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Autore: Iria    18/12/2010    11 recensioni
*God save us everyone!
Will we burn inside the fires of a thousand suns?*

Una raccolta di racconti legati assieme dalle tracce musicali del nuovo album dei Linkin Park.
Ci sarà ben poca positività in questi racconti e spero che comunque possiate apprezzare.
Aspetto una vostra opinione!
Iria
#1- The Requiem [584 parole] (Yurij Ivanov POV);
#2- The Radiance [788 parole] (Lievissimo Brooklyn x Garland);
#3- Burning in the Skies [1138 parole] (Boris/Yurij relationship);
#4- When They Come For Me [1076 parole] (Kei Hiwatari POV);
#5- Robot Boy [2460 parole] (Demolition Boys -Ivan, Sergej, Boris, Kei, Yurij- POV);
#6- Jornada Del Muerto [748 parole] (Takao Kinomiya POV).
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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A Thousand Suns -God Save us everyone-

The Radiance


 


*We knew the world would not be the same.
A few people laughed, a few people cried, most people were silent.*

 

Il locale era semi-vuoto, ma non me ne meravigliai.
Con quel servizio modesto e la scelta ristretta d'alcolici, i giovani certamente non andavano cercando lo sballo e un'ubriacatura nell'intima umiltà di un piccolo bar.

 

Chi avrebbe potuto vederli ed elogiarli, altrimenti?

 

Non mi era mai piaciuto alcun tipo di cocktail, vino o birra; e anche allora non ordinai nulla nell'attesa.
La donna dietro al bancone mi osservava con un'espressione vagamente triste e pensierosa, mentre ripuliva con uno straccio sudicio un bicchiere.
Un movimento meccanico e continuo, senza il minimo senso...
Aveva ombre scure sotto gli occhi dalle palpebre pesanti e maldestramente truccate; il rossetto sbavato, invece, disegnava una maschera di tristezza sulle sue labbra sottili e prive di forma.
Sospirai, continuando ad osservare la porta.


 

Sarebbe venuto?

 

Brooklyn Masefield non era mai stato un tipo da promesse mantenute.
Sorrideva, annuendo, per poi ritornarsene alla cupidigia dell'Irlanda; e chissà se avesse anche solo prestato attenzione alla parole che gli erano state rivolte...
Ci vedevamo una volta ogni due anni, lui ordinava la sua birra scura, la beveva lentamente per poi andarsene e, forse, l'ultima volta non aveva udito la mia bisbigliata richiesta di vederci prima...
Eppure io mi ero presentato sul luogo del solito appuntamento, sicuro com'ero che mi avesse ascoltato (almeno allora.)
Avevo voluto un solo anno durante il quale riflettere, poiché se ne avessi avuti due, molto probabilmente avrei speso il seguente ad annichilire tutti i traguardi raggiunti precedentemente.


 

Come avevo preso l'abitudine di fare dai miei diciotto anni.

 

Sapevo che in un modo o nell'altro quella decisione avrebbe cambiato radicalmente il mio piccolo ed egoistico universo.
Molto del tempo che avevo trascorso a riflettere, l'avevo fatto ridendo, disperandomi o restando in silenzio... Senza mai annullare i contatti con ciò che mi circondava.
Non avrei potuto sostenere un completo isolamento e tanto meno accontentarmi di uno stile di vita anonimo.
Non si addicedeva ad un Von Cetwald.


 

*I remembered the line from the Hindu scripture, the Bhagavad-Gita.
Vishnu is trying to persuade the Prince that he should do his duty and to impress him takes on his
multi-armed form and says...*


 

In quell'attimo, dunque, sapevo di essermi messo alla prova.
Potevo alzarmi e andarmene, senza scoprire se fosse mai venuto al nostro incontro: scomparire definitivamente, sposare una donna, farmi una famiglia e vivere il sogno mediamente comune ad ogni uomo sui trent'anni -ormai tendenti ai quaranta.
Oppure restare, continuare ad aspettarlo fuori dal locale fino all'alba, per poi prendere il mio aereo e tornare in India con l'amaro tra le labbra.
In un modo o nell'altro, non vedevo neanche lontanamente un risvolto vagamente roseo per quella situazione...
“Signore, stiamo chiudendo.”
La donna dietro al bancone mi si era avvicinata, appoggiandomi una mano su di una spalla.
Sollevai lo sguardo e notai lo strato corposo di fondotinta che aveva dovuto usare per ricoprire i segni della stanchezza sul suo volto maturo.
“Sì, mi scusi.” risposi, sollevandomi e porgendole i soldi per il coperto che avevo ampiamente sfruttato.


 

Avevo aspettato per circa venti anni.
Qualche altra ora sarebbe stata ugualmente importante o fondamentale?
 

“Questa volta credo di aver fatto tardi.”
Lo vidi avanzare nella nebbiolina di primo mattino, qualche minuto prima che mi decidessi a chiamare un taxi per raggiungere il mio albergo, recuperare la valigia e tornarmene a Delhi, pronto ad affrontare un altro anno per cancellare tutti i miei tormenti.
Aveva la sua solita espressione rilassata ed il sorriso leggero, inoltre notai che aveva tolto l'orecchino...
“Sì, stavo andando via.” risposi, guardandolo senza alcun interesse.
Come sempre.
“Capisco. Immagino che dovremo rimandare il nostro solito face to face all'anno prossimo.” disse semplicemente allora, passandosi una mano tra i capelli.
Per un attimo, mi parve di notare una striatura grigiastra fra tutto quel lieve rossiccio.
Ma fu un solo un lampo.
E mi spaventò.
“No.”
L'istinto non mi ha mai aiutato; e non lo fece neanche allora.
Brooklyn fu inizialmente sorpreso dalle mie parole, poi tornò a rilassarsi e sospirò.
L'atmosfera venne risucchiata assieme al suo respiro; ed io rimasi in apnea, attendendo...
“Hai ragione. E' una cosa piuttosto stupida continuare a vedersi a questi ritmi praticamente senza rivolgersi la parola.” mi disse allora, per poi tendere una mano con la solita ombra del sorriso che mai scivolava via dalle sue espressioni.
C'era una ruga ad increscaparne la guancia, stavolta non potei negarlo alla mia vista.
Strinsi la sua mano, accettando il gesto di congedo.
Era calda ed al tatto subito avvertii il freddo metallo di un anello su un dito.

Quello stesso giorno, mentre fissavo l'oceano al di sopra delle nuvole ed il sole illuminare l'orizzonte vicino, capii che avevo definitivamente distrutto tutte le mie speranze e le mie fragili congetture con un semplice tocco.
Mi era sembrato che Brooklyn, fino all'ultimo, non avesse voluto che gli stringessi la mano...
In un modo o nell'altro, entrambi sapevamo che ciò avrebbe significato un inderogabile addio.


 

*«Now I am become Death, the destroyer of worlds»
I suppose we all thought that, one way or another.”*
 


 

Fine

Bhé, che dire?
Innanzi tutto, sono contenta che la raccolta posso aver destato interesse ^^! Poi, contentissima anche perché, finalmente, ho scritto la mia prima e da sempre voluta Brooklyn x Garland!
Credo ci sia poco da dire al riguardo, soprattutto in riferimento all'argomento. Il titolo è “Radianza” o “Splendore” -traducetelo come volete ^^- e le parole sono quelle di Robert Oppenheimer.
Il riferimento nell'album dei Linkin Park è molto più profondo, visto che l'intero Concept Album sviluppa l'eventualità di una guerra atomica.
Io, però , ho voluto rigirare il discorso alla distruzione di un universo personale... Che, per quanto piccolo, è ugualmente importante, no?
Spero abbiate potuto apprezzare anche questa one-shot ^^!
Ah sì, il conteggio parole esclude le citazioni della canzone =).
Un bacio, e grazie.
Iria.

 

   
 
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