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Autore: yliean    27/12/2010    3 recensioni
È nel mio magico mondo di Alagaesia che nacque una ragazza dai colorati capelli arcobaleno e dai profondi occhi castani, unica superstite di una razza sterminata.
Visse nascosta alla società per 16 anni.
Il suo casuale incotro con Eragon sconvolgerà le sorti di Alagaesia.
La sua venuta scatenerà forze occulte e farà sbocciare amori, il tutto per la brama di scoprire la vera natura di sè stessi.
* Ecco la mia prima ff!! Spero vivamente che vi piaccia!! Entrate e leggete e scoprirete la mia Alagaesia!!*
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Nasuada, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 PROLOGO
Negli ultimi anni la mia vita si è ripetuta uguale, di giorno in giorno. Ogni mattina per me è diventato indispensabile correre tra gli alberi, sentire il vento, nei capelli, che investe il viso con tutta la sua potenza, ascoltare il bosco respirare e crescere e assaporare la sensazione dei piedi nudi sull’erba, soffice, bagnata dalla rugiada mattutina: essere un’unica cosa con la natura. Io sento la natura, sono un tutt’uno con essa, lo sono sempre stata, fin da quel giorno di 16 anni fa, quando aprii i miei grandi occhi marroni sul mondo.
Ho sempre vissuto nel bosco, prima con il mio villaggio, poi con le ninfe. Gli alberi sono perciò i miei unici veri amici e le ninfe le mie sorelle. Io non sono una ninfa però. Io appartengo a una razza ormai estinta, unica discendente di una stirpe eliminata dalla faccia della terra. Quegli stessi esseri che condividono una parte del mio sangue ne hanno fatto piazza pulita. Non esisto che io a ereditare  e testimoniare ciò che loro hanno combinato. Grava sulle mie troppo giovani spalle il peso dell’odio, del desiderio di vendetta, del voler vedere scorrere il sangue di quegli assassini. Strano che siano considerati la razza eletta dalla natura, la più raffinata e la più sensibile. D’altro canto nessuno sa o ricorda il loro atroce delitto. Si è persa memoria già da molto tempo dell’esistenza della mia razza mista, e tutto per colpa loro che ci hanno distrutti senza che il resto del mondo potesse immaginare gli scempi che compivano.
Mio nonno che era il re di una tribù, era stato catturato da quella razza infame, che desiderava conoscere i piani del mio popolo. Ma il mio popolo non aveva  piani malvagi. Noi vivevamo in pace,con i villaggi, le tribù, la famiglia e le altre razze di Alagaesia. Poi arrivarono loro: saccheggiarono, uccisero e distrussero. Io non ho assistito che all’ultimo di questi delitti, ma mia madre me ne narrava sempre. Dopo la sua morte io sono rimasta sola in questa terra in cui l’unica cosa che possa ricordare la mia specie sono io e la catenina che porto al collo. Il suo ciondolo, una M cancellata e circondata da un cerchio, è l’ultimo simbolo della mia stirpe. È quello stesso simbolo che si trova sulle uniformi dei soldati di Galbatorix. Il mio simbolo puro è, in questo modo, reso oscuro e malvagio, da quel tiranno che da secoli sta distruggendo Alagaesia.
Io non posso protestare, far conoscere al mondo il vero significato del mio simbolo, e neanche provare a salvare la mia terra. Abito nel territorio dell’impero, uscire dalla foresta significherebbe farsi ammazzare o essere catturati, torturati e costretti a servire quel mostro. Potrei fuggire dai Varden e aiutarli, anche se non si fiderebbero mai di me, portando il simbolo, divenuto di Galbatorix, al collo. Non voglio recarmi da loro: abbandonerei la mia pacifica e sicura vita nella foresta, tra le ninfe, la razza migliore di Alagaesia nel nascondersi e proteggersi. Ma fattore più importante: nella guerra contro Galbatorix,  i Varden sono i principali alleati degli sterminatori della mia razza. Non oso pensare cosa succederebbe se mi vedessero. Non immaginano che ci sia ancora io a ricordare la loro vergogna, che hanno cercato di nascondere con tanta attenzione: infatti, non hanno solo ucciso la mia gente, uomini, donne e bambini; lo hanno letteralmente cancellato, alfabeto, lingua, cultura e tradizioni.
Io non devo morire per mano loro, io resterò, come testimonianza.
E comunque, anche se potessi essere accettata dai Varden, persino dai loro alleati più cruenti, sarebbe impossibile vederli e  non tentare di ucciderli, ma combattere con loro sarebbe un’azione suicida. Inoltre io non voglio e non posso combattere.
Il giorno che vidi quell’ultima azione criminale contro il mio popolo, decisi che non avrei mai preso in mano un’arma, me lo promisi. Come la razza infame sarei potuta, benissimo, cadere in tentazione, uccidere, distruggere e sentirmi immensamente potente. Allora non sarei più stata la testimone di una catastrofe, ma avrei contribuito a crearla. Sarei diventata come loro, un’assassina. Avrei stroncato delle vite, quei doni così importanti regalati dalla natura ad ognuno, distruggendo persone con sentimenti, idee, esperienze; con un passato, un presente e, fino a pochi attimi prima, un futuro.
La mia situazione era quindi di stasi: non potevo fare assolutamente niente per salvare Alagaesia.
Mi costava ammetterlo, ma il popolo eletto dalla natura, con le sue armi e la sua magia, era forse l’unica possibilità di salvezza per Alagaesia e le sue razze. Avevo sentito dire anche dell’arrivo di un nuovo cavaliere dei draghi schierato con i Varden. Era però solo una diceria che circolava tra le ninfe.
Le informazioni riguardo la guerra di Alagaesia giungono rade nel bosco: le ninfe hanno paura ad esporsi troppo al di fuori del bosco, e hanno perciò pochi contati con il resto della terra. Sono solo in contatto tra di loro: ninfe del bosco di sud, nord, est e ovest, con le ninfe dell’acqua sparse, anch’esse, per tutta Alagaesia. E le ninfe della terra sono veramente poche. Tra loro non sono mai avvenute guerre civili, sono tutte unite, tutte si considerano sorelle, motivo per cui sono la razza più protetta da Galbatorix e dai peccati umani.
Io ho vissuto con loro per 12 anni, i primi tre anche con mia madre, poi da sola. La mia vita insieme alle ninfe trascorreva felice, pacifica e serena. Mi sentivo libera stando a contatto con la natura e le ninfe.
Purtroppo arrivò il giorno in cui tutto sarebbe finito. La mattina di quel fatidico dì, correvo, come mia abitudine, serena e felice, tra gli alberi del bosco. Non avevo mai prestato attenzione  a dove e come correvo, perché i miei piedi non scivolavano mai, non si impigliavano nelle radici e mi conducevano sempre nella direzione esatta. La natura mi proteggeva. Così mi parve strano inciampare e sentire il piede impigliarsi a qualcosa. Dopodiché sentii subito un fortissimo giramento di testa e una presente sensazione di smarrimento. Mi ritrovai intrappolata in una rete da caccia, a testa in giù. Come caspita ero finita in una trappola del genere? Sono ben pochi coloro che si azzardano a cacciare in quel bosco, conosciuto da tutti come la dimora di esseri potentissimi e spietati: le ninfe!( Già la gente inventa cose strane. Causa di tutte quelle leggende e tradizioni vudoo!) chi aveva posizionato quella rete? A chi era destinata la cattura? Una cosa era certa: dovevo trovare il più velocemente possibile il modo di liberarmi, magari chiedendo a qualche scoiattolo. Dubitavo fortemente che le ninfe mi avrebbero aiutato!
Sfortunatamente non feci neanche in tempo a mettere in moto il cervello che mi ritrovai davanti un ragazzo, poco più grande di me. Anche se ero a testa in giù vidi benissimo l’espressione sorpresa e curiosa. In effetti per chiunque non fosse abituato alla mia vista dovevo apparire un essere strano: avevo grandi occhi castani, capelli arcobaleno lucenti, pelle olivastra, lineamenti delicati e strane orecchie. E nessuno, a parte le ninfe, era abituato alla mia vista, perlomeno non in Alagaesia. Il suo viso si fece però spaventato quando notò la catenina, che, da quella posizione, mi pendeva sulle labbra. Fui io che lo guardai dura, sorpresa e spaventata, quando notai i suoi strani lineamenti delicati, ma un poco virili, i suoi occhi castani e leggermente a mandorla e le sue orecchie. Tutto, a eccezione degli occhi, mi faceva pensare agli assassini del mio popolo, sia dal remoto ricordo che conservavo del loro ultimo massacro, che dalle accurate descrizioni dei racconti di mia madre: sembrava in tutto e per tutto un elfo.
 Salve a tutti! Questa è la prima  unica ff che ho scritto, circa un anno fa. Non sono mai stata eccessivamente brava a comporre temi e testi e la mia prof mi ripete continuamente che non so scrivere… perciò… insomma… ho un po’ timore a pubblicare questa storia. Tuttavia  vorrei vedere le vostre recensioni, anche critiche.
Come avete potuto notare la mia storia modifica un po’ Alagaesia… spero non vi dispiaccia eccessivamente ma, come ho scritto nell’introduzione, questa è la mia personale interpretazione della magica terra. È la mia Algaesia.
Salve a tutti, baci
Yliean

  
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