Ghiaccio
-
DiNozzo…- Gibbs mi chiama in ascensore con un cenno del capo.
- Arrivo
Capo. – Entro con lui in ascensore e appena partiti Gibbs lo
ferma con la
solita, dannatissima levetta:- Devo preoccuparmi? –
- Ci
hanno chiamato per un caso… Rilassati, ma è
coinvolto uno dei nostri agenti…Spero
non sia nulla di grave. –
Un lampo
a ciel sereno. Ziva non è ancora arrivata e sono passate
più di tre ore. Per di
più ha
il cellulare spento. Lei non lo
tiene mai spento se non è con me. non da tre mesi a questa
parte.
Sto
sperando con tutto me stesso che non sia successo quello che presumo:
- E’
coinvolta Ziva? – La voce non riesce a reggere
sull’ultima parola e il fiato mi
si mozza, facendo incrinare la voce.
- Mi
dispiace, Tony. Mi sembrava giusto che lo sapessi prima degli altri.
Stanno
portando Ziva in ospedale, quello più vicino a casa vostra,
non so le sue
condizioni ma
voglio che tu vada
immediatamente da lei.–
- Allora che ci facciamo ancora in questo
dannato ascensore?!? – Non avevo mai alzato la voce
con Gibbs.
Il Capo
fa ripartire subito la scatola metallica e, uscendo, McGee cerca di
capire che
ho anche se non lo guardo neanche perché troppo impegnato a
prendere le mie
cose e scappare via verso l’ospedale.
Scelgo le
scale per fare più in fretta e una volta arrivato in garage,
corro verso l’auto
e parto sgommando a tutta velocità.
Azzardo
qualche sorpasso di troppo e me ne frego dei limiti di
velocità anche se la
colonna dell’ora di punta non mi aiuta di certo. Ho davanti
agli occhi solo un
immagine.
Lei.
Le
lacrime iniziano a scendere incontenibili. Lei che avrei dovuto sposare
tra non
molto. Lei che mi sorride con quei suoi occhi profondi che mi hanno
fatto
impazzire dalla prima volta in cui ci ho guardato dentro. Lei che ho
odiato
così tanto per delle piccolezze e lei che ora amo
così tanto. Lei che non può
andarsene perché non riuscirei a vivere senza di lei.
Il
parcheggio dell’ospedale è un po’
affollato ma con una buona dose di fortuna,
se tutta questa situazione si può definire fortunata, riesco
a trovare
parcheggio non troppo distante dall’entrata.
Chiudo
l’auto con la chiusura centralizzata e mi fiondo al
centralino. Dietro
all’enorme bancone c’è una ragazza
davvero carina ma metto da parte sempre la
solita maschera di latin lover e gli chiedo con urgenza:- La signorina
Ziva David…
Dovrebbe essere arrivata da poco qui. –
- Lei è?
- La minuta biondina mi sorride ma non ricambio, devo solo concentrarmi
su
Ziva. È la mia unica preoccupazione, per ora.
- Anthony
DiNozzo il suo compagno. – Mi passo una mano tra i capelli
pregandola
silenziosamente di muoversi.
- Mi
dispiace non posso farla entrare. Solo parenti stretti. Fratelli,
sorelle o
genitori. Deve avere un documento. Oppure può tornare
nell’orario di visita:
dalle otto alle nove e mezzo, la sera. -
- Non me
ne frega un cazzo se serve un documento o meno! Probabilmente la
persona più
importante della mia vita è in una di queste stanze e non so
che cosa le stia
succedendo! E per di più è incinta! Voglio
vederla… ORA!-
Batto un
pugno sul bancone e la signorina ha un sussulto per le mie lamentele,
quando
poi si arrende e dicendomi:- Stanza 43, secondo piano.– mi
lascia passare.
Ho il
fiatone quando arrivo alla stanza e la vedo dal vetro: è
stesa sul letto,
indossa una delle camicie da notte che forniscono in dotazione gli
ospedali ma
è lo stesso bellissima, sembra tranquilla con gli occhi
chiusi. Noto un ematoma
sul braccio sinistro e una fascia sopra il sopracciglio, dalla stessa
parte poi
il polso destro ingessato. Non sembra abbia niente di grave
così faccio per
entrare, quando una voce profonda e maschile mi ferma:
- Scusi
Lei è? –
- Agente
speciale Anthony DiNozzo, NCIS. Il fidanzato. –
- Allora
posso dare la notizia a lei…- il medico in camice bianco mi
osserva con
un’ombra negli occhi, poi abbassa lo sguardo fissandosi
intensamente le
ciabatte di gomma consumate.
- E’ una
brutta notizia? Devo preoccuparmi? -
- Vede…-
inizia con fare esitante:- Credo lei sapesse che la signorina aspettava
un
bambino..-
- Sì
perché? – Lo guardo spaventato, mi immagino la
risposta e quello sguardo è più
limpido di un lago.
- Ecco…
ha avuto un aborto spontaneo a causa dell’impatto. Mi
dispiace.- Detto questo
mi tocca il braccio, come per incoraggiarmi e se ne va in silenzio.
Mio
figlio. Nostro figlio. Non ce l’ha fatta. Ora come
farò a dirlo a Ziva? Come
reagirà lei? Che cosa succederà adesso?
Mi sembra
di essere al punto di una storia, ma non so se ne andremo a capo.
Certo, io la
amo anche se non glielo ho mai detto però…
è palese. E se per lei non fosse
così? Alla fine siamo stati catapultati in questa storia
solo per quel… fatto.
Quel fatto che ci ha fatto capire che dovevamo stare insieme, quel
fatto che
ora se ne è andato… Per sempre.
È strano
di come il destino giochi von noi; sì, perché
alla fine siamo solo delle pedine.
Delle pedine con emozioni e sentimenti ma a cui non gliene frega un
cazzo a
nessuno di che cosa proviamo. Arriviamo a vivere per qualcun altro, a
prosciugarci e logorarci l’anima per niente. Alla fine
moriremo, è questo il
nostro unico destino.
Respiro profondamente
per cercare di mantenere la calma, è di questo che Ziva ha
bisogno ora.
Appoggio la mano sulla maniglia della porta e l’abbasso con
una lentezza che
non mi sembra mi appartenga. La vedo. La vedo non attraverso il vetro,
la vedo
lì a pochi metri da me. Sembra così indifesa.
Sembra abbia bisogno di me.
L’istinto
sarebbe quello di correre da lei se abbracciarla ma mi avvicino piano,
i miei
passi che si sentono appena.
Affianco
al letto c’è una sedia di plastica pieghevole e mi
ci siedo sopra poi le prendo
la mano ed inizio a disegnare dei piccoli cerchi immaginari sul suo
dorso. Poi
un bisbiglio mi fa sussultare:- Hey..-
È Ziva,
ha aperto gli occhi. Il suo sorriso mi fa tirare un respiro di sollievo
e le
rispondo sorridendo anch’io:- Hey. Come stai? –
Stringo un po’ la presa sulla
mano per farle sentire che ci sono, ci sono più di chiunque
altro e lei lo sa.
- Un po’
ammaccata ma va tutto bene. –
Tutto
bene. Sì, magari andasse tutto bene. A quelle parole non
riesco a rispondere
con un sorriso e distolgo lo sguardo.
- Tony,
succede qualcosa? –
- No, no.
Tutto okay. Mi sei mancata sai? – Non riesco a guardarla
ancora in faccia.
- Tony,
so che c’è qualcosa che non va. Ti conosco troppo
bene. –
Stupido.
Come ho potuto dimenticare che non posso mentire a Ziva?
- Okay. –
Respiro profondamente mentre penso disperatamente alle parole da
dirle:- Ecco…
Durante l’incidente nostro figlio non ce l’ha
fatta. I medici hanno detto che
ti riprenderai presto e mi dispiace tantissimo. Ma sappi che ci
sarò sempre… lo
sai che ti amo. –
Mi alzo
per abbracciarla ma non ricambia. Quando la lascio mi guarda con degli
occhi
che ho già visto, quegli occhi freddi e vuoti. In Somalia,
ecco dove li ho
visti.
Sembra
che non ci sia niente dentro di lei. O meglio, solo uno strato di
ghiaccio che
congela la sua vera personalità.
- Anch’io
ci sono rimasto molto male… Ma lo affronteremo insieme. -
Non
ricevo nessuna risposta, sembra se ne sia momentaneamente andata
chissà dove.
Poi mi chiede, in un sussurro poco percettibile:- Tra quanto
potrò andarmene a
casa? –
- Non lo
so. Dipende tutto dai medici. Vado a vedere se è arrivato
qualcuno. Non ti
preoccupare, lo dico io agli altri. –
Mi
allontano dal suo letto, gli occhi di ghiaccio non l’hanno
abbandonata, e
faccio per uscire.
- Tony? –
Mi volto
di scatto, il suo sorriso mi manca già:- Dimmi, piccola
ninja.-
- Salutami
gli altri quando li vedi. –
Sorrido
uscendo.
Mi sembra
irreale il fatto che Ziva non abbia pianto ad una notizia
così orribile. Lei e
il suo modo di mostrarsi forte… Se sapessi come sciogliere
quel ghiaccio che si
è formato così improvvisamente in lei.
Gibbs, affiancato da
Ducky, Abby e McGee è
appena fuori dalla stanza e mi guarda apprensivo. Abby si avvicina
velocemente
per abbracciarmi e McGee mi poggia una mano sul braccio. Gibbs,
prendendo un
sorso di caffè, mi chiede indicando la porta della stanza:-
Come sta? –
- Ha
perso il bambino, Capo. Appena ricevuta la notizia i suoi occhi sono
diventati
come freddi. Non so che cosa devo fare…- Mi siedo su una
delle sedie nel corridoio
e mi prendo la testa tra le mani. Solo ora mi accorgo che mi sembra
scoppi.
Questa è una delle tipiche giornate in cui vorresti
cancellare tutto, in cui
dici “Se tornassi indietro…”. Ma non
posso tornare indietro, non possiamo. Io e
Ziva dobbiamo andare avanti insieme come abbiamo sempre fatto, anche
sul posto
di lavoro.
- Abbi
pazienza Tony. E se avrai bisogno noi ci saremo per qualsiasi cosa.
– Abby si
siede vicino a me e appoggia la testa contro la mia spalla, le sue
codine nere
che mi fanno un po’ di solletico sulla nuca.
- Noi
andiamo, DiNozzo. Stateci bene e fateci sapere. Ti do la settimana
libera, non
venire in ufficio. Salutaci Ziva. –
- Anche
lei vi saluta, Capo. –
Li guardo
allontanarsi tutti insieme, con Abby che ogni tanto si gira con il viso
triste.
Appena vedo che scompaiono dalla mia vista mi avvicino ad un piccolo
armadietto
con dei fascicoli al suo interno a gli tiro un pugno, cacciando un
urlo. Poi le
lacrime scendono come un fiume in piena, più di prima,
quando stavo guidando
verso questo dannatissimo posto. Gli occhi mi bruciano e il mal di
testa non accenna a
fermarsi. Non so che cosa
pensare, che cosa devo fare, come comportarmi con Ziva… Non
so niente, ma
dietro quegli occhi di ghiaccio so che c’è
moltissimo e se anche ci volesse una
vita per farli tornare gli occhi che ho sempre amato, io non
mollerò mai.
Continua…
Angolino: Non
so come sia venuto,
secondo me ho scritto parole migliori. Accetto le critiche e questo
capitolo
probabilmente cambierà in corso d’opera per
renderlo il migliore possibile. Un
bacio a tutti.
BiEsSe.
P.S.: Scusate
per l’attesa!... Forse è un po' OOC? Mi scuso anche perchè probabilmente ci metterò un po' a pubblicare un nuovo capitolo... Devo farlo spettacolare! Un bacio!