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Autore: Daphne S    06/01/2011    1 recensioni
Fan Fiction Momentaneamente Sospesa
Nathan, figlio di una potente famiglia londinese, decide di evadere dalla falsità della sua vita.
Daphne, ragazza di campagna stanca delle offese ricevute dagli zii, decide di allontanarsi dalla monotonia del piccolo paese in cui vive.
Le loro vite si incrociano sul treno per Brighton della mezzanotte.
«Credi nel destino?» Le domandò, fissando il mare.
«Penso che ci siano le coincidenze.» Ribatté, passandosi una mano fra i capelli castani.
«Quindi pensi che sia una pura coincidenza il fatto che ci siamo ritrovati sullo stesso treno e nello stesso vagone?»
«Penso che sia stata fortuna.»
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MidnightTrain
Capitolo Primo.


testo



Just a small towngirl
Livin' in a lonely world
She took the midnight train goin'anywhere

Just a city boy
Born and raised in south London
He took the midnight train goin' anywhere.

 

La stazione di King's Cross appariva deserta agli occhi dei pochi viaggiatori che si aggiravano fra il supermarket ed il tabellone degli orari in attesa del proprio treno. Come in tutte le stazioni c'era una grande varietà di persone: diverse origini etniche, diverse direzioni, diverse storie. C'era chi correva in maniera frettolosa verso il treno per prendersi il posto migliore, chi con aria stanca arrancava, chi attendeva l'arrivo di una chiamata o di un messaggio continuando a fissare lo schermo spento del proprio cellulare.

Il treno proveniente da Oxford si fermò al binario numero nove per far scendere i passeggeri e farne salire degli altri, per ripetere poi lo stesso tragitto. Una ragazza dai lunghi capelli castani scese dal vagone e stringendo la borsa al petto si diresse velocemente verso il grande tabellone luminoso che indicava i prossimi treni in partenza: mancavano dieci minuti alla mezzanotte, ovvero l'ora in cui sarebbe partito il prossimo treno per Brighton. La giovane andò con passo spedito alla macchinetta che stampava i biglietti e, dopo aver estratto nervosamente quindici pound dal portafoglio, acquistò il biglietto e corse verso il binario numero sette.


A mezzanotte in punto il treno diretto a Brighton partì da Londra. La ragazza sedeva in un posto vicino al finestrino e con lo sguardo spento osservava il paesaggio che si mostrava ai suoi occhi. Man mano che ci si allontanava dal centro della capitale britannica, la periferia si mostrava in tutta la sua freddezza invernale e le luci diminuivano man mano.

Grazie alla posizione che aveva assunto e alla scarsa illuminazione all'interno del vagone, fu facile per la giovane scivolare in un dolce e caldo torpore che sarebbe inevitabilmente continuato se non fosse stato per la rumorosa ed esagerata suoneria che partì da un telefonino evidentemente lì vicino. I pochi passeggeri che avevano scelto il vagone numero dodici, alzarono spazientiti lo sguardo ed anche i grandi occhi blu della castana scivolarono su un ragazzo seduto accanto al finestrino opposto al suo. Aveva dei capelli neri leggermente scompigliati ed era vestito in maniera decisamente impeccabile: sciarpa firmata, cappotto costoso e jeans scuri. Si sarebbe potuto riconoscere a un miglio incarnato in lui il tipico ragazzo di città e di buona famiglia.

Daphne, questo era il nome della ragazza, lo osservò attentamente, avendo finalmente trovato un qualcosa di interessante su cui concentrarsi. Lui prese il telefonino, spense la suoneria e continuò a fissare lo schermo che si illuminava a intermittenza: evidentemente chiunque lo stesse provando a contattare non aveva buttato la spugna facilmente. Sul suo volto si dipinse una smorfia di insofferenza e si sistemò il telefono nella tasca dei jeans. Per un solo istante girò la testa ed il quel momento il suo sguardo incrociò quello di Daphne che ringraziò mentalmente la mancanza di illuminazione che nascose il rossore che colorò le sue goti.

Era incredibilmente affascinante e misterioso, pensava Daphne mentre nascondeva con una mano metà del suo viso. Aveva dei lineamenti molto lineari ed eleganti e portava sul volto un'espressione che celava infiniti stati d'animo e che lo rendeva così distante, così surreale. Era come se, seduto su quel sedile, vivesse una vita inaccessibile a qualunque persona tentasse di violare la sua privacy.

Quando il treno si fermò bruscamente, Daphne tornò violentemente con i piedi per terra: fuori dal finestrino c'era la stazione di una fermata intermedia. La ragazza sospirò, voltandosi nella direzione dello sconosciuto e notando che quella fermata non lo aveva minimamente turbato in quanto non si era mosso di un singolo millimetro.

Una puzza di vino rosso e profumo scadente invase il vagone non appena salirono dei nuovi passeggeri. Daphne guardò sconcertata i due uomini che erano saliti, sperando di non dare in nessun modo nell'occhio. Erano vestiti in maniera povera e dal loro odore si intendeva perfettamente che avevano abusato sia di alcolici che di sigarette.

-Io voglio sedermi vicino questa bella ragazza, Jim.- Bofonchiò uno dei due, buttandosi poi sul sedile vuoto proprio davanti a Daphne e cominciando a guardarla con malizia.

-Io invece voglio dormire proprio qui.- Disse Jim, stendendosi su due sedili vuoti a pochi metri di lì.

-Sei di Londra allora, signorina?- Daphne continuò a fissare fuori dal finestrino lottando contro i battiti del proprio cuore che per la paura sembravano essere sul punto di sfondarle la cassa toracica. -Perché non rispondi? Forse non hai sentito la mia domanda?- La ragazza affondò i denti nel labbro inferiore, imponendosi di non muoversi di un millimetro malgrado fosse convinta di aver cominciato ormai a tremare. -Hai sentito si o no?- Lo sconosciuto sembrava si stesse innervosendo ed infatti avvicinò pericolosamente il suo viso a quello di Daphne. Il suo alito puzzava talmente tanto di vodka che la giovane pensò di essere sul punto di svenire.

Accadde tutto velocemente: l'ubriacone afferrò Daphne per la sciarpa che teneva intorno al collo e la avvicinò tanto al suo viso da far quasi sfiorare le loro labbra e, proprio quando la ragazza aveva chiuso gli occhi aspettandosi il peggio, qualcuno aveva allontanato vigorosamente l'uomo afferrandolo alle spalle.

-Stalle lontano.- Una voce maschile scandì lentamente quelle due parole e, malgrado Daphne avesse compreso che il pericolo si era allontanato, non riusciva ancora ad aprire gli occhi. Continuava a tremare con forza, maledicendo se stessa e quella sua folle decisione di andare a Brighton. Perché proprio a Brighton poi? Una miriade di stupide domande cominciò ad affollarle prepotentemente la testa in una sorta di meccanismo di autodifesa: perché aveva mangiato il croissant con la cioccolata se odiava profondamente la cioccolata quella mattina? Perché proprio il treno della mezzanotte e perché proprio quella cabina? Era il karma, era inevitabilmente il kar...

-Ehi, stai bene?- La stessa voce maschile che l'aveva salvata tornò a riempire con dolcezza le orecchie di Daphne. Due mani grandi e calde sfiorarono il suo viso e la ragazza si sentì incredibilmente protetta e al sicuro.

-Io... Si, sto bene.- Deglutì, aprendo infine gli occhi ed incrociando nuovamente quelli del “ragazzo di città” che aveva osservato prima della fermata intermedia. Così da vicino era ancora più mozzafiato la sua vista: aveva degli occhi del colore degli smeraldi ed un neo proprio sopra l'angolo destro della sua bocca. Lui sorrise, sedendosi poi al posto libero accanto a Daphne ed allontanando le mani dal viso della ragazza.

-Avrei dovuto capire immediatamente le intenzioni di quel tipo,- cominciò a dire, lanciando di tanto in tanto un'occhiata ai due ubriaconi che ora dormivano felicemente a qualche schiera di sedili da loro. -ma ero completamente sovrappensiero e non ci ho fatto assolutamente caso. Scusami.-

-Mi hai tirata fuori da una brutta situazione. Non devi scusarti di nulla. Anzi, ti ringrazio.- Ogni parola che usciva dalla bocca di Daphne sembrava costarle incredibilmente tanto: era come se un macigno si alzasse ad ogni sillaba che pronunciava. Si sentiva in imbarazzo ed assolutamente inadeguata davanti ciò che le era successo così in fretta.

-Io sono Nathan.- Sorrise, guardandola fisso negli occhi.

-Daphne.-

-Ti sembra una domanda indiscreta se ti chiedo perché sei sul treno per Brighton della mezzanotte?- Domandò curioso, perdendosi per qualche istante nell'intenso blu degli occhi di Daphne. La ragazza sorrise, arricciando le labbra.

-Potrei farti la stessa domanda.- Ribatté prontamente lei, ridacchiando poi con dolcezza.

-Mi annoiavo.- Rispose Nathan, poggiando la schiena sullo schienale e socchiudendo gli occhi. -Mi sono detto: Brighton, perché no?-

-Già: Brighton, perché no?- Ripeté Daphne mentendo. Lei di certo non era partita da Reading per andare a Brighton per semplice noia, anche perché quella bravata notturna le sarebbe costata l'ira degli zii. Sospirò, tentando di scacciare via il pensiero.

-Pensavo di essere l'unico folle e invece...-

Si scambiarono un'occhiata prima di scoppiare a ridere. Fu come se per un istante le loro anime si fossero liberate dei pesi che li avevano condotti a spendere quei quindici pound per un biglietto del treno per andare verso la costa.

Il resto del viaggio passò in silenzio e cinquantadue minuti dopo aver lasciato la stazione londinese, il treno arrivò a destinazione. I passeggeri scesero lentamente, caricando ogni passo con la propria stanchezza, le proprie preoccupazioni. Daphne e Nathan scesero silenziosamente, senza rovinare quella atmosfera che si era creata con tanta naturalezza. Dopo aver fatto una ventina di passi nella direzione dell'uscita della stazione, fu Nathan a rompere il silenzio schiarendosi inizialmente la voce.

-Tu avevi in mente una meta?- Domandò, guardando con interesse la ragazza. Daphne scosse la testa, cercando di non proferire parola. Infondo lei non era mai stata in posti che non fossero Reading e Oxford, ovvero dove andava all'università. Era stata a Londra solamente per una gita con la sua classe quando aveva dieci anni. -Lasci l'ardua scelta a me, eh?- Ridacchiò, soffermandosi poi a pensare. Daphne osservò l'espressione buffa e pensierosa che si dipinse sul suo viso e si ripeté che non poteva assolutamente svelare a quel ragazzo il perché del suo viaggio, il fatto che fosse una ragazza di una piccola città e che si potesse permettere l'università solo grazie alla borsa di studio. Per una sera sarebbe stata per quel ricco ragazzo di città la ragazza che sarebbe sempre voluta essere. -Andiamo sul lungomare? So che è inverno e so che fa freddo, ma non sono mai stato a Brighton a dicembre e di conseguenza non conosco nessun altro luo...-

-Va benissimo.- Daphne sorrise e prontamente anche le labbra di Nathan si piegarono in un ampio sorriso. Si incamminarono così per la lunga via principale che portava alla costa. Era incredibilmente semplice parlare con Nathan: il fatto che fosse un perfetto sconosciuto che probabilmente non avrebbe mai più rivisto rendeva molto più naturale parlare, esporre le proprie idee ed i propri interessi.

-Niente domande personali.- Decretò ad un tratto Daphne, guardando Nathan senza riuscire a scacciare il sorriso.

-Niente di niente?- Domandò, aggrottando le sopracciglia.

-Niente di niente.- Ripeté, abbassando per un attimo lo sguardo e tornando poi ad affrontare quel verde così incantevole. -Abbiamo l'occasione di essere noi stessi per una notte, non sprechiamola con stupide domande ordinarie che possiamo porci ogni giorno.-

-Ti sbagli.- Daphne inarcò un sopracciglio. Si sbagliava? Fece per aprire bocca ma Nathan scoppiò a ridere. -Non abbiamo una notte ma malapena quattro ore visto che alla cinque c'è il prossimo treno per King's Cross. Devo infilarmi nel mio letto prima che mia madre tiri giù tutto il palazzo con le sue urla... Diciamo che alla vigilia di Natale non sarebbe decisamente l'ideale cominciare la giornata in quel modo.-

La vigilia di Natale. Era veramente il ventiquattro dicembre? Mancavano circa due settimane all'inizio delle lezioni ad Oxford: due settimane e sarebbe potuta tornare ai suoi alloggi, lontana dagli zii e dall'odio sviscerato che correva reciprocamente.

-Allora sfruttiamo come si deve queste quattro ore di naturalezza.- Si corresse, allontanando con la squillante risata ogni cattivo pensiero.

Succede delle volte che due vite si incrocino nella più completa inconsapevolezza. Succede che il destino riesca a tessere con tanta perfezione la vita di ciascuno da stupire anche il più scettico degli uomini. Succede che due persone si incontrino e siano destinate e non slegarsi più.

Il lungomare di Brighton era illuminato da molti lampioni ed era tristemente vuoto rispetto le serate estive. Tuttavia passeggiavano ancora molti gruppetti di ragazzi e, malgrado il freddo, sembrava che il lunapark lavorasse a pieno ritmo come suo solito. Nathan si poggiò ad un muretto, tirando fuori dalla tasca del cappotto un pacchetto di Lucky Strike blu.

-Ne vuoi una?- Disse, allungando la mano in cui stringeva il pacchetto di sigarette nella direzione di Daphne. La ragazza annuì, prendendone una e portandosela alle labbra. Nathan accesa prima quella ragazza e poi la sua, sciogliendosi dopo la prima boccata in un sospiro quasi di sollievo.

-Ti capita mai di fuggire da te stessa?- Domandò ad un tratto Nathan, non lasciando trasparire da nessuno dei suoi gesti quasi sentimento avesse mosso quella domanda. Daphne lo osservò per qualche istante nel tentativo di cogliere qualche suggerimento dalle sue azioni, ma si scontrò con un muro quasi di indifferenza.

-Non fuggo mai da me stessa. Fuggo da ciò che spaccio essere me stessa.- Le parole scivolarono fuori dalla sua bocca con una leggerezza inaudita, leggerezza che andò ad alleviare velocemente anche il suo cuore. Nathan fissò un punto indefinito a mezz'aria, voltandosi poi con una espressione rilassata sul volto verso Daphne.

-Come se ciò che gli altri pensano che tu sia non combaci con la realtà.- Constatò, portando poi la sigaretta alle labbra.

-Come se non riuscissi a far combaciare ciò che vorrei essere con quello che sono.- Si guardarono nello stesso istante negli occhi e rimasero in silenzio, come se ammutoliti da quel così improvviso ed incredibilmente naturale contatto visivo.

Quelle quattro ore passarono nella più completa normalità e semplicità. Per una volta fu come se entrambi si fossero spogliati degli stereotipi, di tutte le cose che si erano sentiti dire negli ultimi diciannove anni delle loro vite. Si ritrovarono a ridere per cose piccole, apparentemente insignificanti che quasi per magia si erano rivestite di significato, di un valore precedentemente sconosciuto. Ammiccare, ridacchiare sotto i baffi, darsi leggere spinte: fu come tornare ad uno stato d'originarietà che aveva perso tempo prima per strada nel tentativo di costruire le proprie vite.

-Un giorno mi racconterai il perché di questo viaggio notturno?- Domandò Nathan mentre passava un braccio intorno alle spalle di Daphne. Camminavano sul lungomare, diretti agli scalini che portavano alla spiaggia.

-Un giorno sì, forse.- Ridacchiò, stringendosi al petto di lui e godendo del calore che le procurava. -Se mai ci sarà l'occasione.- Aggiunse, con una nota di tristezza nella voce. Lui ricambiò il suo sguardo e Daphne giurò di aver colto della malinconia anche in Nathan, ma lui non rispose. Scesero silenziosamente in spiaggia e, dopo essersi tolti le scarpe, si sedettero su una sdraio.

-Credi nel destino?- Le domandò, fissando il mare.

-Penso che ci siano le coincidenze.- Ribatté, passandosi una mano fra i capelli castani.

-Quindi pensi che sia una pura coincidenza il fatto che ci siamo ritrovati sullo stesso treno e nello stesso vagone?-

-Penso che sia stata fortuna.- Si sorrisero, tornando poi a guardare l'acqua del mare. Era tutto completamente buio a parte i lampioni ed il lunapark. La luna brillava alta nel cielo assieme alle sue stelle.

-A Londra è impossibile vedere le stelle con così tanta chiarezza.- Disse Nathan con voce leggermente roca. Daphne dovette riflettere su cosa rispondere mentre osservava curiosamente una stella che brillava più forte delle altre.

-Già... Non le ho mai viste così...- Mentì, concentrandosi su ciò che guardava per non lasciare che qualche sua movenza la tradisse. In realtà nella campagna dove viveva lei le stelle si vedevano sempre perfettamente... Non c'erano edifici nel raggio di interi chilometri e d'estate amava rifugiarsi in qualche posto sconosciuto ai suoi zii ed osservare la volta stellata con la musica che suonava nelle orecchie.


Il treno è giunto a Londra alla stazione di King's Cross, preghiamo i passeggeri di scendere dai vagoni senza dimenticare i propri effetti personali.

Quella voce metallica sembrò quasi risvegliare Daphne da un sogno. Aveva quasi il timore di aprire gli occhi e di scoprire che Nathan era stato semplicemente frutto della sua immaginazione. Eppure fu proprio una delicata e gentile carezza sui suoi capelli che le fece riacquistare fiducia e quando sbatté le palpebre, si ritrovò poggiata sul petto di Nathan. Si era evidentemente addormentata in quella posizione quando erano partiti da Brighton con il treno delle cinque e dieci. Sbatté un aio di volte le palpebre quasi a volersi accertare per l'ennesima volta che fosse tutto reale e poi si stiracchiò, notando che Nathan era già sveglio e la guardava con dolcezza, carezzandole delicatamente i capelli.

-Hai dormito bene?- Domandò, alzandosi poi e sistemandosi la giacca e la sciarpa. Daphne annuì ricambiando il sorriso ed alzandosi a sua volta.

-Grazie per la compagnia.- Disse con un tono basso ma convinto di essere udito dalla persona interessata. Nathan lasciò che il suo sorriso si allargasse ulteriormente, guardando Daphne negli occhi.

-Grazie a te. Hai reso una serata pessima una delle migliori della mia vita.- Se non fossero stati presi dal scendere dal treno, probabilmente Nathan avrebbe notato il colore porpora che si era diffuso su tutto il volto di Daphne. Inutile dire che non solo la presenza del ragazzo le faceva un certo effetto, ma anche determinate frasi avevano il loro ruolo.

A quell'ora la stazione di King's Cross era decisamente molto più popolata. I due arrivarono all'uscita dell'edificio e per qualche istante rimasero in silenzio a fissare le porte scorrevoli che si aprivano e chiudevano in continuazione.

-Posso almeno domandarti se ci rivedremo?- Domandò ad un certo punto Nathan, voltandosi con un leggero sorriso sulle labbra verso Daphne. Lei si morse il labbro inferiore prima di aprirsi in un dolce e largo sorriso.

-Magari ci beccheremo su un altro treno.- Rispose, sistemandosi poi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lui ridacchiò, fissandosi per qualche istante le punte delle scarpe.

-Come torni a casa? Hai bisogno di un passaggio? Ho la macchina parcheggiata qui fuori...- Agitò un mazzo di chiavi fra le dita.

-Non ti preoccupare.- Daphne sperò vivamente di non essere arrossita. Non poteva dirgli che non viveva a Londra e che era della periferia di Reading. -Me la so cavare da sola.- Le balenò in mente l'esperienza della sera precedente e per poco riuscì a soffocare una risata. Evidentemente a Nathan era passato lo stesso pensiero per la mente visto che sorrideva sornione.

-Okay, allora ci vediamo...- Nel momento in cui pronunciò l'ultima sillaba posò le sue labbra su quelle di Daphne e si beò delle scariche che attraversarono il suo corpo.

Daphne inizalmente rimase interdetta, poi però lasciò che le sue braccia andassero a cingere il suo collo, stringendolo a sé. Era più alto di lei e nel momento in cui si sollevò sulle punte i loro corpi aderirono alla perfezione. Fu un bacio lungo, intenso, un bacio d'addio. Si perché fondamentalmente quello era un addio. Quante possibilità avevano di rincontrarsi su un treno? Partivano centinaia di treni da Londra, molti per le stesse destinazioni a soli pochi minuti di distanza. E se anche si fossero mai rincontrati... Daphne non sarebbe mai stata in grado di integrarsi nel mondo di Nathan e probabilmente quest'ultimo non avrebbe mai accettato il suo. Quando si allontanarono le mani di Nathan rimasero a carezzare dolcemente la schiena di Daphne; rimasero qualche istante a perdersi l'uno negli occhi degli altri. Passarono secondi, minuti, ore forse mentre si bearono di quel contatto fisico, di quelle sensazioni che scaturivano da ogni piccolo gesto, prima che qualcuno interrompesse quella magia.

-Io devo andare.- Mormorò Nathan sulle labbra di Daphne. Lei annuì, posando un'ultima volta la propria bocca su quella del ragazzo in un soffice bacio a fior di labbra.

-A presto.- Mormorò, cercando di convincersi con le proprie parole.

-A presto, Daph.- La baciò sulla fronte, posando entrambe le mani sulle sue guance bollenti. Poi Nathan si allontanò, regalandole da lontano un ultimo sorriso. Daphne restò in piedi immobile nello stesso identico punto in cui lui la lasciò per circa cinque minuti, come se inebetita da quei contatti, da quella vicinanza così estranea eppure così incredibilmente essenziale e piacevole.

Dopo essersi riscossa dal suo torpore ed aver preso il biglietto, salì sul treno diretto ad Oxford. Controllò il cellulare e notò che, tanto per cambiare, non aveva ricevuto nessuna chiamata: come se dalle dieci della sera precedente lei non fosse scomparsa di casa. Poteva esserle successa qualsiasi cosa eppure sembrava che a nessuno gliene importasse. Sospirò, sedendosi poi sulla poltrona come sempre vicino al finestrino. Lanciò distrattamente uno sguardo a chi sedeva al lato opposto e rimase delusa quando al posto di Nathan vide un signore anziano intento a leggere il “The Economist”.




Eccomiqui con il primo capitolo! Spero che io sia riuscita ad attirare unpo' la vostra attenzione e la vostra curiosità. Daphne e Nathansicuramente si incontreranno nuovamente... ma dove? In qualicircostanze? Saranno gli stessi di questa notte? Se vi è piaciuto ilcapitolo, se avete qualche critica da fare, lasciate le vostrerecensioni che vi assicuro che stimolano l'autore ad aggiornare anchemolto più in fretta! Un abbraccio a tutti!

   
 
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