Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Scarcy90    27/12/2010    15 recensioni
Da "Il Figlio Della Prof" la storia raccontata dal POV di Massi
Un leggero colpo di tosse attirò la mia attenzione per un istante ma decisi di non dare peso a quel rumore. Riprovai a rispondere alla domanda di quella ragazza ma qualcos’altro mi costrinse ad alzare lo sguardo.
-Scusate-, disse una voce piuttosto scocciata.
Era una ragazza. Di certo anche lei doveva essere all’ultimo anno come noi ma aveva un viso serio e deciso che la faceva apparire addirittura più matura della sua età. I capelli castani le ricadevano sulle spalle in fluidi boccoli appena accentuati e il suo viso non troppo piccolo era di una forma un po’ paffuta ma molto attraente. Sarebbe potuta essere una ragazza bellissima se solo i suoi profondi occhi castani non continuassero a scrutarmi in modo così severo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




La Ragazza Delle Macchinette- Capitolo 2 (new)
La mia giornataccia non era ancora finita,
 anzi avevo la sensazione che fosse appena cominciata.
Il Figlio Della Prof- Capitolo 2
 



 
Capitolo 2: Adesso Mi Tocca Anche Ascoltare La Ramanzina Di Una Mocciosa

 
 Se c’era una cosa che proprio non sopportavo di quel deficiente di Marco era la sua perenne preoccupazione per la sorella.
 Tra Marco e Camilla c’erano appena quattro anni di differenza ma lui l’aveva sempre trattata come una bambina, nonostante lei fosse una ragazza piuttosto indipendente che riusciva sempre a cavarsela da sola. Anche per me era come la sorella che non avevo mai avuto ma, a differenza del mio amico, capivo che a volte aveva bisogno di avere più spazio, come qualsiasi quindicenne di questo mondo. Un concetto che Marco stentava a capire, un po’ perché aveva la mania di proteggerla e un po’ perché fin da quando Camilla era nata i loro genitori l’avevano affidata alle cure di Marco, facendogli promettere di non perderla mai di vista e di aiutarla nel momento del bisogno. Loro non stavano molto a casa per colpa della professione che esercitavano. La madre di Marco era un cardiochirurgo mentre suo padre era un avvocato, quindi Marco si era sempre preoccupato di sua sorella. Per lei aveva imparato a cucinare e a cantare la ninnananna. Camilla adorava suo fratello ma da quando la controllava in modo così opprimente stava iniziando a pensare che gli mancasse qualche rotella. Non potevo di certo biasimarla…
C’erano stati talmente tanti episodi di Marco che pedinava Camilla che ormai avevo perso completamente il conto. La cosa preoccupante era che l’aveva sempre pedinata, o comunque seguita, fin da quando la sorella aveva imparato a camminare.
 Da un paio d’anni aveva cominciato anche ad uscire con dei ragazzini. A quanto diceva lei, e io le credevo, erano solo amici, ma da allora Marco era diventato ancora più ossessivo nel volerla controllare. Così da quando Camilla aveva iniziato a frequentare le superiori, un anno prima, quasi ogni giorno Marco mi trascinava davanti al Liceo Scientifico De Giorgi per controllare la sorella.
 Quanto lo odiavo! Se avessi potuto lo avrei preso a pugni, forse avrebbe riacquistato un po’ di buon senso con una dose massima di violenza!
 Dubitavo che al mondo esistesse un’altra persona che controllasse la sorella o il fratello quanto e come faceva Marco.
 Come ogni volta parcheggiammo gli scooter dietro l’edificio del De Giorgi e tornammo verso il cancello principale nascondendoci dietro ad un enorme albero da dove Camilla non avrebbe potuto vederci.
 -Marco, se mi chiederai un’altra volta di fare una cosa del genere preparati la tomba perché ti farò fuori-, sibilai minaccioso.
 -Ho capito, ho capito…-, rispose lui distratto mentre il suo sguardo era puntato verso il cancello.
Ormai mancavano pochi secondi al suono della campanella.
 Diversa gente, probabilmente venuta a prendere i propri figli, si fermava a fissarci come se fossimo dei molestatori.
 Avrei voluto uccidere Marco in quello stesso istante ma suonò la campanella e i ragazzi cominciarono ad uscire da scuola creando una vera e propria marea umana.
 -Eccola-, bisbigliò Marco con voce decisa.
 In effetti individuai subito Camilla in mezzo alla folla di ragazzi che stava uscendo dall’edificio. Era una ragazza di altezza media con capelli biondi lunghi fino alle spalle. Lei e Marco si somigliavano poco o niente, sia caratterialmente che fisicamente, ma i loro occhi erano della stessa identica tonalità azzurro cielo. Ereditati dalla madre.
 -Togliamoci di qui-, mormorò Marco vedendo che Camilla stava venendo nella nostra direzione.
 Proprio mentre ci stavamo spostando verso il muretto in modo da andare dietro l’edificio, notai uno scooter passare non troppo lontano da noi. Non sapevo perché ma la ragazza che era alla guida mi aveva attirato. Aveva il casco e non mi sembrava di conoscerla ma avevo sentito il bisogno di guardarla.
 -Sbrigati-, m’intimò Marco tirandomi dietro al muro.
 Dimenticai quella ragazza sullo scooter nel momento stesso in cui l’avevo vista, ero troppo impegnato ad odiare Marco per poter pensare ad altro.
 -Hai visto?- mi chiese lui incrociando le braccia mentre io salivo sul mio scooter.
 Lo guardai confuso.
 -Visto cosa?-
 -Come cosa?! Quel moccioso che camminava affianco a Camilla, quello che aveva due chili di gel tra i capelli!-
 Oh certo, come se ci fosse stato un solo moccioso pieno di gel che cammina accanto a Camilla. Almeno tre quarti dei ragazzi che erano usciti dal De Giorgi corrispondevano a quella descrizione, e io non avevo di certo notato proprio a quello che stava accanto a Camilla, sempre se fosse esistito questo fantomatico ragazzo.
 -Marco, quando si esce in ottocento da un cancello non tanto grande può succedere che si cammini praticamente appiccicati. Questo non vuol dire che devi far fuori tutti quelli che camminano a meno di due metri di distanza da Camilla-, dissi infilandomi il casco.
 -Fidati, il moccioso che ho visto io non le stava semplicemente camminando accanto. La guardava in un modo che non potrei mai fraintendere. Se mi capita tra le mani lo prendo a pugni fino a quando non avrà compiuto diciott’anni.-
 -Esagerato…-, mormorai mettendo in moto.
 -Andiamo a casa mia?- chiese lui accendendo lo scooter e infilandosi il casco.
 Annuii. In genere nei giorni in cui mia madre doveva rimanere a scuola anche il pomeriggio mi autoinvitavo a casa di Marco per pranzo.
 Stavamo per partire quando lo scooter di Marco emise uno strano rumore. Mi voltai a guardarlo e vidi del fumo scuro e denso uscire dal tubo di scappamento. Poi si sentì un rumore piuttosto inquietante e lo scooter si spense.
 -Ma che diavolo…?- si chiese Marco smontando dallo scooter e cercando di rimetterlo in moto, senza avere alcun successo.
 Mi tolsi il casco e osservai il mio amico cercare in tutti i modi di rianimare il suo destriero ma non ci fu proprio verso. Non c’era neanche un piccolo borbottio che potesse dare una qualche speranza che si decidesse a rimettersi in moto.
 -Secondo me è andato-, dissi con tono di comprensione.
 -Non dire così-, esclamò Marco provando ancora una volta a farlo partire.
 -Guarda che è andato sul serio-, continuai notando che era inutile provare ancora.
 Marco tentò ancora una volta e poi diede un calcio alla ruota stizzito.
 -Accidenti a questo trabiccolo!-
 In effetti non era la prima volta che succedeva una cosa del genere, quello scooter era famoso per i suoi capricci.
 -Possiamo portarlo al meccanico qui vicino-, proposi rimettendomi il casco. –Vado ad avvisarlo tu intanto comincia ad incamminarti, ti aspetto lì.-
 -Okay-, rispose Marco sbuffando. Odiava dover stare senza scooter e non potevo di certo biasimarlo, dopotutto erano i nostri mezzi di trasporto.
 Arrivato dal meccanico lo avvisai dell’arrivo del mio amico e quello si organizzò subito per accogliere il suo nuovo “paziente”.
 -Non è la prima volta che succede una cosa del genere-, spiegai all’uomo magro, alto e sporco di olio per motori che mi stava davanti nella sua tuta blu scura.
 -Quindi ha provato a metterlo in moto e si è spento?- chiese lui cercando di capire.
 -Proprio così.-
 -Be’ potrebbe essere qualsiasi cosa ma vedrò di capire meglio appena avrò lo scooter sotto mano.-
 Dieci minuti dopo Marco arrivò spingendo stancamente il suo scooter.
 L’uomo con la tuta blu lo prese in consegna e ci disse di ripassare il giorno dopo. Avrebbe dato una controllata e ci avrebbe fatto sapere.
 Ringraziammo e ci dirigemmo fuori dall’officina. Marco sbuffava ad ogni passo, era davvero seccato e non potevo di certo biasimarlo.
 -In compenso, tolto quel cavolo di scooter, oggi è stata una giornata davvero interessante-, disse con un sorriso enorme che avrebbe fatto impallidire Eddie Murphie.
 -A cosa ti riferisci?- chiesi montando sul mio scooter e prendendo il casco.
 -A lei ovviamente… -, rispose lui con aria sognante.
 -Lei…?- mormorai stranito, poi all’improvviso capii. –Marco, non dirmi che stai ancora pensando a quella pazza isterica delle macchinette?-
 -Certo-, annuì lui convinto. –Come si può dimenticare una ragazza simile, vorrei proprio riuscire ad avere il suo numero.-
 Scossi la testa incredulo.
 -Smettila di sognare-, lo rimproverai mettendo in moto. –Quella non è alla tua portata, rischieresti solo di fare la figura dell’idiota.-
 Lui mi guardò per un istante poi un sorrisetto gli si dipinse sulla faccia mentre il mio sopracciglio si alzò istantaneamente sorpreso da quella sua espressione.
 -Magari non è alla mia portata ma alla tua sì, eh Massi-, disse ammiccando. –Ammettilo che quella ragazza ha affascinato anche te.-
 Per un attimo, ma solo per un istante, gli occhi di quella ragazza mi tornarono in mente, prepotenti e nitidi come se l’avessi avuta davanti in quel preciso momento. Erano occhi diversi, erano occhi che sentivo di voler conoscere meglio, ma non per questo quella tizia mi aveva affascinato. Più che altro, lei e il suo caratteraccio, mi avevano decisamente fatto girare le scatole. Piccola impertinente!
 -Non dire stupidaggini, razza d’idiota. Solo a te potrebbe piacere una fuori di testa come quella-, risposi con un tono piuttosto convincente.
 Marco mi fissò ancora per qualche istante e alla fine si arrese.
 -Se lo dici tu. Per me lei è una ragazza davvero fantastica, varrebbe anche la pena di fare lo sciopero della fame se questo servisse a convincerla ad accettare un mio invito-, disse infilandosi il casco e salendo dietro di me.
 Più lui diceva sciocchezze del genere e più io continuavo a pensare che per una così non avrei sprecato neanche un secondo della mia vita. Non aveva proprio senso perdere tempo con lei, avevo decine di ragazze ad aspettarmi e di certo non avrei mollato tutto solo per seguire una che probabilmente mi odiava già a morte.
 Troppi rischi e poche certezze per i miei gusti.
 Meglio che fosse Marco quello a darsi da fare per nulla, io me ne sarei stato in un angolino a guardare mentre la pazza isterica gli dava una sonora batosta. Una di quelle che il mio amico non avrebbe dimenticato troppo facilmente. L’idea mi piaceva parecchio, lo dovevo ammettere.
 Il traffico di Lecce a quell’ora di punta mi sfiancava. Auto, scooter, autobus… La gente si riversava sulle strade con qualsiasi mezzo per prendere i bambini che uscivano da scuola, per tornare a casa o semplicemente per mangiare da qualche parte durante la pausa pranzo dall’ufficio.
 Marco ed io vivevamo in una zona residenziale, e le nostre case non erano troppo lontane l’una dall’altra.
 Quando finalmente riuscii a divincolarmi dalle code e ad allontanarmi dal traffico mi sentii decisamente meglio, anche se avevo come una strana sensazione che m’impediva di essere del tutto tranquillo. Era davvero strana, come di qualcosa che avevo dimenticato e che cercava in ogni modo di tornarmi in mente senza che io glielo permettessi. Era una sensazione di attesa e di ricerca. In effetti, non capivo neanche io cosa fosse ma sapevo che prima o poi avrei trovato il modo per appagare quel senso di aspettativa…
 Senza neanche rendermene conto ero arrivato davanti a casa di Marco e proprio in quel momento stava arrivando anche Camilla che tornava a casa con l’autobus.
 -Avete fatto tardi-, disse lei una volta che ci raggiunse. –Che fine ha fatto il tuo scooter?-
 Marco scese dal mio scooter e si tolse il casco.
 -Non lo immagini? La stessa fine che fa una volta a settimana da due mesi a questa parte…-, disse parecchio irritato.
 -Ti ha lasciato di nuovo a piedi?- chiese lei con l’ombra di un sorriso divertito sulle labbra, ma per fortuna lo notai solo io. Senza farmi vedere da Marco ricambiai in pieno quel sorrisetto. Cam era davvero una forte, molto più sveglia e disincantata del fratello. Se non l’avessi considerata una sorellina, o addirittura una bambina, ci avrei anche potuto fare un pensierino, ma ogni volta che la guardavo mi tornavano in mente i nostri momenti passati, quando lei aveva ancora pannolino e ciuccio e allora ogni fantasia su di lei si spegnava immediatamente. Lei era Cam… Solo questo.
 Anche se ero certo che una volta, da bambina, lei si fosse presa una cotta per me.
 Più che una certezza era stata una sensazione. Marco ed io avevamo appena tredici anni e Camilla ne aveva solo nove. Era San Valentino e a scuola le avevano fatto scrivere un bigliettino da dare al bambino che le piaceva. Tutte le sue amiche lo avevano dato ai bambini della loro classe ma lei lo aveva conservato e quel pomeriggio lo aveva dato a me presentandolo come un regalo che voleva dare al suo “secondo fratello”. Nonostante avessi avuto solo tredici anni avevo capito che quella lettera con su scritto “Ti voglio un mondo di bene” sia in italiano che in inglese, non era solo il regalo di una sorella. Lo sguardo di Cam mentre mi aveva dato quel piccolo pensierino era inequivocabile: le sue guance erano rosse d’imbarazzo… Imbarazzo? Camilla Iovine non era tipo da imbarazzarsi o da arrossire. Camilla Iovine era forte e determinata, niente avrebbe mai potuto farla arrossire, tranne una lettera di San Valentino donata al ragazzo che le piaceva… In quel caso ero io quel ragazzo, ero io la causa del suo imbarazzo.
 Non occorre dire che anche Marco aveva capito il vero significato del gesto di Camilla e la cosa non gli era piaciuta per niente. Non tardò a farmelo notare ed io non esitai a spiegargli la mia posizione al riguardo. In genere Marco riusciva a capire sempre quando mentivo e quella volta colse al volo quanto le mie parole fossero sincere.
 Neanche un anno dopo, cominciai ad uscire seriamente con delle ragazze e pian piano vidi che lo sguardo di Camilla tornava ad essere quello di sempre. Lo stesso sguardo che rivolgeva a Marco, quindi capii: la sua era stata solo una cotta passeggera di quelle durante le quali si scrive il nome del ragazzo in questione sul diario, se ne parla un po’ con le amiche, si fantastica un po’ su di lui ma niente di più… Niente di abbastanza duraturo, fortunatamente. Finì tutto lì per la mia serenità ma soprattutto per quella di Marco, che di certo non avrebbe mai permesso che la sua sorellina uscisse con me. Pensandoci mi veniva seriamente da ridere come un pazzo.
 -Quel catorcio!- imprecò Marco stizzito mentre entravamo in casa. –Devo dirlo a mamma.-
 -Cosa mi devi dire?- chiese una voce femminile proveniente dalla cucina.
 Marco, io e Camilla ci guardammo. Erano anni che la madre di Marco non tornava a casa per l’ora di pranzo, in genere per lei era più comodo restare in ospedale.
 -Mamma?- chiese Marco esitante.
 Ci dirigemmo con calma in cucina ancora piuttosto increduli e ci trovammo davanti ad una scena più unica che rara: Mariangela Buttazzo era in cucina- e questo già era incredibile- intenta a controllare qualcosa nel forno.
 -Salve ragazzi-, disse chiudendo il forno e sorridendoci.
 -Mamma-, cominciò Camilla esitante. –Che ci fai qui?-
 Mariangela sorrise.
 -Avevo un po’ di tempo libero e ho pensato di tornare a casa per prepararvi il pranzo. Sono anche passata in cartoleria, è finalmente arrivato il libro di inglese che ti mancava-, disse rivolta a Camilla.
 -Era ora-, esclamò Camilla togliendosi lo zaino e andando a vedere il libro poggiato sul tavolo della sala da pranzo. –La professoressa non la finiva di fare storie per il fatto che fossi l’unica a non avere il libro, non ne potevo proprio più.-
 -Mamma-, cominciò Marco posando a terra zaino e casco. –Lo scooter mi ha lasciato di nuovo per strada, mi sa che è arrivato il momento di cambiarlo.-
 Sapevo che quella frase era costata al mio amico almeno una mezz’ora buona di yoga interiore per trovare la forza di pronunciarla. Nonostante i genitori di Marco guadagnassero il triplo dei miei avevano sempre cercato di non viziare i loro figli. Lo scooter di Massi era di seconda mano e per averlo, due anni prima, aveva dovuto mantenere una media piuttosto alta in tutte le materie. Per lui era stato davvero uno sforzo enorme ma alla fine ce l’aveva fatta. Adesso era di fronte a sua madre chiedendole uno scooter nuovo e sapendo perfettamente che per ottenerlo lei gli avrebbe di certo chiesto qualcosa in cambio, un qualcosa che a lui non sarebbe andato a genio.
 -Sai tesoro, in cartoleria ho trovato una cosa molto interessante.-
 Marco ed io ci lanciammo un’occhiata veloce. Conoscevamo sua madre e quello sguardo non poteva voler dire nulla di buono.
 Lei prese la borsa e ne tirò fuori un volantino.
 
 Ripetizioni di matematica, fisica, chimica e biologia. Si accettano allievi a partire da scuole medie inferiori fino a scuole medie superiori. Chiamare il numero…
 
 -Ripetizioni di matematica?!- chiese Marco a dir poco sconvolto.
 Sua madre sorrise sbattendo un paio di volte le palpebre.
 -Se vuoi uno scooter nuovo dovrai frequentare queste lezioni e passare da un sei ad un sette in matematica altrimenti puoi cominciare a riempire il modulo per l’abbonamento dell’autobus.-
 Marco fissò sua madre con sguardo di sfida. Non era la prima volta che assistevo a quella scena, succedeva piuttosto spesso ma il risultato era sempre lo stesso…
 -E va bene…-, mormorò Marco in tono di resa.
 Mariangela Iovine non perdeva mai, e Camilla era la degna figlia di sua madre.
 -Bene, chiamo subito l’insegnante.-
 Mariangela afferrò il telefono e dopo aver composto velocemente il numero stampato sul volantino si portò il ricevitore all’orecchio. 
 Dopo diversi secondi, in cui sapevo che Marco stava pregando perché il telefono continuasse a squillare a vuoto, qualcuno rispose, per la somma gioia di Mariangela.
 In quel momento Marco si voltò facendomi dei gesti, implorandomi di aiutarlo in qualche modo. Ma io che potevo fare? Non era nelle mie possibilità riuscire a fermare sua madre.
 Gli feci segno di smetterla e tornai ad ascoltare Mariangela ma la prima parte della conversazione mi era sfuggita.
 -Salve sono Mariangela Buttazzo la chiamavo per sapere se è lei che dà ripetizioni di matematica.-
 Un’altra risposta affermativa e io non vedevo più alcuna via d’uscita per Marco.
 -Oh, bene-, rispose Mariangela sollevata. –Volevo sapere se è possibile per lei dare ripetizioni a mio figlio.-
 Lanciai un veloce sguardo a Marco e notai il suo sopracciglio sollevarsi, la sua solita reazione quando si trovava davanti ad una situazione che non gli piaceva per nulla.
 La ragazza dall’altra parte doveva aver chiesto a Mariangela che classe frequentasse Marco visto che lei rispose: -Il quinto superiore.-
 Dall’altra parte doveva esserci stata una risposta non proprio positiva perché Mariangela si lasciò andare ad un’espressione piuttosto sconsolata. Notai subito il sogghigno soddisfatto e speranzoso che si stava facendo lentamente largo sul viso di Marco. Camilla stava assistendo a tutta la scena con volto impassibile, sfogliando ogni tanto il suo libro di inglese.
 -Oh-, disse ad un certo punto Mariangela piuttosto rattristata. Poi il suo sguardo si riaccese, cosa che a Marco non sfuggì.
 -Credo di sì-, rispose lei con un sorriso.
 A quel punto ero curioso anch’io di capire cosa stesse succedendo, e soprattutto volevo capire se per la prima volta Marco avrebbe battuto sua madre.
 Il sorriso che pochi istanti dopo troneggiò sul volto di Mariangela mi fece capire che anche questa volta, come ogni volta, l’avrebbe spuntata lei. Anche Marco doveva averlo capito perché si rabbuiò, sbuffando come una locomotiva.
  -Lo farebbe davvero signorina? Sa, sto impazzendo, mio figlio non riesce a capire niente di matematica. Ho provato anche dei professori universitari ma non funziona nulla. Siccome quest’anno ha gli esami non voglio rischiare che venga bocciato, anche se riesce a raggiungere la sufficienza.-
 Marco lanciò uno sguardo di fuoco dritto negli occhi di sua madre, ma lei alzò le spalle divertita e lo ignorò.
 -E’ esattamente quello che ho pensato io-, disse la signora felice. –Le va bene se mio figlio si fa trovare a casa sua per le quattro?-
 Mi voltai subito verso Marco e lo vidi socchiudere gli occhi irritato. La situazione stava per precipitare, sua madre lo stava facendo nero: ormai quella donna aveva vinto su tutta la linea.
 Mariangela continuò palesemente ad ignorare le occhiatacce del figlio e guardò il volantino poggiato sul tavolo della cucina davanti a lei.
  -Era scritto sul volantino che ho trovato in cartoleria-, continuò con il suo sorriso soddisfatto.
  -La ringrazio ancora-, chiuse la chiamata e si voltò verso di noi.
 Marco ed io non pronunciammo una parola, ci limitammo a guardare Mariangela e la sua espressione di puro godimento genitoriale… Qualsiasi ragazzo o bambino odiava quell’espressione di superiorità che assumevano i genitori quando sapevano di aver vinto. E noi figli, che non potevamo fare nulla per contrastare il loro volere, ci limitavamo a contraddirli fino alla morte. I ruoli e le reazioni erano le stesse da secoli e non sarebbe stato di certo Marco la prima eccezione.
 -La signorina è stata davvero molto disponibile-, cominciò Mariangela tutta contenta mentre riponeva il cordless sulla sua base. –Mi ha spiegato che anche lei frequenta l’ultimo anno delle superiori quindi è possibile che non ti possa essere d’aiuto perché magari fate un programma troppo simile, ma è disposta a parlare con te per vedere se può fare qualcosa. Alle quattro devi essere da lei.-
 Marco socchiuse di nuovo gli occhi pieni d’odio.
 -Non fare quella faccia. L’indirizzo è qui-, prese il volantino e lo sventagliò davanti agli occhi di Marco. –Non è molto lontano da qui. Con il tuo scooter ci dovresti mettere al massimo venti minuti… Ops, dimenticavo che il tuo scooter è morto lasciandoti senza mezzo di locomozione.-
 Ci mancò poco che Marco non cominciasse a sputare fiamme mentre sua madre se la rideva contenta e divertita.
 -Be’ ti potrebbe dare un passaggio Massi, vero?-
 Ma perché dovevo essere messo in mezzo anch’io in quella specie di faida madre-figlio? Io non volevo avere niente a che fare con le loro discussioni ma come al solito, in un modo o nell’altro, quei due riuscivano sempre a strascinarmi dentro al vortice dei loro litigi.
 A quel punto lanciai uno sguardo a Marco e uno a sua madre. Avevo due scelte: dire tranquillamente di sì dando la mia disponibilità e rischiando che Marco mi facesse una testa così, o inventarmi un impegno urgente e togliermi da quella posizione spinosa una volta per tutte.
 Per fortuna fu lo stesso Marco ad aiutarmi.
 -Se non hai impegni potresti accompagnarmi da questa tizia?- mi chiese facendomi capire che era davvero inutile insistere.
 -Certo-, risposi tranquillo.
 Probabilmente anch’io al suo posto avrei fatto la stessa cosa. I suoi non gli avrebbero comprato uno scooter nuovo se la sua media in matematica non si fosse alzata. Marco stava alla matematica come un gallo potrebbe stare agli abissi marini. Da solo non sarebbe stato in grado di migliorare i suoi voti quindi tanto valeva farsi aiutare dalla ragazza delle ripetizioni.
 -Grazie mille, Massi-, esordì Mariangela sorridendomi contenta. –Andate a lavarvi tutti e tre le mani, tra cinque minuti si mangia.-
 -E cosa hai cucinato?- chiese Camilla aggrottando la fronte.
 -Pollo al forno con patate-, disse sua madre con una nota d’orgoglio piuttosto evidente.
 Marco, io e Camilla ci guardammo per un attimo infinito. La mamma di Marco era un ottimo cardiochirurgo, probabilmente il migliore di tutta la Puglia, ma le sue abilità in sala operatoria non potevano essere paragonate a quelle culinarie. L’ultima volta che aveva preparato il pollo al forno con le patate era stata una tragedia. Patate crude e salate, pollo dal sapore orribile- aveva scambiato il sale con lo zucchero- e praticamente al sangue- e per fare un pollo arrosto “al sangue” ce ne vuole d’impegno. Con un solo boccone Marco era stato male per due giorni mentre io e Cam ce l’eravamo cavata con un paio d’ore trascorse tra crampi e dolori allo stomaco.
 Perciò, in genere, era la nonna di Marco che cucinava dato che abitava proprio di fronte a loro.
 -State tranquilli-, intervenne Mariangela che evidentemente aveva notato le nostre facce sconsolate, per non dire disperate. –Ho preso il pollo in rosticceria e le patate le aveva preparate la nonna, io ho dovuto solo unire il tutto e mettere a scaldare. Le vostre vite sono salve.-
 -Dio sia ringraziato!- sospirò Camilla sollevata.
 -Non fare la melodrammatica, Cam. Non cucino così male-, rispose Mariangela risentita.
 -Mamma-, cominciò Camilla. –Se invece di fare il chirurgo tu avessi deciso di diventare una cuoca come minimo avresti fatto fuori mezza Lecce. Sei un pericolo pubblico se ti metti ai fornelli.-
 Mariangela si voltò verso me e Marco ma nessuno dei due se la sentì di smentire le parole di Camilla. Aveva detto la verità, anzi io ero convinto che avrebbe fatto fuori l’intera città con provincia annessa.
 -E’ bello vedere che i miei figli si fidano così tanto di me.-
 -Non è che non ti vogliamo bene-, disse Camilla, -ma ci teniamo alle nostre vite.-
 -Vostro padre non si è mai lamentato della mia cucina-, incrociò le braccia scocciata, come una bambina capricciosa.
 -Le uniche volte che hai cucinato per papà sono state secoli fa quando lui stava cercando di conquistarti. Anche se li avessi rifilato una bistecca cruda ti avrebbe detto che avevi delle doti culinarie da vera chef, quindi il suo giudizio non vale-, Camilla concluse così la sua breve arringa.
 -Io avrei fame-, intervenni per cercare di far sbloccare quella situazione e per far slittare l’attenzione su un argomento che non comprendesse l’incapacità in cucina di Mariangela.
 -Hai ragione, Massi-, disse lei con voce premurosa, proprio come se si stesse rivolgendo ad uno dei suoi figli. –Andate a lavarvi le mani così possiamo mangiare.-
 Pochi minuti dopo eravamo seduti a tavola a gustarci un ottimo pollo arrosto con patate. Non c’erano proprio dubbi sul fatto che neanche una molecola di quella pietanza fosse stata cucinata da Mariangela.
 Quando finimmo di pranzare erano appena le tre perciò Marco ed io decidemmo di fare una partita alla Play prima di affrontare lo scoglio di andare da quella ragazza.
 Eravamo nella sua camera e come al solito gli stavo facendo vedere i sorci verdi, quando ad un certo punto Camilla entrò- la porta era aperta- e si mise a fissarci con sguardo contrariato.
 Marco inizialmente cercò di ignorarla ma quando la sua squadra prese un gol perché era distratto bloccò il gioco e si voltò verso la sorella.
 -Ti serve qualcosa?- chiese scocciato.
 Lei lo fulminò con lo sguardo e sapevo che quella sua reazione non avrebbe portato a nulla di buono.
 -Sì, mi serve che mio fratello la smetta di seguirmi ovunque io vada, ti basta come risposta pezzo d’idiota?- incrociò le braccia con fare calmo, il che voleva dire che era incavolata nera.
 Cavolo! Ci aveva scoperto, questa Marco me l’avrebbe pagata cara. Stavo facendo la figura del deficiente davanti a una ragazzina e in più sentivo che stava anche per arrivare la ramanzina… Me l’avrebbe pagata eccome quel citrullo del mio migliore amico…
 -Io seguire te? E perché mai dovrei fare una cosa del genere? Ho di meglio da fare che seguire quella stupida di mia sorella-, disse lui ignorandola e sbloccando il gioco tornando a fissare lo schermo del televisore.
 Cercai di fare buon viso a cattivo gioco e tornai anch’io a concentrarmi sulla partita.
 A quel punto Camilla doveva essersi imbestialita sul serio perché si parò davanti allo schermo e ci fulminò entrambi con uno sguardo così simile a quello di sua madre che per un attimo mi lasciò letteralmente senza parole.
 -Potresti toglierti dalle scatole…?- cominciò Marco provando a guardare lo schermo spostandosi a destra e a sinistra.
 -Prima dai un’occhiata a questo.-
 Prese il cellulare e gli mostrò un sms che riuscii a vedere anch’io. Era di una certa Alessandra.
 
 Oddio, Cam… Non puoi capire! Ho visto tuo fratello davanti a scuola. Era insieme a quell’altro strafico di Massimiliano Draco. Sono riuscita anche a fare una foto…
 
 Ci avevano proprio sgamati alla grande. Camilla ci mostrò l’mms con molta calma, ma sapevo che stava cercando di trattenersi con tutte le sue forze dal farci fuori. La foto ritraeva me e Marco proprio dietro l’albero mentre lui aveva gli occhi puntati in direzione di sua sorella. Non era stata scattata troppo lontana dal punto in cui eravamo quindi era una foto nitida che non poteva essere equivocata.
 -E non è finita…-, annunciò Camilla aprendo un secondo sms.
 
 Ma mi spieghi come fai a vivere con quello schianto di Marco senza provare a saltargli addosso?! Io pagherei per poter vivere sotto il suo stesso tetto, con quell’altro figo di Massimiliano Draco che gira per casa. Tuo fratello e il suo amico sono troppo boni!
 
 Marco si voltò a guardarmi sapendo che anch’io in quel momento avrei voluto ucciderlo. Il mio desiderio era molto più intenso rispetto a quello di Camilla.
 -Tolto il fatto che odio sentire le mie amiche che parlano costantemente di voi due e dei vostri fondoschiena, lo sai che la devi smettere di seguirmi. Non sono più una bambina e ho diritto ad avere anch’io una vita che sia mia. Quando te lo metterai in quella testaccia di granito?!-
 Era davvero arrabbiata e sentivo che bastava davvero poco prima che si mettesse definitivamente ad urlare. Quando mi accorsi che Marco stava per risponderle lo anticipai dandogli una gomitata nel fianco e parlando al suo posto.
 -Perdonaci Camilla, sta’ sicura che non accadrà più. Controllerò io tuo fratello, non ti seguirà mai più-, lo dissi con voce talmente convincente che Camilla sembrò subito rilassarsi un po’.
 -Sarà meglio, non ne posso più di ritrovarmi sempre voi due tra i piedi.-
 -Sta’ tranquilla-, rincarai io mentre avvertivo lo sguardo di Marco puntato su di me. Avrebbe fatto meglio a non replicare altrimenti lo avrei gonfiato di botte seduta stante.
 -Lo voglio sentire anche da lui-, continuò Camilla fissando il fratello ed incrociando le braccia con un cipiglio serio.
 Marco guardò prima me e il mio sguardo di fuoco e poi Camilla e i suoi occhi fulminanti… Non aveva molta scelta.
 -Va bene, ti giuro che non ti seguirò più-, disse arrendendosi.
 Camilla lo guardò per qualche attimo ancora un po’ sospettosa poi con un sorriso si diresse verso la porta.
 -E’ sempre un piacere fare affari con te, fratellone-, ed uscì dalla stanza portandosi via anche l’ultima traccia del buonumore- già quasi inesistente- di Marco.
 Tra la storia delle ripetizioni e sua sorella che lo aveva sgamato durante la sua attività di “Bodyguard/spionaggio” Marco era davvero depresso. Neanche la partita alla Play riuscì a farlo sentire meglio.
 Prima che ce ne accorgessimo eravamo già davanti alla casa della ragazza delle ripetizioni.
 Marco si tolse il casco e suonò il campanello.
 -Chi è?- disse una voce metallica dal citofono.
 -Sono qui per le ripetizioni-, rispose Marco con lo sguardo di un condannato a morte pronto per dirigersi verso il patibolo e di conseguenza verso un destino inevitabile.
 -Sali.-
 Quella voce era piuttosto seria e categorica, avevo come la sensazione di averla già sentita. Un brivido mi percorse l’intera schiena, all’idea di cosa avremmo trovato una volta di sopra. Una ragazza di diciott’anni che dava ripetizione di matematica e di tutte le materie scientifiche esistenti…? Come minimo doveva essere una cozza occhialuta, con tanto di apparecchio e brufoli annessi. Se poi avesse avuto anche capelli ricci costretti in delle assurde trecce sarebbe stata proprio l’apoteosi… Un altro brivido mi attraversò la schiena. Non potevo proprio pensarci. Bleah!
 Marco cominciò a salire le scale mentre io parcheggiavo lo scooter di fronte alla casa. Non avrebbe dato fastidio là quindi mi tolsi il casco e anch’io varcai la soglia di quella casa. Salii tranquillamente la prima rampa di scale e appena mi voltai vidi la sagoma di Marco in cima all’altra rampa. Se ne stava fermo, immobile con un idiota… Era proprio fuori.
 Continuai a salire i gradini.
 -Marco, ho parcheggiato lo scooter qua di fronte. Credi che…-
 Alzai lo sguardo e fu come se un fulmine mi avesse colpito proprio al centro della fronte.
 Sapevo di aver già sentito quella voce metallica, sapevo che il suono categorico della ragazza delle ripetizioni non mi era nuovo, sapevo che la sensazione provata poco prima nel sentirla parlare l’avevo già sperimentata. Ma mai avrei immaginato di essermi sbagliato così tanto sul corpo al quale apparteneva quella voce. E quel corpo adesso era proprio di fronte a me, nascosto alla mia vista solo da un sottile asciugamano rosa, mentre degli occhi castani, profondi e anche un po’ increduli mi scrutavano con terrore e rabbia.









***L'Autrice***
 Ed eccomi qui con il secondo capitolo, ve l'avevo detto che non vi sareste liberate di me anche se Il Figlio Della Prof è ormai concluso. Spero davvero che vi sia piaciuto perchè non è stato semplice da scrivere, forse è stato quello che mi ha creato più problemi in assoluto. Come sapete non mi risulta semplice immedesimarmi in Massi (anche se ce la sto mettendo tutta) e in questo capitolo non è stato per niente semplice riuscire a vederla come lui... Non ci posso fare nulla, non sono un ragazzo e non essendo un'esperta del genere maschile posso solo immaginare come Massi si comporterebbe in una situazione come quella che ho descritto nel capitolo.
 Comunque questo è l'ultimo capitolo che avevo già pubblicato, quindi da il prossimo in poi sarà tutto indito... xD Chi ha scoperto le vicende di Massi e Vale in questa mia seconda ondata di pubblicazioni non si sentirà più in soggezione al pensiero che le altre sapevano già tutto... xD
 Volevo solo spendere qualche altra parola per tutte le persone che hanno seguito Il Figlio Della Prof e che adesso sono in attesa di Verso La Maturità (che comincerò a pubblicare dal 19 febbraio). Vi ringrazio sempre ma non credo che sia mai abbastanza perciò lo farò in ogni occasione... Grazie per avermi seguita e un grazie ancora più caloroso se lo state facendo ancora, cercherò di non deludervi con questo POV... *-*



Comunque vi ricordo che potete trovare molto altro riguardo "Il Figlio Della Prof" in questi siti:

Forum

Create your own banner at mybannermaker.com!


Gruppo su Facebook




Pagina su Facebook (in cui pubblico spoiler sui capitoli successivi e anche mie sciocche "pillole di saggezza")




Profilo au Facebook (Scarcy Novanta)






 
   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Scarcy90