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Autore: GwenCassandra    01/01/2011    4 recensioni
“Forse è meglio lasciarlo solo.” Sussurrò il batterista, alzandosi e andando verso la zona letto. “Dominic.” Continuò, poggiando una mano sulla spalla del batterista.
“Io” Cominciò, digrignando i denti e assottigliando lo sguardo “Io resto con lui.”
Rivisitazione della One-Shot omonima pubblicata nell'agosto 2008.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hurt him to save him

Secondo capitolo – Invincible madness

Providence, 17 aprile 2005

Ore 14.00

Tour bus

Quattro lunghi mesi erano ormai passati dalla morte di Gaia e quella mattina, sul tour bus, l’aria era decisamente tesa.
In quei mesi erano successe parecchie cose e il comportamento di Matthew, in alcuni momenti, aveva più che fatto preoccupare i suoi amici.
Era tornato a casa sua, per l’ultima volta: l’aveva chiusa, senza spostare neanche un oggetto. Aveva raccolto le sue cose ed era scappato da quelle mura: sinceramente, non aveva idea di cosa ne avrebbe fatto. Venderla, tenerla per tornarci o semplicemente lasciarla marcire lì: in quel momento la cosa poteva benissimo essere messa in secondo piano. L’unica cosa certa, però, era che non ci sarebbe tornato subito: l’idea di tornare in quella casa, fra i loro oggetti e i loro ricordi, gli faceva scorrere brividi freddi per tutto il corpo. Si era sistemato da Dominic, come quando erano giovani: un po’ di distrazione sarebbe stata sicuramente l’ideale, in una situazione come quella. Poi, ne siamo consapevoli tutti, Dominic era il mago delle distrazioni, con quei lati giocosi e un po’ infantili della sua personalità.
Fu però proprio il batterista ad accorgersi dei suoi strani comportamenti, durante questa convivenza: naturalmente non era plausibile neanche prendere in considerazione una completa “guarigione” del ragazzo in pochi mesi, ma certe volte Matthew assumeva degli strani comportamenti, la maggior parte dei quali non aveva assunto nel periodo più vicino alla notizia della morte di Gaia. Era come se fossero nati con il tempo, giorno per giorno, accompagnando forse la consapevolezza della sua morte.
Certe volte si perdeva a guardare fuori dal finestrino, di punto in bianco: qualsiasi fosse la situazione, anche durante una conversazione, i suoi occhi venivano attratti da qualche particolare al di fuori del bus e si perdevano nel paesaggio. Oppure passava dall’essere estremamente amichevole, all’urlare senza un apparente motivo o comunque usando scusanti che poco riguardavano la situazione che si era creata.
Tutti erano più che preoccupate ma, più per una questione di sopravvivenza che altro, cercavano di non darlo a vedere: se c’era una cosa, una sola cosa che Matthew proprio non poteva soffrire, era quella di avere addosso la pena o le preoccupazioni degli altri.

Questa presa di posizione, però, morì l’otto aprile a Boca Raton, primo concerto della ripresa del tour.
Dopo i primi quaranta minuti di spettacolo, non appena le prime note di Blackout avevano cominciato a farsi spazio nell’aria, Matthew improvvisamente aveva lasciato il palco. Era corso su per le scale, fino ad arrivare in camerino, con tutta la forza che possedeva in corpo, lasciando così i due amici a gestire la situazione e scusarsi con il pubblico.
Quando Chris, Dominic e Tom corsero in camerino, lo trovarono seduto sul divano, le gambe incrociate e lo sguardo di chi non ha coscienza delle proprie azioni e reazioni. Era stato come se le note di quella canzone gli avessero immesso nel cervello un allarme: scappa, fuggi via. Per quei pochi ultimi secondi di lucidità riuscì a pensare solo quello. Correre.

“Si può sapere che cazzo ti è preso?” Urlò Tom, entrando e sbattendo la porta. Matthew lo guardò senza vederlo veramente: era come se tutto intorno a lui fosse così tremendamente grigio da non riconoscere più i contorni delle cose.
“Scusa Tom, io non so cosa sia successo.” Rispose con voce flebile, sperando che quelle parole potessero in qualche modo bastare al suo manager.
Tom si gonfiò di rabbia e frustrazione. “Scusa? Scusa un cazzo, Bellamy!” Urlò ancora. “Hai detto d’essere pronto. –Sì, ragazzi, ricominciamo il tuor! Non possiamo certo deludere così tante persone solo perché io sono un po’ giù!- Cazzate! Cazzate su cazzate, Bellamy! E ora? Credi di non aver deluso tutte quelle persone? Credi che ci porterà buona pubblicità, tutto questo? Prima di fare cazzate, pensaci la prossima volta. E pensa soprattutto a quelli che porti giù con te.”
Probabilmente, pensò Matthew, Tom aveva ragione. Ma ormai era fatta.
“Adesso tu stai qui e ti calmi con Chris. Al pubblico ci penso io.” Disse solamente Dominic, non riuscendo nemmeno a guardarlo negli occhi. Così come era arrivato, attraversando la porta quasi sperando di essere invisibile, così torno indietro: in silenzio.

Sedevano l’uno davanti all’altro, in silenzio: tutto intorno a loro sembrava essere in attesa. Un attesa pesante, insopportabile per la mente già provata di Matthew. Chris, le pareti, il mondo intorno a lui tacevano, pronti ad ascoltare una spiegazione che il cantante non era in grado di dare nemmeno a se stesso.
Cercando di respirare più silenziosamente possibile – per paura che Chris potesse alzare gli occhi e parlare, immagino – Matt si portò una mano alla bocca e cominciò a mangiarsi le unghie con foga.

Se c’era una cosa, una sola cosa, che Chris non poteva sopportare era il mangiarsi le unghie. L’idea, sinceramente, gli faceva anche un po’ schifo. Con uno scatto felino – e ricordate di chi stiamo parlando: “felino” nel modo in cui Chris potesse esserlo – afferrò il polso del suo amico e lo riportò giù.
Matthew lo guardò spalancando gli occhi: non era certo da lui reagire con gesti così bruschi. Vedete, nei tre, Chris era sempre stato il tipo calmo. Era il tipo razionale, quello che fa programmi e segue sempre ciò che dice, seguendo un filo logico. Sapeva prendere ogni situazione esattamente come andava presa, dando alle cose il giusto valore. In effetti, era rassicurante per Matthew averlo intorno.

“Matthew, ascoltami. Quello che è successo oggi non è sano.” Disse con voce calma, quasi apprensiva. “Sono molto preoccupato per te, Matt. So che hai passato un momento difficile: è stato orrendo per noi, figuriamoci per te, e questo lo capisco. Quindi se vuoi interrompere il tour, o rimandarlo o quello che ti pare, insomma. Basta dirlo, ok? Non voglio che ti prenda un esaurimento nervoso.” Continuò, cercando di trovare le parole giuste, per non sembrar dire “Matt, sembravi un pazzo psicotico, porco cazzo.”
Matthew si portò una mano alla nuca, sospirando.
“Chris. Non è che non ce la faccio. Anzi, direi che devo farcela. Non m’è rimasto nient’altro, capisci? Ci sono solo delle cose che…” Disse, portandosi una mano al volto. Fece per dire qualcos’altro ma Chris lo interruppe.
“Capisco, sì. La morte di Gaia, il cambio di casa, il nuovo tour…” Sospirò, annuendo lentamente.
“Veramente io Gaia la volevo già lasciare da un po’.” Sussurrò, alzandosi e correndo via.

Lasciare. Come lasciare?

Chris si alzò di scatto, si passò una mano sul viso e lanciò un pugno al muro.
Senza un apparente motivo.


Era per questo che quel giorno – 17 aprile 2005 – l’atmosfera non era delle migliori. Matthew sembrava parecchio agitato e “fuori”, lo stesso comportamento che aveva assunto quel giorno a Boca Raton. Tutti i ragazzi rimasero sorpresi: quando erano andati via, l’otto aprile, Matthew sembrava essere tornato normale. Non c’erano più stati casi come quello – o almeno non così gravi. Certo, ogni tanto durante i concerti smetteva di cantare o si limitava a fare il suo lavoro.
Quella passione, quella fiamma che l’aveva guidato nel suo lavoro per tutti quegli anni si era ridotta ad una flebile fiammella – come una candela priva d’ossigeno, troppo stanca e consumata per continuare a brillare.
Il concerto di Providence, infatti, andò come doveva andare: non ci furono nemmeno più le ormai consuete situazioni di silenzio. Semplicemente, Matthew fece c’ho che c’era da fare e accontentò così il pubblico.
Nelle ore successive sembrò tornare tutto normale: Matthew era anche tornato a sorridere agli strani comportamenti di Dominic o alle battute di Chris.
Sembrava andare tutto bene.

Sembrava.

 

PurpleMally’s Note
Buonsalve!
Beh, beh, beh! Non pensavo che il primo capitolo sarebbe stato così ben accolto!
Spero che anche il secondo – piccolo, corto, cortissimo secondo capitolo-  v’aggradi così.
Ps. Maledetta me, ho scoperto solo pochi giorni fa la possibilità di rispondere alle recensioni direttamente sotto le stesse. Quindi lascio i ringraziamenti a questa sera, quando mi metterò lì e risponderò alle recensioni una per una.
Grazie mille per le vostre opinioni,
Baci baci.
Mally.




   
 
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