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Autore: Zest    19/12/2010    1 recensioni
Questa storia parla del passato, che deve accettare di farsi da parte per permette al futuro di essere. Questa storia parla di Mezzosangue, perchè niente è più puro. Questa storia parla di sacrificio e di riscatto. Questa storia parla della vita, da parte di una persona che ama il fantasy.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Angolino dell'autrice:

Questa è la seconda storia che pubblico su efp… beh, ne ho una in corso sempre in efp per un’altra cosa, ma questa per me è importantissima… grazie a questa sto imparando seriamente a scrivere, anche perché non è ancora finita ^^’

Che dire se vi piace recensite o fatemelo sapere in un qualsiasi altro modo!!

Zest

Un inizio

Pioveva, anzi quella notte diluviava, niente si riusciva a distinguere in quel buio scrosciante. Sotto la forza pressante dell’acqua nulla aveva la forza di muoversi. Solo una ragazza continuava a camminare sotto la furia del cielo. Ad un certo punto si fermò, quasi sull’orlo dello svenimento, e poggiando le mani ai fianchi guardò in alto chiudendo gli occhi. Rimase per pochi lunghi minuti con il volto rivolto al firmamento, quasi a volersi lavare il viso. Resasi conto che la pioggia non aveva la minima intenzione di smettere, riabbassò la  testa, sbuffando, e ricominciò a camminare masticando imprecazioni.

-“ Ma porca miseria, non è possibile tutte a me…”- borbottò con il respiro affannato

-“la missione:  una merda, il ritorno: pioggia, no anzi un diluvio che se viene giù così ci sarà un motivo, i capelli: un disastro, puzzo che è una meraviglia,  ho una spalla mezza maciullata e dulcis in fundo sto gelando! Porca vacca!”- continuò a camminare ancora per qualche minuto fino a che non giunse ad una grotta. Si arrestò passandosi stancamente una mano sugli occhi, sospirò come a darsi coraggio ed entrò. 

L’interno della grotta poteva essere definito in molti modi tranne che naturale. Osservandola con occhio critico e reso impietoso dalla stanchezza, la ragazza si domandò, mentre la percorreva per il lungo, come diavolo gli abitanti del luogo non avessero scoperto l’entrata già da tempo. Una smorfia comparve sul suo viso al solo pensiero delle maniere persuasive dell’Organizzazione. Giunta davanti ad un portone alzò il braccio per bussare, ma arrestò violentemente il movimento gemendo, una smorfia le si dipinse sul volto: braccio sbagliato. Alzò l’altro e bussò.

-“Che il governo mi pigli! Mys ma cosa diavolo hai fatto?? “- una voce le trapanò le orecchie, Mys fece una smorfia di dolore, la testa a quanto pare decise di dire la sua proprio in quel momento facendole  scoppiare un violento mal di testa. Alzò un braccio per passarselo in fronte, ma arrestò nuovamente il gesto dolorante e stizzita: braccio sbagliato, ma che cavolo! Biascicò un più che irritato

-“Anch’io ti voglio bene, San, anch’io, ma adesso mi fai entrare o no?”- per tutta risposta il portone cominciò ad aprirsi stridendo e cigolando a tal punto che Mys si chiese se non lo stesse facendo apposta.

-“Ma dove sei stata! Aspettavamo il tuo rientro già da tre giorni! Ti rendi conto! Tre!!”-

-“Il portone…”-

-“Cosa?!”-

-“Dovresti far oliare il portone, lo sia San? Cigola che è un supplizio!”- mugugnò contrariata Mys socchiudendo violentemente gli occhi colta da un’improvvisa fitta alla testa

-“Maledizione, mi sembra di avere la testa trapassata da parte a parte da un palo! Abbassa la voce, ti prego!”- San la guardò storto e per tutta risposta Mys fece spallucce, salvo per poi ricordarsi dolorosamente della spalla distrutta.

 –“Che hai?”- le domandò San alla vista della sua smorfia

–“Aiutami a togliere questo dannato mantello e lo vedrai”-borbottò Mys sganciandosi il mantello  fradicio

-“O-ok”-Il ragazzo le girò attorno

 –“Ecco ora fai piano, per favore…”- San aggrottò le sopracciglia a quell’insolita richiesta

 –“Cosa diavolo ti sei fatta??”- mormorò San togliendole il mantello

 –“un po’ male…”- rispose flebilmente Mys cercando di non crollare al suolo. Strizzò gli occhi contrariata, l’adrenalina stava calando e ciò non andava per niente bene, in più San stava togliendo quel maledetto mantello in un modo tale che, cavolo! Se non sveniva perché era la limite delle forze, sarebbe svenuta dal dolore

–“Ehm, San, quando ho detto piano io intendevo con cautela, non con questa velocità estenuante!”- sbottò leggermente dura

–“Scusa”- mormorò di rimando San stringendo le labbra mentre un odore rancido e metallico gli colpiva il naso. Con un gesto fluido ma deciso sollevò e scostò il mantello, per trovarsi di fronte ad un braccio che poteva sembrare tutto tranne che quello. Trattenne un conato di vomito.

–“Cosa è successo?”-

-“Qualcuno non mi aveva avvertito del particolare tipo di sorveglianza…”- borbottò laconica Mys

-“ E…”-la incitò San

 –“E mi sono trovata davanti una squadra di cinque mannari”- concluse brusca

–“Maledizione…”- mormorò a mezza voce San

–“Estrai il pugnale, è piantato a sinistra della scapola destra, piuttosto in centro”- gli ordinò Mys sbrigativa, sentiva che non sarebbe riuscita a rimanere in piedi ancora per molto e doveva andare assolutamente in infermeria.

San deglutì mentre controvoglia si avvicinava a quell’ammasso di brandelli di stoffa e carne in cui si era trasformata la spalla. Trattenne un altro conato, tra il nero della stoffa ed il sangue raggrumato non si riusciva a distinguere niente. Ad un tratto gli sembrò di notare un chiarore e si avvicinò ancora di più, salvo poi ritrarsi barcollando. Non era il pugnale, era il biancore dell’osso che spiccava, candido, dall’ammasso sanguinolento color ruggine e rosso vivo. Si diede silenziosamente dello stupido, una sua amica aveva un pugnale nella spalla e lui perdeva tempo a sentirsi male…

-“Cosa stai facendo San?”- la voce di Mys lo riscosse dal suo torpore

–“Che tipo di coltello è?”-

-“Uno da lancio, ma non di quelli piccoli, perché non sono riuscita ad estrarlo da sola, l’ho sfiorato un po’ di volte ma è troppo scivolosa l’impugnatura”- affermò sicura la ragazza indicando un punto ben preciso dietro di se

–“Ok, ora lo cerco meglio”-disse San riprendendo coraggio e riavvicinandosi alla spalla.

 –“Verso il centro, a sinistra della scapola destra”- mormorò mentre con gli occhi tornò a cercare quel maledetto pugnale…

Finalmente gli sembrò di scorgere l’impugnatura del pugnale, spostò un pezzo di stoffa che si trascinò con se un brandello di carne attaccatosi a causa del sangue secco. Mys gemette

–“Scusa”-

-“Non ti scusare, fai in fretta piuttosto!”- gli ringhiò contro Mys, San annuì

–“Ok ,scus… ehm”- Mys roteò gli occhi

-“Vuoi estrarre quel dannatissimo pugnale?”- San strinse i denti, mentre vincendo la repulsione afferrava con  una mano l’impugnatura e appoggiava l’altra alla schiena della ragazza

–“ muoviti!”- San annuì e estrasse il coltello fuori dalla sua spalla di pochi millimetri, sentì Mys imprecare tra i denti e si maledisse mentalmente per la sua incapacità ad avere la mano ferma in  quelle situazioni.

–“Non dare degli stupidi tirotti! È un coltello con la lama seghettata!”- ansimò Mys

–“Quindi, per carità, dai uno strattone unico e forte e toglimelo!!”-

-“Va bene!”- strinse la presa attorno all’elsa insanguinata, mentre un rivolo scarlatto gli colava giù per l’avambraccio nudo.

Inspirò, strinse maggiormente la presa attorno all’impugnatura, appoggiò l’altra mano attorno alla lama del pugnale ma senza sfiorarla e tirò.

Mys si accasciò gemendo ed un urlo prontamente soffocato rimbombò per le pareti metalliche dell’androne. Cadde malamente, tentò di attutire il colpo con il terreno con il braccio sano, ma il contraccolpo andò a prendere in causa le altre ferite che cominciavano a farsi sentire. Boccheggiò in cerca di aria nel disperato tentativo di non svenire. Davanti agli occhi macchie multicolore danzavano, porca miseria, pensò, non devo svenire, non adesso.

Aspettò qualche secondo mentre San la guardava preoccupato. Il ragazzo distolse lo sguardo per andarlo a posare sul suo braccio. Rigato di rosso brillava alla luce dell’illuminazione artificiale, la mano insanguinata stringeva ancora il pugnale completamente rosso. Un conato lo scosse.

–“ Vado un attimo a lavarmi e poi ti accompagno in infermeria”- biascicò faticosamente, Mys annuì  e San si precipitò a lavarsi.

Rimasta sola Mys tentò lentamente di alzarsi, ansimava, nel momento in cui contrasse i muscoli per darsi la spinta una fitta alla spalla le percorse tutta la schiena facendo rimbombare in risposta tutte le altre ferite. Gemette imprecando. Ci riprovò un'altra volta ma più lentamente. Le gambe si lamentarono per lo sforzo, ma riuscì ad alzarsi.

Sopirò pesantemente, doveva andare velocemente in infermeria, il suo corpo non avrebbe resistito un secondo di più. Invocava disperatamente una notte di sonno, anzi quarantotto ore, pensò ironica Mys, mentre si prendeva il braccio distrutto trattenendo un gemito.

Decise di non aspettare San e si incamminò verso la tanto sospirata infermeria.

   
 
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