Pov Zacky
Stavo palesemente per sentirmi male. Ero nel “backstage”, a 10 minuti dal
momento in cui avremmo dovuto suonare, e tutto ciò che mi riusciva di fare era
camminare in circolo, torturandomi le mani e ripassando mentalmente tutte le
canzoni e gli accordi. Come se non le sapessi già a memoria, poi. Diciamo la
verità: me la stavo per fare addosso. Ero sicuro che avremmo fatto una
grandiosa figura di merda. Ne ero certo, veramente certo. Oltretutto, gli
spettatori avevano superato le più rosee aspettative di Matt: c’erano ben 13
persone nel locale. Le avevo contate una decina di volte. Sinceramente, avrei
preferito di gran lunga che a vederci ci fossero solo la sorella di Jimmy e mio
fratello.
Lanciai un’occhiata disperata a Matt che, seduto su un amplificatore,
fissava il muro, probabilmente cercandoci dentro un bassista. Dannato energumeno
irascibile. Jimmy, nel frattempo, smaltiva l’agitazione nell’unico modo di cui
era a conoscenza: ingurgitando litri di birra come se avesse un imbuto infilato
in gola.
Fu strano salire su quel palco. Era molto basso, a differenza di quelli che
avremmo calcato in seguito, e potevamo guardare le persone in faccia mentre
suonavamo. Fu un emozione unica. Il panico che mi aveva preso nel “backstage”
era completamente scomparso, e le dita avevano preso a scorrere sulla chitarra
quasi senza che il cervello glielo dovesse ordinare. Non so come suonammo quella sera, senza
bassista, col cuore a mille, so solo che fu il concerto più bello della mia
vita. Rimanemmo sul palco una mezzora e poi scendemmo dal palco sudati,
stanchi, e felici come non mai.
<< Cazzo, ma siamo dei fighi pazzeschi!
>> esclamò il mio amato energumeno accasciandosi su uno sgabello davanti
al bancone. Sudato da fare schifo.
<< Dici? Cioè, cazzo, non mi sono neanche reso conto di aver suonato!
>> affermai felice. Provato, ma soddisfatto.
Matt mi guardò con aria strana.
<< Ma eri drogato? Cioè, a che cazzo pensavi mentre suonavi? Mi stai
dicendo che hai suonato col culo? >>
Mio Dio. Brutto troglodita rompicoglioni.
<< No, Matt. È un modo di dire. Intendevo dire che è stato molto più
naturale di quanto pensassi. E non mi sono dimenticato nessuna nota, credo.
>>
<< Credi? Tu credi?! Minchia
Zacky non puoi credere, devi esserne certo! >>
Lo avrei ucciso. Ma perché doveva sempre avere qualcosa da ridire su tutto? Ci salvò dall’ennesimo battibecco
l’arrivo di Jimmy abbracciato alla sorella.
<< Porca troia siamo stati grandi! Grandi! >>
Io e Matt ci voltammo a guardarlo, e fui moderatamente certo che entrambi
ringraziammo mentalmente l’intervento del nostro batterista.
<< Vero? Si, cazzo, si! Grandi Jimmy! >> ok, avevo ancora un
sacco di adrenalina che circolava in corpo.
<< Ma guarda ‘sti tre esaltati.. Il
prossimo che ripete “grandi” riferito alla sua persona si prende una pedata nel
culo, sono stata chiara? >> affermò, amabile come al solito, la sorella
di Jimmy, Kate.
<< Mh.. Siamo stati.. Geniali? Stratosferici?
Strafighi? I nuovi promettenti Dei del metal?
>> provò a suggerire timidamente Matt.
<< No. Siete stati,, Bravini. Senza un
basso, con una sola chitarra, ma bravini. >>
Allora, io volevo tanto bene a Kate, ma mi stava un po’ sul culo in quel
momento. Poteva svilirci quando voleva, ma non in quel momento magico! Le lanciai
un’occhiataccia a cui rispose con un’alzata di spalle. Acida e stronza.
<< Ok, siete stati grandi! Va bene ora? Adesso tu, offrimi da bere,
che sono venuta a vedervi, quindi merito un premio. >>
Così mi piaceva. Le allungai la birra e riprendemmo allegramente a bere,
comunicandoci a vicenda quanto eravamo stati grandi. Perché, cazzo, lo eravamo
stati.
Pov Brian
Quella sera presi un sacco di botte. Ma proprio un sacco, senza scherzi.
Ero andato a bere con gli amici in uno di quei locali in cui, se non bevi,
non hai proprio un cazzo da fare. E andava benissimo. Era sempre la solita
storia con loro: bere fino a non ricordarsi il proprio nome e trovare una
qualche scema che ce la desse per la notte. Si sa, non è bello tornare a casa
soli dopo una serata del genere. Quello che beccava per primo, inutile dirlo,
ero io. Quella sera, invece, non andò così. O meglio, fino alla parte di
spaccarci di alcool andò esattamente come previsto, però Bert
ebbe la sfortunata idea di proporre un brindisi in onore della mia ultima
espulsione da scuola, avvenuta 10 giorni prima. Aderirono tutti
entusiasticamente all’idea. Si, mi circondavo di decerebrati. Mi chiedo io, ma
che cazzo c’era da brindare? A un coglione che si stava sputtanando il futuro? Grande,
davvero grande. Comunque, non potevo deludere quei 4 idioti che mi guardavano
con aria piena di aspettativa. Mi alzai, buttai giù quel che rimaneva della mia
birra, e mi avviai verso il bancone con tutta l’intenzione di chiederne altre
per tutti quanti. Non che ne avessimo bisogno, ma con che cosa potevamo
brindare se no, visto che avevamo già scolato tutto? Era una necessità, le cose
vanno fatte bene.
Mentre mi dirigevo barcollante verso il barista, urtai violentemente
qualcosa. Dopo circa 5 secondi capii di aver urtato non qualcosa, ma qualcuno. Una
fottuta montagna di muscoli. Che mi stava guardando male. Non ricordo precisamente cosa mi portò a guardarlo
peggio e rispondere alla sua occhiataccia con qualcosa che assomigliava molto,
troppo, ad un << ciccione con la faccia che assomiglia inquietantemente
al culo di un babbuino >>. No, non so come feci ad articolare una frase
tanto complicata, conciato com’ero. Di sicuro, sarebbe stato meglio se fossi
stato zitto. Il ciccione non la prese con filosofia, anzi. Forse perché inconsciamente
consapevole di avere la faccia che assomigliava al culo di un babbuino, forse era
un suo complesso, non lo so, però non ci fece sopra una risata. No. La sua
reazione fu molto più simile a un cazzotto sulla mia faccia. E mi fece male, parecchio.
Non che non avessi mai preso un cazzotto in bocca, anzi, ma con l’esperienza
non diventa meno dolorosa la cosa. Proprio no. Il seguito non sarebbe neanche
il caso di raccontarlo, essendo estremamente scontato: ci menammo. O meglio, le
presi. Le presi parecchio. E mi feci anche male alla mano nel tentativo di
rispondere. Quello avrà anche avuto la faccia come il culo di un babbuino, però
il corpo era quello di un fottuto troll. Grosso e muscoloso.
Pov Matt
Sabato mattina mi svegliai tardi, con ancora tutta l’adrenalina che mi
scorreva in corpo, e decisi, sotto esplicito invito di mia madre, che non ne
poteva più di sentirmi cantare e sparare cazzate in giro per casa, di andare a
sfogarla in palestra. Io non ero un fanatico della palestra, però ero
fermamente convinto che nella vita essere grandi e grossi servisse. Innanzitutto
per evitare di prenderle in eventuali risse, che non mancavano mai, e poi perché
alle ragazze, si sa, il maschio un po’ palestrato piace. E a me piacevano le
ragazze, quindi era un po’ una necessità essere muscoloso. Avevo anche fatto
amicizia con un paio di tizi nella palestra in cui andavo, e quel pomeriggio mi
trovai con loro.
Come entrai in sala pesi, la mia attenzione fu subito calamitata da una
ragazza che stava facendo uno strano esercizio che la costringeva a mettersi in
una posizione abbastanza.. invitante. Era praticamente a 90° su una macchina
per rassodare o cose simili, stronzate da donna insomma. Ad essere sinceri, ciò
che attirò la mia attenzione non fu la ragazza, ma il suo sedere. Credetemi,
aveva un culo che parlava, cantava, suonava, fischiettava.. Tutto, faceva
proprio tutto. Comunque, tirai dritto e andai con gli altri ai pesi, senza
mancare di commentare, chiaramente: erano cose quelle che non potevi non
notare.
Dopo un po’ che facevo la mia seduta di pesi, vidi il sedere
precedentemente avvistato passarmi davanti e accomodarsi sulla panca accanto
alla mia, dopo aver preso un bilanciere con cui iniziò subito ad allenarsi. Che?
Quel sedere sculettante di prima faceva i pesi? Stavo già meditando sulla cosa,
quando venni distratto da una voce.
<< Val! Ma sei ancora lì? Ma muoviti! Lo sai
che a cena siamo fuori! >> e, subito dopo, un sedere identico a quello
poggiato sulla panca di fianco alla mia mi passò davanti.
Le opzioni erano due: o ero ubriaco, o avevo davanti la prova vivente che
Dio esisteva. Mi bloccai e, con nonchalance, mi tirai a sedere per vedere le facce
delle proprietarie di tutta quella meraviglia. Ed ebbi la sorpresa più bella
del mondo. Erano due gemelle. Due cazzo di gemelle, uguali ma non del tutto, ma
entrambe gnocche da far paura. Una mora e una bionda.
E io mi sentivo un uomo fortunato. Dopo poco,
però, io mi sentii più un coglione che uno fortunato.
Erano 5 minuti che stavo a fissarle come un imbecille, quando quella sulla
panca mi diede un occhiata, alzò un sopracciglio, e poi distolse lo sguardo con
aria perplessa.
<< Micha, andiamo che qui c’è gente
strana.. >> aggiunse alzandosi e lanciandomi un’ultima occhiata
evidentemente derisoria.
Avevo appena fatto una figura da sfigato con il sedere più bello che avessi
mai visto. Maledizione.
***Autrici***
Aaaallora, che dire… Che siamo molto molto
felici che a qualcuno piaccia la nostra storia, innanzitutto! Poi.. che ci
sentiamo molto brave perché abbiamo aggiornato velocissimamente! E infine.. che
speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto! J
Grazie a tutti coloro che hanno letto e recensito.. Già vi amiamo! (si, lo
so, basta poco!)
A presto, simpatiche lettrici! Tanti baci
R&A