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Autore: Luli87    19/12/2010    8 recensioni
Un caso troppo pericoloso, un giro di prostituzione gestito da russi da scoprire e fermare. L'FBI vuole Kate nell'operazione, ma Castle non vuole restare fermo con le mani in mano.
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7. Lo scontro.
 
Tutto accadde velocemente.
Kate sentì la stretta intorno al polso ancora più forte, poi una mano intorno alla sua schiena. Ed ecco una bocca, avvicinarsi sempre di più alla sua: sentiva il suo respiro, il suo sapore.
“Sa di vodka. Bravo Ivan, tu conosci i miei gusti.”
Ma Kate cercò di liberarsi da quella stretta. Con un pugno colpì Sergei al volto e girò velocemente su se stessa, liberandosi dalla presa. Golovanov allora la bloccò immediatamente, stringendola da dietro.
Ancora bendata, cercò di dimenarsi, ma la stretta del russo era troppo forte. Uno schiaffo la colpì in pieno viso: Sergei. Sentì un anello sfiorarle la guancia e del sangue iniziò a uscire dal taglio che le aveva provocato.
“Mi perdoni capo, mi sono dimenticato di dirle che non vuole essere domata.” Disse Golovanov.
Sergei rise. Fu una risata maligna, cattiva. “La dominerò come ho dominato ogni ragazzina ribelle. Nessuno, e ripeto nessuno, può permettersi di opporsi a me, sono stato chiaro? Non vorrai fare una brutta fine, vero? Perché proprio qualche giorno fa una ragazzina, russa come te, ha provato a ribellarsi. Contro di me, capisci?” disse, avvicinandosi sempre di più a Kate.
Fu allora che Kate, parlando in russo, disse: “Cosa ne hai fatto della ragazzina?”
“Oh, inizio a sentire paura finalmente. E sento anche una bella voce. Bene.”
“Che cosa ne hai fatto?” Kate sentiva la tensione crescere dentro di sé.
Sergei si fermò e la fissò. Si schiarì la voce. “Voi donne. Servite solo a dare piacere a noi uomini. E ho clienti che pagano milioni per avere la ragazza giusta. In un bordello, in una casa, ad una festa, ad ogni occorrenza. Posso vendervi a chi voglio, a chi offre di più. Non è compito mio sapere cosa vi accade dopo. Quella ragazzina mi ha fatto questa cicatrice. Si è ribellata a me. Aveva un caratteraccio per essere così piccola. Indifesa, ah! Porterò questa cicatrice a vita per colpa sua. Ma gliel’ho fatta pagare. Adesso non si ribellerà più, mai più.”
Bastardo, l’hai uccisa.
Golovanov teneva ancora stretta Kate, impedendole di muoversi.
“Lasciami! Non mi sento bene!” urlò Kate, “Toglietemi questa maledetta benda!” cercò di dimenarsi ancora, ma la stretta di Golovanov era sempre più forte.
Sergei le si avvicinò. Con una mano le sfiorò i capelli.
Poi, lentamente, le sfilò la benda dagli occhi.
 
“Avete sentito? Ha detto che non sta bene! Andiamo, è la parola d’ordine, è ora di intervenire, cosa state  aspettando, avvertite gli agenti dell’FBI!” urlò Castle, così ad alta voce che Ryan fu costretto a tapparsi un orecchio.
Green rispose “Non è ancora il momento!! Non ora!!” e spense il microfono di collegamento con Esposito e con l’agente Shaw.
Ryan lo fissò preoccupato: “Sergei è nell’edificio, intervenite e prendiamolo! Era quello che volevate!” e cercò di contattare il suo collega.
“Non ci basta che sia nell’edificio!! Ci servono altre informazioni!!” urlò Green, bloccando di nuovo l’audio della ricetrasmittente che collegava Ryan ad Esposito.
“Quali informazioni?!” chiese Ryan disorientato.
Castle non poteva più aspettare. Aprì la portiera e uscì dal furgoncino. Iniziò a correre. Era ad un isolato di distanza dall’edificio in cui si trovava Kate. L’avrebbe riconosciuto avvistando Esposito appostato fuori. O così sperava. Corse, corse sempre più veloce.
Da lontano sentì l’urlo di Green: “NO!! Farà saltare il piano!” e quello avvertì subito l’agente Shaw.
 
Kate lo fissò negli occhi. Occhi neri, profondi, bellissimi. L’uomo davanti a sé era di bell’aspetto, in tuta da motociclista. Ma aveva una orrenda ferita sopra l’occhio sinistro, non ancora completamente rimarginata.
Sergei la fissò a sua volta. Occhi castani, non proprio come gli era stato richiesto.
“Speravo i tuoi occhi fossero verdi. Ma andrai benissimo anche così.”
Però c’era qualcosa in quello sguardo che lo fece agitare. Che cos’era? Perché gli sembrava di conoscerla? Quello sguardo, quegli occhi, quei capelli, quel viso.
D’un tratto, un ricordo, una foto su un giornale. E una rabbia improvvisa lo scosse.
La prese violentemente per i capelli e Golovanov, sorpreso, la lasciò andare, girandosi in cerca di Irina che, nel frattempo, si era tolta la benda ed era fuggita.
“Capo, la ragazzina!”
“Ivan, cercala, non può essere sparita!” ordinò Sergei, senza staccare gli occhi da Kate, stringendola ancora di più. “Cercala subito e fermala prima che scappi! Io devo parlare con Nikki. Perché tu sei Nikki Heat. Sei una fottuta poliziotta! Mi volete incastrare! Ma non mi faccio fregare, non da una donna!” urlò.
 
Kate cercò di liberarsi dalla presa di Sergei, ma la sua stretta era troppo forte.
Golovanov impallidì: “Po-Poliziotta?!”
“TU! Tu sei quella poliziotta che è apparsa su Cosmopolitan qualche mese fa. Brutta stronza, cosa pensavi di fare?” Non allentò la presa sui suoi capelli, anzi, con un movimento veloce le fece sbattere la testa contro il bancone del bar.
Kate, nonostante il forte colpo, riuscì a liberarsi, si abbassò, girò velocemente su se stessa e assestò un sinistro in pieno petto a Sergei. Il colpo fu attutito dalla tuta da motociclista perciò non gli fece male, ma gli diede la forza necessaria per arrabbiarsi ancora di più e tirarle un calcio. Kate, nel cercare di evitare il colpo, perse l’equilibrio e cadde a terra. Combattere in minigonna e stivali non era proprio comodo.
 Sergei le piombò addosso con tutto il peso, le bloccò le braccia e le puntò una pistola alla nuca. “Ora tu ti alzi e farai ciò che ti dico. Mi aiuterai a uscire di qui. Non sei sola vero? C’è qualcuno qui fuori, ci controllano? Non mi importa quanto cercherai di fuggire, ma ho un acquirente pronto a pagarti milioni di dollari, poliziotta o cameriera che tu sia. E nessuno dei tuoi colleghi qui fuori ti aiuterà.”
E detto questo, le diede un colpo netto alla nuca, che la lasciò priva di sensi.
  
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