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Autore: alchemist    12/12/2010    1 recensioni
Questa è la prima fanfiction che ho il coraggio di postare. L'ho scritta solo pensando che un bel personaggio come Ludwig non dovrebbe essere sempre bistrattato da tutti, e che abbia davvero un modo di essere stupendo.
Sperando di nn averlo stressato troppo a chiedergli una parte nella mia storia e sperando che la mia editrice non scopra che perdo tempo a postare fanfiction... mi auguro che la mia visione di questo bel personaggio possa piacere a chiunque lo ami!
BUONA LETTURA!
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Strano, stano veramente a dirsi, ma per qualche giorno Ludwig non ebbe problemi a gestire la sua vita. Sarà stato perché Italia era tornato nel suo paese o perché Prussia si era preso una sbornia tale che ora era perennemente inchiodato sul divano... tuttavia la cosa gli sembrava strana, inusuale... e lui non c’era per niente abituato.

Lui amava la tranquillità, ma quella tranquillità ora era talmente piena di tensione che lo faceva agitare senza motivo. Si alzò quella mattina rassicurato da una giornata che non prevedeva nulla di straorinario: le solite cose, tranquille passeggiate tra la sua gente, tentando di non imbattersi in Nazioni spiacevoli (come solo Francia e pochi altri potevano essere...), costruire orologi mentre ascoltava con rammarico tutto quello che aveva da dirgli il suo capo di stato... e poi tornare giusto in tempo per portare generi di sostentamento al suo inutile fratello del levante (ovvero delle buone Heineken con cui riuscire a scrollarsi di dosso quello che era rimasto della stanchezza del suo dopo festa).

Fu per lui ancora più inusuale, anzi, quasi allarmante quando, mentre rifiniva i dettagli del suo nuovo orologio vecchio stampo e dava uno sguardo ai progetti del nuovo motore della Mercedes,  si rese conto che non riusciva a concentrarsi su quello che il suo capo gli stava dicendo né sul suo lavoro. Si chiese se ci fosse qualcosa che non andava in lui e, mentre solo per un attimo permetteva a se stesso di distrarsi per capire cosa volesse fare veramente in quel momento (cosa che comunque non avrebbe mai fatto prima di finire il suo lavoro), si accorse che aveva solo voglia di starsene da solo ad ascoltare i sentimenti della sua gente ad occhi chiusi, come aveva fatto due sere prima.

Sentì un brivido attraversarlo e corrucciò la fronte mentre lo ricacciava da dove era venuto, imbarazzato da se stesso e chiedendosi se forse, il comportamento delle altre Nazioni non lo stesse influenzando negativamente.

- Ma... mi stai ascoltando? – chiese il suo capo ad un tratto interrompendo il suo monologo, la sua interminabile predica... Germania si riscosse ed arrossì, non sapendo cosa dire, mentre si accorgeva di non aver prestato la minima attenzione agli ultimi tre minuti di ramanzine.

Rimase davvero sconvolto da se stesso, completamente a bocca aperta. “Ecco un uomo adulto, una rinomata nazione che rimane a  bocca aperta davanti al suo capo di stato! “ pensava “ C’è qualcosa di più umiliante? È davvero caduta così in basso, la mia situazione?”

Umiliato da se stesso non poté far altro che scusarsi rammaricato e chiedere di ripetere l’ultima frase al suo interlocutore. Anche quello rimase turbato dal suo insolito comportamento e subito chiese: - Sta per caso succedendo qualcosa di grave da qualche parte?

- No! No, nulla di gravissimo per lo meno... lo sa, le solite cose, solo in questo periodo ho avuto... non sono stato troppo bene... – tossicchiò imbarazzato – ..ultimamente.

Il suo capo lo guardò con sospetto e, dopo solo un’altra mezz’ora di raccomandazioni lo spedì a casa, con la promessa che si sarebbe riposato per il resto del pomeriggio.

Germania uscì dall’ufficio e, mentre un sospiro afflitto gli sfuggiva dalle labbra, si chiese se qualcuno potesse davvero pensare che una nazione potesse avere un pomeriggio per rilassarsi...

Passò a comprare un po’ di quel sano cibo tedesco che non riusciva più a mangiare in santa pace da quando Feliciano si era praticamente stabilito a casa sua e da quando aveva riempito le sue strade di catene e catene di ristoranti.

Mentre aspettava così, vestito come un impiegato qualunque, con due sacchetti della spesa, ad una noiosa stazione della metro nei sotterranei di Berlino, un ragazzo passò correndo e quasi lo spinse sui binari.

Ludwig si vedeva già due metri più sotto frastornato dalla testata che avrebbe dato ai binari della metro, quando invece i sui riflessi reagirono più velocemente del suo cervello e gli impedirono di cadere di sotto. Ma quale fu il prezzo? Ebbene, nel momento in cui la spinta di reni non era bastata a fargli recuperare l’equilibrio, le sue braccia avevano reagito come spesso reagiscono le braccia, quando si sta per cadere in avanti: roteando all’indietro.  Ma se in una mano aveva un sacchetto la cui elasticità e resistenza al peso era fortemente messa alla prova da sei confezioni di wurstel e quattro confezioni da tre lattine di birra ciascuna, l’altro sacchetto era relativamente vuoto e leggero, contendo solo un misero sacchetto di patate.
Per cui, quel sacchetto, probabilmente a causa della sua leggerezza o magari per intercessione di una buona stella o forse ancora perché qualcuno aveva voluto minare i suoi progetti per pranzo, cadde sui binari e, mentre lui inveiva contro quel ragazzino maleducato che non aveva nemmeno chiesto scusa per averlo quasi fatto ammazzare, il suo sacchetto di patate, il suo futuro contorno e la sua speranza in qualcosa che tenesse occupata la bocca di suo fratello per qualche minuto di più, venne brutalmente dilaniata dalla precisa e veloce metro della sua capitale.

Per un momento, mentre fissava il treno che rallentava davanti a lui e a tutti gli altri impiegati ebbe l’impressione che il suo sguardo afflitto e sconsolato, fisso sulla fessura tra treno e banchina, facesse trasparire un po’  troppo il disagio che provava in quel momento. Una vecchia donna lo fissò e lui abbassò lo sguardo di scatto quando se ne rese conto, incrociando degli occhi che, nella confusione e nell’estraneità che in quel momento lo stava assalendo, gli risultarono rassicuranti e familiari.

- Su, ragazzo... – mormorò l’anziana – non viviamo più in tempi in cui un sacco di patate vale la vita di una persona!
Ludwig rivisse per un momento la guerra attraverso gli occhi di quella donna, le cicatrici su torace e sulla schiena gli pulsarono dolorose al ricordo di quello che era stato. Già, ora si viveva bene, ora tutto era diverso, era migliore.

- Già, - rispose alla signora, mentre la porta si apriva davanti a loro – quei tempi sono lontani, per fortuna.

Negli occhi della donna, subito dietro ad un sorriso di rimando, vide il muto stupore che una donna di settanta e passa anni prova quando vede quello che sembra un giovane uomo parlare come se avesse combattuto lui stesso la guerra. Germania se ne accorse e si voltò, facendosi spazio tra i corpi pressati nel piccolo abitacolo che già sfrecciava nelle gallerie.

Non fece nemmeno in tempo ad inserire le chiavi nella porta di casa che  quella si spalancò, presentandogli suo fratello che lo guardava come si guarda un cameriera in ritardo.

- Come hai potuto lasciarmi tanto a lungo senza nulla da bere! Devo ricordarti chi hai davanti, West?

- Se stavi morendo per mancanza di liquidi c’è sempre l’acqua, sai? – mormorò in un sospiro il giovane mentre posava la spesa e si toglieva di dosso la giacca.

- Puah! Sei diventato bravo con le battute, fratellino, penso di averti sottovalutato, divertente davvero! Ma seriamente, come magnifica persona quale sono, rovinerei la mia immagine a bere qualcosa di tanto volgare... – decretò con tutta la serietà che solo lui riusciva a mantenere mentre declamava affermazioni di quel tipo.

Ludwig gli recuperò una bottiglia dalle confezioni appena comprate e tirò fuori una padella per cuocere i wurstel mentre l’altro tornava a sdraiarsi sul divano.
Poi, mentre le salsicce cominciavano appena sfrigolare, lentamente, soppesando le parole, Germania cominciò a parlare.

- Sai, mi chiedevo...

- COSA?! NON TI SENTO! – urlò il fratello dalla stanza adiacente, senza però abbassare di una sola tacca il volume della televisione.

Il biondo si spostò verso la porta, appoggiandosi allo stipite e incrociando le braccia al petto. Sentire la camicia tirare leggermente per quel movimento lo fece sentire abbastanza al sicuro da spingerlo ad andare avanti in quella che quasi certamente sarebbe stata una discussione inutile, uno sfogo che gli sarebbe costato mesi e mesi di prese in giro da quello che era il fratello maggiore più terribile che si potesse desiderare.

- Mi chiedevo... – ricominciò Ludwig. – Ti capita mai di chiudere gli occhi e cercare qualcuno in cui rispecchiarti, qualcuno che ti faccia ricordare perché sei ancora una nazione?

- Ti ricordo che io non sono più una nazione, caro fratello. – rispose l’atro con una freddezza che Germania aveva sentito poche volte nella voce dell’albino, ma anche con una serietà che mai e poi mai si sarebbe aspettato da lui.

- Ehm... cioè, scusa, insomma, non volevo dire... – balbettò del mal riuscito tentativo di rimediare a quello che si era lasciato sfuggire. – Quindi... ti è mai capitato, magari prima?

Gilbert si girò verso di lui, mettendosi seduto a guardarlo da sopra lo schienale del divano: - Perché pensi che la mia meravigliosa persona non possa fare tutt’ora una cosa del genere? Anche se ora noi due siamo la stessa cosa, io esisto ancora, non credere che perché ora Berlino è tua tu possa permetterti di essere al mio stesso livello!

Germania fissò il pavimento e pensò che sarebbe stato meglio finirla con la serie di disastri che stava combinando quel giorno e concentrarsi su qualcosa che di più utile, come ad esempio, girare i wurstel nella padella.

Ma prima che potesse eclissarsi nella cucina, Prussia riprese a parlare: - Tutte le nazioni amano farlo, è una cosa naturale, fa parte di quello che siamo... come si può riuscire se no ad ispirare i rivoluzionari? Da dove pensi che nasca se no quel sentimento di patriottismo che ogni tanto in alcuni è più forte? Tutti loro siamo noi, ma quando troviamo qualcuno che sentiamo davvero vicino, allora è difficile trattenersi dal seguirne la vita.

- E secondo te possono sentire la nostra presenza, quando li osserviamo dall’interno di noi stessi? – chiese allora Germania, mentre sentiva in cuore accelerargli di qualche battito, al ricordo di quella giovane che si era girata di scatto, come se potesse sentirlo, come se sapesse.

La risata fragorosa di Prussia riuscì però a raggelare tutto il suo entusiasmo in un nanosecondo e a farlo vergognare ancora per quel comportamento così sentimentale che quel giorno non riusciva a scrollarsi di dosso. Gilbert si alzò dal divano e, sempre ridendo lo raggiunse, facendogli abbassare le spalle sotto il suo braccio, quando glielo passò dietro al collo: era grande e potente il suo fratellino, ma quando per un momento si intravedeva la sua anima di bambino ricordava improvvisamente che una volta era un bimbo piccolo e presuntuoso che non paura a mostrarsi stupito per qualcosa, che combatteva per quello che voleva, con grinta e passione, qualcosa che, ora che era un uomo, aveva perso o comunque celato molto bene all’interno di se stesso.

- Che scemenza! Ma che vai dicendo oggi? Il troppo lavoro ti sta stancando, fratellino. Andiamo! Una persona? Una persona in carne ed ossa che avverte la presenza dello spirito della propria nazione? Posso arrivare a capire che qualcuno sia rimasto stranito incrociandoti per strada, che qualcuno ti abbia scambiato per  un familiare, che una bambino ti abbia sorriso inconsciamente, ma che una persona ti abbia avvertito senza che tu fossi lì in carne ed ossa...

- Era... era solo una supposizione, lo so che è impossibile, cosa credi? – si affrettò a dire Germania in sua difesa, tornando più simile a quello di sempre.

- Non credere a quello che racconta quel francese matto, - continuò Gilbert - anche lui si è fatto vedere e toccare dalla sua Jeanne d’Arc, è più che certo! Quel pervertito! Chissà che trattamento la avrà mai riservato...

Ricordando la storia che spesso Francis amava declamare, su di lui e sul suo grande amore, la Pulzella d'Orléans, Ludwig ebbe un tuffo al cuore, ma non lo diede a vedere. Girò i wurstel.

- Parliamo di cose più importanti. – propose Prussia, avvicinandosi ai fornelli e alla busta della spesa abbandonata sul tavolo al centro della cucina. Sbirciò all’interno del sacchetto e ne riemerse imbronciato. – Anzi, oserei dire vitali... perché non hai comprato le patate?






P.S. Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto davvero troppe cose da fare...
Colgo l'occasione per ringraziare tutte le persone che mi senguono e soprattutto quelle che hanno commentanto.Grazie di cuore!
Per cui spero solo che anche questo terzo capitolo vi piaccia e che non vi siano troppi errori di battitura, dato che l'ho postato senza ricontrollarlo a dovere...
  
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