Innanzitutto buon anno!!! Come avete trascorso queste giornate di festa???
Scusate il ritardo, ma ho pensato che forse era meglio aspettare prima di pubblicare un nuovo capitolo.
Con le vacanze natalizie tutti abbiamo un pò abbandonato, volenti o nolenti, la lettura e la scrittura.
Nel capitolo troverete anche il testo di una canzone che mi ha ispirato May I - Trading Yesterday e che dà il titolo al capitolo.
Prima di lasciarvi alla lettura voglio chiarire la questione del morso: non l'ho approfondita ed è colpa mia, quindi mi scuso. Meredith non viene infettata perchè innanzitutto è stato un morso rapido, Edward è stato immediatamente fermato da Alice, secondo i poteri di Meredith impedire al veleno di agire, lei neutralizza ogni attacco dei vampiri. E' per questo che è tanto voluta da Destino!
Ora la smetto di ciarlare e vi lascio al capitolo.
Aspetto le vostre meravigliose recensioni! Grazie ad ogni singolo lettore!
Capitolo 31 “May I”
Il mattino seguente, la luce entrò nella
stanza, fermandosi sui miei occhi chiusi.
Li spalancai di botto spaventata e mi
sedetti al centro del letto.
Mi stiracchiai, il corpo ancora
intorpidito dal troppo sonno.
Mi toccai la spalla e le dita
carezzarono quel segno che a vita mi avrebbe marchiato e ricordato quella sera.
Sospirai ricordando ogni cosa.
Edward che mi baciava, mi leccava…che
entrava in me.
Scossi la testa per allontanare quei
pensieri e lasciai scivolare le mani sul grembo. Che dovevo fare ora?
Come dovevo comportarmi?
Mi passai la mano tra i capelli
disperata.
Toc toc
Quel suono bastò per farmi sussultare e
iniziare a tremare.
Se fosse stato lui che avrei fatto?
“Avanti” dissi, la porta si aprì
rivelando la figura minuta di Alice, sorrisi sollevata e in parte anche un po’
delusa.
Mi aspettavo davvero di vederlo dopo
quello che mi aveva detto?
Illusa!
”Buongiorno Meredith, come stai?”
domandò danzando fino al letto e accomodandosi leggiadra sul materasso.
“Sono stata meglio” risposi sincera, il
suo sorrise scomparve cedendo il posto ad uno sguardo serioso.
“Mi dispiace per quello che ti ha detto,
ma non era in sé. Edward non pensa quelle cose, lui…” issai una mano e le feci
cenno di fermarsi.
“Lascia perdere, Ali” sospirai.
“Non importa! Ormai è tardi per tornare
indietro e se lui ritiene sia stato un errore, chi sono io per convincerlo del
contrario?” chiesi più a me stessa, con una certa ironia.
“Per te però non lo è stato” constatò,
fissandomi diritta negli occhi.
“Non è una domanda” inarcai un
sopracciglio, Alice scosse il capo.
“Per me è stato uno dei momenti più
emozionanti in assoluto. È stato come trovare finalmente una collocazione e…”
sorrisi talmente tanto che sentii la mascella farmi male. “Ed è con lui…mi
sento parte di lui ora ed è qualcosa di indescrivibile” sospirai sommessamente.
“So cosa vuoi dire” ammise lei,
prendendomi la mano e stringendola nella sua gelata.
“Sono contenta per te! Quello stupido ha
rovinato tutto, ma sono convinta che dentro di lui sente la tua stessa
felicità!” disse continuando a stringermi la mano. Volevo crederle.
Desideravo intensamente che fosse così,
altrimenti il mio cuore si sarebbe nuovamente spezzato.
“Dov’è?” chiesi abbassando la testa.
“Nella sua stanza. Non si è più mosso di
lì” che stupida illusa, speravo che stanotte fosse venuto nella mia camera,
anche solo a dare un’occhiata.
"Ti ha visitata stanotte. Il veleno non circola nelle tue vene. Credo
che lui non abbia mai visto nulla di simile" scosse la testa.
"Io ero preoccupata, però non ho avuto visioni di te vampira.
Edward era come entrato in catalessi, come se non ci avesse minimamente
pensato. Quando ha realizzato cos'è successo è corso
nello studio di nostro padre. Carlisle ha parlato con lui a lungo e
sono giunti alla conclusione che i tuoi poteri siano capaci di
neutralizzare il nostro veleno" proferì non lasciando mai il mio
sguardo.
"E'...assurdo" mormorai a mezza voce, stupendomi di non aver minimamente pensato alla trasformazione.
"Lo so" annuì Alice "Ora non pensarci" sorrise prendendomi una
mano "Sei in forma e presto le cose si sistemeranno" la guardai
dubbiosa.
“Avanti ora vestiti e vieni a fare colazione. Esme
ti aspetta” mi fece l’occhiolino e si alzò.
“Ah un'altra cosa!” si voltò mentre era sulla porta
“Ha telefonato Charlie, ha detto che è a casa comunque. Puoi tornare quando
vuoi. Esme però lo ha convinto a farti rimanere qui un altro paio di giorni. In
ogni caso, vorrebbe che tu ti facessi viva” sussultai “Ok…”.
Restare lì in quella situazione mi
sembrava sbagliato, temevo tanto che fossimo tornati indietro nel tempo.
Sospirai ancora.
Qualche minuto più tardi scesi in cucina,
ma prima di entrarvi presi un profondo respiro, le dita mi tremavano.
“Buongiorno!” proferì Emmett alle mie
spalle, mi voltai nella sua direzione.
“Ciao…” mormorai.
“Ehi che allegria! Tutto ok piccina?”
chiese scompigliandomi i capelli con una mano.
Annuii distrattamente.
“E allora sorridi! Sei più bella quando
lo fai” ammiccò, facendomi arrossire.
“Shh però non dirlo a Rose, chi la sente
sennò” gli feci la linguaccia.
“Mmm” finsi di stare al gioco
“Valuterò il da farsi” dissi con finta
indifferenza.
“Tzè le donne!” sputò inarcando un
sopracciglio.
“Si chiama solidarietà femminile” disse
Alice comparendo alle mie spalle insieme a Rosalie.
Tutte e tre ci mettemmo a braccia
conserte minacciandolo con lo sguardo, Emmett vistosi circondato, si arrese.
“Ok, ok
ho capito. Tre contro uno non è valido però” si lamentò entrando in
cucina, mentre io Rosalie e Ali scoppiammo a ridere a crepapelle.
Tra una risata ed un’altra, mi ritrovai
a portare lo sguardo verso le scale e solo in quel momento lo vidi.
Il sorriso si spense d’improvviso.
Vibrai sotto il suo sguardo d’onice.
Bum bum…
Assottigliai le palpebre, sciogliendo le
mie braccia dalla presa sotto il seno e le rilasciai lungo i fianchi.
Gli occhi mi dolevano per il troppo
pianto.
Deglutii ricacciando giù l’amaro.
Tutto intorno a me sembrò sparire,
vedevo solo lui.
Ogni suono mi giungeva ovattato, privo
di tono, di senso.
Solo lui.
Solo io.
Solo noi in quella stanza.
Con una forza e un coraggio che non mi
riconoscevo, indurii lo sguardo, ne constatai subito l’effetto quando vidi il
suo corpo irrigidirsi, mi mossi dandogli le spalle e dirigendomi in cucina,
ignorando quella vocina che mi diceva “Va da lui, va da lui!”.
Tutto questo sotto lo sguardo sbigottito
di Emmett.
Alice mi fissò complice, poi mi seguì,
non dicendo nulla.
“Buongiorno Esme” salutai la donna che
mi sorrideva maternamente.
“Ciao tesoro. Hai dormito bene?” domandò
premurosa accarezzandomi il viso.
“Si, ma mi sento ancora un po’ stanca”
confessai arrossendo, lei sorrise, poi il suo sguardo si posò sulla mia spalla:
la manica della maglia era leggermente abbassata.
“Cosa…?” i suoi occhi si scurirono.
“Non è colpa sua” dissi coprendomi,
sentendomi in dovere di difenderlo, nonostante tutto.
Esme mi fissò a lungo, poi rilasciò un
sospiro rassegnato “Tu stai bene?” chiese.
“Si, sto bene. Carlisle mi ha visitata” annuì poco convinta.
“Dai siediti e mangia qualcosa. Ti vedo
troppo pallida”, accettai il suo invito, il mio stomaco si stava lamentando da
un po’.
Alice e Rosalie mi fecero compagnia,
chiacchieravamo del tempo e di shopping, quelle due si erano messe in testa di
trascinarmi fuori città a comprare qualche abito per il ballo di fine anno che
la nostra scuola avrebbe tenuto da lì a qualche settimana.
“Eddai Meredith! Non fare la pigra!”
Alice mi tirò per un braccio, scuotendomi.
“Ha ragione Ali!” disse Rose stranamente
cordiale quel giorno.
“Dobbiamo necessariamente uscire e
divertirci. Abbiamo bisogno tutti di distrarci, soprattutto tu” ammiccò.
“Già…” mormorai rabbuiandomi.
“Niente musi lunghi. Sorridi la vita è
bella” sussurrò Alice al mio orecchio.
“Avanti andiamoci a preparare, ci
aspetta una lunga giornata di shopping!” saltò giù dal tavolo, atterrando con
grazia sui suoi piedi.
Alzai gli occhi al cielo, fintamente
irritata, infatti subito dopo sorrisi a tutto spiano e le seguii.
“Passiamo un attimo da casa? Così saluto
mio padre e lo avverto, non vorrei che non trovandomi da voi, organizzi una
spedizione per cercarmi” dissi mentre attraversavamo il salone.
Sott’occhio notai la figura di Edward in
cima alle scale, ma lo ignorai.
Alice si voltò e sorrise in modo strano.
“Che c’è?” domandai e credendo di avere
qualcosa di strano sul viso, iniziai a toccarmi.
“Hai detto << mio padre >> “
confessò fissandomi compiaciuta della mia espressione sbalordita.
Infatti spalancai gli occhi.
Era vero! Non me n’ero accorta.
“Mi è venuto così…naturale…” sussurrai
posandomi un dito sul labbro inferiore.
“E’ una bella cosa. Vuol dire che qui ti
senti a casa” proferì contenta, aprendo la porta e lasciandomi passare.
Ed effettivamente era così: quel posto
era diventato casa mia.
Entrate in macchina, mi accoccolai sul
sedile posteriore e mi lasciai trascinare via da quelle due pazze delle mie
amiche.
“Prova questo” era il ventesimo vestito
che mi facevano vedere e indossare ed eravamo appena al terzo negozio.
Pregavo che quella tortura finisse
presto.
Se ci fosse stato Edward, mi avrebbe di
certo dato una mano a gestire quelle due pazze delle sue sorelle!
Ma non c’era e dovevo arrangiarmi da
sola.
Per Rose e Alice nessuno esaltava il mio
dolce viso d’angelo.
Sbuffai imprecando.
Afferrai il capo d’abbigliamento che mi
stava porgendo Alice, sperando fosse l’ultimo.
Non mi guardai neanche allo specchio,
uscii fuori dal camerino in fretta e furia.
Via il dente, via il dolore!
“Eccomi!” allargai le braccia
esasperata, poi cinsi le mani in vita, l’espressione delle mie amiche non mi
piacque: ad entrambe brillavano gli occhi.
Diedi un’occhiata veloce all’abito
chinando il capo, non c’erano imperfezioni e allora perché quello sguardo
allibito e stralunato?
“C’è qualcosa che non va?” domandai
confusa, infondo le esperte di moda erano loro.
“Alice!” disse Rose, afferrandola per il
braccio.
“Si, so cosa vuoi dire” i suoi occhi
indugiarono ancora qualche secondo sul vestito e poi su di me.
“E’ perfetto!” proferì felice.
Sorrisi di riflesso “Ti sei vista?”
chiese.
Risposi facendo un cenno negativo con la
testa.
“E allora fallo!” m’incitò Rose
ammiccando.
Obbedii e mi voltai verso l’enorme
specchio posizionato sulla destra.
Spalancai la bocca: l’abito rosa
confetto scendeva morbido sul mio corpo esaltando la linea dei miei seni, le
bretelle fini lasciavano scoperte spalle, collo e parte della schiena.
Il vestito era formato di tante piccole
pieghe, sotto il petto due piccole stringhe permettevano di stringere l’abito
per renderlo più aderente. Il resto scendeva lungo su tutto il corpo fino al
ginocchio.
Alice e Rose mi comparvero alle spalle
tutte sorridenti; la bionda mi tirò i capelli dietro creando una piccola
pettinatura.
“Ci vorrebbero degli orecchini lunghi”
sussurrò sfregandosi il mento.
“Io ne ho un paio a casa” borbottò Alice
battendo le mani contenta come una bambina a cui era stata appena promessa una
caramella.
“Ottimo! Cara Meredith, abbiamo
sistemato la questione ballo!” sorrise la bionda.
Io annuii imbarazzata, vittima di quelle
attenzioni.
“Edward impazzirà vedendoti così”,
sobbalzai udendo quel nome e loro se ne accorsero.
Si lanciarono una breve occhiata complice,
poi si comportarono come se nulla fosse successo.
“Mangiamo qualcosa al Mcdonald?” propose
Alice.
Rose ed io acconsentimmo.
Era ormai pomeriggio inoltrato, avevo
chiesto a Rosalie e ad Alice se potevo fare una giro nella libreria di Port
Angeles.
La libreria era l’unico luogo in grado
di farmi distendere i nervi.
Triste o felice che fossi, quand’ero lì
dentro, ogni sensazione fuori posto, spariva.
Ero immersa tra gli scaffali, dove
antico e moderno si fondevano elegantemente; con le dita sfioravo le copertine
dei diversi libri, indecisa su che genere orientarmi e quando vidi quel libro, ritrassi la mano come
scottata.
Strinsi le palpebre rigettando indietro
le lacrime.
<< Theresa lo interruppe stringendogli la mano.
"Sono convinta che ci credi davvero, e anche una parte di me
vorrebbe crederlo. Se adesso mi abbracciassi e mi implorassi di restare, sono
sicura che lo farei, perché hai portato nella mia vita qualcosa che mi mancava
da tempo. E continueremmo entrambi in questo modo, convinti che tutto vada
bene...ma non sarebbe così, non capisci? Perché al prossimo litigio..." Si
fermò.
"Non posso competere con lei.
E per quanto desideri che la nostra storia continui, non posso permetterlo,
perché tu non lo permetteresti >>.
L’Ombra s’era materializzata al mio
fianco: sghignazzando malignamente aveva afferrato il libro e apertolo, aveva
letto proprio quel passo.
Non ci fu niente da fare per fermare la
mia disperazione.
“Vedi” disse alacremente.
“Te lo dice anche il tuo libro
preferito” e sparì, mentre la sua risata riecheggiava nella mia testa.
Mi tappai le orecchie cadendo sulle mie
gambe.
“Basta, basta!” gridai attirando Alice e
Rosalie che mi avevano udito dall’altra parte della sala.
“Meredith! Meredith!” mi issarono da terra
afferrandomi per le spalle.
“Che succede?” chiese Alice.
“Non hai visto niente?” domandò
preoccupata Rose alla sorella.
“No” rispose quest’ultima fortemente
turbata.
“L’Ombra era qui…mi perseguita…”
piagnucolai esausta.
Rosalie e Alice mi trascinarono fuori
dalla libreria e mi fecero sedere su una panchina del centro. Lì mi offrirono un
bicchiere d’acqua e ne approfittai per
raccontare loro l’accaduto.
“Non vuol dire niente, ora non farti
condizionare da quel passo del libro! Destino vuole fare in modo che tu passi
dalla sua parte!” annuii poco convinta alle parole di Alice.
“Accidenti!” urlò Rosalie, schiacciando
il bicchiere e riducendolo a niente. “Calmati!” la incitò Alice.
“Se lo avessi tra le mani, gli darei una
lezione che non se la dimenticherebbe più! Che cacci gli attributi e ci
affronti di petto!” gridò.
io abbassai il capo, stanca di quella
storia.
“Torniamo a casa?” chiesi rabbuiandomi.
“Si…te la senti?” domandarono entrambe.
“Si…” soffiai.
Improvvisamente tutti avevano smesso di
parlare.
In quel silenzio i miei pensiero si
facevano più rumorosi.
“Cosa gli dirai?” proruppe d’un tratto
Alice.
“Dici a me?” domandai incerta.
“Si. Hai intenzione di parlare con
Edward?”.
“Vorrei…ma non so come affrontarlo”
esternai tutti i miei dubbi.
“Sii diretta e sincera! Fagli capire
quanto tu sia ferita per il suo comportamento. Voglio capire che ha avuto paura
di ucciderti, ma avete condiviso un rapporto d’amore. La prima volta, una tappa
estremamente delicata e importante per entrambi!” proferì una Rose leggermente
irritata.
I miei occhi le fissarono attentamente,
poi ridacchiai.
Una risata nervosa.
“Perché ridi?” chiese Rosalie
frastornata.
“Voi fate così tanto per me e…proprio io
vi metterò in pericolo” soffiai prendendo realmente coscienza di quella verità.
Dirla ad alta voce, le dava l’effetto
che meritava.
“Per via dell’ombra?” chiese Alice,
annuii.
“Io mi fido di te” pronunziò convinta
guardandomi dallo specchietto retrovisore “Anche io” aggiunse Rosalie, la
scrutai sorpresa.
Mi aspettavo l’appoggio di tutti, ma non
di lei.
“Non meravigliarti! Sto imparando ad
accettarti. Non hai reso più umano solo Edward…” mormorò distogliendo lo
sguardo e fissandolo fuori dal finestrino.
Mi sporsi nello spazio tra i due sedili,
afferrai le loro teste con le mani e le portai accanto alla mia.
“Grazie” bisbigliai commossa, ma felice.
L’auto sfrecciò rapida nel garage, noi
tre scendemmo sorridenti e tra una chiacchiera ed un’altra ci ritrovammo nel
salotto di casa Cullen.
Erano le sette di sera, sembrava non ci
fosse nessuno.
Un profumino invitante mi entrò nelle
narici, annusai l’aria attorno a me come un segugio.
“Mmm…Esme deve aver preparato uno dei
suoi manicaretti!” esclamai entusiasta facendo roteare gli occhi alle mie
amiche, feci loro la linguaccia e mi precipitai in cucina, ma non vi trovai
nessuno.
Strano sembrava che il profumino venisse
proprio da quel posto.
Feci spallucce e tornai in salotto.
“Ali, Rose vostra madre…” m’interruppi notando
che fossero andate via.
Arricciai il naso e mi grattai la testa,
ma dov’erano finiti tutti?
Sospirai e salii nella mia stanza, prima
di aprire la porta, lanciai una rapida occhiata a quella di Edward, troppo
fifona per affrontarlo mi girai nuovamente ed entrai in camera.
Immediatamente quel profumino invitante
mi schiaffeggiò in pieno volto, mi guardai attorno e vidi sulla scrivania una
candela e un biglietto.
Tremai, sapeva di lui.
Era il suo profumo.
“Credo non ci siano parole giuste che io possa usare per farti capire come
mi sento. Per questo ti chiedo di correre nella mia stanza…ti aspetto.
Edward”
Sorrisi come una rimbambita e corsi, o
meglio, mi precipitai nella sua stanza.
Non bussai neanche, spalancai la porta
tutta contenta, ma quando la trovai vuota, quel sorriso morì di colpo.
Entrai, chiudendomi la porta alle spalle
e rimanendo ferma ad osservare il letto. Quel letto che ci aveva visti insieme.
Un singulto proruppe sulle mie labbra,
ma lo misi a tacere subito, tappandola.
Osservando meglio le lenzuola, vi notai
una scatola nera, mi avvicinai cauta, la scoperchiai tremando, dentro vi erano
un biglietto e un cd:
“Sei
delusa di non trovarmi? Spero che questo cd possa colmare in parte la mia
mancanza…inseriscilo nello stereo, poi mettiti al centro della stanza e chiudi
gli occhi.
Edward”
Interdetta, feci come mi aveva scritto.
Afferrai il cd e lo inserii nello stereo, premendo play.
Le note di un pianoforte inondarono
immediatamente la stanza, seguite poi dalla voce ardente di Edward.
Traballai, ponendomi al centro della
stanza e mi feci cullare da quelle splendide parole, cariche d’amore.
“And there you stand opened heart--opened doors
full of life with the world that's wanting more.
But I can see when the lights start to fade,
the day is done and your smile has gone away.
Let me raise you up.
Let me be your love.
May I hold you
as you fall to sleep,
when the world is closing in
and you can't breathe.
May I love you.
May I be your shield.
When no one can be found
may I lay you down.
All I want is to keep you safe from the cold...
to give you all that your heart needs the most.
Let me raise you up
Let me be your love”
Avvertii
una presa ferrea stringermi la vita, ma non ebbi paura.
Sapevo
di chi si trattava e la sua identità mi venne rivelata poco dopo. Infatti la
bocca di Edward si posò delicata sul mio collo e con la voce bassa e profonda proseguì
nel cantarmi quella melodia.
Il
mio corpo s’addossò al suo e mi sentii veramente in paradiso.
”May I hold you (hold you)
as you fall to sleep.
When the world is closing in
and you can't breathe,
may I love you. (love you)
May I be your shield.
When no one can be found,
may I lay you down.
All that's made me (made me)
Is all worth trading (worth trading)
just to have one moment with you.
So I will let go (will let go)
all that I know (that I know)
knowing that you're here with me.
For your love is changing me.
May I hold you
as you fall to sleep.
When the world is closing in
and you can't breathe,
may I love you.
May I be your shield.
when no one can be found
may I lay you down”
La
canzone finì, nella quiete della stanza si poteva udire solo il suono del mio
respiro irregolare.
Edward
era rimasto con le labbra sul mio orecchio.
“Perdonami”
disse strofinando il naso sul mio collo per poi fermarsi sulla mezzaluna, non
respirava più.
Mi
mossi veloce e mi girai restando comunque tra le sue braccia, fu così che ci
trovammo faccia a faccia.
Era
ancora più bello di quanto lo ricordassi, possibile che mi mancasse come l’aria
quando non c’era?
“Mi…”
presi coraggio “Mi sono sentita sola…” sussurrai.
“Ho
temuto che non mi volessi più, che mi stessi rifiutando. Ecco si!” annunciai con
convinzione.
“Mi
sono sentita rifiutata!” affermai, Edward sbarrò gli occhi.
“Come…?”
scosse il capo. “Ma no! Come puoi pensare questo…” lo interruppi.
“Mi
hai detto che non sarei dovuta stare con te dopo che…” arrossii impacciata
“Avevamo fatto l’amore e quindi…io…” ero incapace di formulare una frase di
senso compiuto.
“Meredith!”
la sua voce austera mi costrinse a guardarlo.
“Ero
sconvolto, perché abbiamo corso un grande rischio!” chiuse gli occhi, serrando
la bocca.
“Ma
non pensare mai che…io non ti voglia con me. Sono un essere troppo egoista, ma
soprattutto sono troppo innamorato di te” soffiò.
Io
sbarrai gli occhi incredula.
“Quello
che è successo…” continuò fossilizzando le sue perle d’ambra nelle mie “Non
faccio che pensarci. È stata la notte più bella di tutti questi secoli di vita”
disse accarezzandomi le braccia scoperte.
“Dio
Meredith ero un tutt’uno con te! Ti ho amata come si ama una donna e tu…” mi
chiuse il viso tra le sue mani.
“Tu
mi hai amato e voluto come si fa con un uomo normale, senza distinzione. Ti sei
concessa a me totalmente: corpo, mente e spirito” s’arrestò di fronte alle mie
lacrime.
Probabilmente
era dubbioso, difatti corrucciò la fronte.
“Forse
sono stato indelicato, io…” gli tappai la bocca, baciandolo.
Inizialmente
rigido, Edward si sciolse qualche secondo più tardi e con la sua lingua disegnò
il contorno delle mie labbra.
Fremetti
e gemetti per la sorpresa.
Lui
sghignazzò allontanandosi quel poco che ci permettesse di guardarci negli occhi.
Una
sua mano si perse tra i miei capelli, spingendo la nuca verso di lui.
“Sei
stupenda” bisbigliò al mio orecchio in modo assolutamente illegale.
Il
basso ventre sbatté violentemente e il mio desiderio divenne urgenza. “E…Edward
se…” ansimai mentre lui mi baciava il collo.
“Se?”
chiese con una strana nota nella voce.
“Se
continui così io…”.
“Tu?”
m’incoraggiò a proseguire.
“Potrei
perdere il controllo” soffiai roca dopo l’ennesimo bacio.
Edward
scoppiò a ridere e dovette scostarsi di poco, lasciando il mio corpo, feci leva
su tutta la mia forza per non cadere a terra.
Lo
guardai basita, si teneva la pancia talmente dalle risate.
Sbuffai
e incrociai le braccia sotto il seno, offesa.
Lo
fissai truce.
“Mi
spieghi che cavolo c’è da sbellicarsi così?” chiesi piccata, Edward sembrò
ricordarsi di me e si diede un contegno.
Si
riavvicinò con passo sensuale, tanto che dovetti distogliere lo sguardo.
Possibile
che ora vedessi allarme rosso ad ogni sua mossa?
Scossi
il capo.
Edward
mi riafferrò per la vita facendomi sbattere contro il suo petto.
Sospirai.
“Tu
dici che potresti perdere il controllo ed io?” sorrise mellifluo.
“Ti
ricordo che tra i due che il vampiro sono io” disse baciandomi i capelli.
“Non
significa nulla” sussurrai.
“Io
ho assaggiato il frutto proibito e ne ho ancora voglia” dissi vergognandomi
subito dopo, nascondendo la testa sul suo petto.
Edward
non disse nulla.
Temetti
si fosse offeso.
“Scusami”
mormorai sul suo torace.
“Non
importa. Non devi scusarti per questo. Altrimenti dovrei farlo anche io” disse
poi accarezzandomi la testa.
“Quindi
ti è…piaciuto?” domandai titubante.
Edward
mi scostò da lui “Dubiti ancora?” chiese inquieto.
“Sai
quanto io sia insicura…una conferma in più è necessaria” ribattei sorridendo.
“Beh allora non ti dispiacerà sapere che mi è piaciuto talmente tanto che
replicherei molto volentieri” mormorò a bassa voce.
Mi
irrigidii alle sue parole.
“Non
ho detto che lo farò” ribadì poi, mandando all’aria i miei ormoni in fermento.
“E
se…io volessi che lo facessi?” chiesi chiudendo gli occhi e aspettandomi una
ramanzina che non arrivò.
Avvertii
solamente il vuoto sotto i piedi e poi il letto morbido dietro la mia schiena.
Spalancai gli occhi e vidi Edward su di me, lo sguardo di chi la sapeva lunga e
un sorrisino strafottente sulle labbra.
Ghignai
compiaciuta.
“Mi
sa che ho risvegliato i Suoi istinti primordiali, mio prode Cavaliere?” lo
provocai maliziosa.
“Io
agisco in conseguenza alle Sue azioni, Principessa e ora se non le dispiace
sarei occupato in una lunga conversazione col Suo corpo. Mi concede il
permesso?” il tono più basso e vibrante con cui pronunciò quelle parole, bastò
per farmi balzare il cuore in gola e eccitare i miei ormoni che facevano festa.
Annuii.
“Ha
il mio permesso per fare ciò che desidera. Sono tutta Sua”, Edward drizzò la
testa e mi scrutò attentamente e teneramente, nei suoi occhi un’infinita
dolcezza. “Si…” mormorò “Sei mia!” e con decisione si avventò sulle mie labbra.
Di
nuovo noi…nuovamente uno dentro l’altro…