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Autore: Daphne S    06/01/2011    4 recensioni
Fan Fiction Momentaneamente Sospesa
Nathan, figlio di una potente famiglia londinese, decide di evadere dalla falsità della sua vita.
Daphne, ragazza di campagna stanca delle offese ricevute dagli zii, decide di allontanarsi dalla monotonia del piccolo paese in cui vive.
Le loro vite si incrociano sul treno per Brighton della mezzanotte.
«Credi nel destino?» Le domandò, fissando il mare.
«Penso che ci siano le coincidenze.» Ribatté, passandosi una mano fra i capelli castani.
«Quindi pensi che sia una pura coincidenza il fatto che ci siamo ritrovati sullo stesso treno e nello stesso vagone?»
«Penso che sia stata fortuna.»
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MidnightTrain

CapitoloSecondo.



testo



 

Erano passate tre settimane da quella strana ed incredibilmente non ordinaria vigilia di Natale. Nonostante fosse cominciato il 2011 e le lezioni ad Oxford fossero cominciate, l'immagine del sorriso di Nathan tardava a scomparire dai ricordi di Daphne.

Non lo aveva né sentito né, ovviamente, rivisto dopo quell'ultimo bacio che si erano scambiati a Londra e, di certo, non si sarebbero rivisti. Lei era rinchiusa ad Oxford fino a luglio e lui chissà dov'era. Non sapeva né se studiava o lavorava, né quale università frequentava, né quanti anni aveva... Era un perfetto sconosciuto che tuttavia le era incredibilmente familiare nei suoi ricordi.
In conclusione doveva smetterla di pensare a Nathan e a quella notte a Brighton, altrimenti sarebbe finita con il non seguire più neanche mezza parola delle lezioni. Scosse la testa, fissando il quaderno degli appunti vuoto in una maniera imbarazzante in confronto a quelli degli altri studenti. Si trovava nella biblioteca principale dell'università e cercava inutilmente di farsi entrare in testa delle nozioni di storia. Era iscritta alla facoltà combinata di Politica e Storia e nell'ultimo periodo proprio quest'ultima materia sembrava approfittarsi della sua distrazione cronica.

-Daphne, io e Evan ci andiamo a prendere un caffè, vieni con noi?-

Daphne alzò lo sguardo dal quaderno, togliendosi gli occhiali che usava per studiare ed incrociando lo sguardo di Victoria, la sua amica più stretta lì ad Oxford. Annuì, raccogliendo le proprie cose e sistemandole nella borsa di pelle. Quando ebbe terminato si alzò e seguì i due amici fuori dalla biblioteca.

Arrivarono in meno di dieci minuti ad una caffetteria che si trovava sulla strada principale di Oxford. Vivere in quella piccola e graziosa città universitaria era la cosa più bella che fosse capitata a Daphne nei suoi diciannove anni di vita. I suoi genitori erano morti quando aveva sette anni e da quel momento in poi aveva cominciato a vivere con gli zii che sfortunatamente non le avevano reso la vita facile. Si sedettero ad un tavolino abbastanza isolato dopo aver preso le bevande scelte.

-Il professor Brown sta diventando incredibilmente noioso e fastidioso.- Decretò ad un certo punto Victoria, bevendo un lungo sorso del suo cappuccino. -Non è possibile che ogni settimana io debba scrivere tre saggi brevi e leggere una decina di libri.- Continuò, pulendosi le labbra con il fazzoletto. -Ho capito che sono ad Oxford e che è tosta, ma non può esagerare a questi livelli.- Evan e Daphne si strinsero nelle spalle. Il professor Brown era il loro professore di Storia e nell'ultimo periodo aveva cominciato a stressare come non mai i propri studenti. Forse era indispettito dal fatto che dei nove studenti dell'anno precedente solo quattro avessero deciso di continuare a frequentare storia oltre a politica, ma ciò non giustificava quel incredibile accanimento nei confronti dei pochi fedeli.

-Hai già letto la lista di libri che ci ha dato per questa settimana?- Domandò Evan, addentando poi il suo croissant. Victoria e Daphne scossero la testa, attendendo un continuo. -Sono undici libri sul ventesimo secolo.- Decretò, mentre Victoria per poco non si strozzava.

-Cambiando argomento no...- Propose Daphne, posando la tazza ormai vuota sul tavolino. -Sapete che oggi è il grande giorno?- Victoria ed Evan si illuminarono, trascinati via dai tediosi argomenti di vita universitaria.

-Cioè? Si sono decisi a sbattere fuori Bro...- Evan non poté terminare la frase perché Victoria gli assestò un micidiale colpo di gomito in mezzo alle costole.

-C'è il Big Match.- Disse soddisfatta Daphne, gustandosi le facce meravigliate dei suoi amici.

Ben peggiore delle rivalità ordinarie fra studenti troppo competitivi, era il conflitto secolare che si era instaurato fra le due università più importanti dell'Inghilterra: Oxford e Cambridge. Entrambe le università avevano non solo cervelli formidabili dalla loro parte, ma anche invidiabili ed allenati gruppi sportivi in tutte le discipline. Tuttavia dopo la famosissima e seguitissima canoa, veniva il calcio. Ogni anno le due università si sfidavano a gennaio per dimostrare quale fosse la più forte non solo intellettualmente ma anche fisicamente. I preparativi erano stati talmente sfarzosi ed insistenti che Daphne, malgrado la sua bandata per lo Sconosciuto (chiamava così Nathan), li aveva notati più volte. Victoria ed Evan si rimproverarono decine di volte di essersi dimenticati di quel giorno così importante e rimediarono immediatamente presentandosi nella Sala Comune del Brasenose College con le felpe ed i colori della loro università.

Per quanto durante l'anno i trentuno college in cui era divisa l'università di Oxford cercassero di mettersi i piedi in testa a vicenda, in quelle occasioni particolari si schieravano in massa contro Cambridge, pronti a non darla vinta ai nemici. Per gli ultimi cinque anni l'università rivale aveva battuto Oxford e, quell'anno, erano ben decisi a riscattarsi, soprattutto per il nuovo attaccante proveniente dal Keble College: una promessa del calcio a detta di molti.

Alle tre lo stadio dell'università di Oxford era gremito di tifosi di entrambe le squadre e il blu ed il giallo troneggiavano. Mancavano esattamente trenta minuti al fischio d'inizio e Daphne sedeva accanto a Victoria, intenta ad addentare il suo hot-dog.

-Quest'anno li dobbiamo fare neri!- Esordì ad alta voce un ragazzo che si sedette davanti al trio, alzando al cielo la mano. -Vai, ragazzi!- Urlò verso il campo, malgrado nessuno potesse sentirlo.

Daphne si guardò intorno, mentre un sorriso le si dipingeva con naturalezza sulle labbra. Amava quell'università per il fatto che permetteva che così tante persone di etnie e classi sociali differenti potessero incrociarsi grazie alle loro capacità intellettuali. A nessuno importava se lei non poteva permettersi dei costosi jeans o se girava con il felpone dell'università ed i capelli sfatti per i dormitori. Era il suo mondo, quello, ci si sentiva perfettamente a suo agio e neanche i figli di papà le incutevano timore in quanto, alla fine dei conti, all'interno di quelle mura secolari erano tutti uguali e lontani dagli stereotipi che sopportavano le rispettive famiglie.

-Quest'anno vinciamo di sicuro.- Disse Rebecca, una ragazza del loro college che studiava medicina, sedendosi affianco a loro con una bustina piena di patatine fritte.

-Da cosa deriva tanta sicurezza?- Domandò scettico Evan, passandosi una mano fra i capelli biondi.

-Il nuovo attaccante, non avete sentito?- Incalzò la mora, mangiando con gusto un paio di patatine mentre l'arbitro entrava in campo.

-Un ragazzino del primo anno ora dovrebbe farci miracolosamente vincere contro Cambridge vorresti dirmi?- Questa volta era Victoria ad essere scettica. Rebecca ridacchiò, scuotendo la testa.

-Invece è un ragazzino del terzo anno.- Affermò soddisfatta.

-Per quale motivo si è deciso solo all'ultimo anno a giocare a calcio?- Domandò curiosa Daphne, mandando giù l'ultimo boccone del suo hot-dog.

-Troppo impegnato a studiare Economia e a passare tutti i fine settimana a Londra.- Rebecca si strinse nelle spalle, mentre la squadra di Cambridge veniva accolta in campo da fischi e urla di disapprovazione da parte della comunità studentesca di Oxford.

Si levarono differenti cori e, come sempre, tutti si ritrovarono abbracciati a persone totalmente sconosciute a cantare testi mai sentiti primi ed imparati al volo. Quando la squadra che vestiva il colore blu entrò in campo un boato partì dalle schiere riservate all'università che giocava in casa e diversi striscioni furono levati in aria.

-Nathan, facci sognare!- Urlò qualcuno alle spalle di Daphne. La ragazza si giro, guardando basita un ragazzo con gli occhiali che gridava a gran voce il nome dello Sconosciuto. Stupida, Daphne, sai quanti Nathan esistono al mondo? Scosse la testa, cercando di evitare il ragazzo alle sue spalle che continuava ad esaltare quel nome.

-Come si chiama questo nuovo attaccante?- Domandò Evan, mentre insieme a Daphne cercava di vedere il campo, oscurato dalla miriade di striscioni che erano stati levati al cielo.

-Nathan Crawford.- Disse semplicemente Rebecca.

Daphne si maledì per non avergli neanche domandato il cognome e cercò disperatamente di riuscire a dare un'occhiata al campo, senza successo.

-Daph, cos'è quell'espressione così agitata?- Domandò all'improvviso Victoria. La castana si girò, trovandosi addosso gli sguardi inquisitori dei suoi tre amici. Arrossì, scuotendo poi con forza la testa ed agitando la mano.

-Oh, niente, solo che... Questi maledetti striscioni mi irritano, vorrei vedere il campo!- Arrancò, continuando a sorridere come un ebete. Gli amici scrollarono le spalle, sistemandosi poi per guardare la partita. Fortunatamente le simpatiche ragazze che avevano alzato gli striscioni, si decisero finalmente di permettere anche agli altri studenti di gustarsi la partita.

Nel momento in cui la visuale fu libera, gli occhi di Daphne cercarono istintivamente Nathan Crawford. Interiormente era combattuta: da un lato avrebbe voluto follemente rivederlo, dall'altro temeva di scoprire che anche lui fosse uno studente di Oxford perché lei con quella perfezione non aveva nulla a che fare. Una semplice ragazza di campagna. Scosse la testa ed in quel preciso istante i suoi occhi riconobbero una figura ben nota. Alto, fisico slanciato e capelli neri. I capelli neri di Nathan erano illuminati dalla flebile luce del sole che li donava dei meravigliosi riflessi. Correva insieme ai suoi compagni di squadra, completando l'allenamento. Come gli altri indossava una maglietta blu, aderenti e con le maniche lunghe e i pantaloncini del medesimo colore con dei dettagli gialli esaltavano i muscoli affusolati delle sue gambe quando correva.

Nathan. Aveva ritrovato il suo Nathan.

Nonostante il suo cuore fosse incredibilmente più leggero, contemporaneamente una malinconia la invadeva: ora sapeva come si chiamava, dove e cosa studiava, avrebbe potuto conoscerlo veramente, ripetere quelle chiaccherate della vigilia, rifare quelle passeggiate... Eppure qualcosa dentro di lei le diceva che sarebbe stato solamente tempo sprecato. Malgrado fosse la prima a ritenere che Oxford desse la possibilità a tutti di integrarsi, sentiva che quella perfezione di stampo londinese era troppo anche per i canoni dell'università. Era dell'ultimo anno, era un Crawford, faceva parte di una famiglia radicata da secoli nel parlamento e nella nobiltà inglese. Che speranze avrebbe mai potuto avere lei di fare parte del suo mondo?

Scosse nuovamente la testa e non riuscì a evitare che i suoi occhi seguissero attentamente i movimenti del ragazzo. Quando segnò il gol vincente per Oxford, il suo nome le riempì talmente tanto le orecchie da inebriarle completamente il cervello.

La vittoria di Oxford dopo cinque lunghi anni portò le conseguenze tanto attese da tutta la popolazione studentesca e non. Gli stessi professori andarono a festeggiare nel pub per eccellenza dell'università.

Nonostante la mente di Daphne fosse completamente annebbiata dal nome e dall'immagine di Nathan, non poté non farsi trascinare da quei festeggiamenti. Infondo era un evento che uno studente poteva vivere massimo una volta nel corso della sua permanenza ad Oxford e lei, di certo, non voleva farsi mancare nulla.

-Li abbiamo fatti neri!- Esultò Evan, stringendo in un abbraccio un certo George. C'era da dire che i maschi assomigliavano seriamente a degli scimmioni quando erano intenti a festeggiare qualcosa.

-Daphne! Victoria!- Rebecca raggiunse le due ragazze, porgendoli due boccali di birra strapieni. -A quanto pare stasera offre la casa! Non ho mai visto il proprietario così gioioso!- Le tre ragazze sorrisero, bevendo poi la bevanda ghiacciata.

-Oh ma i giocatori quando arrivano?- Domandò Victoria guardandosi curiosamente intorno.

-Faresti meglio a domandare: quando arriva Damien?- Gongolò Rebecca, facendo cin cin con il boccale dell'amica.

-Beccata!- Daphne le puntò il dito contro, ridendo.

Tuttavia ben presto si ritrovò a seguire lo sguardo dell'amica nella ricerca dei giocatori di calcio. Nathan Crawford era uno di loro e, in cuor suo, moriva dalla brama di vederlo. Chissà se lui si ricordava ancora di lei? Chissà se l'aveva mai pensata in quelle tre lunghe settimane?

-Un applauso ai campioni!- Le urla provenienti dall'ingresso annunciarono l'arrivo della squadra. Le ragazze più ubriache si fiondarono addosso ai nuovi arrivati, strusciandosi loro addosso più del dovuto. Daphne riconobbe immediatamente Nathan; aveva il suo portamento elegante, pesato in ogni singolo movimento. Sembrava quasi che si distinguesse al di sopra di tutti gli altri presenti a quei festeggiamenti. Quando una ragazza dai capelli rossicci gli si fiondò addosso, gettandogli poi le braccia al collo e baciandolo, il cuore di Daphne si gelò, ma lui restò impassibile, immutato esteriormente. Passò solamente un braccio intorno alla vita della ragazza e accettò un boccale di birra che gli veniva offerto. Daphne deglutì, buttando giù ciò che restava della sua birra, e si guardo intorno. Notò immediatamente che Evan era finito addosso ad un muro con Rebecca, tanto per cambiare, e che Victoria era accanto al (secondo lei) meraviglioso Damien vicino al bancone. Begli amici, lasciarla sola nel momento del bisogno! Scosse la testa, incrociando le braccia sotto al seno e osservando ripugnata una coppia che si stava baciando con una tale intensità da farle attorcigliarle le budella.

Girò prontamente i tacchi e si incamminò nella direzione del maxi barattolo di Heineken dove riempì nuovamente il suo bicchiere. Tuttavia la sua impresa fu interrotta da un ammasso di muscoli che le cadde praticamente in braccio facendole non solo rovesciare interamente il contenuto del bicchiere, ma anche perdere l'equilibrio.

-James! Stai fuori come un balcone!- Una voce fin troppo conosciuta rimproverò il ragazzo che le era caduto addosso. Nathan Crawford sollevò James da terra e gli diede un paio di schiaffi per farlo riprendere. Daphne abbassò istintivamente lo sguardo, tentando di evitare un qualsiasi contatto con il ragazzo ma, ovviamente, fallì nella sua impresa.

-Ehi, scusami!- La voce traballante di James fece alzare gli occhi da terra a Daphne che, immediatamente, lasciò che il suo sguardo si intrecciasse con quello di Nathan.

-Di niente.- Mormorò con un filo di voce, mentre l'espressione di Nathan assomigliava sempre più alla sua: pura sorpresa.

-Accompagnaci.- Nathan invitò gentilmente Daphne a seguirlo. Entrarono nella parte posteriore del locale e la ragazza aiutò Nathan a stendere James sul divano. Dopo aver portato l'acqua ed una bacinella per il dopo sbornia all'ubriaco, per la prima volta Nathan e Daphne rimasero in silenzio a guardarsi negli occhi. Sembrò essere passato un secondo da quel bacio a King's Cross. Sembrò che tutto fosse incredibilmente recente, incredibilmente normale. Eppure contemporaneamente era come si ci fosse una barriera di parole non dette e pensate fra loro.

-Studi ad Oxford anche tu allora...- Constatò Nathan guardando la felpa di Daphne con un sorriso. -A che college stai?- Aggiunse, sedendosi su una sedia lì vicino. Lei lo imitò, accennando un sorriso. Era tutto terribilmente sbagliato.

-Al Brasenose.- Rispose, torturandosi una ciocca di capelli. -Tu sei al Keble, vero? Oggi non si faceva altro che parlare di “quella stella del calcio di Crawford”.- Sorrise con dolcezza, ricambiando il suo sguardo di tanto in tanto.

Mentre lui le parlava della sua quotidianità, di tutte quelle domande troppo personali che non si erano posti a Brighton, Daphne osservava inevitabilmente lui e la persona che era. Tralasciando il discorso che Oxford univa intellettualmente tutti i suoi studenti, nessun avrebbe potuto negare il baratro che c'era fra lei e lui. Bastava osservare come era vestito, i racconti che faceva sulla sua vita a Londra servito e riverito dalla sua famiglia, la sua casa nel pieno centro proprio accanto al palazzo reale. Lei cosa mai avrebbe potuto raccontargli? Di come d'estate lavorava in un misero fornaio aiutando il signor Perkins a fare il pane e il dolci?

-Avresti potuto dirmelo che stavi ad Oxford. Ci saremmo incontrati sicuramente prima...- Disse con un dolce sorriso, allungando poi il braccio per stringere la mano della ragazza. Daphne fu scossa da un tremito e lasciò che le sue dita si incrociassero con quelle di Nathan.

Poteva essere così sbagliato quel contatto così incredibilmente piacevole?

Sorrise quando lui le passò un braccio dietro la schiena, stringendola con dolcezza al proprio petto e lasciandole un morbido bacio fra i capelli.

-Mi sono maledetto per non averti chiesto il numero e per non esserti riuscito ad incontrare in nessun posto a Londra.- Sorrise, chiudendo gli occhi e continuando a passare le dita fra i lunghi capelli di Daphne. -Lo so che Londra è immensa ma il centro è uno solo e magari nelle discoteche più frequentate... Mi sono sentito un idiota a cercarti fra la folla.- Ridacchiò, soffocando la risata fra i capelli castani. Daphne si sciolse completamente in quell'abbraccio e mandò a quel paese tutti i suoi pregiudizi sulla loro differenza di classi sociali e su tutti i problemi che sarebbero potuti nascere fra loro ma ne tralasciò uno che non aveva neanche minimamente considerato.

-Madison?-

Madison? La voce di Nathan la fece voltare di scatto e quel dolce contatto terminò bruscamente. Madison Linton era in piedi vicino allo stipite in tutta la sua altezza e la sua bellezza. Daphne aveva un carattere molto docile e gentile e solitamente non era tipo da farsi nemici. Eppure quella dannata ragazza non l'aveva potuta vedere dalla prima volta che aveva varcato la soglia del dipartimento di relazioni internazionali e negli ultimi due anni la principessa bionda non aveva fatto altro che punzecchiare Daphne e, quest'ultima, aveva sempre provato a prendere le distanze da quella vipera.

-Nath, da quand'è che frequenti questa gente di basso borgo?- Domandò altezzosa, avvicinandosi suadente a Nathan lasciandogli un bacio sulla guancia. Era lei la ragazza che precedentemente gli si era strusciata addosso, come aveva fatto a non riconoscerla immediatamente? Stupida, stupida idiota. Si era illusa nuovamente. Avrebbe dovuto tenere sempre bene a mente che Nathan proveniva da un gruppo differente di persone, che frequentava persone come Madison, l'alta società londinese...

-Quand'è che ci porti un po' di baguette?- Domandò con cattiveria, fissando gli occhi blu di Daphne. La ragazza trasalì: si era completamente dimenticata del fatto che quella idiota conosceva le sue occupazioni estive in quando aveva una residenza anche a Reading. Scosse la testa, lottando contro se stessa per non far scendere le lacrime. Nathan fissava attonito sia Madison che Daphne.

-Di che parli?- Domandò ad un tratto, guardando Madison. Il sorriso trionfante della ragazza di allargò ulteriormente.

-Ma come, la campagnola non ti ha mai raccontato delle sue attività estive?- Cinguettò, beandosi dell'espressione tramortita di Nathan.

-Campagnola?- No, era decisamente un incubo. Daphne si alzò di scatto, passandosi una mano fra i capelli nervosamente.

-Non sapevi che la signorinella vive in una fattoria nella campagna di Reading?- Le mani di Daphne si strinsero in un pugno. Guardò Nathan ma lui non disse una parola, pendeva completamente dalle labbra di Madison continuando però a guardarla. Non disse nulla: né per difenderla, né per accusarla, né per dire che non gliene potesse importare di meno. Non disse assolutamente nulla ed un muro pesantissimo di creò fra lui e Daphne. Cosa poteva mai aspettarsi infondo? Che dicesse non gli interessava che fosse una campagnola? Non sarebbe mai accaduto. Erano tutte balle il fatto che i pregiudizi fossero terminati. Erano tutte stronzate.

Daphne uscì velocemente da quella stanza, uscì velocemente dal pub senza neanche cercare Evan, Victoria o Rebecca. Uscì per strada stringendosi nella propria giacca e tirò su il cappuccio della sua felpa.

Cosa si aspettava infondo? Nathan non lo conosceva neanche. Ci aveva scambiato quattro chiacchere su un treno per Brighton alla vigilia di Natale, si era comportato in una determinata maniera con lei perché non sapeva niente della sua vita, del suo presente... Pensava che vivesse a Londra, come lui, pensava che magari fosse una ragazza benestante, una ragazza da presentare ai nobili genitori senza creare scalpore.

Possibile che nel 2011 dovesse ancora vergognarsi della sua provenienza, di chi fosse? Affondò i denti nel labbro inferiore fino a sentire il sapore metallico del sangue nella sua bocca. Come aveva fatto ad illudersi su Nathan Crawford? Quello stesso ragazzo che l'aveva baciata a King's Cross come poteva essere quello che non aveva spiccicato mezza parola mentre quella vipera di Madison la insultava gratuitamente? Ed ora che se ne era andata e che vagava senza una meta per la cittadina universitaria, magari lei lo stava baciando ancora con passione fra una battuta e l'altra sulla ragazza di Reading, sulla fornaia. Magari era bastato sapere che viveva in una fattoria per cancellare le quattro ore più belle che potesse ricordare su una sdraio in riva al mare.

   
 
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