Hogwarts Express: next stop… Life
I minuti non erano mai passati così lentamente.
Le lancette dell’orologio che teneva al polso
sembravano volergli fare un dispetto, diminuendo il loro già lento andare.
Ron sospirò, sedendosi sulla panchina vuota.
Quel giorno non gli interessava aspettare.
Erano anni che aspettava quel momento, dopotutto.
Negli ultimi minuti si sarebbe semplicemente goduto la
sensazione piacevole dei semplici pensieri.
I pensieri di ciò che lo attendeva… che li attendeva.
Sorrise tra sé, sentendosi un po’ bambino.
Probabilmente, nel suo intimo lo era davvero; d’altra
parte Hermione glielo rimproverava sempre quando si arrabbiava.
In quel momento, però, Ron si sentiva davvero come un
bimbo che, fremente ed eccitato, attende l’arrivo di Babbo Natale.
Con la differenza che il suo Babbo Natale aveva i
capelli castani e voluminosi, un tono da saputella e con al posto del sacco,
una borsa piena di libri al seguito.
Ed era bella, bellissima per lui… il più bel regalo
che Babbo Natale avrebbe mai potuto portargli.
Si morse le labbra, guardandosi attorno.
Di nuovo, genitori e fratelli in attesa del ritorno
dei figli…
Chiacchieravano sereni e spensierati, aspettando l’arrivo
dell’Espresso.
Ron tentò di distrarsi; cercò con lo sguardo un qualcosa
che potesse attirare la sua attenzione, permettendogli così di alleviare quell’ansia,
quell’eccitazione che gravava sul suo stomaco dalla sera e che ora minacciava
di esplodergli nel petto in un vortice di energia positiva.
Si appoggiò allo schienale e distese le gambe,
tentando inutilmente di restare fermo.
Si tormentò le mani, in cerca del pensiero che avrebbe
dovuto portare una tregua nella sua mente.
Spostò il suo sguardo intorno a sé. La stazione era già
gremita.
I bambini più piccoli scorrazzavano su e giù; i
genitori chiacchieravano tra loro, alcuni guardavano l’orologio, altri
tentavano si allungare lo sguardo nella speranza di cogliere un qualsiasi segno
dell’arrivo del treno.
Poco distante da lui c’era una bambina che saltellava
contenta intorno ai genitori.
Non poteva avere più di cinque o sei anni.
Sbatteva i piedini a tempo, lasciando ondeggiare la
sua gonna azzurra.
Azzurra…
L’azzurro era un colore che Hermione amava molto.
Merlino!
Con un nuovo vortice, il cumulo di energia tornò a
depositarsi con prepotenza sul suo stomaco.
Non c’era nulla da fare. Non c’era via di scampo.
Ogni pensiero portava a lei.
Qualsiasi cosa terminava con… lei.
Scosse la testa, sorridendo.
Si coprì il viso con le mani, imponendosi di darsi una
calmata.
Se le altre volte l’idea del suo ritorno era
annebbiata dal pensiero della sua inevitabile ripartenza, stavolta questo
limite non c’era.
Lei non se ne sarebbe andata più.
Tornava per restare.
Ron guardò per l’ennesima volta l’orologio… perché non
riusciva ad aspettare? Perché quell’attesa lo stava consumando così?
Quella che negli ultimi mesi era diventata musica per
le sue orecchie, interruppe i suoi piacevolissimi tormenti.
Scattò in piedi, mentre la gente si spingeva verso le
linee della ferrovia.
L’espresso si avvicinò lento, maestoso e nel suo
totale splendore.
Con due ultimi fischi, il treno si fermò.
Le porte si aprirono e fu il delirio.
Tutti cercavano di comunicare con tutti; i bambini
facevano segno ai loro genitori; le mamme
si sbracciavano per salutare i loro figli; civette che sbatacchiavano
nelle loro gabbie; gridolini di gioia.
Ron sopirò, aguzzando la vista; era più alto della
maggior parte della gente, quindi aveva minor difficoltà degli altri a trovare
ciò che gli interessava.
L’unica persona per la quale in quel momento aveva
occhi.
O avrebbe dovuto.
Ma, tra le frotte di studenti che si affrettavano a
scendere, di Hermione non sembrava esserci traccia.
Ron non si meravigliò; anche se ormai l’anno era
praticamente finito, Hermione avrebbe portato a conclusione i suoi doveri di
Caposcuola, fino alla fine.
Incrociò le braccia, attendendo.
Ma presto, di nuovo, la sua attenzione fu catturata da
una macchia rossiccia che schizzò fino a pochi metri da lui.
Quando i suoi occhi azzurri incrociarono quelli
giallastri della creatura ai suoi piedi, il gatto gli soffiò astioso, gonfiando
minacciosamente la sua coda vaporosa.
Ron non aveva mai avuto un buon rapporto con
Grattastinchi, ma in quel momento fu persino felice di vederlo.
Perché se c’era lui…
Si guardò intorno freneticamente, mentre volgeva lo
sguardo a destra… a sinistra. Poi di nuovo a destra…
Mentre Grattastinchi continuava imperterrito a
soffiargli contro.
- Sì, anche io sono felice di rivederti, mostro -
disse a mezza voce, continuando a cercare, senza curarsi del felino che
sembrava propenso a sfregiargli la faccia.
- Spero che tu sia entusiasta di vedere me un po’ di
più, Ron - disse una voce divertita alle sue spalle.
Ron si voltò in modo talmente veloce che sentì un
sonoro schiocco all’altezza del suo collo.
Ma non se ne curò minimamente.
- Mhm. Non so se è possibile… vedere Grattastinchi è
una gioia davvero insuperabile - disse Ron guardandola e perdendo totalmente il
controllo dei suoi muscoli facciale che, spontaneamente, si contrassero in un
sincero e liberatorio sorriso.
Lei sorrise in risposta, scuotendo la testa e facendo
ondeggiare la coda che raccoglieva i suoi capelli ribelli.
Hermione non disse nulla.
Si limitò a volare tra le braccia di lui e chiuse gli
occhi, stringendolo spasmodicamente, godendo di quel tocco delicato che gli
mancava da oltre due mesi.
Ron la strinse con così tanta forza che le fece fare
un giro, sollevandola di peso.
Hermione rise, distaccandosi leggermente per potergli
baciare ripetutamente le guance, assicurandosi di tenergli ben fermo il viso
con le mani.
Ron ridacchiò, godendosi quelle piacevoli attenzioni e
stringendo più forte la sua presa intorno a lei.
- Mi sei mancato… tantissimo - disse lei, continuando
ancora a sfiorare le guance ispide di Ron con le proprie labbra - Tantissimo.
Ron schioccò la lingua - E io che pensavo che, ora che
sei una strega diplomata con il massimo dei voti non fossi più intenzionata a
stare con un cafone aculturato come me…
Hermione interruppe la sua raffica di baci e lo guardò
storto. Ron vide impercettibilmente il suo sopracciglio destro alzarsi
leggermente.
- Non dire sciocchezze, Ronald! - arrivò immediata la
risposta. Ma poi sorrise, pronta a stare al gioco - Se è un tentativo per
liberarti di me, sappi che dovrai impegnarti di più.
Ron sorrise, sfiorando il piccolo naso di lei con il
suo - Mai - disse, sussurrando le parole sulle labbra di Hermione - Per niente
al mondo, mai.
Hermione si alzò sulle punte per facilitargli il
compito, assicurandosi nuovamente una salda presa sul suo viso.
Non si curarono affatto della gente; per qualche
secondo si dimenticarono di tutti, proprio come era successo la prima volta.
La prima a riscuotersi fu Hermione che, quando si
accorse dei numerosi sguardi che li circondavano, arrossì, sussurrando all’orecchio
di Ron - Credo che sia il momento di andare.
Ron sorrise, ma non mollò la presa; anzi, si fece più
vicino…
- Io credo che non sia ancora il momento, invece -
disse, prima di catturare nuovamente le sue labbra.
Fu solo dopo qualche minuto che si decisero davvero ad
avviarsi verso l’uscita.
Hermione aveva recuperato Grattistichi che continuava
a soffiare come un pazzo, gonfio come un tacchino nel giorno del
Ringraziamento, lanciando a Ron delle occhiate di fuoco.
- Quell’animale ha dei seri problemi, Hermione - gli
aveva fatto notare, mantenendosi a debita distanza, mentre lei lo infilava
nella cesta.
Appellarono il baule di lei e un altro paio di borse e
li caricarono sul carrello. Diedero uno sguardo in giro, alla ricerca di Ginny
ed Harry, che evidentemente dovevano essersi già avviati perché non sembravano
essere nelle vicinanze.
- Allora, andiamo? - disse Ron, porgendole una mano.
Hermione sospirò e annuì, incrociando le sue dita con
quelle di lui.
Fecero pochi passi, finchè Ron percepì una strana
resistenza: Hermione si era fermata e guardava verso il treno.
Lui si morse le labbra e avvicinando alla ragazza, l’abbraccio
da dietro, posando il mento sull’incavo del suo collo scoperto- Cosa c’è? - le
disse, lasciandole un leggero bacio sulla gola.
Sentì Hermione sospirare, mentre continuava a guardare
verso l’Espresso ormai fermo e freddo.
- Stavolta è davvero finito tutto, Ron - disse, con un
velo di malinconia.
Ron capì cosa intendesse Hermione. In realtà, lui non
aveva vissuto il distacco da Hogwarts in modo così drastico: si era ritrovato a
non andarci più, per scelta, e basta.
Non si era mai trovato nella condizione di dover dire “addio”
definitivamente ad un pezzo così importante della sua vita.
Ma per Hermione era stato diverso.
Lei aveva iniziato quel percorso, ed ora lo aveva
portato a termine.
- Non è… non è solo una fine - disse Ron - Può essere
anche un inizio. Di qualcosa di migliore, forse.
Strinse ancora di più le braccia intorno a lei e
sorrise nel sentirla annuire.
- Sì, è vero - disse lei, voltandosi leggermente per
poterlo guardare. Gli accarezzò una guancia, con un mezzo sorriso stampato sul
volto - Lo so, io… - farfugliò - E’ che… mi sembra assurdo dover dire addio a
questo posto - disse, spiegandosi - Una volta che usciremo da questo binario,
Hogwarts sarà il passato… - scosse la testa - Ti sembrerò una sciocca.
Ron le diede un bacio sulla fronte - No che non lo sei
- disse sicuro . Si guardò intorno e lei seguì il suo sguardo: l’uscita
incantata, le mattonelle rosse, le arcate, la locomotiva di un rosso sgargiante
- Tutto questo è stato parte della nostra vita per anni. Tua, soprattutto.
Lei sospirò.
- Ma questo non è un addio. Magari… - quando formulò
quel pensiero sentì le orecchie andargli a fuoco - Magari un giorno c-ci
torneremo… insieme.
Hermione impiegò qualche secondo a comprendere il
significato oltre quelle parole. Quando lo fece, i suoi occhi schizzarono su
Ron, che nel frattempo era entrato in apnea, in attesa di una reazione della
ragazza, di una qualsiasi reazione…
- Già - disse lei e, inaspettatamente, sorrise - Già.
Ma non era un semplice sorriso, non era una banale
angolazione della bocca…
Era la manifestazione di un sentimento che non si
sarebbe potuto comunicare a parole, che non aveva traduzione nel nostro banale
linguaggio.
Anche Ron riprese a respirare e rispose al suo sorriso
tenero e commosso, mentre nelle loro
menti, vorticavano le stesse parole, gli stessi pensieri.
Io.
Te.
Insieme.
Sempre….
Famiglia.
Figli…
Io…
Tu…
Sempre.
- Andiamo?
Stavolta a parlare fu Hermione, che sembrava aver
scacciato via la malinconia dai suoi occhi scuri. Tese la mano a Ron, proprio
come lui aveva fatto poco prima.
- Pronta? - le chiese Ron, afferrando la sua mano e
baciandole il dorso.
- Prontissima.
Insieme si diressero verso l’uscita, mano nella mano.
Un attimo prima di superare il confine magico, Ron si
voltò, lanciando l’ultimo sguardo all’Espresso di Hogwarts.
Lo guardò, imprimendosi nella mente l’immagine della
locomotiva, l’immagine di ciò che quel treno significasse.
Avrebbe conservato quel ricordo per anni e anni, non
sapendo, in quel momento, che quell’immagine sarebbe rimasta vivida fino al
giorno del loro nuovo incontro.
Perché quello non era un addio.
Era solo un rispettoso, doveroso e speranzoso
arrivederci.
“Stavolta è davvero finito tutto”.
Ecco, non sto certo dicendo addio all’Espresso
di Hogwarts, ma porre la parola fine a questa raccolta, intristisce un pochino
anche me.
Che dire… mi auguro davvero che il finale vi sia
piaciuto. Non era esattamente come lo avevo progettato, ma devo ammettere che
sono soddisfatta di come sia uscito (viva la modestia, si).
Ovviamente, anche nel nostro caso, questo non è
un addio ma un arrivederci - mi dispiace per voi- perché spero di poter tornare
presto a rompervi le scatole con quella che per me è la coppia migliore dell’intera
saga di quella geniaccia della Rowling.
Vi abbraccio uno ad uno, stampando anche un
bacio in fronte a coloro che mi hanno accompagnato per l’intera storia con i
loro commenti.
Grazie di cuore.