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Autore: Shockwave    09/12/2010    2 recensioni
A fronte di un grave deperimento delle terre abitate ed assalti sempre più frequenti fra assassini ed orchi, si sparge la voce di un misterioso attacco che sembra aver distrutto in una sola notte senza luna il villaggio di Besheuse, situato sul passo del Drago. Il violento, feroce attacco desta i sospetti di molti, ma solo il mercenario skylean Nemetona e la sciamana meirena Sioni vedono la reale minaccia: a distruggere in quel modo Besheuse non è stata un'orda di orchi, ma un Drago. Il loro cammino inizierà dunque nella Capitale Lucente Sig'Randa, del regno di Elerei, per terminare nelle terre di Delei, nella Capitale dei Draghi Dormienti Arat'Elean. E voi, se vorrete, potrete viaggiare con loro, seguendoli in quest'avventura che giusto ora mi accingo a raccontarvi.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Ending Lands 4
4

Il piccolo paesino di Leureve era poco distante dal Maniero, nonostante il paesaggio fosse cambiato radicalmente: dalle lunghe lande verdi che circondavano le mura di cinta si era rapidamente ritrovata fra grigie distese di terra morta, con qui e lì qualche eccezione di qualche campo coltivato. Vi arrivarono due giorni dopo la loro fuga e Ferona poté così sperimentare per la prima volta in vita sua cosa volesse dire stare nella folla da mercato; fra spintonate e strattoni aveva persino incontrato un altro nano, un mercante di sete pregiate, il quale le aveva rivelato l’arcano segreto sul come superare la marmaglia, ovvero con poderosi spintoni e moderate dosi di "vogliate perdonarmi".
Nemetona si era separato da lei prima che entrasse nella zona del mercato, dicendo di non essere amante dei luoghi affollati e che si sarebbero rivisti a sera nell’unica locanda del paese. Mentre la nana si chiedeva perché avesse preferito infilarsi in vicoletti secondari anziché stare fra gli altri (cosa che lei trovava assolutamente meravigliosa), sbucò proprio nel mezzo del perché stesso.
In un grosso spiazzo stava una carovana ridicolmente colorata come quegli assurdi abiti di Ilena e davanti a questa un crocchio di persone osservava un nerboruto ed urlante omaccione su di un palchetto rialzato. Parlava accoratamente di stucchevole beltà e totale mansuetudine tirando una catena dorata che Ferona non riusciva a vedere dove fosse attaccata; spostandosi più in avanti con altre gomitate, "vogliate perdonarmi" e spintoni sbucò d’un tratto in prima fila, di fronte al palchetto ed avvertì chiaramente il respiro mozzarsi in gola.
Che quel tipaccio stesse parlando di schiavi le era sembrato quasi subito ovvio, ma mai avrebbe immaginato che si trattasse di schiavi Skylean.
Forse umani per la manovalanza, elfi per la grazia, nani come lei per i lavori più umili, ma non Skylean. Bianchi come fiocchi di neve erano allineati in un’unica riga, tenuti coi polsi legati e con un collare attaccato ad uno dei tanti anelli della catena che tirava l’omone, sbraitando quanto fossero bravi e belli. Molti piangevano, altri si lamentavano, alcuni tentavano di sciogliersi i polsi.
Osservò a bocca aperta gli stessi occhi d’oro di Nemetona, gli stessi capelli bianchi, gli stessi canini appuntiti, le orecchie affilate, alcuni dipinti sul corpo e sul viso nello stesso stile del suo mercenario seppur non ne vide neanche uno col rosso. Molte erano donne di una bellezza strabiliante, che fossero giovanissime o già adulte, e quando il mercante terminò il suo discorso fu letteralmente sommersa da gente che urlava ed alzava la mano proponendo cifre così alte da lasciarla a bocca aperta.
La più combattuta era una giovane Skylean, bella come nulla che Ferona avesse mai visto, con delicate decorazioni floreali e color del cielo limpido sulla parte destra del viso, le quali scendevano poi sul rispettivo lato del collo, sulla spalla e fin giù chissà dove nascoste sotto la logora tunica che indossava. Le parve di udire dall’omone che si chiamasse Lèleri ma non riuscì ad udire molto altro. Vide però che lei era l’unica donna a non piangere, limitandosi a fissare con astio chiunque incrociasse il suo sguardo.
Le diede l’impressione di uno di quei meravigliosi fiori bianchi di cui aveva letto in un vecchio libro, le Floresirene, che al minimo soffio di vento attiravano ignari passanti col fruscio dei loro petali, simile a canto, per poi avvelenarli in pochi istanti qualora venissero anche solo sfiorate.

"Priccio, vuoi scendere si o no?"
"Ma stanno vendendo gli schiavi, Meheron! Devo fare la guardia si o no? Inoltre, è divertente!"
"Divertente, come può essere divertente una cosa del genere?"
"Oh, dovresti vedere come diamine si tirano i capelli e le vesti per sbaragliarsi l’un l’altro!"
Meheron alzò gli occhi al cielo. "Lèleri è già stata venduta?"
"No, non ancora" saltò giù dall’albero dal quale stava osservando lo spiazzo affollato "se adesso rimango qui giù, però, come faremo a sapere chi la comprerà?"
"Quando si disperderà la folla, allora daremo un’occhiata. Dubito che Lèleri possa passare inosservata. Potrebbero persino tentare di assassinare il suo compratore ed allora il nostro lavoro sarà stato ancora più facile."
Priccio, una fatina di si e no una decina di centimetri e con trillanti ali colorate gli guizzò di fronte per osservarlo coi grandi occhioni rosa e poi parlargli con tono marcatamente ironico "La sai una cosa? Sei un genio. L’idea di andare in giro a far finta di vendere Lèleri per poi andarcela a riprendere poteva venire in mente solo ad un genio."
L’altro, Meheron Erith Shebeniath, un umano con un occhio sempre chiuso e l’aria sempre arrabbiata sbuffò così forte da spingere Priccio all’indietro con la folata del suo respiro.
"Smettila di volare. Mi stai riempiendo le vesti di polvere di fata ed il trillo mi dà fastidio."
La fatina gli fece una smorfia col facciotto tondissimo e gli si andò ad accovacciare su di una spalla, mentre Meheron si dirigeva a passi lenti verso lo spiazzo confusionario, ammantato e dall’aria cupa come sempre.
Aveva trovato Lèleri in fin di vita sul Passo del Drago, ben lontana dalla sua Torre Skylean, la roccaforte della sua razza situata in mezzo al Mare di Filgea, probabilmente abbandonata dal suo precedente padrone dopo essere rimasta ferita in qualche modo. L’aveva portata con sé, curata, nutrita, vestita; Priccio (che era stata con lui sin dalla sua nascita) l’aveva aiutato per quanto riguardasse gli aspetti più delicati ed imbarazzanti ma erano insieme riusciti a salvarle la vita.
"Meheron, è proprio necessario..?"
"Che cosa?"
"Tutto questo. La povera Lèleri legata e strattonata così ogni volta. E’ proprio necessario?"
Lui si morse nervosamente un labbro, stringendo le spalle. "E come altro vorresti mangiare le tue adorate focaccine di patate, se non con il denaro che estorciamo o ci prendiamo dai cadaveri dei nuovi proprietari della Skylean? Te lo sei dimenticato che il mio braccio sinistro è nello stomaco di un dannato Drago?"
"Pfft. Antipatico."
"Inoltre, non ha mai protestato al riguardo."
Il tono di Priccio quella volta si addolcì notevolmente. "Oh, lo sappiamo bene entrambi perché non ha mai protestato."
Già. E lui continuava a non capire perché la donna più bella che avesse mai visto si ostinasse a seguirlo come un’ombra, nutrendo sentimenti che lui aveva dimenticato da tempo. Per giunta portava la pessima nominata di Meheron il visionario, dato che nessuno aveva voluto credere alla sua versione dei fatti; Besheuse non era stata rasa al suolo da un’incursione di orchi, due settimane prima, ma da un maledetto Drago, e nessuno credeva che lui questo Drago l’avesse visto. Il fatto era che non l’aveva soltanto visto, ma era stato anche privato di un braccio e sfregiato in viso da una sferzata della punta uncinata della sua coda mentre era intento a fuggire disperatamente, cosa che si era rivelata non del tutto inutile solo ed unicamente grazie al provvidenziale aiuto di Priccio. Senza di lei probabilmente, anzi certamente a quell’ora sarebbe stato per intero nello stomaco del dannato Drago, ne era certo.
Giunti infine allo spiazzo l’unico occhio azzurro rimastogli funzionante scorse rapidamente la fila di Skylean che ancora giaceva legata inerme, sebbene molto meno numerosa, nel piazzale, dietro un grassoccio uomo dall’aria poco pulita ma non riuscì a scorgere Lèleri.
Ordinò brutalmente a Priccio ancora accovacciata sulla sua spalla di sorvolare la zona, ma ancora nulla; la fatina tornò affaticata e con le alucce tremanti. "Non la vedo!"
"Calmati" le rispose l’umano, pizzicandole con due dita la tunichetta gialla e riconducendola sulla sua spalla sinistra "non può essere lontana."
"Meheron, senti.. Volando, ho sentito qualcuno dire che gli sembrava di aver visto Boganaste, qui a Leureve. Forse lui, se fosse davvero qui.."
"Hah!" la interruppe, assumendo un’aria altamente irritata "Mi credi così disperato? Non affiderei mai Lèleri a Boganaste, non proprio a lui."
"Perché le vuoi bene?"
"Perché la rovinerebbe."
Priccio gonfiò le guance, incredula. "Tu, brutto orrido..!"
Meheron sbuffò, continuando però a guardarsi intorno. Attirò la sua attenzione una nana, con lunghi e lucidi capelli neri e che in quel momento gli dava le spalle, probabilmente troppo impegnata a fissare gli schiavi; era forse vestita peggio di alcuni di loro e quando le fu immediatamente dietro dapprima pensò di parlarle, ma poi con la coda dell’occhio catturò una lunghissima treccia bianca che conosceva fin troppo bene.
Nello stesso istante, Priccio si mise a gridare. "Meheron guarda, ecco Lèleri, la portano via!"
Era ricominciato il trambusto forse causa la vendita di un altro schiavo, scorse Lèleri gridare mentre due uomini nerboruti e con facce da delinquenti la spingevano lontano dalla folla e quando si rese conto che non sarebbe riuscito a raggiungerli prima che l’avessero seminato, perse il controllo: alzando l’unico braccio rimastogli e con l’aiuto di Priccio castò un incantesimo di paralisi elementare, indirizzandolo verso i "compratori"; una scintillante patina azzurrognola, coma la pioggia si vede colare giù dai vetri, ricoprì interamente i due, i quali smisero all’istante di muoversi. La calca si aprì a metà come se ci fosse stato un orco fra loro, scappando terrorizzati tutti e gridando che le arti dei demoni erano lì fra loro.
In realtà erano arti di fata, ma di certo Meheron non si sarebbe preso la briga di mettersi a spiegare la differenza ad una folla urlante di contadini ignoranti; si confuse fra la folla, afferrò un polso della inerme e spaventatissima Lèleri e corse via, verso dei vicoli secondari, lontano dalla folla in piena crisi di panico.
Quando furono abbastanza lontani dapprima rallentò, fermandosi poi qualche passo dopo. Lasciò la presa sulla Skylean e si voltò verso di lei. "Stai bene?"
Lèleri annuì, respirando pesantemente, quasi piegata a metà per la fatica. "Si.. Si, sto bene.."
"Perfetto, allora partiamo subito."
"Partiamo!?" sbraitò Priccio in un suo orecchio "E dove andiamo!?"
"A Sig'Randa."
"La Capitale Lucente?" s’inserì Lèleri, torturandosi la lunga treccia bianca gettata su di una spalla "Davvero mi porterete lì, Meheron?"
L’uomo annuì, sebbene non condividesse per nulla l’entusiasmo che percepì nella sua voce. "Possediamo al momento abbastanza denaro per un viaggio diretto, ma dovremo far scorta di diverse cose."
Priccio fece trillare le alucce, emozionata "Non sono mai stata nella Capitale, è possibile che ci siano altre fatine come me?"
"Ne dubito, Priccio" rispose Meheron "sai bene che le terre della Capitale sono grigie ed aride come questa oramai, le poche aree ancora utilizzabili sono strettamente riservate alla coltivazione e non a fiori ed erbacce. Forse l’unico posto dove potresti trovare qualche fata è nella ancora rigogliosa foresta di Meiren."
Si incamminarono tutti e tre (per amor del vero, Priccio si limitò a sedersi nuovamente sulla spalla di Meheron con aria piuttosto delusa) verso il loro piccolo accampamento improvvisato ai limiti del villaggio, attirando non pochi sguardi da parte dei passanti.

Il proprietario della locanda era un bell’elfo, con grosse orecchie allungate e vivaci occhi color nocciola, che le offrì cordialmente un boccale di birra ed un rialzo in legno per lo sgabello, informandola poi di quale stanza avesse scelto per la notte il suo compagno di viaggio.
Salì una rampa di scricchiolanti scalini in legno, ritrovandosi in un lungo corridoio con diverse porte situate su entrambi i lati. Si diresse verso la terza porta alla sua destra, la oltrepassò e la richiuse.
Osservò la stanza: piccola e spoglia, con un tavolinetto dove Nemetona aveva poggiato i suoi archibugi ed un unico letto. Lui era lì, sdraiato con le braccia incrociate dietro la nuca, le gambe accavallate fra loro, gli occhi chiusi ed un’espressione arrabbiata che la lasciò intristita e colpevole, con la sensazione di avergli fatto un torto nel vedere quegli schiavi al mercato, quel pomeriggio.
"Sembra che dovremo dividere il letto" esordì, accompagnandosi con una nervosa risatina.
"No. Io dormirò per terra, aspettavo solo che rientraste." rispose lo Skylean, schiudendo gli occhi. Le lanciò quello che a Ferona parve proprio uno sguardo arrabbiato, prima di alzarsi e dirigersi verso un angolo della stanza dove in terra era stata stesa una coperta.
La nana, perplessa, avanzò verso il suo giaciglio d’improvvisazione anziché il letto, accovacciandosi sulle ginocchia. Nemetona teneva ostinatamente il viso corrucciato e voltato altrove.
"Ho.. Fatto o detto qualcosa che non và?"
"I vostri occhi."
"I.. I miei..?"
"Sono colmi di pietà. Per me, per la mia razza, per come veniamo in genere considerati. E si, per rispondere alla vostra prossima domanda, so che li avete visti ed è per questo che non sono venuto con voi al mercato, oggi."
"Io.." iniziò Ferona, mortificata "Mi dispiace tanto, non volevo di certo offendervi.. Forse la vostra razza non sarà delle più rispettate, come la mia d’altro canto, ma voi siete ancora il mio eroe, colui che mi ha salvata da una vita di servitù che io vedevo come un’occasione ben al di sopra delle mie possibilità. Non tenetemi il broncio, ve ne prego."
Nemetona ascoltò in silenzio, esibendosi infine in uno sbuffo che gli fece sollevare qualche ciocca bianca dalla fronte. "Perdonatemi, mia Cara. Sono.. Soltanto un po’ stanco, ecco tutto."
E permaloso come qualunque altro esponente di una razza sottovalutata.
Anche quello Ferona sapeva bene cosa volesse dire.
Gli sorrise, scuotendo il capo. "Non preoccupatevene più. Capisco."
"Vi ringrazio."
"Ora, posso farvi una domanda che mi assilla?"
Lui annuì, dirigendo lo sguardo dorato su di lei. "Naturalmente."
"Beh, vedete.." fece vagare lo sguardo per la stanza ".. Mi piacerebbe sapere dove siamo diretti, oh e anche che cos è quello a cui state dando la caccia."
Lo Skylean colse immediatamente il motivo della sua vaga titubanza, ma le sorrise tornando quello di sempre. "Siamo? Dunque proseguirete con me. Questo posto non vi piace?"
"N-no, è molto bello!" ci tenne a precisare lei, assumendo un’aria stupita "davvero molto bello!"
"Allora verrete perché volete restare con me?"
"Ecco, si! V-Voglio dire no! Voglio dire si, anche, principalmente! I-io, ooh!"
Cadde seduta in terra con un piccolo tonfo, scivolando su di un fianco, incrociando le braccia al petto rossa in viso ed imbronciata. La regina delle gaffe, ecco cos’era. La regina indiscussa delle figure miserine.
La risata che sentì scoppiare da lui al suo fianco non aiutò di certo la sua già misera autostima, ma Nemetona non era affatto intenzionato a farsi beffe di lei e della sua maestria nel relazionarsi con altri.
"Oh, mia Cara mia Cara, sapeste quanto siete adorabile. Dunque, di cosa stavamo..? Ah si, la nostra destinazione. Domattina proseguiremo per Sig'Randa, la Capitale Lucente, dove sosteremo per qualche giorno a caccia di notizie fresche e magari anche di qualche lavoretto semplice per rimpolpare la mia sacca dei denari. Poi, partiremo per il Passo del Drago."
"Il Passo del Drago? Nella Gola di Confine? E perché dovremmo..?"
"Andremo a Besheuse, mia Cara. O quel che ne resta. Questa storia non mi convince."
Ferona lo osservò con occhi pieni di interesse, anche se vagamente intimorita "Persino al Maniero è giunta voce di Besheuse. Un branco d’orchi."
Nemetona sbuffò. "Belama-shagat. Baggianate, baggianatissime."
"Come fate a dirlo?"
"Ci sono già stato, mia Cara. Partendo da Mégat non ho potuto farne a meno."
"E dite che non è stato un branco di orchi?" chiese la nana, facendosi più sotto con la sua solita espressione incuriosita.
"Affatto."
Un grido dal piano di sotto, seguito a ruota da altri più lontani ed echeggianti, interruppe la loro conversazione; Ferona ruotò di scatto il capo verso la porta, impaurita, mentre Nemetona con un balzo fu in piedi, intento ad allacciare le cinghie dei suoi archibugi.
"Sotto il letto, svelta."
"Ma..!"
"Presto!"
Obbedì, terrorizzata dalle grida che riecheggiavano oramai per tutto il paese e l’ultima cosa che vide fu lo Skylean spegnere la candela della loro stanza, per poi udirlo far le scale di corsa nell’oscurità più totale.
Quando avvertì un guizzo accanto a lei seppe che la piccola Viverna Wibbly l'aveva raggiunta, allora la coprì col palmo di una mano attirandola vicina a sé ed attese.

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...Whoo! E siamo al quarto. GIURO che nel prossimo ci sarà azione, un sacco di azione! xD Ma ci tenevo ad inquadrare prima per bene i personaggi, caratterizzarli a dovere prima che gli eventi prendano una piega più ritmica dove ci sarà certamente meno posto per tanti dialoghi.
Duuuunque, passiamo ai recensori!
Bryluen: Sono sempre più contenta che questa storia coi suoi personaggi (ed il sex-appeal di Nemetona ù_ù) ti intrighi, come ho detto su prometto che d'ora in poi ci sarà molta più azione ed un dipanarsi della trama sicuramente più consistente ù_ù
DreaminOn_felix: Hey, ti ringrazio delle recensioni e dei consigli solo ora in questo nuovo capitolo, spero di essere riuscita a stare più attenta ai benedetti accenti! :) In realtà si, Ilena l'ho presentata come una pseudo protagonista perché avrà un ruolo più vasto in futuro, ma per ora l'attenzione volevo incentrarla proprio su Ferona. Grazie ancora e ci sentiamo al prossimo!

  
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