2. Tempestae Dominatrix
Sbuffo, sbattendo la testa contro il
banco. A volte vorrei solo potere scappare da questa prigione che è la scuola.
A volte vorrei solo andare in aeroporto e prendere il primo aereo per qualsiasi
destinazione e ricominciare tutto da capo. Ma poi mi tornano in mente tutte le
responsabilità che ho nei confronti dei miei genitori, dei miei amici, delle
persone a cui voglio bene e che mi vogliono bene. E
rinuncio.
Certo, un briciolo di quella che ho
sempre pensato fosse solo fantasia, ma che è la realtà, ha bussato alla mia
porta tre giorni fa, quindi non riesco a digerire la normalità. Non ci riuscivo
già prima, farlo adesso che niente meno che Draco Lucius Malfoy è il mio
conversatore d’inglese, venuto qua apposta per me, risulta
assolutamente impossibile.
Anche se è da quando se ne è andato
l’altro giorno che mi chiedo se sia successo veramente o solo nella mia testa.
Ok, siamo liceali e non ci preoccupiamo poi molto delle nostre lezioni, ma un
conto è fare finta di nulla quando il conversatore che viene a farti lezioni è
un novantenne senza un briciolo di sex appeal, una cosa è quando, a tenere le
lezioni, è uno come Draco Malfoy. E il fatto che nessuna delle mie compagne no abbia detto nulla a riguardo mi sta fa stare malissimo.
Perché mi fa credere che io mi sia inventata tutto, e davvero, non voglio
sperare invano.
Sospiro mentre la mia Professoressa di
Storia continua a blaterare sulla Crisi del ’29. Prendo qualche appunto,
soprattutto quei piccoli particolari che non sono presenti nel libro, ma che
lei vorrà sapere all’interrogazione. Stronza.
È un piccolo bussare alla porta che
interrompe brevemente la lezione. Io ne approfitto per controllare il
cellulare, in caso di qualche nuovo messaggio. Sarà sicuramente qualche stupida
circolare di cui non importa niente a nessuno. E io
non riesco a guardare in faccia i miei amici, figuriamoci gli estranei.
-Avanti.-
dice la mia Professoressa, alzando gli occhi al cielo.
-Buongiorno, Professoressa.- dice una
voce conosciuta. –Posso rubarle la Signorina Berri
per il resto dell’ora? Sempre se non è un disturbo, ovviamente.-
Ok, quindi non mi sono inventata
tutto. Draco è qui. Draco è qui, e ha chiesto di parlarmi. Draco è qui davanti
a me e sta parlando in italiano. Ok, è davvero uno
stronzo. Uno stronzo figo, ma sempre uno stronzo è.
-Mi scusi, ma chi è lei? Perché una
ragazza dovrebbe lasciare la sua classe durante una mia lezione?- chiede lei,
assottigliando lo sguardo.
Faccio per rispondere, ma Draco è più
veloce di me.
-Sono il conversatore d’inglese delle
quinte classi.- spiega, mettendo un piccolo broncio. –Anastasia è davvero
brava, e mi sarebbe di grande aiuto in una classe in cui non conoscono la
differenza tra un verbo e un aggettivo. Le può concedere il permesso? Per
favore?-
Quasi mi viene da ridere. Draco, oltre
al broncio, ha uno sguardo da cucciolo bastonato che fa venire voglia di
pizzicargli le guance. Poi sbatte le ciglia in maniera sensuale ma con
indifferenza, tanto da far boccheggiare un paio di persone alle prime file. E
ha anche risultato sulla Prof, che arrossisce vagamente. Quindi
anche lei ha degli impulsi ormonali…
-Be’, se proprio la mette così.- dice la Professoressa. –Ok, Anastasia, puoi andare.-
Alzo gli occhi al cielo. Era anche ora
in fondo. Scuoto la testa, prendendo la giacca, e mi avvicino a lui. Mi guarda
attentamente e arrossisco, sentendomi un po’ sotto esame. Credevo che venire a
scuola con un paio di jeans stretti neri, camicetta rossa e un cardigan nero
non fosse poi così male. Ma questo
non è quello che lui pensa, a quanto pare, perché prende piano la mia mano,
lasciandovi un lieve bacio, senza poggiarvi veramente le labbra.
E arrossisco fino ai capelli. Ho
sempre pensato che il baciamano fosse uno dei gesti più squallidi
che un uomo potesse fare. È squallido compiere un
gesto di devozione che però implica un ricambio di sottomissione. L’ho sempre
visto così, persa nel pensiero che fosse qualcosa che gli uomini avevano smesso
di fare quando alle donne era stato finalmente concesso il permesso di
scegliere chi sposare. Ma fatto da lui, fatto con
quella luce negli occhi dolce e gentile, resta solo un gesto romantico e
nobile, che da devozione, ma che non chiede nulla in cambio. Gli sorrido
lievemente, senza dire niente, imbarazzata.
Libero la mano, uscendo dalla classe.
Lo seguo e, stranamente, invece di guidarmi verso una delle classi, mi porta
dentro il bagno femminile. Prima controlla che non ci sia nessuno dentro, poi
prende la bacchetta e scaglia un incantesimo non verbale contro la porta.
-Che ha intenzione di fare, Signor
Malfoy?- gli chiedo, appoggiandomi al muro più lontano da lui.
-Devo parlarti. E avevo bisogno di un
posto in cui stare da soli.- dice, facendo roteare la
bacchetta tra le dita. –E poi perché adesso mi chiami ‘Signor Malfoy’? Ti ho
detto che ho trent’anni, non sessanta. Puoi chiamarmi per nome. Sempre che tu
non abbia una sindrome alla Potter che ha cominciato a chiamarmi per nome dopo
tredici anni!- aggiunge, alzando gli occhi al cielo.
-Ti prego.- sbuffo, sarcastica.
–E comunque, perché l’altra volta abbiamo fatto quella
bella chiacchierata in inglese quando conosci bene anche l’italiano?-
-Perché tu sei l’unica che può sapere
chi sono veramente e non volevo che gli altri capissero. A quanto pare tu sei l’unica a conoscere Potter e tutte le sue vicende
nella tua classe, o questa è solo una mia impressione?- chiede, con un ghigno.
-Non sono l’unica a conoscere Harry
Potter.- rispondo, alzando gli occhi al cielo. –Però i miei compagni così
stupidi da pensare che, se mai i personaggi esistessero veramente, avrebbero i
volti degli attori. E poi il tuo nome è stato la
campanella d’allarme.-
Ok, le mie guance si stanno arrossendo
di nuovo, quindi abbasso lo sguardo, imbarazzata.
-Che vuoi dire?- mi chiede, e posso
quasi sentire il suo sopracciglio alzarsi.
-Il nome.. sul serio, Abraxas
Black? Chi chiamerebbe il proprio
figlio Abraxas? Poi il tuo cognome e il tuo
aspetto mi hanno fatto capire chi sei.- farnetico,
sputando una parola dopo l’altra.
-E come facevi a sapere che il nome di
mio nonno era Abraxas?- continua, avvicinandosi.
-Perché credo di essere l’unica
deficiente ad aver spulciato l’intera sezione ‘Harry Potter’ su Wikipedia e ad aver letto ogni singola cosa che riguardava
te, o meglio il tuo personaggio.- dico, avvampando.
-E perché avresti fatto una cosa del
genere?- mi chiede, ridacchiando.
Ah, ma allora gode nel vedermi
imbarazzata.
-Perché sei il mio personaggio
preferito, ok? Cioè, dopo Sirius, sei il mio
personaggio preferito!- sbotto.
-Tralasciando il cugino di mia madre,
davvero preferisci me a Potty?- mi chiede,
sogghignando.
-Si, ti preferisco a Potty.- rispondo, alzando gli occhi al cielo.
Non risponde, però è bello vedere il
piccolo ghigno trasformarsi in un sorriso vero.
-Come mai conosci l’italiano così
bene?- gli chiedo, confusa.
-Sono semplicemente un Malfoy. Per me è
solo conoscenza di base. Letteratura, lingue, altri tipi di conoscenza…
per me non è un optional sapere. Però mi piace. La
cultura ti permette di flirtare con le donne in
maniera intelligente.- dice, semplicemente.
-Wow.- sussurro, meravigliata.
Lui ride, passandosi una mano tra i
capelli.
-Non dovevi parlarmi di qualcosa?- gli
chiedo, torturandomi le mani.
-Si.- mi dice, prendendomi il mento tra l’indice e il
pollice e facendomi alzare lo sguardo, gentilmente.
E vorrei non l’avesse fatto. Perché
posso resistergli finché mi resta lontano, finché non mi parla, finché non mi
guarda così. Ma è troppo vicino adesso. E non so se
riuscirò a controllarmi.
-Davvero?- sussurro, col cuore in
gola.
-Si.- risponde lui, il tono di voce quasi nullo.
È a due centimetri dalle mie labbra.
Potrebbe fare di tutto, e non saprei dirgli di no. Però
devo provarci. Perciò abbasso leggermente la testa, sfuggendo al suo sguardo.
-Sei una strega.- sussurra, posando
una mano sulla mia spalla.
-Cosa?- gli chiedo, chiudendo gli
occhi.
No, non può essere. Non può succedere
questo. Non a me.
-È la verità. Sei una Nata Babbana. Il fatto è che quando eri una neonata.. ti bloccarono i poteri, per non so quale ragione. Sono
stato mandato qui per sbloccarteli. Certo, non potrai andare più a Hogwarts,
però hai la possibilità di imparare a usare la magia e intraprendere una
carriera nel mondo magico. Devi solo impegnarti.- mi
spiega. –Apri gli occhi, ti prego.-
Mi libero della sua stretta e mi
avvicino alla porta. Provo con tutta me stessa a trattenere le lacrime che
premono per uscire. Perché non può essere vero. Non posso permettermi di
sperare così.
-Stai mentendo.-
sussurro, provando ad aprire la porta.
-Cosa?- mi chiede, stupito.
-Stai mentendo.-
ripeto, asciugandomi la lacrima che mi percorre il viso.
-Perché dovrei mentirti? Non ne
trarrei nessun vantaggio. Anzi, ho dovuto momentaneamente lasciare il mio
lavoro per venire qui. Ci sono persone che dipendono
da me e le ho lasciate da sole, per poterti dare la possibilità di usare la
magia!- sbotta, all’improvviso irritato. –Ma a te questo non importa, vero?-
-Non m’importa? Non m’importa?-
ripeto, ridendo istericamente. –Ma che ne sai tu? Tu non hai idea di cosa vuol
dire vivere così! Vivere sperando che ti accada qualcosa e poi non succede
niente! Cosa ne sai tu? Io non posso permettermi di crederti, non posso permettermi di sperare!
-Non devi sperare, infatti!
Questo è reale, sta succedendo adesso! Credimi, ti prego!- dice lui,
aggrottando le sopracciglia, con sguardo malinconico.
-No, Draco…
io non posso, mi dispiace. Lasciami andare adesso, ti prego.- lo imploro,
dandogli le spalle.
Poggio una mano sulla maniglia della
porta e provo a tirare, ma l’incantesimo di Draco ha funzionato, quindi sono
bloccata qui.
-Potresti lasciarmi andare? Ho lezione
in classe. Per favore.- gli chiedo, girandomi di nuovo verso di lui.
Draco sospira, ma stringe la bacchetta
in mano. La alza puntandola alla porta, ma prima di scagliare l’incantesimo, la
sua arma cambia bersaglio.
-Opes Relascio.- dice,
tranquillamente.
Trattengo il respiro, mentre una luce,
calda e abbagliante, si libera dalla bacchetta, avvolgendomi. Per un attimo non
succede niente. Poi accade tutto all’improvviso. I vetri sono scossi da forti
raffiche di vento, il pavimento traballa. Il mio cuore batte forte e più forte batte più tutto trema. E ho paura. Ho così tanta paura.
Perciò provo ad aggrapparmi all’unica altra presenza nella stanza. Cerco Draco
con lo sguardo, passando una mano sui miei occhi velati di lacrime. Lui
intercetta il mio sguardo, così gli bastano pochi passi per raggiungermi e
stringermi tra le sue braccia. E così all’improvviso tutto tace. Sento solo
della neve poggiarsi sulle mie mani. Entra dalla finestra che si è aperta per
il vento.
Il mio labbro inferiore comincia a
tremare. Sono stata io. Tutto quello che è successo è
stato a causa mia. Vento, terremoto, neve… dipende
tutto da me e dalle mie emozioni. Mi scappa un singhiozzo dalla bocca e allora
non posso fare altro che affondare il viso nell’incavo della spalla di Draco,
provando a non tremare.
-Shh.. va tutto bene. È tutto ok. Sta calma, ti
prego.- mi dice, provando a consolarmi.
Lui mi stringe ancora più forte e io mi aggrappo a lui con tutta me stessa. E mi chiedo
perché. Perché mi è successa una cosa del genere? Perché sono una strega? Come posso essere una strega? E perché lo scopro solo adesso?
Mi stacco leggermente da lui e passo
una mano sul viso, asciugandolo dalle lacrime. Alzo gli occhi e noto che siamo
di nuovo a pochi centimetri di distanza, come prima. Stavolta è lui ad
allontanarsi da me e la parte di me più ragionevole non può fare altro che
ringraziarlo.
-Sei una Tempestae
Dominatrix. Per questo ti hanno dovuto bloccare i
poteri.- dice, scostandosi gentilmente.
-Una cosa?- chiedo, perplessa.
-Sei una Tempestae
Dominatrix. Una Dominatrice degli eventi atmosferici.
Puoi governarli, farli rispondere ai tuoi desideri e ai tuoi comandi. Puoi
decidere se lasciare tutti nella siccità o causare alluvioni. Ma devi stare molto attenta, perché i tuoi poteri
coinvolgono anche tutte le persone che ti sono attorno. Quindi
non lasciarti prendere troppo dalle emozioni. Ti prego, sta attenta.- mi dice, passando entrambi i pollici sulle mie guance
bagnate, le sue mani posate a coppa tra il mio collo e il mio viso.
Sento le mie guance arrossire e mi
maledico tra me e me, perché non posso essere così stupida. Però
non capisco il suo comportamento. Perché fa così? Perché prova sempre a.. starmi vicino?
-Anastasia?- mi chiama, chinando la testa di lato, a
richiamare la mia attenzione.
-Si?- chiedo, scuotendo la testa.
-Fuori sta nevicando. Di nuovo.- dice,
sorridendo.
Chiudo gli occhi e con un sospiro mi
allontano finalmente da lui. Mi specchio sul vetro della finestra per
controllare le condizioni del trucco e dei capelli, e noto che non sono poi
così indecente.
-Mi dispiace.- mi dice, facendomi
sobbalzare. –Ma… hai il diritto di essere te stessa.
E la magia fa parte di te. Devi imparare ad amarla e apprezzarla.-
-Fa niente.-
gli rispondo, con un lieve sorriso sul volto. –E poi, io amo la magia. Forse
avevo solo paura di scoprire che avevi sbagliato persona.-
Lui ridacchia, scuotendo la testa. –Nah, sei tu. Eri l’unica possibilità.-
Ridiamo insieme e, dopo esserci
salutati, apre la porta, permettendomi di andare. Poggio una mano sulla
maniglia, poi ricordo.
-Draco?- lo chiamo, voltandomi.
-Si, liebe?- risponde, con un sorriso
scaltro sul volto.
Come mi ha chiamata?
E poi che lingua era? Tedesco? Russo?
-Asia.- gli dico, con un
sorriso.
-Asia cosa?- mi chiede, con uno strano sguardo
negli occhi.
-È così che mi chiamano tutti, qui. Asia.- gli rispondo.
-Allora, ok, Asia. Ich warte ein
Leben lang. Ricordalo sempre.-
dice, guardandomi negli occhi.
Aggrotto le sopracciglia, confusa. Però gli sorrido, mentre
mi chiudo la porta alle spalle. Non so cosa voglia dire quello che mi ha detto. Ma istintivamente mi fa venir
voglia di sospirare. E mi fa piacere. Tanto piacere.
Spazio Autrice: Salve. Benvenuti nella
riedizione di questo capitolo. Forse questo è il capitolo che meno mi
convinceva di questa fiction. Ripeto, quando ho iniziato a scriverla, avevo intenzione
di renderla drammatica e inserirci vagonate di angst.
Ma Asia e Draco non erano d’accordo,
quindi ho dovuto cambiare tutto.
-
Liebe: dal tedesco, vuol dire amore.
-
Ich warte ein leben lang:
dal tedesco, vuol dire ‘ti aspetto da una vita’.
Detto questo, passo e chiudo.
A presto,
Micaela.