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Autore: calt coouc    07/01/2011    6 recensioni
Avete mai avuto tanta curiosità da non dormire la notte? Avere a disposizione un sogno e non poterlo vivere?
Questa è la storia della piccola Elisa, curiosa quanto ingenua, adottata da un miliardario ed erede di un grande segreto.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La piccola Elisa aspettava quel momento da settimane.
“Starò via per poco, tu comportati da brava bambina ok?” gli disse il grande uomo che pochi anni prima la prese in casa sua come protetta.
Aveva tre anni quando quella notte, l’incendio che colpì casa sua uccise i genitori e la lasciò da sola a vagare per le strade buie. Un attento passante, vestito di tutto punto, la scorse nascosta dietro alcune pile di legno e preso dalla tristezza la portò nella sua reggia a pochi chilometri da li.
A 7 anni da quella lontana ed oscura notte, Elisa faceva finta di dormire raggomitolata nelle coperte calde e soffici. “Buonanotte piccola mia” disse un uomo grande quanto un armadio e avvolto da un enorme mantello, quasi fosse una tenda.
Non appena uscì dalla camera Elisa scostò di scatto le coperte e come non fosse mai stata più felice sfoderò un lunghissimo sorriso da un’orecchia all’altra. Aveva ancora le scarpe ai piedi ed era vestita con la magliettina e i pantaloni più belli che potesse avere. Era una sera che non avrebbe mai dimenticato e quella stessa sera meritava le sue più grandi attenzioni, a partire dai vestiti.
Guardò la sveglia che segnava le 23, soddisfatta della puntualità del grande uomo si diresse verso la porta e appoggiò un orecchio sul freddo legno.
Niente.
A quanto pareva la via era libera.
Aprì la porta tentando di evitare ogni minimo rumore, la varcò in punta di piedi e si diresse verso il ballatoio da dove le scale partivano in due direzioni. Per fortuna la moquette ricopriva gran parte della casa e le sue graziose scarpe lilla non emettevano nessun rumore.
Un fragoroso rimbombo disturbò il silenzio tutt’attorno, il portone di ingresso si richiuse dietro le spalle del gentile uomo di casa lasciando la piccola Elisa sola in tutta l’enorme dimora.
Quasi impaurita della novità di poter avere tutto il castello per se, la piccola ragazzina si prestò a scendere il più in fretta possibile le scale che portavano al pian terreno, proprio di fronte alla porta di ingresso.
Vi erano due rampe di scale che, partendo dal ballatoio delle camere da letto, portavano al pian terreno verso le cucine, il soggiorno e lo studio segreto. Proprio quest’ultima era la sua meta, l’angolo oscuro dove non le era permesso entrare, l’unico punto della casa ancora sconosciuto e quindi, il più interessante.
Aveva sentito parlare di quello strano posto solo dai cuochi e dalle tate che, in ogni ora del giorno, credendo di non essere sentite da nessuno, chiacchieravano e si narravano strane storie sentite in locali oscuri e misteriosi. Da quei corti discorsi origliati la piccola ragazzina aveva appreso il modo di entrarvi senza essere scoperta oltre ai numerosi timori nati da ingenue confessioni riguardanti fantasmi e mostri.
Appena dopo l’ingresso, incavata in una parete di roccia asciutta, vi era una porta in legno secco, completamente diversa dalle altre sia di colore che di particolari. Essa infatti non aveva buco per la serratura, non possedeva ne cardini ne qualche tipo di venatura o particolarità del legno. Era semplicemente una lastra uniforme posizionata dentro un incavo rettangolare. Nessuno avrebbe mai potuto pensare si potesse aprire se lei stessa non avesse sentito, durante le numerose notti insonne, cigolii e colpi provenire proprio da quel punto della casa. E come se non bastasse le era sempre stato vietato avvicinarsi presso la porta, origliare o bussare.
Quella notte però era tutto diverso. Era sola. Nessuno poteva dirle che fare. Nessuno poteva impedirle di esplorare l’unica parte della casa che non aveva ancora visto.
Quella notte, proprio come sognava di fare ogni notte, era di fronte alla porta misteriosa e la fissava con uno sguardo pieno di sfida e di emozione.
Dalla parte opposta della parete ove era incavata la porta, vi era una pietra di dimensioni minori di quelle che la circondavano. Il suo colore era più chiaro, come se venisse usata numerose volte in più di tutte le altre che componevano le mura. Tutto attorno non vi era segno di calce, sembrava quasi non far parte della casa. Senza esitazione Elisa ne afferrò i lembi e la tirò verso di lei. Senza alcun tipo di sforzo la pietra si estrasse. Nel tenerla in mano sembrava incredibile come il suo peso non rispecchiasse le apparenze, era leggera come una piuma ma resistente quanto l’acciaio.
Dentro il cubicolo occupato precedentemente dalla pietra vi era qualcosa che ne sporgeva dalla parte opposta. Non si capiva bene cosa fosse perché c’era troppo buio. Bastò attendere qualche secondo in più perché gli scuri occhi della ragazzina si abituassero all’oscurità riuscendo finalmente a schiarire la strana lastra in legno.
Di fronte ai suoi occhi increduli vi era un quadratino con incastonate cinque lettere e tre numeri posti su una griglia tre per tre. Uno spazio quindi restava vuoto.
Come le era stato involontariamente suggerito dal personale del castello, il trucco non era affatto difficile nonostante la sua giovane età. Solamente un persona che avesse vissuto in pieno contatto con il padrone del castello poteva conoscere i particolari della sua vita. Solo le persone importanti potevano avere accesso ai suoi ricordi, belli e brutti. Come li raccontava molte volte, nella vita di Sir Luca, vi era stato un incontro che la cambiò completamente.
Quella notte, l’indaffarato uomo di potere, vide un fagotto sofferente rintanato dietro una pila di legna da ardere. Era la notte del ventisette ottobre 2010. Un anno indimenticabile.
Era quasi ovvio che i caratteri presenti nella tavola di legno, A E I L S 1 0 0, dovessero essere disposti in modo da creare una sequenza di lettere e numeri riguardante quella notte.
Dopo pochi minuti la piccola ragazzina sentì un leggero clic proprio mentre posizionava l’ultimo numero al suo posto: ELISA 010.
Niente accadde alla porta alle sue spalle.
Percorse velocemente la ventina di metri di larghezza che formavano l’entrata al castello, appena di fronte alla porta misteriosa si fermò ad osservarla. Una leggera brezza le muoveva i capelli scuri come la pece.
Con un ditino sfiorò il legno secco e come un foglio di carte spazzato via dal vento, con un leggero cigolio accentuato dal silenzio, la porta si aprì lasciando scorgere nient’altro che buio pesto.
Un po’ intimorita mosse il primo passo in avanti. Un secondo dopo essere entrata oltre la soglia, un leggero click risuonò sotto la suola delle sue scarpe. In pochi secondi delle fiamme argentate riempirono la stanza tonda immergendo i libri, gli scaffali e gli oggetti di una luce chiara e soave come provenisse da una fonte irreale. Subito dopo la porta si chiuse alle sue spalle.
Alla vista di quell’immenso quanto angusto posto, Elisa li lasciò sfuggire un sussulto di meraviglia. I suoi occhi viaggiavano in lungo e in largo cercando in pochi secondi di svelare ogni piccolo dettaglio che era quella stanza così tanto desiderata.
Era disposta in pianta circolare di due decine di metri di diametro, le pareti erano alte una trentina di metri ed erano completamente tappezzate di libri contenuti in librerie di vecchio legno. A pochi passi da lei, alcuni gradini portavano ad una sorta di rialzo in pietra racchiuso da parapetti in ferro battuto. Al centro di esso vi era una scrivania con una miriade di oggetti antichi e mai visti come pergamene, calici, sfere di vetro, anelli in oro e così via. Elisa salì gli scalini con il viso verso l’alto a scrutare l’immensa cupola in vetro che regnava su tutta la stanza. Una volta a pochi centimetri dalla scrivania vide un libro aperto su una pagina scritta a metà, una penna di uccello ancora con la punta intrisa di inchiostro poggiata sulla pagina incompiuta e una sedia buttata a terra.
Passò dalla parte opposta della scrivania incuriosita da quella bellissima scrittura in corsivo.
I suoi occhi lessero attentamente cosa vi era scritto:

“Forse stasera riuscirò a comprenderne i segreti, i miei esperimenti hanno sottolineato come non possa essere nient’altro che la verità. Ora che è qui con me devo proteggerla, devo fare in modo che nessuno sappia della sua esistenza. Riusciremo finalmente a salvare quel che resta di noi.”

Si guardò attorno. Guardò attentamente ogni oggetto presente nella scrivania. Uno di questi doveva essere molto importante.
All’improvviso una piccola luce la distolse dai suoi pensieri. Si girò di scatto e vide a malapena una piccola fiamma, diversa dalle altre emettere un piccolo bagliore azzurro proprio sulla sommità di un’altra porta opposta alla prima. Essa era malamente nascosta da una catasta di vecchi e impolverati libri poggiati a terra.
La fiamma si spense in pochi secondi come soffocata dallo stesso legno di cui era composta la porta.
Dimenticandosi completamente dei suoi pensieri precedenti, si allontanò dalla scrivania e iniziò a curiosare tra le immense distese di libri che tappezzavano le mura. Lesse distrattamente titoli stranissimi come “L’incredibile avverarsi dei desideri” , “Noi, coltivatori di potere” , “Magia o avanzata tecnologia?” o “Racconti di Bi Aibb” e non poteva far altro che chiedersi che tipo di testi fossero. Cercò di afferrarne uno ma con insuccesso e fu costretta a rinunciare.
Poco più in la scorse una lastra gialla lucente. Erano incisi dei caratteri nella stessa grafia del libro sulla scrivania. Essi dicevano:

“Ciò che la curiosità possiede è ciò che la mente richiede. AS_A_”

Elisa ci pensò su un attimo. Era fin troppo facile. Faceva questo tipo di giochi ogni sera prima di andare a letto. Il trucco sta nel saper quale lettera mettere negli spazi vuoti.
“Ciò che la curiosità possiede è ciò che la mente richiede.” Semplice. La mente richiede qualcosa che ha pure la curiosità. Cosa hanno in comune la curiosità e la mente? L’ingenuità? La stoltezza?
No. È solo una lettera. È la lettera T.
La parola che viene fuori è “ASTAT”.
“Ma che vorrà mai dire?” pensò Elisa.
Come per un lampo di genio, la ragazzina posò il palmo della mano sul primo libro che aveva di fronte e pronunciò la parola: << ASTAT! >>
Il libro di fronte a lei, che prima di pronunciare la parola non ne voleva saperne di uscire, ora come fosse leggero come una piuma, si estrasse dalla pila in cui era inserito finendo nelle sue mani.
La ragazzina iniziò a ridere all’impazzata divertita da questo piccolo gioco.
“Ora proviamo in un altro modo.”
Lesse un titolo di un libro posto a qualche metro sopra di lei: “Incanti leggeri”
<< ASTAT Incanti leggeri! >>
Incredula potesse realmente accadere, il libro si disinserì dalla pila e le cadde in mano. Quasi allo stesso momento, il libro estratto prima levitò in aria e si infilò nel suo precedente posto.
Scoppiò in risa divertite che travolsero il silenzio della stanza.
Il suo sguardo si poggiò su quello strano libro dal colore blu sbiadito.
“Cosa saranno mai degli incanti?” pensò tra se e se.
Andò a sedersi alla scrivania raccogliendo da terra la sedia. Si mise di fianco al libro scritto a mano e aprì sulla prima pagina Incanti leggeri.
Vi era un’immagine di uno strano uomo in tunica blu con una folta barba bianca ed un bastone in mano. Sembrava quasi essere lui lo scrittore di quel libro, difatti era posta una firma ai suoi piedi come a voler personalizzarlo.
Nella seconda pagina invece c’era una piccola introduzione. Era in una lingua che non aveva mai visto prima, non si capiva una parola. Alla base del testo, verso la fine della quinta pagina c’erano delle note. Stessa grafia in corsivo del manoscritto e della targhetta:

“Nonostante siano leggeri non vuol dire che non possano essere pericolosi.”

Intimorita da questo involontario avvertimento Elisa smise di leggere. Si guardò attorno, quasi avendo paura di esser vista fare qualcosa di sbagliato. Inarcò le sopraciglia quasi disturbata da quel silenzio incombente. Chiuse il libro senza neanche guardarlo, se lo mise sotto braccio scendendo dalla sedia e si diresse verso l’uscita.
Poco prima di aprire la porta si guardò alle spalle, scrutò il maestoso spazio pieno di libri e oggetti e si promise di tornarci non appena possibile.
Ancor più leggera di prima la porta si aprì con un piccolo gesto della mano, il solito cigolio echeggiò nel castello sino ad attenuarsi del tutto.
Elisa si ritrovò immersa nel buio di una notte gelida. La casa era completamente addormentata e poche ombre create dalla sua mente si arrovellavano sopra le mura.
D’un tratto la serratura della porta di ingresso fece uno scatto. Presa dal panico sbiancò completamente, i suoi occhi grandi e neri si aprirono in tutto il loro terrore mentre il cardine iniziò a cigolare.
Con uno scatto quasi inumano la ragazzina corse verso il sottoscala da dove era arrivata poco prima, si acquattò stringendo il libro tra se e inserendo la testa in mezzo alle ginocchia.
Dei grandi passi ruppero il silenzio in tutto l’antro di ingresso. Era Sir Luca.
“Già tornato?” si chiese senza speranza Elisa.
Sir Luca, a passo svelto, si diresse verso le scale, le salì in fretta e furia, entrò nella sua stanza, proprio di fronte a quella di Elisa, e come fosse molto preoccupato, si buttò giù dalle scale e riuscì dalla porta di ingresso.
Elisa strabuzzò gli occhi, non riusciva a capire quello strano comportamento. Così, con un po’ di paura, indugiò fuori dal suo nascondiglio per tornate velocemente nella sua camera.
Una volta li, posò il libro sotto il letto, non voleva che nessuno all’interno di quel castello lo vedesse, si infilò sotto le coperte e cercò immediatamente di dormire.
Fu tutto inutile. L’adrenalina del momento passato era ancora troppo alta per assopirsi. Era come se nella stanza non ci fosse altro che il libro sotto il suo letto. La curiosità la stava uccidendo. Se chiudeva gli occhi non sentiva altro che il suo cuore pulsare dalla frenesia.
Si rigirò dall’altra parte del letto. La sveglia illuminava le coperte di rosso. La fissò per qualche istante.
<< Non è possibile! >> esclamò quasi urlando. Si mise a sedere così velocemente che le coperte caddero dal suo corpo. Stava ferma e fissava la sveglia. La sua lucina rossa scandiva lentamente i secondi col pulsare dei pallini rossi. L’ora in rosso segnava incredibilmente le 23:03.
“Sono passati solo tre minuti da quando mi sono alzata dal letto? Ma non è possibile!” pensò incredula.
  
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