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Autore: Luli87    07/12/2010    9 recensioni
Un caso troppo pericoloso, un giro di prostituzione gestito da russi da scoprire e fermare. L'FBI vuole Kate nell'operazione, ma Castle non vuole restare fermo con le mani in mano.
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2. Informazioni e preparativi.
 
Nel pomeriggio il capitano, Beckett, Esposito e Ryan si trovavano tutti nello stesso ufficio. 
“Come l’ha presa Castle? Gli hai espressamente vietato di non farne parola con nessuno e di non prendere iniziative private? Non voglio problemi, non per questo caso.” chiese serio il capitano.
“Sì signore. E’ andato a casa appena l’ho messo al corrente della situazione.” Rispose Beckett. Abbassò gli occhi e aggiunse: “Almeno passerà le feste al sicuro e tranquillo in famiglia.”
Ryan guardò Esposito e sussurrò appena “Non credo che sarà affatto tranquillo” ed Esposito rispose, in tono altrettanto basso “E io non credo che non prenderà iniziative, anzi…” Si scambiarono una rapida occhiata d’intesa. Esposito allora si rivolse al capitano: “Signore, ci ha convocati qui tutti ma non dovrebbero arrivare anche gli agenti dell’FBI?” “Sì” rispose quello “L’agente Green arriverà a breve, accompagnato dall’agente Shaw.”
“L’agente Shaw, Jordan Shaw, signore?” chiese sorpresa Beckett.
“Sì, com’è piccolo il mondo eh, Beckett? L’agente Shaw lavora al caso da sei mesi, sta cercando di localizzare il quartier generale dell’organizzazione. Dopo l’omicidio di due giorni fa sono riusciti a limitare il cerchio d’azione, ma come ti ho spiegato hanno chiesto la tua partecipazione al caso. In ogni modo, voglio che sia chiara una cosa. Sei il mio miglior detective, per cui parteciperai ma secondo le mie regole. Esposito ti seguirà ad ogni passo, non ti perderà mai d’occhio, mentre Ryan avrà il compito di registrare tutte le conversazioni e di localizzarti ad ogni spostamento. Non ti perderemo di vista, neanche un istante. Non mi importa cosa pensa l’FBI, ma non voglio che ti succeda niente.”
Sentirono un rumore di tacchi avvicinarsi sempre di più, fino a che la porta dell’ufficio si aprì: “Detective, è un piacere rivedervi tutti e l’FBI vi ringrazia per la collaborazione. Detective Beckett, lieta di rivederla.” L’agente Shaw salutò tutti con un rapido discorso. I capelli lunghi color rame le scivolavano sulle spalle, il tailleur nero non aveva una piega fuori posto: era una donna perfetta, ordinata e sicura di sé. Posò sul tavolo spessi fascicoli e si sedette, con eleganza. “L’agente Green non è riuscito a raggiungermi. Lavora come infiltrato da due mesi presso di loro. Lo sorvegliano da vicino. Non hanno sospetti, ma la prudenza non è mai troppa. Fino ad oggi non gli hanno permesso di avvicinarsi al quartier generale, ha avuto il compito di sorvegliare gli spostamenti delle ragazze e sappiamo i luoghi in cui le nascondono. Sappiamo le identità dei bastardi, e non appena scopriremo dove si trova la mente dell’organizzazione, li colpiremo dritti al cuore. E una volta presi, libereremo le ragazze. Non possiamo fare niente prima, si sposterebbero in pochissimo tempo. Hanno troppi contatti, si nascondono ovunque. Poi noi vogliamo il loro capo, perché se colpiamo la base, la torre crolla. Ed è quello che faremo.”
Jordan Shaw mise al corrente tutti sulle scoperte degli ultimi giorni e spiegò a Beckett il suo ruolo nell’operazione: “Detective Beckett, lei si dovrà fingere una ragazza russa in cerca di lavoro. L’agente Green  la accompagnerà in uno dei loro covi, presentandola come una possibile vittima. Il piano, secondo quello che accade solitamente, è che la porteranno davanti a uno delle menti dell’organizzazione, Ivan Golovanov. Una volta dentro, con due agenti all’interno del giro, sarà più facile scoprire tutti i particolari. Golovanov è l’unico direttamente in contatto con il bastardo alla base di tutto.” Alzò leggermente lo sguardò e guardò Kate negli occhi: “Crede di potercela davvero fare? Sarà pericoloso. Metteremo agenti ad ogni angolo delle strade: se dovesse andare storto qualcosa vedremo di fare il possibile per risolvere la situazione. Quello che noi vogliamo, è prendere Sergei, il capo di tutto. Non vogliamo che nessuno si faccia male.”
“Sono sicura, agente Shaw. Li fermeremo in poco tempo e nessuno si farà male.” Rispose Kate.
“Lo spero davvero detective.”
“Sì, anch’io.” Sussurrò il capitano.
 
Nel frattempo, Castle era tornato a casa. Non riusciva a sopportare l’idea di non poter fare niente, di restare a casa ad aspettare una telefonata. Voleva poter essere di aiuto, tanto a Kate quanto alla squadra. Non era proprio sua abitudine restare con le mani in mano. Così prese il telefono e chiamò Michael Smith, un suo vecchio amico, un agente dell’FBI in pensione che anni prima aveva avuto una breve relazione con sua madre Martha.
“Richard Castle, mi hai chiamato per invitarmi a una partita a poker spero! Sono un paio di anni che mi devi ancora la rivincita!” rispose quello, al primo squillo.
“Smith! La rivincita? Quando vuoi! Ascolta ti ho chiamato per un’informazione urgente.” Il tono di Castle era agitato, per niente divertito.
“Castle, sono in pensione da anni. Di che informazioni hai bisogno? È per un tuo nuovo libro?”
“No, il libro non c’entra. C’entra la detective che seguo nelle indagini, Beckett. È stata chiamata dall’FBI per un incarico importante ma pericoloso, troppo pericoloso. Parliamo di un giro di prostituzione Smith, qui a New York. Una ragazzina di 16 anni è stata uccisa due giorni fa, l’hanno gettata dal quarto piano di un motel. Era vestita appena, e Dio solo sa cosa le hanno fatto.”
Ma il vecchio agente Smith lo interruppe “Castle, l’unica cosa che puoi fare è fidarti dell’FBI. La detective Beckett se la caverà, non hai idea di quanti agenti sono coinvolti in questa operazione.”
“Ah quindi ne sei al corrente? Dimmi quello che sai, dimmi quello che dovrei sapere. Devo fare qualcosa.”
“Castle non cambierai mai vero? Non puoi limitarti a scriverle certe storie?”
“Non rispondermi con altre domande Smith! Voglio i dettagli. E tu me li darai, come sempre.”
 
Neanche mezz’ora dopo lo scrittore e l’ex agente Smith erano seduti nel salotto del loft di Castle.
“Punto primo. Sono russi. L’FBI gli sta dietro da mesi. Hanno anche coinvolto un paio di ragazzi americani, per rapire le ragazze. Le cercano alle uscite degli aeroporti, nei bar. Si presentano come gente per bene, offrono da bere, divertimento, o un passaggio fino a un hotel o quello che è.. e le portano da un tale, Ivan Golovanov. Lo pediniamo da settimane ma ci sfugge sempre. Non è facile avvicinarlo, non si fidano di nessuno, solo dei loro. Golovanov non sta con le ragazze, è sempre da solo e si sposta sempre. L’agente Green è sotto copertura ed è riuscito ad entrare nel giro. Parla russo e sa come comportarsi per sembrare uno di loro. Ha dovuto sopportare molte cose Castle, cose che non ti racconterò, ma che puoi immaginare. Green per un paio di giorni ha avuto l’incarico di sorvegliare una ventina di ragazze presso un edificio semidistrutto alla periferia di Manhattan. Da oggi invece è stato incaricato di cercare possibili vittime. Ha fatto avere all’FBI tutti i dettagli che è riuscito a scoprire, identità dei bastardi, luoghi in cui tengono prigioniere le ragazze. Sappiamo dove sono e li stiamo tenendo d’occhio. Beckett dovrà fingersi indifesa, una ragazza straniera come tante altre, e una volta nel giro il gioco avrà inizio. È una bella ragazza, la vorranno sicuramente. Se Golovanov approverà, speriamo che Beckett riesca a scoprire qualcosa in fretta, senza farsi male.”
“La state esponendo a un rischio troppo alto. Questo non è un gioco! Quelli sono dei bastardi e non guardano in faccia nessuno. Ci dev’essere un altro modo.” Lo interruppe Castle, con un tono agitato.
“Ci abbiamo provato. Abbiamo perso più di una decina di agenti nei nostri colpi. Quelli sparano a chiunque, non gli importa di niente. Abbiamo liberato solo ventidue ragazzine, dai quattordici ai ventisei anni, e abbiamo arrestato solo quattro russi. Sono ben organizzati, se noi agiamo liberando le ragazze in un posto, loro spostano tutte le altre nel giro di pochi minuti. Sono bravi. Ma i russi che abbiamo preso erano soltanto delle pedine, poco importanti per l’organizzazione. Ubriachi, drogati, gente senza un lavoro che per del sesso gratis prestano servizio a Golovanov. Noi vogliamo arrestare le menti. Vogliamo Golovanov ma soprattutto il suo capo, un tale che chiamano Sergei. E’ lui il capo di tutto. Ma non sappiamo chi sia. Non lascia tracce di sé, né dei conti che usa o dei telefoni. Quei quattro che abbiamo arrestato non l’hanno mai visto. Lui dirige tutto, ma non riusciamo mai a localizzarlo. Non sappiamo come si sposta, è come un fantasma. Lui sceglie le ragazze. Se sono di suo gradimento, bene. Se no le fanno sparire. Così ci ha detto Green.”
Smith bevve un sorso di brandy. Castle non riusciva a parlare.
“Le ragazze non l’hanno mai visto. Quando lui le seleziona sono tutte bendate. Però le ragazzine che abbiamo liberato ci hanno raccontato che una di loro, una ragazzina russa di quindici anni, era stata portata via proprio da lui.. non l’hanno più vista.”  
“E l’FBI ha pensato bene di mandare Kate in veste di ragazza russa sperando che sia adocchiata da questo Sergei?” la preoccupazione di Castle salì alle stelle.
“Non è esattamente il piano ma non posso dirti altro Castle, la conversazione finisce qui.” L’ex agente si alzò in piedi e Castle lo seguì: “Per essere un agente in pensione sai molte cose, Smith. È sempre un piacere chiacchierare con te.”
“Lo dici tu che sono in pensione. Non una parola Castle, con nessuno. Ed evita i colpi di testa, non hai idea di quanto sia pericoloso.”
Si strinsero le mani e Smith se ne andò.
Kate, non posso permettertelo, pensò.
 
Castle prese il telefono.
“Ryan”
“Sono Castle. Non dire niente, dimmi solo dove sei, ti raggiungo!”
“Ehi ma cosa ti salta in mente?” la voce di Ryan era appena un sussurro, segno che c’era gente accanto a lui, gente che non doveva sentire i dettagli di quella telefonata.
Esposito gli lanciò un’occhiata, così Ryan uscì dall’ufficio in cui si trovava, per chiudersi in un ufficio vuoto.
“Dimmi dove sei, andiamo!”
“Al distretto, Esposito ed io stiamo sistemando i microfoni e le videocamere. Ci sono agenti dell’FBI ovunque Castle, non fare stupidaggini, non venire qui!”
“Sarò lì tra poco. E vedi di farti trovare sul furgone dell’audio, so che te ne occuperai tu.” E aggiunse, con tono quasi divertito: “Ti serve un autista?”
Ryan deglutì. Non sapeva cosa fare, cosa rispondergli. Sapeva solo che Castle era preoccupato quanto lui, o forse anche di più, per l’esito dell’operazione, sapeva che voleva stare vicino alla squadra, a Kate. Ma sapeva anche che il capitano e l’agente Shaw non volevano ostacoli. E Castle di certo sapeva come essere di intralcio. Ma aveva sempre dimostrato di essere all’altezza delle situazioni. Così, il detective decise di accettare l’offerta del collega: “Appena arrivi fermati fuori dal distretto, vicino al carrello degli hot-dog. Io ed Esposito vedremo di recuperare una divisa e la indosserai. Castle, se fai stupidaggini te la vedrai con noi.”
“Ricevuto, furgoncino blu. Arrivo!”
  
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