e gentile, resta solo un gesto romantico e nobile, che da devozione, ma che non chiede nulla in cambio. Gli sorrido lievemente, senza dire niente, imbarazzata.

 

Libero la mano, uscendo dalla classe. Lo seguo e, stranamente, invece di guidarmi verso una delle classi, mi porta dentro il bagno femminile. Prima controlla che non ci sia nessuno dentro, poi prende la bacchetta e scaglia un incantesimo non verbale contro la porta.

 

-Che ha intenzione di fare, Signor Malfoy?- gli chiedo, appoggiandomi al muro più lontano da lui.

 

-Devo parlarti. E avevo bisogno di un posto in cui stare da soli.- dice, facendo roteare la bacchetta tra le dita. –E poi perché adesso mi chiami ‘Signor Malfoy’? Ti ho detto che ho trent’anni, non sessanta. Puoi chiamarmi per nome. Sempre che tu non abbia una sindrome alla Potter che ha cominciato a chiamarmi per nome dopo tredici anni!- aggiunge, alzando gli occhi al cielo.

 

-Ti prego.- sbuffo, sarcastica. –E comunque, perché l’altra volta abbiamo fatto quella bella chiacchierata in inglese quando conosci bene anche l’italiano?-

 

-Perché tu sei l’unica che può sapere chi sono veramente e non volevo che gli altri capissero. A quanto pare tu sei l’unica a conoscere Potter e tutte le sue vicende nella tua classe, o questa è solo una mia impressione?- chiede, con un ghigno.

 

-Non sono l’unica a conoscere Harry Potter.- rispondo, alzando gli occhi al cielo. –Però i miei compagni così stupidi da pensare che, se mai i personaggi esistessero veramente, avrebbero i volti degli attori. E poi il tuo nome è stato la campanella d’allarme.-

 

Ok, le mie guance si stanno arrossendo di nuovo, quindi abbasso lo sguardo, imbarazzata.

 

-Che vuoi dire?- mi chiede, e posso quasi sentire il suo sopracciglio alzarsi.

 

-Il nome.. sul serio, Abraxas Black? Chi chiamerebbe il proprio figlio Abraxas? Poi il tuo cognome e il tuo aspetto mi hanno fatto capire chi sei.- farnetico, sputando una parola dopo l’altra.

 

-E come facevi a sapere che il nome di mio nonno era Abraxas?- continua, avvicinandosi.

 

-Perché credo di essere l’unica deficiente ad aver spulciato l’intera sezione ‘Harry Potter’ su Wikipedia e ad aver letto ogni singola cosa che riguardava te, o meglio il tuo personaggio.- dico, avvampando.

 

-E perché avresti fatto una cosa del genere?- mi chiede, ridacchiando.

 

Ah, ma allora gode nel vedermi imbarazzata.

 

-Perché sei il mio personaggio preferito, ok? Cioè, dopo Sirius, sei il mio personaggio preferito!- sbotto.

 

-Tralasciando il cugino di mia madre, davvero preferisci me a Potty?- mi chiede, sogghignando.

 

-Si, ti preferisco a Potty.- rispondo, alzando gli occhi al cielo.

 

Non risponde, però è bello vedere il piccolo ghigno trasformarsi in un sorriso vero.

 

-Come mai conosci l’italiano così bene?- gli chiedo, confusa.

 

-Sono semplicemente un Malfoy. Per me è solo conoscenza di base. Letteratura, lingue, altri tipi di conoscenza… per me non è un optional sapere. Però mi piace. La cultura ti permette di flirtare con le donne in maniera intelligente.- dice, semplicemente.

 

-Wow.- sussurro, meravigliata.

 

Lui ride, passandosi una mano tra i capelli.

 

-Non dovevi parlarmi di qualcosa?- gli chiedo, torturandomi le mani.

 

-Si.- mi dice, prendendomi il mento tra l’indice e il pollice e facendomi alzare lo sguardo, gentilmente.

 

E vorrei non l’avesse fatto. Perché posso resistergli finché mi resta lontano, finché non mi parla, finché non mi guarda così. Ma è troppo vicino adesso. E non so se riuscirò a controllarmi.

 

-Davvero?- sussurro, col cuore in gola.

 

-Si.- risponde lui, il tono di voce quasi nullo.

 

È a due centimetri dalle mie labbra. Potrebbe fare di tutto, e non saprei dirgli di no. Però devo provarci. Perciò abbasso leggermente la testa, sfuggendo al suo sguardo.

 

-Sei una strega.- sussurra, posando una mano sulla mia spalla.

 

-Cosa?- gli chiedo, chiudendo gli occhi.

 

No, non può essere. Non può succedere questo. Non a me.

 

-È la verità. Sei una Nata Babbana. Il fatto è che quando eri una neonata.. ti bloccarono i poteri, per non so quale ragione. Sono stato mandato qui per sbloccarteli. Certo, non potrai andare più a Hogwarts, però hai la possibilità di imparare a usare la magia e intraprendere una carriera nel mondo magico. Devi solo impegnarti.- mi spiega. –Apri gli occhi, ti prego.-

 

Mi libero della sua stretta e mi avvicino alla porta. Provo con tutta me stessa a trattenere le lacrime che premono per uscire. Perché non può essere vero. Non posso permettermi di sperare così.

 

-Stai mentendo.- sussurro, provando ad aprire la porta.

 

-Cosa?- mi chiede, stupito.

 

-Stai mentendo.- ripeto, asciugandomi la lacrima che mi percorre il viso.

 

-Perché dovrei mentirti? Non ne trarrei nessun vantaggio. Anzi, ho dovuto momentaneamente lasciare il mio lavoro per venire qui. Ci sono persone che dipendono da me e le ho lasciate da sole, per poterti dare la possibilità di usare la magia!- sbotta, all’improvviso irritato. –Ma a te questo non importa, vero?-

 

-Non m’importa? Non m’importa?- ripeto, ridendo istericamente. –Ma che ne sai tu? Tu non hai idea di cosa vuol dire vivere così! Vivere sperando che ti accada qualcosa e poi non succede niente! Cosa ne sai tu? Io non posso permettermi di crederti, non posso permettermi di sperare!

 

-Non devi sperare, infatti! Questo è reale, sta succedendo adesso! Credimi, ti prego!- dice lui, aggrottando le sopracciglia, con sguardo malinconico.

 

-No, Draco… io non posso, mi dispiace. Lasciami andare adesso, ti prego.- lo imploro, dandogli le spalle.

 

Poggio una mano sulla maniglia della porta e provo a tirare, ma l’incantesimo di Draco ha funzionato, quindi sono bloccata qui.

 

-Potresti lasciarmi andare? Ho lezione in classe. Per favore.- gli chiedo, girandomi di nuovo verso di lui.

 

Draco sospira, ma stringe la bacchetta in mano. La alza puntandola alla porta, ma prima di scagliare l’incantesimo, la sua arma cambia bersaglio.

 

-Opes Relascio.- dice, tranquillamente.

 

Trattengo il respiro, mentre una luce, calda e abbagliante, si libera dalla bacchetta, avvolgendomi. Per un attimo non succede niente. Poi accade tutto all’improvviso. I vetri sono scossi da forti raffiche di vento, il pavimento traballa. Il mio cuore batte forte e più forte batte più tutto trema. E ho paura. Ho così tanta paura. Perciò provo ad aggrapparmi all’unica altra presenza nella stanza. Cerco Draco con lo sguardo, passando una mano sui miei occhi velati di lacrime. Lui intercetta il mio sguardo, così gli bastano pochi passi per raggiungermi e stringermi tra le sue braccia. E così all’improvviso tutto tace. Sento solo della neve poggiarsi sulle mie mani. Entra dalla finestra che si è aperta per il vento.

 

Il mio labbro inferiore comincia a tremare. Sono stata io. Tutto quello che è successo è stato a causa mia. Vento, terremoto, neve… dipende tutto da me e dalle mie emozioni. Mi scappa un singhiozzo dalla bocca e allora non posso fare altro che affondare il viso nell’incavo della spalla di Draco, provando a non tremare.

 

-Shh.. va tutto bene. È tutto ok. Sta calma, ti prego.- mi dice, provando a consolarmi.

 

Lui mi stringe ancora più forte e io mi aggrappo a lui con tutta me stessa. E mi chiedo perché. Perché mi è successa una cosa del genere? Perché sono una strega? Come posso essere una strega? E perché lo scopro solo adesso?

 

Mi stacco leggermente da lui e passo una mano sul viso, asciugandolo dalle lacrime. Alzo gli occhi e noto che siamo di nuovo a pochi centimetri di distanza, come prima. Stavolta è lui ad allontanarsi da me e la parte di me più ragionevole non può fare altro che ringraziarlo.

 

-Sei una Tempestae Dominatrix. Per questo ti hanno dovuto bloccare i poteri.- dice, scostandosi gentilmente.

 

-Una cosa?- chiedo, perplessa.

 

-Sei una Tempestae Dominatrix. Una Dominatrice degli eventi atmosferici. Puoi governarli, farli rispondere ai tuoi desideri e ai tuoi comandi. Puoi decidere se lasciare tutti nella siccità o causare alluvioni. Ma devi stare molto attenta, perché i tuoi poteri coinvolgono anche tutte le persone che ti sono attorno. Quindi non lasciarti prendere troppo dalle emozioni. Ti prego, sta attenta.- mi dice, passando entrambi i pollici sulle mie guance bagnate, le sue mani posate a coppa tra il mio collo e il mio viso.

 

Sento le mie guance arrossire e mi maledico tra me e me, perché non posso essere così stupida. Però non capisco il suo comportamento. Perché fa così? Perché prova sempre a.. starmi vicino?

 

-Anastasia?- mi chiama, chinando la testa di lato, a richiamare la mia attenzione.

 

-Si?- chiedo, scuotendo la testa.

 

-Fuori sta nevicando. Di nuovo.- dice, sorridendo.

 

Chiudo gli occhi e con un sospiro mi allontano finalmente da lui. Mi specchio sul vetro della finestra per controllare le condizioni del trucco e dei capelli, e noto che non sono poi così indecente.

 

-Mi dispiace.- mi dice, facendomi sobbalzare. –Ma… hai il diritto di essere te stessa. E la magia fa parte di te. Devi imparare ad amarla e apprezzarla.-

 

-Fa niente.- gli rispondo, con un lieve sorriso sul volto. –E poi, io amo la magia. Forse avevo solo paura di scoprire che avevi sbagliato persona.-

 

Lui ridacchia, scuotendo la testa. –Nah, sei tu. Eri l’unica possibilità.-

 

Ridiamo insieme e, dopo esserci salutati, apre la porta, permettendomi di andare. Poggio una mano sulla maniglia, poi ricordo.

 

-Draco?- lo chiamo, voltandomi.

 

-Si, liebe?- risponde, con un sorriso scaltro sul volto.

 

Come mi ha chiamata? E poi che lingua era? Tedesco? Russo?

 

-Asia.- gli dico, con un sorriso.

 

-Asia cosa?- mi chiede, con uno strano sguardo negli occhi.

 

-È così che mi chiamano tutti, qui. Asia.- gli rispondo.

 

-Allora, ok, Asia. Ich warte ein Leben lang. Ricordalo sempre.- dice, guardandomi negli occhi.

 

Aggrotto le sopracciglia, confusa. Però gli sorrido, mentre mi chiudo la porta alle spalle. Non so cosa voglia dire quello che mi ha detto. Ma istintivamente mi fa venir voglia di sospirare. E mi fa piacere. Tanto piacere.

 

 

Spazio Autrice: Salve. Benvenuti nella riedizione di questo capitolo. Forse questo è il capitolo che meno mi convinceva di questa fiction. Ripeto, quando ho iniziato a scriverla, avevo intenzione di renderla drammatica e inserirci vagonate di angst. Ma Asia e Draco non erano d’accordo, quindi ho dovuto cambiare tutto.

-         Liebe: dal tedesco, vuol dire amore.

-         Ich warte ein leben lang: dal tedesco, vuol dire ‘ti aspetto da una vita’.

Detto questo, passo e chiudo.

 

A presto,

Micaela.

   
 
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