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Autore: Kobato    11/12/2010    9 recensioni
Sesshomaru, grande e potente demone che salva Rin, una piccola ed indifesa umana, la alleva e la porta con sè, proteggendola sempre...
E se, questa volta, fosse l'esatto opposto?
...
Rin è una giovane donna, già in età da marito, che vive con la sua famiglia, quella da cui è stata adottata, tempo prima.
Strettamente legata al fratello maggiore, alle sue amiche e alla serenità che vige nel suo villaggio, la ragazza sembra passare le sue giornate tranquillamente, finchè... In procinto della festa celebrativa per il buon raccolto annuo, viene mandata dalla madre a lavare dei panni vicino il fiume - lo stesso in cui era stata trovata dal padre adottivo - priva di sensi e della sua memoria.
Ed è proprio lì che Rin lo incontra... un giovanissimo youkai, dall'aspetto di un ragazzino, dai capelli d'argento e gli ombri d'ambra.
Sesshomaru.
Da qui, cominciò tutto...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi sbarrati e la bocca leggermente semi-aperta, senza fiato.
Rin si chiese se i suoi polmoni avessero smesso di funzionare e il cuore di battere.
Davanti a lei c’era la creatura più stupefacente e nel contempo terrorizzante che avesse mai visto, o anche potuto mai immaginare!
Essendo notte, oramai, non poteva osservarlo bene come avrebbe potuto alla luce del sole, ma grazie ai raggi della splendida luna riuscì a distinguere quel tanto che le bastò per rimanerne a dir poco shockata.
Quella creatura aveva fattezze umane, lunghi e setosi capelli color argento, così belli che potevano sembrare una pregiata stoffa per ricavarne un kimono d’alta classe, un viso tutto sommato abbastanza piccolo e delicato, nonostante sotto gli occhi, ad entrambe l’estremità del volto avesse dei segni (quasi delle cicatrici) tendenti al viola e sulla fronte incisa una mezza luna.
Ma ciò che la colpì più di tutto furono… i suoi meravigliosi occhi color dell’ambra, più tendenti al dorato, che con la luce della luna risplendevano come gemme preziose nell’oscurità più totale.
Sicuramente erano stati quegli occhi a spaventare Megumi e Yui.
Difatti, nonostante fossero di una bellezza ineguagliabile, trasmettevano una certa freddezza, una distanza inumana.
E proprio quegli occhi erano puntati su di lei.
Un demone… pensò la giovane. C’è davvero un demone!
Lo aveva realizzato in ritardo, ma c’era arrivata.
Non sapeva che fare. Onestamente non pensava proprio di trovare davvero un demone, come l’avevano avvisata le amiche. E ora? Che avrebbe fatto?
Il problema, sostanzialmente, era che non aveva idea di come uscire da quel guaio.
Ma problema ancora più grande era che, inconsapevolmente, si stava avvicinando a quello youkai.
E non ne sapeva neanche il motivo.
Forse era la sua voglia di conoscere fino infondo tutto e scoprire la verità, o forse era semplicemente istinto suicida.
Il demone continuava a guardarla, senza distogliere lo sguardo da lei neanche per un nanosecondo.
Rin non riusciva a vederlo molto bene.
Aveva scorto il suo viso grazie alla luce della luna, ma c’era qualcos’altro che ostruiva la sua visione completa oltre al buio.
E ciò era…
“Sangue…” sillabò, con un filo di voce.
Megumi e Yui avevano detto il vero. Avevano ragione.
Difatti il demone indossava un kimono bianco con qualche decorazione floreale tendente al lilla.
Ma poté scorgere giusto un po’ dell’immagine che vi era ricamata sopra, dato che l’intero indumento era ricoperto di uno strato di sangue.
Erano macchie enormi di cui era rivestita anche la lama della spada che impugnava nella mano destra.
Il sangue era così tanto che la spada, di solito splendente se colpita dalla luce della luna, non era neanche comparsa sotto lo sguardo acuto della giovane.
Persino il volto del ragazzo, in parte, ne era ricoperto.
E proprio scorgendo il suo viso, si accorse anche, avvicinandosi ulteriormente, che i suoi capelli e il suo kimono erano fradici.
Ed essendo ancora con i piedi nell’acqua del fiume, ne dedusse che doveva esserci caduto.
Ma… come mai tutto quel sangue? Che cos’aveva fatto quel demone? Chi aveva ferito? O, magari, chi aveva ucciso?
Rin si fece ancora più vicina, tanto che arrivò ad essergli di fronte, mentre lo youkai rimaneva immobile, a fissarla costantemente.
Fu così che vide tutto: dal fiume scorgevano dei corpi, corpi pelosi, dalla forma quadrupede. Sembravano quasi…
Dei demoni-lupo. Constatò tra sé e sé. A giudicare dalla quantità di corpi… era un vero e proprio branco di demoni-lupo.
Ma non fu tanto quello a sorprenderla, quanto… lo youkai.
Eh sì… Perché, guardandolo meglio, ancora da più vicino, Rin si accorse che, a giudicare dall’aspetto che aveva, dimostrava (in età umana) più o meno quattordici anni.
Sapeva che i demoni vivevano molto più degli esseri umani e che mantenevano, di conseguenza, un aspetto anche più giovanile. Quindi, probabilmente, aveva molto più degli anni che dimostrava, ma… Quello davanti a lei era proprio un ragazzino!
E le parve davvero difficile che un “cucciolo di demone” potesse essere talmente potente da uccidere un branco intero di demoni.
Che magari lo stessero inseguendo?
Istintivamente, allora, Rin gli si avvicinò con cautela.
“Vieni… Vieni qui” esordì, sorridendogli. “Ehm… Non so se riesci a capirmi, ma spero davvero di sì” .
Lui, continuando a guardarla con freddezza, rimase immobile, mentre lei continuava ad avanzare.
“Non voglio farti del male… Voglio soltanto…”
Ma non fece in tempo a finire la frase che subito lui tentò di colpirla con la lama della sua spada.
Rin, agilmente, evitò il colpo e si fece indietro.
Anche il giovane youkai dopo aver sferrato l’attacco a vuoto, tornò nella sua posizione originaria, guardandola con indifferenza e diffidenza.
La ragazza ebbe un attimo di esitazione, ma – non sapeva, perché – voleva aiutarlo.
Forse perché aveva capito che era solo un “cucciolo di demone”, o forse perché…
Forse perché le sembrava tanto di essere di fronte a qualcuno che aveva subito la sua stessa sorte: da solo, vicino quel fiume, in uno stato a dir poco disastroso.
Abbandonato, forse.
Poco importava che si trattasse di uno youkai.
“Tu… Sei solo, non è vero? O, forse, i tuoi genitori stanno venendo a prenderti? La tua mamma? O il tuo papà?”
Non ebbe risposta.
Solo uno sguardo ancora più gelido, mentre disponeva la lama davanti a sé, come se si stesse preparando a sferrare un altro attacco.
“Avevo ragione… Sei rimasto solo, vero? Io ti capisco. Sei spaventato, non è vero? Hai paura, non è così?”
Lo youkai iniziò pian piano ad indietreggiare, continuando a tenere la lama alta, contro di lei.
“No… Aspetta! Non andartene! Io…”
Rin cominciò nuovamente a farsi avanti e a stargli dietro, ma il demone prese a scappare, camminando controcorrente sul letto del fiume.
La giovane lo seguì, senza alzare di troppo il passo. “Aspetta!”
Lo youkai, però, continuò a fuggire, gettando di tanto in tanto uno sguardo alle sue spalle, per rendersi conto di quanto vicino gli fosse l’umana.
Rin lo seguì per un po’, finché, d’un tratto, non lo vide fermarsi e cadere sulle ginocchia.
Oh no…
Rin aveva già qualche presentimento su che cosa gli fosse successo.
E concretizzò la sua ipotesi non appena gli fu praticamente alle spalle.
“Tu…” esordì. “Sei ferito…”
Il demone, evidentemente troppo debole, non riuscì a reagire come avrebbe voluto: difatti fece per re impugnare adeguatamente la spada e puntargliela contro, ma ricadde subito, accasciandosi sul letto del fiume, mentre l’acqua gli lavava via dal viso un po’ del sangue che vi si era sparso su.
Rin, sicura che, in quelle condizioni non potesse far molto, si piegò sulle ginocchia e, lentamente e non senza cautela, lo accolse tra le braccia e lo tirò su.
Il giovane demone aveva il respiro affannato e la ragazza aveva anche individuato il punto in cui vi era la ferita che lo stava facendo soffrire tanto: sul torace.
Dovette spostare di poco il suo kimono per scorgere il grumo di sangue che si stava creando.
“Oh Kami…” esclamò, turbata dalla visione. “Quindi il sangue era anche il tuo… Non soltanto dei demoni-lupo che hai ucciso…”
Rin coprì nuovamente la ferita, con la stoffa del kimono più stretta, in modo tale da cercare di bloccare lo scorrere del sangue. Almeno di un po’.
“Non temere… Ti aiuterò io…” sibilò, mentre gli spostava dalla fronte bagnata, i capelli altrettanto umidi.
E sussultò, guardandolo con occhi tremuli.
Com’era possibile? Il giovanissimo youkai, nonostante il respiro affannato e la ferita atroce che si era procurato al torace, non mostrava il minimo cenno di sofferenza, o dolore.
I suoi occhi erano fissi su di lei, costantemente e le sue labbra serrate in quell’espressione di eterna indifferenza e impassibilità.
Possibile che fosse una specie di demone particolare che non sorrideva, né piangeva… né aveva altre espressioni?
Possibile che non soffrisse? Che non sentisse il dolore?
Rin lo guardò meglio. Incontrò il suo sguardo d’ambra, che continuava a scrutarla, ma non più con quello sguardo diffidente.
No… non poté far a meno di pensare. Non è così…
La ragazza lo tirò ancora più su e sorridendogli, gli passò una mano sulla guancia. “Nonostante tu non lo dimostra affatto, stai soffrendo. Ed anche molto, non è vero?”
Il demone sbatté le palpebre, subito dopo quel commento della giovane, senza, però, cambiare ulteriormente espressione.
“Non devi preoccuparti. Non ti lascerò solo. Non ti abbandonerò in questo stato” .
Sì, perché lui era come lei…
E come lei era stata salvata… Sarebbe stato salvato anche lui. E sarebbe stato salvato da qualcuno che sapeva bene come ci si sentiva ad essere in quella situazione.
Un sussulto – che la ragazza non ebbe modo di percepire, per quanto fu lieve – uscì dalle delicate labbra dello youkai, che, tra le braccia di Rin, pian piano stava chiudendo gli occhi.
E perse così, i sensi.

“Ci sono io a prendermi cura di te. Non temere…”

[…]

“E fai piano! Così gli fai male!” esclamò una voce, in un sussurro che, però, non riuscì proprio alla perfezione.
“Non è veo*!” rispose una seconda voce, più dolce e incantevole.
“Invece sì! Togliti subito di lì!”
“Ya*!!!!”
“Chizuru, basta! Lo sveglierai se continui cos…”
Keisuke non riuscì a finire la propria frase, che subito vide gli occhi del giovane youkai dischiudersi e mostrar ai due ragazzi il loro bellissimo color ambra.
Di suo, il demone, non appena si fu ripreso completamente dall’incoscienza, guardò distrattamente i due esseri umani (Chizuru e Keisuke) che gli erano a fianco – anche se Chizuru gli era praticamente seduta in grembo, da sopra il fouton – e lo osservavano l’una con sorpresa e contentezza, l’altro con stupore e un po’ di timore.
“Oh… Ti è vegliato*!”  esultò la bambina, rossa sulle gote per l’emozione.
“Oh no… Si è svegliato…” constatò l’altro, con un tono leggermente più preoccupato.
Lo youkai, quando si fu reso conto di essere in sola presenza di esseri umani, in un luogo a lui sconosciuto, fece per mettersi seduto, molto lentamente.
Dopo aver assunto quella posizione più comoda, fu praticamente faccia a faccia con la bambina che continuava a guardarlo, raggiante.
“Oayo gozaimashu!” esclamò, con la sua tipica frizzantezza.
Lui, invece, continuava a fissarla con aria indifferente, impassibile e senza batter ciglio.
“Oh?” . Chizuru sembrò sorpresa del suo totale disinteresse. “Pecché non mi rippondi*?”
“Chizuru, smettila di infastidirlo” , cercò di metterla in guardia il fratello. “Potrebbe non gradire tutte queste tue attenzioni…”
“Demo*…” . La bambina sembrava non demordere.
“Avanti, basta fare storie!”
“Che cosa sta succedendo qui?” . Una terza voce si fece campo tra le altre due.
Era quella di Rin, che era entrata nella stanza, tanto piano che il fratello e la sorella non se ne resero conto.
Aveva tra le mani un catino d’acqua, su cui vi era appoggiato anche un panno bianco, accuratamente ripiegato.
“Oh, Rin-chan! Non ti avevo notata” esordì Keisuke, sorpreso di trovarsela alle spalle. “Sembra che il nostro ospite si sia svegliato”.
Saputa la notizia, Rin poggiò lo sguardo sulla figura del demone, che la stava fissando col suo sguardo dorato, senza interrompere il contatto visivo neanche per un secondo.
“Oh, ti sei ripreso, dunque” assodò lei, sorridendogli.
Di tutta risposta, come al solito, il giovane non fece che continuare a fissarla, seguendo ogni suo piccolo gesto. Sembrava persino che potesse accorgersi del minimo spostamento di dita da un millimetro all’altro.
“Oh, perdonami… Forse Chizuru è pesate e ti sta dando fastidio…” . Detto ciò, posò il catino d’acqua sul tatami, dopodiché prese la sorellina in braccio per poi riportarla a terra. “Che ti avevo detto prima? Non dovevi dargli fastidio. Lo sai che è ferito, no?”
Al rimprovero della più grande, la bimba non trovò da ridire e si limitò ad abbassare la testa con aria mortificata. “Gommeasai*”
Rin sospirò. “Wakatta, wakatta*. Adesso va fuori, che devo cambiargli la medicazione”
“E non è uno spettacolo per bambini” la sostenne, Keisuke, appoggiando entrambe le mani sulle spalle della sorellina.
“Potresti badarci per un po’ tu, Kei-chan?” chiese con aria supplicante, la ragazza. “Onegai*…”
“Ma certo! Shinpaidesu*, Rin-chan, ci penso io a Chizu-chan!” . Assicuratole questo, il ragazzo prese per mano la bambina e fece per trascinarsela fuori dalla stanza. “Su, andiamo, Chizuru”
Lei annuì e salutò con la mano un’ultima volta la sorella e il giovane youkai, prima di uscire.
Rin ricambiò il suo gesto con un sorriso, mentre il demone la ignorò, troppo preso a fissare la sua “salvatrice”.
Pochi secondo dopo, furono completamente da soli, nella stanza.
E, nonostante Rin fosse ancora voltata verso la porta e, successivamente, a posare lo sguardo sul panno che stava imbevendo dell’acqua del catino, sentiva ancora quello sguardo freddo su di se.
“Devi perdonarla, se ti ha fatto male, o ha disturbato il tuo sonno. E’ solo una bambina” tentò di giustificarla. “Però, ti sono grata per non averle fatto niente”.
Già. Perché, anche se si era trattenuta dal mostrare le sue vere sensazioni, quando aveva visto Chizuru sul grembo del demone, aveva pensato che potesse ucciderla da un momento all’altro. Questione di tempo e di fortuna.
Però, fu sia rincuorata che piacevolmente sorpresa del fatto che il demone si fosse limitato ad osservare la bimba con distacco e noncuranza.
La ragazza continuò ad immergere il panno, già inumidito, nell’acqua, mentre spiegava: “Quella bimba che hai visto prima, è la mia sorellina. Chizuru. Ed è la più piccola della famiglia. Mentre, il ragazzo che le era a fianco era Keisuke, mio fratello. Quasi mio coetaneo” .
Sapeva che il demone, della presentazione dei suoi famigliari, non poteva curarsene di meno, ma… il fatto era che non sapeva proprio che dire.
Difatti, lo youkai continuava a scrutarla insistentemente senza mostrare il minimo interesse per le sue parole.
Rimaneva in silenzio.
Rin iniziò a domandarsi se per caso non sapesse parlare, o se potesse realmente capirla.
Imbevuto il panno a più non posso, Rin si inginocchiò e si voltò verso di lui. “Uh… Etto*… Non è che potresti…” esordì, mostrandogli il panno bagnato.
Lui, invece, non batté ciglio e rimase fisso in quella posizione, senza muoversi, e continuando a fissarla intensamente.
La cosa stava iniziando ad irritarla. Ed anche un po’ ad inquietarla – a dir il vero – .
Rossa in viso, un po’ dall’imbarazzo, un po’ dal timore, proseguì: “Anò*… Dovrei… Dovrei cambiarti la medicazione. Dakara*…” .
Senza attendere più di tanto, la ragazza gli si fece vicino e, dopo qualche attimo di esitazione, incominciò ad aprirgli il kimono, all’altezza del torace.
Il demone si lasciò spogliare senza ribellarsi troppo. Anzi, non fece proprio niente. Come aveva fatto dall’inizio, non fece altro che stare immobile (lasciando che Rin facesse il resto) e osservarla mentre compieva il suo lavoro.
Tolte le fasce vecchie, con cui l’aveva bendato non appena era stato portato lì in casa, già sporche di sangue a palate, Rin notò che le ferite erano ancora aperte, nonostante fosse passata già qualche ora da quando lo aveva soccorso.
“Queste ferite sono profondissime. Ti ci vorranno giorni per rimetterti” . Sospirò, con aria preoccupata. “Non lo sai che le zanne dei demoni-lupo sono molto pericolose? Come hai fatto a cacciarti in quel pasticcio?”
Ma, come si aspettava, non ricevette risposta.
Solo quegli occhi ambra continuavano a fissarla.
Rin impugnò il panno umido e cominciò a lavar via il sangue residuo e che ancora continuava ad uscire dai tagli profondi sul torace del giovane.
Il sangue era molto e in poco tempo l’acqua contenuta nel catino si tinse di un rosso, man mano sempre più acceso.
Quante ferite… E per di più, così profonde… Non poté far a meno di pensare, Rin. Come ci riesce? Come riesce ad essere così indifferente a tutto questo? Come fa a non emettere neanche un gemito di dolore? Come fa a tenersi tutto per sé in questo modo?
Quel pensiero la rattristò. Sei rinchiuso in un involucro di ghiaccio… Un involucro tanto spesso da non far trasparire non solo le tue vere sensazioni, ma neanche quelle naturali.
Non ti senti solo? In quell’involucro, tanto spesso? Dove nessuno può raggiungerti?
“Rin” la chiamò, ad un tratto, una voce a lei tanto familiare.
Lei si voltò alle sue spalle e vide, così, la figura di Ryo entrare nella stanza, lentamente e con passo felpato e dirigersi verso di lei col sorriso sulle labbra. “Di là è tutto a posto. La cerimonia verrà rinviata a qualche giorno di distanza da questo”
“Nii-sama” . La ragazza si sentì rassicura dalla presenza del fratello maggiore. “Arigatou gozaimasu*! Grazie per aver sistemato tutto. E grazie anche per prima. Mi spiace di averti recato tutto quel fastidio…”
Lui, ricambiò il suo sorriso, e s’inginocchiò di fronte al futon del giovane youkai, proprio di fianco alla sorella. “Shinpai shinaide kudasai*. Non è stato affatto un problema” .
Indi il giovane si voltò verso il demone che aveva preso a fissare lui, come tempo prima, stava fissando Rin: ininterrottamente, senza distogliere lo sguardo, indifferentemente. Solo che, a differenza di come guardava Rin, si poteva leggere una puntina di diffidenza nei confronti di Ryo.
“E così… anche lui è una sfortunata vittima di quel fiume…” constatò, con sguardo un po’ malinconico, a cui seguì uno identico della sorella.
“Hai*. Demo… Nande wakaranai*, Inoltre…” proseguì, per ravvivare un po’ l’atmosfera, troppo cupa per i suoi gusti. “Sembra non sia di molte parole”
“So*…” .
“Oh… Ho dimenticato le garze per medicarlo!” esclamò Rin, dopo aver visto sotto il catino contenente l’acqua. “Vado a prenderle e torno subito!”.
Detto ciò, si alzò rapidamente e sgattaiolò fuori dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle, lasciando il fratello in compagnia dello youkai.
Ryo rimase in silenzio per un po’, fissando il giovane che, a sua volta, non faceva che concentrare tutta l’attenzione su di lui.
Sorrise, Ryo-san. “Sei stato fortunato, sai? Un’altra qualsiasi persona non avrebbe fatto ciò che ha fatto lei” . Fece una pausa, spostandosi una ciocca dei lunghi capelli corvini, dietro l’orecchio. “Sai, è difficile trovare gente che sia disposta a curare un demone. Ma, torno a ripeterlo, tu sei stato davvero fortunato. Perché… hai trovato l’unica persona che, nell’intero villaggio, lo avrebbe fatto e che, effettivamente, lo ha fatto”.
 Mentre parlava, il demone non faceva altro che fissarlo. Solo quello. Quasi come se non sapesse far altro. Non un sussulto, non un gemito. Niente di niente.
Il ragazzo accigliò lo sguardo azzurro come il cielo. “So che puoi capirmi, quindi lo dico ora, e spero di non dovermi ripetere mai più.
Non provarci neanche a fare del male a Rin, o al resto della mia famiglia. O giuro che te ne farò pentire. Seriamente pentire”
Indi, gli si fece più vicino, accostando le sue labbra all’orecchio a punta di lui. “So chi sei…” sussultò, con la sua voce piacevole e profonda. “Ma, credimi, anch’io ho delle risorse da utilizzare...”
“Ah! Ce l’ho fatta!” esordì una voce raggiante, con tono soddisfatto.
Rin era entrata nella stanza con una montagna di garze in mano. “Eheh… Forse ne ho prese un po’ troppe…” constatò, per poi notare che i due giovani erano ad una distanza  l’uno dall’altra di pochi centimetri. Una distanza… quasi intima!
“Oh… ma guarda! Avete fatto già amicizia?” chiese, speranzosa.
Ryo, allora, si voltò verso la sorella, sorridendole. “Qualcosa del genere”
“Oh, che bello!”
“Forse hai bisogno di una mano… con tutte quelle garze…” affermò lui, alzandosi dal tatami e andando incontro alla ragazza.
“Oh, ya ya*! Shinpaide kudasai, nii-sama. Ce la faccio anche da sola”
“Demo…”
“Ryo!” lo chiamò, ad un tratto, una voce femminile, adulta, da fuori la porta. “Chizuru non vuole saperne di dormire. Non è che potresti occupartene tu?”
“Hai, oka-san! Arrivo subito!” . Risposto alla madre, il giovane prese dalle mani della sorella, prepotentemente, le garze e le posò sul tatami, vicino il futon dello youkai.
“Bene. Adesso posso anche andare da Chizuru”
“Ah! Nii-sama, non era necessario!” si lagnò Rin. “Potevo anche farcela da sola”.
Ma lui le rispose con una carezza sulla testa e un sorriso caloroso. “Certo, certo. Mi raccomando, medicalo e poi vai subito a dormire. Devi riposarti. Sarai sicuramente stanca”
Lei, arrossendo per la sua gentilezza, abbassò lo sguardo tremulo. “Non più di quanto lo sarai tu”.
Ryo le sorrise un’ultima volta, per poi posarle il suo solito bacio sulla fronte. “Oyasuminasai, Rin”.
La giovane diventò, se possibile, color porpora, mentre balbettava: “O-O- Oyasumi…n-nasai, nii-sama” .
Detto ciò, Ryo la sorpassò ed aprì pian piano la porta scorrevole.
Mentre, però, stava per uscire, si fermò sulla soglia della porta e si voltò verso la sorella. “Ah, Rin. Te ne comprerò uno nuovo, non preoccuparti”
“Eh?” . Rin sembrava perplessa dal commento del fratello. “Comprarmene uno nuovo… di cosa?”
“Un nuovo kimono…”
“Oh?”
“Quello che indossavi prima di cambiarti non è più riutilizzabile. C’è così tanto sangue sparso sopra, che le macchie saranno impossibili da lavar via. So che ci tenevi parecchio a quel kimono. D’altronde era l’unico che possedevi, un po’ più raffinato degli altri”
“Ah, ya… Shinpai shinaide kudasai! Non ce n’è alcun bisogno, dato che la cerimonia non si tiene più…”
“Sarà anche vero che non si tiene ora, ma si terrà nei prossimi giorni, ragion per cui… Non conterai mica di andarci vestita così…” le fece notare, indicandole il kimono che indossava in quel momento, tutto stropicciato ed, in alcuni punti, anche strappato.
“Oh…” . Il volto di Rin si tinse di malinconia. Anche se non voleva darlo a vedere, le piaceva davvero tanto quel kimono lilla con le gardenie bianche disegnateci sopra.
“Ma non devi preoccupartene. Te ne comprerò sicuramente un altro. Anche più bello di quello di prima” la rassicurò, sorridendole.
“Nii-sama…” . Rin sembrò rincuorata di quella risposta. “Arigatou, nii-sama”
Egli le sorrise un’ultima volta, rivolgendole il suo caldo sguardo profondo come l’oceano. “Oyasumi, Rin”
“Oyasumi” .

Anche dopo che Ryo fu uscito dalla stanza, il rossore sul volto di Rin restò permanentemente.
La ragazza si voltò verso lo youkai che aveva guardato disinteressatamente e, anzi, con indifferenza tutta la scena e la conversazione, per poi inginocchiarsi davanti al suo futon ed iniziare a medicarlo.
Soltanto quando si fu parlato del kimono della giovane, sembrò ascoltare per davvero il discorso ed interessarsene.
Ma doveva essere soltanto una sua impressione.
“Sembra che tu vada d’accordo con nii-sama. Per caso gli hai parlato? Oh, vuol dire che lo preferisci a me, che ti ho aiutato? Che cattivo… Sei ingiusto, sai? Potresti dirle anche a me due paroline!” iniziò a parlottare, lei.
Diceva cose senza senso e che non pensava neanche, probabilmente, ma solo per passare il tempo e per riempire quel silenzio e quel vuoto che vigeva nella camera.
“Anche solo il tuo nome, sai? Mi piacerebbe sapere anche solo quello. Mi basterebbe, in un certo senso” proseguì, mentre fasciava l’ultima parte delle ferite sul torace, quelle un po’ più difficili da raggiungere, perché confinanti con la vita.
“Se ti faccio male, fammelo capire, va bene?” gli chiese, gentilmente, ma con aria preoccupata. “Non vorrei creare danni ancora maggiori di quanti già tu non ne abbia”.
Il demone continuò a fissarla intensamente, senza mai fiatare, né rifiutare il tocco della ragazza.
Rin iniziò a credere che sapesse fare solo questo.
Poco dopo la medicazione fu finita e Rin, dopo essersi sciacquata e disinfettata le mani con dell’alcol, prese a risistemargli il kimono, per coprirlo ben bene anche dal freddo della notte.
“Bene! Adesso dovrebbe essere tutto a posto. Se ti stendi nel futon, starai ancora più caldo” gli assicurò, facendogli cenno di stendersi, ma lui non obbedì.
“Su, avanti. Sarai sicuramente stanco. Non vuoi riposarti un p…?”
“Nande*…?” chiese, ad un tratto, una voce.
Era una voce dolce e leggera, non profonda, né marcata. La voce di un ragazzo. Ma, per qualche strano motivo era fredda, distante, quasi come quella di un adulto. Il ché la rendeva una voce molto più matura di quel che effettivamente era.
Era la voce… del giovane youkai.
Finalmente Rin lo capì.
Ma ne fu talmente sorpresa che restò a bocca semi-aperta, a fissarlo, sbalordita, senza rispondere alla sua domanda. “Eh…?”
“Nande? Perché stai facendo tutto questo?”
“Tutto… questo…?”
“Soccorrermi, portarmi sin qui, curarmi, preoccuparti di me e dei miei bisogni…
Facendo tutto questo. Cosa speri di ottenere?”
“Di ottenere…? Nulla! Assolutamente nulla!” rispose convinta, lei. “Perché dovrei cercare di ottenere qualcosa da te?”
“Cosa vuoi che ne sappia?” si limitò a risponderle, con un’altra domanda, lui. I suoi occhi d’ambra erano incollati a lei, diffidenti e acuti.
“E allora perché dici queste cose? Io non l’ho fatto per nessun tornaconto personale! Non voglio assolutamente niente da te! Né voglio che tu faccia qualcosa per me!”
“E allora… perché?”
Un sussulto, da parte della giovane.
“Perché lo hai fatto?”
Rin lo guardò contrariata ancora per un po’, finchè postale quella domanda, non abbassò il capo, così tanto da non poterlo più scorgere bene.
Qualche attimo di silenzio.
“Chissà…” . Un sospiro. “Forse semplicemente per pietà, dato che eri in condizioni così orribili che chiunque si sarebbe posto il problema di aiutarti, o meno. Persino coloro che odiano i demoni” . Altro momento di silenzio. Altro sospiro. “O, forse, perché mi ricordavi tanto la me stessa di otto anni fa”
Lo youkai, sin dal primo istante che lo aveva visto e conosciuto, sempre impassibile ed indifferente a tutto per un breve istante (per qualche semplice secondo) sembrò stupito di quella risposta.
“Non so quanto, effettivamente, possa importartene, però… Io non appartengo a questa famiglia. Nii-sama e Kei-chan non sono i miei veri fratelli. Chizuru non è la mia vera sorellina. E oka-san e otou-san non sono i miei veri genitori.
Io non so da dove provengo, né a chi appartenga veramente. Non ricordo niente del mio passato.
Il mio attuale padre mi trovò sulle sponde dello stesso fiume, dove io ho incontrato questa sera te, incosciente. Solo più tardi scoprimmo sia io, che il resto della famiglia, che non ricordavo niente. Niente di niente. Soltanto il mio nome. Rin”.
Rin si rivolse con gli occhi languidi e lucidi verso il giovane e gli sorrise malinconicamente.
“Era un po’ come se, anche avendo più o meno dieci anni, stessi incominciando a vivere solo allora. La mia famiglia mi è stata molto vicina. Soprattutto il mio nii-san.
Ma, nonostante il calore di queste persone così buone, io… Non potrò mai scordare la solitudine e lo smarrimento che provai allora.
Mi sentivo sola. Non appartenevo a nessuno ed ero in una situazione tragica. Mi sembrava che tutto il mondo fosse contro di me. Ma nii-sama, oka-san, e gli altri sono stati così gentili con me… mi hanno fatto conoscere un calore che ha risanato quelle ferite così profonde.
E, semplicemente, quando ho visto te, nella mia stessa situazione… Ho solo pensato: anche lui si sentirà smarrito? Anche lui non saprà che fare, ora? Ma… se trovasse qualcuno che si prendesse cura di lui, non sarebbe così, giusto?”
Fece una pausa, per poi guardarlo dritto negli occhi.
Lo sguardo nocciola di lei che s’incontrò con quello d’ambra di lui.
“E prima che me ne rendessi conto, ti avevo già sulle mie spalle per portarti verso il mio villaggio, verso la mia casa e… verso un luogo sicuramente più sicuro di quel freddo fiume…
Sai, anche nii-sama, ti ha aiutato! Dovresti essere riconoscente più a lui che a me! Purtroppo, nonostante sia più grande di te, non riuscivo a reggere il tuo peso sulle spalle. E per quante volte ci provassi, riuscivo a fare giusto qualche passo che subito cedevo…
Non ci riuscivo. Non ero capace di andare avanti, ma… nii-sama è arrivato. E’ arrivato perché era stato avvisato da Chitose e le altre mie amiche che ero vicino il fiume, da sola e in compagnia di un demone sanguinario. Così è corso sin lì e, dopo avermi trovata e avergli raccontato il tutto, ti ha preso sulle spalle e ti ha portato sin qui in fretta. In modo che io e oka-san potessimo curarti il prima possibile”.
Lo youkai continuò a scrutarla con la sua solita aria indifferente e superiore a tutto.
Rin lo guardò timidamente per poi sorridergli convinta. “Bene, adesso, che ho risposto alla tua domanda… Ti senti più soddisfatto?”
“Tsk…” si limitò a sbuffare lui, stendendosi sotto il futon e non degnandola di una risposta.
“He… Hey! Che cosa vorrebbe dire quel “tsk”, eh? E’ questo il modo di ringraziare?”
“Io non devo ringraziare nessuno di niente. Non ti ho chiesto io di fare tutto quello che hai fatto. Hai fatto tutto da sola”
“Nani*?! Come sarebbe a dire? Nel frattempo, però, ti stai accovacciando sotto il futon! Questo vuol dire approfittarsi delle persone, lo sai?”
Ma fu come parlare al vento. Non le rispose. Anzi, si voltò dall’altra parte, dandole le spalle.
“Uff…” . Rin non trattenne un sospiro. “Ma guarda tu… Anche un demone spaccone doveva capitarmi”.
Detto ciò, si voltò e fece per raccogliere le garze vecchie da terra, quelle già ricoperte di sangue ed utilizzate.
“Sesshomaru”.
“Eh?” . Rin si voltò con aria perplessa, verso il futon del ragazzo, ancora voltato di spalle. “Che hai detto, scusa? Non ho sentito” .
“Sesshomaru…” ripeté, stavolta più distintamente e lentamente, per poi voltarsi leggermente a guardarla. “E’ il mio nome. Avevi detto che ti bastava solo questo, no?”
“Oh?” . Fu allora che la ragazza ricordò le sue precedenti parole:
“Anche solo il tuo nome, sai? Mi piacerebbe sapere anche solo quello. Mi basterebbe, in un certo senso”.
“Eheh… Già” . Sorrise radiosa Rin, ricordandosene bene. “L’ho detto” .
 
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ANGOLO DELLE CHIARIFICAZIONI:

*Non è veo: bambinesco di Chizuru, sta a significare "Non è vero".
*Ya: "No". Per una volta parla correttamente XD
*Ti è vegliato: "Si è svegliato", parla Chizuru.
*Pecchè non mi rippondi: "Perchè non mi rispondi?" , parla sempre Chizuru XD
*Gomeasai: in realtà la bimba vorrebbe dire "Gomenasai", che sta a significare "Mi dispiace tanto" . Quindi, parlato in bambinesco, potremmo tradurlo con un "Mi dippiace tanto...".
*Wakatta, wakatta: va bene, va bene.
*onegai: "per favore", "ti prego".
*shinpaidesu: (è una forma abbreviata di "shinpai shinaide kudasai") sta a significare "Non ti preoccupare".
*Etto: viene usato quando uno non sa che dire, insieme ad Anò. Lo si può tradurre con iil nostro "Ecco..."
*Anò: come, etto, viene usato quando il soggetto non sa come esprimersi o non sa che dire nei confronti del suo interlocutore. Lo si può tradurre con il nostro: "Ehm...".
*Dakara: "quindi" , "di conseguenza" , "per questo".
*Arigatou gozaimasu: è un grazie ancora più accentuato e più devoto nei confronti dell'interlocutore, che ha fatto qualcosa per il soggetto in questione. Si traduce con "Grazie infinite".
*
Shinpai shinaide kudasai: è la forma più lunga e formale di "shinpaidesu". Lo si traduce con "Non devi affatto preoccupartene" , oppure "Non preoccuparti di niente".
*Hai: è il nostro semplice "Sì".
*Demo nande wakaranai: letteralmente tradotta sarebbe "ma non ne conosco la ragione", o più semplicemente "ma non so il perchè".
*So: "Capisco". Fa intendere una riflessione da parte del soggetto che lo pronuncia.
*Oyasuminasai: corrisponde al nostro "buonanotte", inteso più come un augurio, quindi "fai sogni d'oro".
*Oyasumi: è il semplice diminutivo di Oyasuminasai. Lo si traduce con il semplice " 'Notte".
*Nande: è l'interrogativo "Perchè..."
*Nani: esclamativo. Si traduce con il nostro tipico "Cosa?!" cioè, "Che cosa (hai detto)?!?

Logicamente i vocaboli dello scorso capitolo non li inserisco, dato che do per scontato, oramai si sappiano. Anche perchè sarebbe dispersivo aggiungere ad ogni capitolo quelli del capitolo in questione e dei precedenti.

Logicamente nel capitolo ci sono alcune frasi costruite del tipo. "Ya, ya".
Se si possiede il minimo di logica si capirà che se ya (il cui significato è stato riportato) significa "no", "ya, ya", significherà "no, no".
Vi prego di non farmi riportare anche questo ^-^" Altrimenti impazzirei XD

FINE CHIARIFICAZIONI.

E, a proposito, vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto e recesito questa ff. Purtroppo non ho il tempo di rispondervi, attualmente, ma lo troverò sicuramente la prossima volta.! ^-^
Un grazie anche a coloro che hanno letto e che non hanno recensito XD Ma specialmente un grazie a coloro che hanno inserito questa ff tra le loro preferito e tra le loro seguite!
Arigatoru gozaimasu!!!
  
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