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Autore: ArinMiriamKane    12/12/2010    2 recensioni
La FF ripercorre il film da poco uscito Solomon Kane, con l'aggiunta di un personaggio, Miriam, che è la "sorella" di Solomon. Alcune scene sono tratte dal film, mentre altre sono di mia invenzione o leggermente modificate rispetto a come sono nel film. Spero vi piaccia *-* Recensite in tanti *-*
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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Ed eccoci al capitolo 2!!! Finalmente, vero?? xD Vabbè, vi lascio leggere ^^






 

Solomon entrò nella grande sala del palazzo, addobbata con sfarzo. Il grande lampadario d'oro sovrastava il ragazzetto, che lo osservò mentre camminava spedito in direzione del padre, seduto su uno scranno, d'oro anch'esso. Il fratello, Marcus, stava in piedi, di fianco al trono del padre, e stava bevendo qualcosa da una coppa, e Solomon non aveva dubbi che il liquido fosse vino.
Sul tavolo al centro della sala era posato un candelabro, spento, che veniva usato solo durante le cene.
Solomon si fermò davanti al padre, fece un breve inchino e aspettò.
“Figliolo” cominciò il padre, mentre Solomon si rialzava. Marcus sembrava trattenersi dal ridere. “Siccome sarà Marcus a ereditare le mie terre, ho deciso che tu andrai in monastero. Prenderai i voti e diverrai un uomo di Dio.”
Sul viso del ragazzetto si formò un'espressione sorpresa. Non poteva credere a ciò che il padre gli stava dicendo.
Si aprì una porta laterale, da cui comparvero degli uomini. Monaci.
“Ma... padre... Io non voglio diventare un monaco!” obbiettò Solomon, sconcertato. Il padre cominciò ad alterarsi.
“Tu sei il secondogenito, Solomon. Il patrimonio spetta a Marcus. Tu diverrai un monaco, perché così ho deciso.” Solomon non era d'accordo.
“Padre, Marcus è un violento e un alcolizzato, non può ereditare le terre, sarebbe...”
“Marcus è il primogenito, Solomon. E tu farai come ti dico. Prenderai i voti. Diverrai un monaco.”
“No, padre.” Solomon girò sui tacchi e se ne andò, mentre la voce di suo padre lo seguiva nella vasta sala.
“Se te ne vai non avrai niente! Sarai diseredato! Non avrai niente, Solomon!”
Il ragazzetto aprì le vaste porte.
“Non avrai niente!”




“Solomon! Solomon! Ti prego, svegliati! Solomon!” la voce di Miriam mi risvegliò di soprassalto, e quando aprii gli occhi nel mio campo visivo comparve il suo viso, preoccupato. Gli sorrisi, e la vidi rilassarsi.
“Ben svegliato, Mastro Kane.” disse un'altra voce, gentile. Voltai lo sguardo. Una ragazza, con i capelli rossi e gli occhi azzurri, stava fasciando una ferita sul mio braccio.
Sentivo male dappertutto, e freddo. Molto freddo.
Un uomo scostò la tenda, e lo riconobbi. Era il viandante che ci aveva offerto un passaggio. Eravamo nella sua carrozza.
“Come sta, Meredith?” chiese. La ragazza si voltò verso di lui, sorridendo.
“La febbre si è abbassata, si sta riprendendo.”
Sentii un sospiro. Miriam.
“Dormi, Solomon. Ne hai bisogno.” sussurrò. Seguii il suo consiglio.



Ci fermammo in una radura, e cominciammo a prepararci per passare la notte. Io e Meredith stavamo preparando i giacigli.
“Avete detto che è vostro fratello, ma non vi assomigliate affatto.” disse, mentre ripiegava una coperta.
“Lui mi ha adottata... Qualche anno fa.” dissi, ricordando il nostro incontro. “E' come un fratello, per me. Ed è... l'unica persona che mi abbia mai voluto bene.” lei sorrise, osservandomi curiosa. Volsi per un istante lo sguardo verso Meredith, sorridendo imbarazzata.
“Cosa... Cosa c'è?” chiesi. Lei non rispose subito.
“Parlate di vostro fratello con tale... Ammirazione... E' bello sentirvi parlare di lui.” io sorrisi, guardando verso la carrozza.
Solomon stava scendendo. Io scattai, e Meredith mi seguì poco dopo.



“Non dovresti alzarti, sei ancora debole.” Miriam era davanti a me, il volto preoccupato. Gli sorrisi, e le accarezzai il viso. Fortunatamente era illesa.
“Mastro Kane, vostra sorella ha ragione. Riposate.” era la ragazza che mi aveva curato, Meredith. Alzai una mano, scuotendo la testa.
“Non posso rimanere fermo mentre voi lavorate dopo quello che avete fatto. Datemi solo... Qualche minuto per lavarmi.”
Sentivo i loro sguardi seguirmi. Potevo immaginare Miriam che mi osservava, attenta ad ogni mio passo. Cercando di non pensarci, mi avvicinai al ruscello lì vicino.



Solomon era a torso nudo, e si stava lavando. Era perso nei suoi pensieri, come al solito.
Mi fermai vicino a un albero.
“Lo so che sei lì, Miriam.” disse. Sorrisi e mi avvicinai, accovacciandomi di fianco a lui.
Solomon mi osservò, poi sorrise.
“Sono contento che non ti abbiano fatto nulla.” disse, prendendomi una mano.
“I Crowthorn sono arrivati col giusto tempismo.” dissi, spostando lo sguardo sul terreno. “Tu eri svenuto, io non sapevo cosa fare. Loro continuavano a picchiarti, e io stavo per usare la magia, quando sono arrivati i Crowthorn. I banditi hanno sentito la carrozza in lontananza e sono scappati. Quando sono arrivati, i Crowthorn ci hanno caricati e io e Meredith ti abbiamo curato.” lui sorrise di nuovo, e io cercai il suo sguardo, come sempre. E, come sempre, lui mi sfuggì.
“Fortuna che sono arrivati...” io feci un mezzo sorriso.
“Già.” Passò qualche secondo, e rimanemmo in silenzio, lui che guardava l'acqua e io che cercavo i suoi occhi.
“Cos'hai sognato quando eravamo nella carrozza, Solomon?” chiesi. “Hai... Sussurrato delle cose, mentre dormivi...” lui non rispose subito. Si voltò verso di me, squadrandomi, come se volesse valutare se parlarmene o meno. Fu una delle poche volte che mi guardò negli occhi.
“Ho sognato mio padre.” disse infine, distogliendo lo sguardo. Come al solito.
“Quando me ne sono andato.” strinsi la sua mano. Non dovevano essere bei ricordi per lui. Mi resi conto di quanto poco sapevo del suo passato.
“Non avrai niente...” sussurrai, capendo all'improvviso le parole che Solomon aveva detto durante il delirio della febbre. Lui annuì.
“Diseredato perché non volevo farmi monaco. Curioso, vero?” io risi.
“Non ti ci vedo con un saio addosso e chiuso in un monastero. Non si addice a te.” anche lui rise. Poi, si alzò, rimettendosi la maglia.
“Meglio che torniamo.” disse. Mi alzai anche io e lo seguii.



Miriam, Meredith, la ragazza che mi aveva curato, e sua madre, che avevo capito si chiamasse Katherine, prepararono la cena: la conoscenza di Miriam delle erbe sommata alla bravura delle due donne e a ciò che avevano nelle provviste fece venir fuori un pasto niente male.
Eravamo seduti intorno al fuoco. Miriam era vicino a me e ogni tanto la sentivo sussurrare qualche parola, probabilmente ordini per il fuoco che rimanesse alto. Sembrava che i Crowthorn non se ne accorgessero.
“Mastro Kane, vi siete ripreso in fretta, vedo.” disse William, colui che ci aveva offerto il passaggio prima che venissimo attaccati. Sorrisi, voltando lo sguardo verso Meredith.



“Vostra figlia deve avere il dono della guaritrice.” disse, sorridendole. Io lo guardai e gli diedi una gomitata sulle costole, ridacchiando.
“Guarda che sei troppo vecchio...” i Crowthorn risero, e così anche Solomon, che, in tutta risposta, mi scompigliò i capelli.
“E tu non dovresti fare certe battutine...” disse, mentre cercavo di sfuggirgli. Notai che William ci guardava curioso.
“Vostra sorella è molto più giovane di voi, Mastro Kane.” osservò. Sia io che Solomon scuotemmo la testa.
“Non è proprio mia sorella. L'ho adottata sei anni fa. Da allora, è come se lo fosse.” rispose mio fratello, mentre io cercavo di risistemarmi i capelli, che grazie alla scompigliata di Solomon se ne andavano dove volevano loro.
“Vostra sorella ci ha detto che avete viaggiato molto.” continuò Katherine, spostando lo sguardo da me a Solomon. Lasciai che fosse lui a rispondere.
Difatti, annuì.
“Viaggio da prima di incontrarla.”
“Eravate un mercante?” chiese William. No, mercante non era la parola giusta. Era più un mercenario, quando mi ha incontrata. Ma non è che mi importasse più di tanto.
Solomon scosse la testa.
“Ero un soldato... Più o meno.” ecco, soldato si avvicinava molto di più alla definizione giusta. William alzò di scatto la testa dal pane che aveva appena preso in mano.
“Ero anche io un soldato. Prima... Di scoprire Dio.” fece una pausa, e gli occhi di Solomon incrociarono per un attimo quelli di William. “E' difficile, uccidere. Non siete d'accordo, Mastro Kane?”
Solomon alzò per un momento lo sguardo, e io lo osservai, in attesa. Lo conoscevo abbastanza bene da capire che stava soppesando le parole.
“Se devo essere sincero, signor Crowthorn, io mi trovavo a mio agio sul campo di battaglia. Per me, uccidere, era facile.”
Chissà perché non ero sorpresa della risposta.



Solomon stava camminando sulla scogliera, guardando malinconico casa sua. Oramai era lontano, e non poteva tornare indietro.
Ad un tratto, quando ormai aveva deciso di allontanarsi, scorse due figure, e delle urla giunsero al suo orecchio.
Riconobbe la prima figura. Marcus. La seconda era una ragazza, Elizabeth. Solomon la conosceva, aveva più o meno l'età di Marcus ed era una dama di corte.
La ragazza non apprezzava particolarmente le “attenzioni” di Marcus.
Solomon si avvicinò correndo. Saltò alle spalle di Marcus e lo tirò, cercando di allontanarlo dalla ragazza.
“Lasciala stare, Marcus, lasciala stare!” urlò. Marcus andò all'indietro, facendolo sbattere contro uno scoglio.
“Solomon!” urlò Elizabeth, terrorizzata.
“Scappate, Elizabeth! Tornate al castello!” la ragazza non se lo fece ripetere e corse via.
Marcus e Solomon ingaggiarono una rissa sugli scogli.
“Dovevi starne fuori, fratellino, ci stavamo solo divertendo, che male c'è?” disse Marcus; l'alito emanava odore d'alcol.
“Sei ubriaco, Marcus! Dovresti tornare a casa.”
“Non sei tu chi mi deve dire cosa fare...” si avventò su Solomon, che però fu più veloce.
Respinse il fratello, che stava per spingerlo di nuovo contro lo scoglio, ma Marcus perse l'equilibrio e cadde.
Solomon lo guardò cadere in acqua prima di scappare.




Mi svegliai di soprassalto, come se qualcuno mi avesse urlato nell'orecchio.
Rendendomi conto che non sarei riuscito ad addormentarmi, mi alzai, e notai William seduto accanto al fuoco.
Quando mi vide, alzò la testa dalle carte che stava osservando.
“Posso farvi compagnia?” chiesi, cordiale. Dopotutto, volevo solo fare quattro chiacchiere. William sembrò contento.
“Certo, Mastro Kane. Sedetevi.” feci un breve cenno del capo e mi accomodai, osservando i cartigli.
“State andando nelle Americhe?” chiesi, spostando di nuovo lo sguardo verso William. Lui annuì.
“Cerchiamo una nuova vita. Lontano da queste terre colme di disperazione.”
Volsi lo sguardo verso gli alberi, il ruscelletto. Tutto lì sembrava pacifico, come se nulla potesse disturbare quel luogo.



“William, io vi devo dire una cosa.” disse Solomon, e dalla sua espressione sembrava dovesse annunciare la morte di qualcuno. Mi fermai, in ascolto.
Avevo un mezza idea di ciò che mio fratello stesse per dire.
William si fece attento.
“Allora ditemi, Solomon.” Solomon guardò per un attimo il fuoco che scoppiettava, ormai basso, vicino a loro. Cercava le parole adatte.
“Voi dovete sapere che razza di uomo avete aiutato e state accompagnando.” cominciò. “Io sono dannato, William. La mia anima è corrotta e il Diavolo mi sta cercando per prendersela. Ho fatto cose orribili, nel mio passato. Non sono... Un uomo che merita il vostro aiuto.” William lo guardò per qualche istante, come se stesse preparando le parole.
“Solomon” cominciò. “io non ho visto un uomo orribile. Io ho visto un uomo generoso. Un uomo che farebbe di tutto per la propria sorella. Dovete secondo me chiedervi, Solomon, che tipo di uomo volete veramente essere. Se l'uomo orribile che mi dicevate prima, o l'uomo che invece ho visto oggi.” fece una pausa, guardandolo negli occhi. “Io credo la seconda.” poi si alzò e si allontanò.



William mi lasciò lì, seduto vicino al fuoco, e mi aveva dato di che riflettere.
Guardai verso gli alberi, e vidi Miriam.
“Hai finito di appostarti e di spiarmi?” gli chiesi, con un mezzo sorriso. Lei sorrise a sua volta e si avvicinò, sedendosi di fronte a me.
“Secondo me ha ragione il signor Crowthorn.” disse, voltandosi a guardare il fuoco, che si stava spegnendo. Mormorò qualcosa e il fuoco riprese un po' di vita.
“Non mi ci abituerò mai.” dissi, osservando le fiamme che divenivano via via più alte.
“Ed è per questo che mi sono appostata ad ascoltare. Volevo parlarti, ma eri... impegnato.”



Lui si voltò a guardarmi, curioso. Io lo fissai.
“La magia, Solomon. Devo poterla usare, in caso di pericolo. Non posso avere la possibilità di salvarci e non poterla sfruttare.” lui guardò il fuoco. Splendido.
“E' pericoloso, Miriam.” sbuffai.
“Solomon, non serve a molto, da morti, la frase 'è pericoloso'. La mia magia può aiutarci a uscire da situazioni non esattamente allegre, visto che tu non vuoi combattere. Non serve proteggermi dai roghi se poi ci uccidono in altro modo.” lui non rispose subito. Fissava il fuoco, ma sapevo bene che stava pensando.



Miriam aveva ragione. Il suo ragionamento era perfetto, non potevo negarlo.
Il pensiero di Miriam arsa sul rogo mi faceva inorridire. Ed era quello che le sarebbe successo, se avesse usato la magia contro qualcuno e questo qualcuno fosse sopravvissuto.
Ma doveva difendersi. Non c'era altro da dire.
“Hai ragione.” dissi infine. “Non posso impedirti di usare la magia. Hai ragione, fa parte di te. E io non posso cambiare questa cosa.” la vidi sorridere, e poco dopo mi ritrovai investito dalla nuvola che formava i suoi capelli rossi.
“Grazie di aver capito, Solomon.” mi limitai a sorridere.



Quando mi staccai da lui, qualche secondo dopo, vidi Edward, il figlio più grande dei Crowthorn, vicino a un albero, che mi guardava.
“Ops.” dissi, mordendomi un labbro. Solomon si voltò.
“Vai a parlare con lui. Avrà sentito, credo voglia una spiegazione. Prima che riferisca tutto agli altri.” sospirai.
“Dovremmo dirglielo, però.” dissi, prima di alzarmi e avvicinarmi a Edward.
Sentii un'ondata di emozioni contrastanti investirmi, a cui è difficile dare un nome. So solo che lo stomaco si contrasse, come quando avevo paura nel mezzo di una battaglia, e il cuore cominciò a battere all'impazzata, come se volesse uscirmi dal petto. Mi morsi un labbro, cercando di calmare cuore e respiro. Non riuscivo a capire se fosse perché stavo andando a parlare con lui o perché lui aveva scoperto che cosa ero.
“Hai sentito, vero?” gli chiesi, già sapendo la risposta.
“Quindi sei... una strega?” annuii. Lui sembrava contenersi dall'urlare.
“Perché non lo hai detto?”
“Perché non credo che avreste accolto serenamente la notizia, no?” Edward abbassò lo sguardo. Avevo ragione.
“Mio padre è un uomo di Dio. Tutti noi crediamo in Dio. Ci hanno insegnato che voi avete fatto un patto col Diavolo.” sentii la morsa allo stomaco farsi più stretta. Ci ero abituata, ma sentirlo faceva male.
“Vi hanno insegnato male. Non tutte le streghe sono malvagie.” risposi, guardandolo negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo, e sentii altre emozioni venirmi di nuovo incontro, tanto che la gola si chiuse, rendendomi difficile persino deglutire. Per una volta, fu difficile sostenere lo sguardo. Di solito erano gli altri che non riuscivano a sostenere il mio. Adesso era il contrario. Dovetti metterci tutta la mia forza di volontà, per non abbassare gli occhi.
“Non penso che tu sia cattiva.” disse, e io sentii la stretta allentarsi. Era come se un peso se ne fosse andato dalla mia schiena, liberandomi definitivamente di qualcosa. Finalmente qualcuno che non credeva a tutto ciò che gli insegnavano su di noi. “Ma dovresti dirlo anche alla mia famiglia. Sono certo che capirebbero.” feci un mezzo sorriso. Si, forse loro avrebbero capito. Ma se non lo avessero fatto?
“Ci proverò.”



Il giorno dopo eravamo in marcia.
William e Katherine erano davanti al carro, guidato da Edward, mentre Meredith e Miriam erano sedute dietro.
Io seguivo il carro, osservando Miriam. Stava disegnando, e aveva scoperto di essere bravina.
Era stato Edward a darle i fogli di pergamena e il carboncino. Lei lo aveva ringraziato pacatamente, e io avevo notato quanto fosse impacciata. Poi aveva fatto qualche schizzo, e da quel momento non aveva più smesso. Non avevamo mai notato la sua inclinazione al disegno.
Cercai di sbirciare cosa stesse disegnando, ma lei tirò su la pergamena.
“Cosa c'è? Perché non me lo vuoi far vedere?” lei riprese a disegnare, facendomi la linguaccia.
“Perché no.” disse. Meredith si sporse un po' verso Miriam, guardando il disegno.
“Ehi! Perché lei si e io no?” Miriam mi guardò ridacchiando.
“Non fare il bambino.” disse, ricominciando a disegnare. Meredith ridacchiò. Io guardai Miriam di sottecchi.
“Non sto facendo il bambino.” lei annuì con l’aria di chi la sapeva lunga, poi mi passò il foglio.
“L'ho finito.” disse sorridendo. Vidi le sue gote imporporarsi, mentre scuoteva il foglio per incitarmi a prenderlo. Sorridendo, lo presi, mentre Meredith ci osservava, cucendo.
Il disegno rappresentava un angelo, che cadeva da un cielo in tempesta. Le ali erano spezzate, ma sul viso dell'angelo si poteva vedere un sorriso. Stranamente aveva i miei vestiti.
“Grazie.” le dissi, alzando gli occhi. Lei sorrise, imbarazzata, tornando a disegnare.
“Mastro Kane...” disse poco dopo Meredith, alzando gli occhi dal suo lavoro. “Ho fatto questi. Per voi.” Vidi lo sguardo di Miriam alzarsi, curiosa, mentre io prendevo gli abiti che Meredith mi porgeva.
“Vi ringrazio, Meredith.” la ragazza alzò le spalle, sorridendo.
“Ho pensato che dovreste cambiare i vostri vestiti.” Miriam ridacchiò, tornando a concentrarsi sul suo disegno. Cercando di evitare Miriam, che lanciava strani sguardi dietro di lei, osservai Meredith di sottecchi.
“Cosa hanno i miei vestiti che non va?” Meredith piegò la testa di lato, come se cercasse le parole adatte.
“Sono...” alzai un sopracciglio.
“Cosa?”
“Lerci.” non potei fare a meno di ridere, e Miriam e Meredith con me.
Mentre rideva, Miriam scoccò l'ennesimo sguardo dietro di se, verso Edward.
Lui la guardò nello stesso momento, e i loro sguardi si incrociarono per un istante. Vidi il volto di Miriam divenire paonazzo, mentre si rigirava verso di me.
“Mastro Kane, credo di poter affermare che vostra sorella si sia innamorata di mio fratello.” sussurrò Meredith, ridacchiando. Miriam gli diede una leggera spintarella, divenendo, se possibile, ancora più rossa.
“Meredith!” sussurrò, cercando poi il mio sguardo, come sempre.
Sorrisi divertito. Miriam si era davvero innamorata per la prima volta.



Quando ci fermammo per una sosta, Solomon si mise gli abiti che Meredith gli aveva cucito.
Stavamo preparando il pranzo, quando lui comparì sistemandosi dei lacci sulle maniche.
“Oh, adesso si che sembrate un uomo rispettabile, Mastro Kane.” lui sorrise guardando la signora Crowthorn, per poi guardarmi con sguardo complice.
“E' passato molto tempo da quando qualcuno ha detto questo di me.” rispose, mentre io mi alzavo per dare una mano alla signora Crowthorn.
“Io l'ho sempre detto che tu sei un uomo rispettabile, Solomon.” dissi, passandogli davanti. Lo vidi sorridere e spostare lo sguardo su Meredith, per poi muovere la bocca a dirle 'grazie'.
Qualche ora dopo ci rimettemmo in viaggio. Io ero seduta in cassetta, vicino a Edward, mentre Solomon camminava poco davanti a noi, chiacchierando con Samuel, il più piccolo dei Crowthorn.
Samuel stava cercando di farsi dire da Solomon perché non combatteva.
“E allora” disse, spostandosi verso Meredith. “Vi farò combattere io. Prendo in ostaggio questa fanciulla. Adesso combattete, Mastro Kane?” Meredith osservò Solomon, che si era voltato, divertito.
“Oh, Mastro Kane, vi prego, salvatemi!” disse Meredith, con una strana voce cantilenante. Non potei fare a meno di ridacchiare.
“Va bene, Samuel.” disse Solomon, ridendo. “Forza, combattiamo.” Ingaggiarono una specie di battaglia con dei bastoni. Fu divertente, perché ad un certo punto, Solomon scartò di lato e prese in braccio Samuel, cominciando a fargli il solletico sulla pancia. Samuel rise, scalciando, urlando “mettetemi giù!” tra una risata e l'altra, provocando risatine generali.
Mentre li guardavo, notai un villaggio con la coda dell'occhio, ma l'espressione sul viso di Edward mi fece controllare meglio.
Il villaggio era distrutto, e c'era un bel po' di cenere intorno ad esso.
“Solomon.” chiamai, voltandomi verso di lui. Solomon mi guardò, e io gli indicai il villaggio con un cenno.
La sua espressione mutò presto da curiosità a sgomento.



Quando entrammo nel villaggio, c'erano corpi dappertutto. Corpi bruciati, cenere e sangue.
Vidi Miriam sgranare gli occhi e divenire cerea in volto, come se stesse per vomitare.
C'era un palo in mezzo alla piazza, con intorno della paglia bruciata.
“Hanno tentato di bruciare una strega.” disse Meredith, che si era avvicinata a quello che prima era utilizzato per i roghi.
Vidi il volto di Miriam irrigidirsi, mentre le mani si chiudevano a pugno.
“E' impossibile bruciare una strega. Non si lasciano uccidere.” sussurrò, in modo che la sentissi solo io.
Non potevo capire come si sentisse, ma ebbi l'istinto di stringerla a me e portarla via da quel luogo.
Meredith intanto si era allontanata, cercando qualche superstite.
Miriam si avvicinò a lei, probabilmente per distrarsi.
Poi, si bloccò. Io e William ci avvicinammo, circospetti, quando Meredith comparve di fianco a mia sorella. Abbracciata a una bambina.
“E' terrorizzata.” disse Meredith, stringendo a se la bambina. “Possiamo... Portarla con noi? Magari finché non troviamo qualcuno a cui affidarla...” lanciai uno sguardo a Miriam, che osservava la bambina come se volesse incenerirla. Mi guardò per un secondo, con la stessa espressione.
Messaggio ricevuto. Quella bambina era un pericolo.



Quando ci accampammo, quella notte, la bambina era con noi.
Stava aggrappata a Meredith e non lasciava avvicinare nessuno. Me compresa, anche se certe volte mi guardava, come se io potessi in qualche modo capirla.
Avevo sentimenti contrastanti, dentro di me. La odiavo, perché avevo percepito da subito la sua aura maligna, e avevo capito che non apparteneva a quelle poche streghe che cercavano di fare del bene. Ma al contempo odiavo i suoi compaesani, che ora erano morti, perché avevano tentato di darle fuoco.
Mentre mangiavamo, William si fece raccontare ciò che era successo.
“Hanno tentato di bruciare una strega...” disse, la voce tremolante. Doveva sembrare una bambina innocente e invece mi ricordava un mostro. “Ma lei si è liberata. Poi ha urlato che erano stati stolti a credere di poterla uccidere e che avremmo pagato. E ha incendiato tutto... C'erano... Tanti morti...” i suoi occhi divennero lucidi. Disgustoso. “Poi si è dissolta.” concluse.
Meredith sembrava colpita da quella bambina. Io cercavo di non guardarla per non far notare tutto il mio disprezzo.
“Vi prego, posso andare a dormire?” domandò, con quella vocetta acuta e tremolante. La odiavo più di quanto fosse lecito. Incrociai uno sguardo di Solomon. Significava: 'stai calma'. Sospirai, cercando di seguire il suo consiglio.
“Ma certo.” rispose Meredith. “Appena dopo la preghiera ti accompagnerò.”
“Oh no!” esclamò la bambina, evidentemente terrorizzata. Avevo visto giusto. “Vi prego, sono veramente tanto stanca. Accompagnatemi subito.” Solomon la studiava, mentre Meredith la osservava stupita.
“V-va bene, bambina. Vieni, ti accompagno.”
“Aspetta, Meredith.” disse Solomon, in tono calmo. “Edward, che ne dici di prestare alla bambina la tua croce? Visto ciò che le è successo, meglio che sia ben protetta.” Edward lo guardò stupito, ma annuì.
“Certo, non c'è problema.” disse, togliendosi il ciondolo che aveva al collo. Lo porse a Solomon, che lo passò alla bambina.
“Tieni piccola.” disse, porgendogli la piccola croce. “Ti proteggerà.” la bambina guardava Solomon e la collanina con disgusto e terrore, e azzardò a lanciarmi un'occhiata, come se cercasse aiuto.
“Forza...” le dissi. “Mettila.” la strega sgranò gli occhi per un attimo. Non si aspettava certo che rifiutassi di darle manforte. A quel punto si voltò verso Meredith, le prese la mano e pronunciò delle parole. Sul palmo di Meredith comparve una macchiolina nera, un Marchio fatto con la magia.
Voltò infine il viso verso Solomon, rivelando le sue vere fattezze.
“Satana ti aspetta, Solomon Kane.” poi si voltò verso di me. “E aspetta anche te, consorella.” poi, si dissolse.



Tutti scossi da ciò che era appena successo, si voltarono verso Miriam. La sua espressione era stupita, sconvolta.
“Consorella?” le chiesi, guardandola di sottecchi. Miriam scosse la testa, incredula, cercando di evitare le sei paia d'occhi che si erano posati su di lei.
“Vi assicuro... Che non so... Cosa voglia dire.” rispose, spostando lo sguardo da ognuno di noi.
“Sei una strega?” le chiese Meredith, stupita, tenendosi la mano marchiata. Io annuii prima di Miriam.
“Vi assicuro che Miriam non è come quell'abominio.” dissi, voltandomi a guardare i Crowthorn. Solo Edward non la guardava come se fosse un mostro.
“Ma... perché non ce lo avete detto?” esclamò Katherine, evidentemente costernata. William e Samuel guardavano Miriam come se fosse stata in grado di diventare esattamente come quella cosa.
“Come avreste preso la notizia che una strega viaggiava con voi?” chiese, la voce tremante. Sapevo benissimo perché le tremasse così tanto. Era arrabbiata, frustrata, ma voleva a tutti i costi trattenersi.
Nessuno rispose, ma abbassarono lo sguardo. Edward, però, continuò a guardarla. “Come immaginavo.” disse Miriam, ormai sull'orlo del pianto. “Ma dopo quello che ho visto questa sera, non posso darvi torto.” Seguirono pochi istanti di silenzio. La croce di Edward era caduta a terra, e Miriam si chinò decisa a prenderla, passandola al suo proprietario.
“Credo che sia tua.” Edward prese il ciondolo senza esitazione, guardando Miriam negli occhi.
“Grazie.” le disse, rimettendosi la croce al collo. Gli altri guardarono la scena allibiti, come se si aspettassero di vedere la mano di Miriam bruciare da un momento all'altro. Non potei fare a meno di sorridere.
“Ora ci credete che non è malvagia?” chiesi, guardandoli ad uno a uno. Mentre gli altri distoglievano gli sguardi, incapaci di dire qualunque cosa, vidi Edward prendere la mano di Miriam e stringerla nella sua.



Il giorno dopo eravamo tutti molto tesi.
Certe volte vedevo Katherine e William lanciarmi delle occhiatacce, ma non dissero mai nulla.
Almeno Edward e Meredith mi parlavano ancora.
Stavo aiutando Meredith. Stendevamo dei panni che avevamo lavato al ruscelletto lì vicino. Solomon si avvicinò a noi.
“Ti fa male?” chiese, prendendole la mano marchiata. Meredith scosse la testa.
“No, non sento niente...” rispose. Solomon spostò lo sguardo su di me.
“Non sai cosa può essere?” scossi a mia volta la testa, dispiaciuta.
“No. Non ho mai avuto un'educazione per quanto riguarda la magia. Quello che so l'ho imparato da sola.” spiegai. Solomon tornò a guardare il palmo di Meredith.
Io presi un panno e lo stesi, quando sentii qualcosa in lontananza. Vivere con Solomon mi aveva affinato i sensi.
“Vado a controllare la strada.” annunciai. Samuel mi guardò.
“Vengo anche io.” disse, allegro. Vero, anche lui mi parlava ancora.
“Mi unisco.” disse Solomon. Io non potei fare a meno di sorridere. Bene, avevo la scorta.
Ci inoltrammo nella boscaglia. Samuel si affiancò a me, cominciando a farmi domande.
“Puoi fare una magia?” mi chiese ad un certo punto. Io scrutai Solomon, che non disse niente. Sorrideva, però.
Guardai il terreno e ordinai:
“Terra.” un blocco si alzò, fluttuando poco distante dalla mia mano. Samuel lo guardava ammirato.
“Ohh...” sussurrò. Non riuscii a trattenere un sorriso compiaciuto.
“Miriam! Samuel! Venite qui!” bisbigliò Solomon, che si era accucciato dietro un cespuglio.
Feci ricadere lentamente il blocco a terra, mentre Samuel raggiungeva mio fratello. Io feci lo stesso poco dopo.
Quando guardai verso la strada, quello che vidi mi fece sgranare gli occhi.
C'erano delle gabbie, e contenevano delle donne. E dei bambini.
Da quella distanza non riuscivo a vedere le persone che si arrabattavano intorno alle gabbie, ma probabilmente erano soldati.
“Samuel” cominciò Solomon, voltandosi verso il ragazzino. “Vai dalla tua famiglia e avvisali di affrettarsi a partire. Io e Miriam vi raggiungiamo tra poco. Ma non farti vedere.” Samuel annuì e cominciò a correre verso il nostro accampamento, mentre io e Solomon cercavamo di avvicinarci a ciò che c'era sotto di noi senza farci notare.
Ma, poco dopo, l'urlo di Samuel ci gelò il sangue.
“Solomon! Miriam!”

E come sempre, grazie a mia mamma e alle mie sorelle: vi voglio bene! E grazie a tutti i lettori silenziosi ^.^
  
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