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Autore: Sognatrice85    08/01/2011    2 recensioni
Quando sogni ad occhi aperti corri il rischio di rimanere intrappolata nelle fantasie che, giorno dopo giorno, la tua mente ricama. Divertita, contenta, segue il ritmo che tu vuoi dargli, ma il problema più grande è che quando ci mescoli il cuore, i giochi si fanno più duri. Non è facile uscirne, quando ci sono di mezzo i sentimenti, sottrarsi a quella fantasia è complicato…ma se i sogni dovessero diventare realtà? Se un giorno tu dovessi svegliarti e scoprire di vivere la favola che tanto desideravi?
Un Twilight un po' diverso, senza Bella...una nuova ragazza, un'altra dimensione e...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
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May I Buon giorno!
Innanzitutto buon anno!!! Come avete trascorso queste giornate di festa???
Scusate il ritardo, ma ho pensato che forse era meglio aspettare prima di pubblicare un nuovo capitolo.
Con le vacanze natalizie tutti abbiamo un pò abbandonato, volenti o nolenti, la lettura e la scrittura.
Nel capitolo troverete anche il testo di una canzone che mi ha ispirato  May I - Trading Yesterday  e che dà il titolo al capitolo.
Prima di lasciarvi alla lettura voglio chiarire la questione del morso: non l'ho approfondita ed è colpa mia, quindi mi scuso. Meredith non viene infettata perchè innanzitutto è stato un morso rapido, Edward è stato immediatamente fermato da Alice, secondo i poteri di Meredith impedire al veleno di agire, lei neutralizza ogni attacco dei vampiri. E' per questo che è tanto voluta da Destino!
Ora la smetto di ciarlare e vi lascio al capitolo.
Aspetto le vostre meravigliose recensioni! Grazie ad ogni singolo lettore!

Capitolo 31 “May I”

 

Il mattino seguente, la luce entrò nella stanza, fermandosi sui miei occhi chiusi.
Li spalancai di botto spaventata e mi sedetti al centro del letto.
Mi stiracchiai, il corpo ancora intorpidito dal troppo sonno.
Mi toccai la spalla e le dita carezzarono quel segno che a vita mi avrebbe marchiato e ricordato quella sera.
Sospirai ricordando ogni cosa.
Edward che mi baciava, mi leccava…che entrava in me.
Scossi la testa per allontanare quei pensieri e lasciai scivolare le mani sul grembo. Che dovevo fare ora?
Come dovevo comportarmi?
Mi passai la mano tra i capelli disperata.

Toc toc
Quel suono bastò per farmi sussultare e iniziare a tremare.
Se fosse stato lui che avrei fatto?
“Avanti” dissi, la porta si aprì rivelando la figura minuta di Alice, sorrisi sollevata e in parte anche un po’ delusa.
Mi aspettavo davvero di vederlo dopo quello che mi aveva detto?
Illusa!
”Buongiorno Meredith, come stai?” domandò danzando fino al letto e accomodandosi leggiadra sul materasso.
“Sono stata meglio” risposi sincera, il suo sorrise scomparve cedendo il posto ad uno sguardo serioso.
“Mi dispiace per quello che ti ha detto, ma non era in sé. Edward non pensa quelle cose, lui…” issai una mano e le feci cenno di fermarsi.
“Lascia perdere, Ali” sospirai.
“Non importa! Ormai è tardi per tornare indietro e se lui ritiene sia stato un errore, chi sono io per convincerlo del contrario?” chiesi più a me stessa, con una certa ironia.
“Per te però non lo è stato” constatò, fissandomi diritta negli occhi.
“Non è una domanda” inarcai un sopracciglio, Alice scosse il capo.
“Per me è stato uno dei momenti più emozionanti in assoluto. È stato come trovare finalmente una collocazione e…” sorrisi talmente tanto che sentii la mascella farmi male. “Ed è con lui…mi sento parte di lui ora ed è qualcosa di indescrivibile” sospirai sommessamente.
“So cosa vuoi dire” ammise lei, prendendomi la mano e stringendola nella sua gelata.
“Sono contenta per te! Quello stupido ha rovinato tutto, ma sono convinta che dentro di lui sente la tua stessa felicità!” disse continuando a stringermi la mano. Volevo crederle.
Desideravo intensamente che fosse così, altrimenti il mio cuore si sarebbe nuovamente spezzato.
“Dov’è?” chiesi abbassando la testa.
“Nella sua stanza. Non si è più mosso di lì” che stupida illusa, speravo che stanotte fosse venuto nella mia camera, anche solo a dare un’occhiata.
"Ah Meredith prima che mi dimentichi! Ho parlato con Carlisle del morso!" disse assumendo un tono serio. Io annuii invitandola così a proseguire. 
"Ti ha visitata stanotte. Il veleno non circola nelle tue vene. Credo che lui non abbia mai visto nulla di simile" scosse la testa.
"Io ero preoccupata, però non ho avuto visioni di te vampira. Edward era come entrato in catalessi, come se non ci avesse minimamente pensato. Quando ha realizzato cos'è successo è corso nello studio di nostro padre. Carlisle ha parlato con lui a lungo e sono giunti alla conclusione che i tuoi poteri siano capaci di neutralizzare il nostro veleno" proferì non lasciando mai il mio sguardo.
"E'...assurdo" mormorai a mezza voce, stupendomi di non aver minimamente pensato alla trasformazione.
"Lo so" annuì Alice "Ora non pensarci" sorrise prendendomi una mano "Sei in forma e presto le cose si sistemeranno" la guardai dubbiosa.

“Avanti ora vestiti e vieni a fare colazione. Esme ti aspetta” mi fece l’occhiolino e si alzò.
“Ah un'altra cosa!” si voltò mentre era sulla porta “Ha telefonato Charlie, ha detto che è a casa comunque. Puoi tornare quando vuoi. Esme però lo ha convinto a farti rimanere qui un altro paio di giorni. In ogni caso, vorrebbe che tu ti facessi viva” sussultai “Ok…”.
Restare lì in quella situazione mi sembrava sbagliato, temevo tanto che fossimo tornati indietro nel tempo.
Sospirai ancora.
Qualche minuto più tardi scesi in cucina, ma prima di entrarvi presi un profondo respiro, le dita mi tremavano.
“Buongiorno!” proferì Emmett alle mie spalle, mi voltai nella sua direzione.
“Ciao…” mormorai.
“Ehi che allegria! Tutto ok piccina?” chiese scompigliandomi i capelli con una mano.
Annuii distrattamente.
“E allora sorridi! Sei più bella quando lo fai” ammiccò,  facendomi arrossire.
“Shh però non dirlo a Rose, chi la sente sennò” gli feci la linguaccia.
“Mmm” finsi di stare al gioco
“Valuterò il da farsi” dissi con finta indifferenza.
“Tzè le donne!” sputò inarcando un sopracciglio.
“Si chiama solidarietà femminile” disse Alice comparendo alle mie spalle insieme a Rosalie.
Tutte e tre ci mettemmo a braccia conserte minacciandolo con lo sguardo, Emmett vistosi circondato, si arrese.
“Ok, ok  ho capito. Tre contro uno non è valido però” si lamentò entrando in cucina, mentre io Rosalie e Ali scoppiammo a ridere a crepapelle.
Tra una risata ed un’altra, mi ritrovai a portare lo sguardo verso le scale e solo in quel momento lo vidi.
Il sorriso si spense d’improvviso.
Vibrai sotto il suo sguardo d’onice.

Bum bum…
Assottigliai le palpebre, sciogliendo le mie braccia dalla presa sotto il seno e le rilasciai lungo i fianchi.
Gli occhi mi dolevano per il troppo pianto.
Deglutii ricacciando giù l’amaro.
Tutto intorno a me sembrò sparire, vedevo solo lui.
Ogni suono mi giungeva ovattato, privo di tono, di senso.
Solo lui.
Solo io.
Solo noi in quella stanza.
Con una forza e un coraggio che non mi riconoscevo, indurii lo sguardo, ne constatai subito l’effetto quando vidi il suo corpo irrigidirsi, mi mossi dandogli le spalle e dirigendomi in cucina, ignorando quella vocina che mi diceva “Va da lui, va da lui!”.
Tutto questo sotto lo sguardo sbigottito di Emmett.
Alice mi fissò complice, poi mi seguì, non dicendo nulla.
“Buongiorno Esme” salutai la donna che mi sorrideva maternamente.
“Ciao tesoro. Hai dormito bene?” domandò premurosa accarezzandomi il viso.
“Si, ma mi sento ancora un po’ stanca” confessai arrossendo, lei sorrise, poi il suo sguardo si posò sulla mia spalla: la manica della maglia era leggermente abbassata.
“Cosa…?” i suoi occhi si scurirono.
“Non è colpa sua” dissi coprendomi, sentendomi in dovere di difenderlo, nonostante tutto.
Esme mi fissò a lungo, poi rilasciò un sospiro rassegnato “Tu stai bene?” chiese.
“Si, sto bene. Carlisle mi ha visitata” annuì poco convinta.
“Dai siediti e mangia qualcosa. Ti vedo troppo pallida”, accettai il suo invito, il mio stomaco si stava lamentando da un po’.
Alice e Rosalie mi fecero compagnia, chiacchieravamo del tempo e di shopping, quelle due si erano messe in testa di trascinarmi fuori città a comprare qualche abito per il ballo di fine anno che la nostra scuola avrebbe tenuto da lì a qualche settimana.
“Eddai Meredith! Non fare la pigra!” Alice mi tirò per un braccio, scuotendomi.
“Ha ragione Ali!” disse Rose stranamente cordiale quel giorno.
“Dobbiamo necessariamente uscire e divertirci. Abbiamo bisogno tutti di distrarci, soprattutto tu” ammiccò.
“Già…” mormorai rabbuiandomi.
“Niente musi lunghi. Sorridi la vita è bella” sussurrò Alice al mio orecchio.
“Avanti andiamoci a preparare, ci aspetta una lunga giornata di shopping!” saltò giù dal tavolo, atterrando con grazia sui suoi piedi.
Alzai gli occhi al cielo, fintamente irritata, infatti subito dopo sorrisi a tutto spiano e le seguii.
“Passiamo un attimo da casa? Così saluto mio padre e lo avverto, non vorrei che non trovandomi da voi, organizzi una spedizione per cercarmi” dissi mentre attraversavamo il salone.
Sott’occhio notai la figura di Edward in cima alle scale, ma lo ignorai.
Alice si voltò e sorrise in modo strano.
“Che c’è?” domandai e credendo di avere qualcosa di strano sul viso, iniziai a toccarmi.
“Hai detto << mio padre >> “ confessò fissandomi compiaciuta della mia espressione sbalordita.
Infatti spalancai gli occhi.
Era vero! Non me n’ero accorta.
“Mi è venuto così…naturale…” sussurrai posandomi un dito sul labbro inferiore.
“E’ una bella cosa. Vuol dire che qui ti senti a casa” proferì contenta, aprendo la porta e lasciandomi passare.
Ed effettivamente era così: quel posto era diventato casa mia.
Entrate in macchina, mi accoccolai sul sedile posteriore e mi lasciai trascinare via da quelle due pazze delle mie amiche.

 

“Prova questo” era il ventesimo vestito che mi facevano vedere e indossare ed eravamo appena al terzo negozio.
Pregavo che quella tortura finisse presto.
Se ci fosse stato Edward, mi avrebbe di certo dato una mano a gestire quelle due pazze delle sue sorelle!
Ma non c’era e dovevo arrangiarmi da sola.
Per Rose e Alice nessuno esaltava il mio dolce viso d’angelo.
Sbuffai imprecando.
Afferrai il capo d’abbigliamento che mi stava porgendo Alice, sperando fosse l’ultimo.
Non mi guardai neanche allo specchio, uscii fuori dal camerino in fretta e furia.
Via il dente, via il dolore!
“Eccomi!” allargai le braccia esasperata, poi cinsi le mani in vita, l’espressione delle mie amiche non mi piacque: ad entrambe brillavano gli occhi.
Diedi un’occhiata veloce all’abito chinando il capo, non c’erano imperfezioni e allora perché quello sguardo allibito e stralunato?
“C’è qualcosa che non va?” domandai confusa, infondo le esperte di moda erano loro.
“Alice!” disse Rose, afferrandola per il braccio.
“Si, so cosa vuoi dire” i suoi occhi indugiarono ancora qualche secondo sul vestito e poi su di me.
“E’ perfetto!” proferì felice.
Sorrisi di riflesso “Ti sei vista?” chiese.
Risposi facendo un cenno negativo con la testa.
“E allora fallo!” m’incitò Rose ammiccando.
Obbedii e mi voltai verso l’enorme specchio posizionato sulla destra.
Spalancai la bocca: l’abito rosa confetto scendeva morbido sul mio corpo esaltando la linea dei miei seni, le bretelle fini lasciavano scoperte spalle, collo e parte della schiena.
Il vestito era formato di tante piccole pieghe, sotto il petto due piccole stringhe permettevano di stringere l’abito per renderlo più aderente. Il resto scendeva lungo su tutto il corpo fino al ginocchio.
Alice e Rose mi comparvero alle spalle tutte sorridenti; la bionda mi tirò i capelli dietro creando una piccola pettinatura.
“Ci vorrebbero degli orecchini lunghi” sussurrò sfregandosi il mento.
“Io ne ho un paio a casa” borbottò Alice battendo le mani contenta come una bambina a cui era stata appena promessa una caramella.
“Ottimo! Cara Meredith, abbiamo sistemato la questione ballo!” sorrise la bionda.
Io annuii imbarazzata, vittima di quelle attenzioni.
“Edward impazzirà vedendoti così”, sobbalzai udendo quel nome e loro se ne accorsero.
Si lanciarono una breve occhiata complice, poi si comportarono come se nulla fosse successo.
“Mangiamo qualcosa al Mcdonald?” propose Alice.
Rose ed io acconsentimmo.

 

Era ormai pomeriggio inoltrato, avevo chiesto a Rosalie e ad Alice se potevo fare una giro nella libreria di Port Angeles.
La libreria era l’unico luogo in grado di farmi distendere i nervi.
Triste o felice che fossi, quand’ero lì dentro, ogni sensazione fuori posto, spariva.
Ero immersa tra gli scaffali, dove antico e moderno si fondevano elegantemente; con le dita sfioravo le copertine dei diversi libri, indecisa su che genere orientarmi e quando vidi quel libro, ritrassi la mano come scottata.
Strinsi le palpebre rigettando indietro le lacrime.
<< Theresa lo interruppe stringendogli la mano.

"Sono convinta che ci credi davvero, e anche una parte di me vorrebbe crederlo. Se adesso mi abbracciassi e mi implorassi di restare, sono sicura che lo farei, perché hai portato nella mia vita qualcosa che mi mancava da tempo. E continueremmo entrambi in questo modo, convinti che tutto vada bene...ma non sarebbe così, non capisci? Perché al prossimo litigio..." Si fermò.
 "Non posso competere con lei. E per quanto desideri che la nostra storia continui, non posso permetterlo, perché tu non lo permetteresti >>.

L’Ombra s’era materializzata al mio fianco: sghignazzando malignamente aveva afferrato il libro e apertolo, aveva letto proprio quel passo.
Non ci fu niente da fare per fermare la mia disperazione.
“Vedi” disse alacremente.
“Te lo dice anche il tuo libro preferito” e sparì, mentre la sua risata riecheggiava nella mia testa.
Mi tappai le orecchie cadendo sulle mie gambe.
“Basta, basta!” gridai attirando Alice e Rosalie che mi avevano udito dall’altra parte della sala.
“Meredith! Meredith!” mi issarono da terra afferrandomi per le spalle.
“Che succede?” chiese Alice.
“Non hai visto niente?” domandò preoccupata Rose alla sorella.
“No” rispose quest’ultima fortemente turbata.
“L’Ombra era qui…mi perseguita…” piagnucolai esausta.
Rosalie e Alice mi trascinarono fuori dalla libreria e mi fecero sedere su una panchina del centro. Lì mi offrirono un bicchiere d’acqua e ne approfittai per  raccontare loro l’accaduto.
“Non vuol dire niente, ora non farti condizionare da quel passo del libro! Destino vuole fare in modo che tu passi dalla sua parte!” annuii poco convinta alle parole di Alice.
“Accidenti!” urlò Rosalie, schiacciando il bicchiere e riducendolo a niente. “Calmati!” la incitò Alice.
“Se lo avessi tra le mani, gli darei una lezione che non se la dimenticherebbe più! Che cacci gli attributi e ci affronti di petto!” gridò.
io abbassai il capo, stanca di quella storia.
“Torniamo a casa?” chiesi rabbuiandomi.
“Si…te la senti?” domandarono entrambe.
“Si…” soffiai.

 

Improvvisamente tutti avevano smesso di parlare.
In quel silenzio i miei pensiero si facevano più rumorosi.
“Cosa gli dirai?” proruppe d’un tratto Alice.
“Dici a me?” domandai incerta.
“Si. Hai intenzione di parlare con Edward?”.
“Vorrei…ma non so come affrontarlo” esternai tutti i miei dubbi.
“Sii diretta e sincera! Fagli capire quanto tu sia ferita per il suo comportamento. Voglio capire che ha avuto paura di ucciderti, ma avete condiviso un rapporto d’amore. La prima volta, una tappa estremamente delicata e importante per entrambi!” proferì una Rose leggermente irritata.
I miei occhi le fissarono attentamente, poi ridacchiai.
Una risata nervosa.
“Perché ridi?” chiese Rosalie frastornata.
“Voi fate così tanto per me e…proprio io vi metterò in pericolo” soffiai prendendo realmente coscienza di quella verità.
Dirla ad alta voce, le dava l’effetto che meritava.
“Per via dell’ombra?” chiese Alice, annuii.
“Io mi fido di te” pronunziò convinta guardandomi dallo specchietto retrovisore “Anche io” aggiunse Rosalie, la scrutai sorpresa.
Mi aspettavo l’appoggio di tutti, ma non di lei.
“Non meravigliarti! Sto imparando ad accettarti. Non hai reso più umano solo Edward…” mormorò distogliendo lo sguardo e fissandolo fuori dal finestrino.
Mi sporsi nello spazio tra i due sedili, afferrai le loro teste con le mani e le portai accanto alla mia.
“Grazie” bisbigliai commossa, ma felice.
L’auto sfrecciò rapida nel garage, noi tre scendemmo sorridenti e tra una chiacchiera ed un’altra ci ritrovammo nel salotto di casa Cullen.
Erano le sette di sera, sembrava non ci fosse nessuno.
Un profumino invitante mi entrò nelle narici, annusai l’aria attorno a me come un segugio.
“Mmm…Esme deve aver preparato uno dei suoi manicaretti!” esclamai entusiasta facendo roteare gli occhi alle mie amiche, feci loro la linguaccia e mi precipitai in cucina, ma non vi trovai nessuno.
Strano sembrava che il profumino venisse proprio da quel posto.
Feci spallucce e tornai in salotto.
“Ali, Rose vostra madre…” m’interruppi notando che fossero andate via.
Arricciai il naso e mi grattai la testa, ma dov’erano finiti tutti?
Sospirai e salii nella mia stanza, prima di aprire la porta, lanciai una rapida occhiata a quella di Edward, troppo fifona per affrontarlo mi girai nuovamente ed entrai in camera.
Immediatamente quel profumino invitante mi schiaffeggiò in pieno volto, mi guardai attorno e vidi sulla scrivania una candela e un biglietto.
Tremai, sapeva di lui.
Era il suo profumo.

 

Credo non ci siano parole giuste che io possa usare per farti capire come mi sento. Per questo ti chiedo di correre nella mia stanza…ti aspetto.

Edward”

 

Sorrisi come una rimbambita e corsi, o meglio, mi precipitai nella sua stanza.
Non bussai neanche, spalancai la porta tutta contenta, ma quando la trovai vuota, quel sorriso morì di colpo.
Entrai, chiudendomi la porta alle spalle e rimanendo ferma ad osservare il letto. Quel letto che ci aveva visti insieme.
Un singulto proruppe sulle mie labbra, ma lo misi a tacere subito, tappandola.
Osservando meglio le lenzuola, vi notai una scatola nera, mi avvicinai cauta, la scoperchiai tremando, dentro vi erano un biglietto e un cd:

 

“Sei delusa di non trovarmi? Spero che questo cd possa colmare in parte la mia mancanza…inseriscilo nello stereo, poi mettiti al centro della stanza e chiudi gli occhi.

Edward”

 

Interdetta, feci come mi aveva scritto. Afferrai il cd e lo inserii nello stereo, premendo play.
Le note di un pianoforte inondarono immediatamente la stanza, seguite poi dalla voce ardente di Edward.
Traballai, ponendomi al centro della stanza e mi feci cullare da quelle splendide parole, cariche d’amore.

 

 

“And there you stand opened heart--opened doors
full of life with the world that's wanting more.
But I can see when the lights start to fade,
the day is done and your smile has gone away.

Let me raise you up.
Let me be your love.

May I hold you
as you fall to sleep,
when the world is closing in
and you can't breathe.
May I love you.
May I be your shield.
When no one can be found
may I lay you down.

All I want is to keep you safe from the cold...
to give you all that your heart needs the most.

Let me raise you up
Let me be your love”

 

 

Avvertii una presa ferrea stringermi la vita, ma non ebbi paura.
Sapevo di chi si trattava e la sua identità mi venne rivelata poco dopo. Infatti la bocca di Edward si posò delicata sul mio collo e con la voce bassa e profonda proseguì nel cantarmi quella melodia.
Il mio corpo s’addossò al suo e mi sentii veramente in paradiso.



”May I hold you (hold you)
as you fall to sleep.
When the world is closing in
and you can't breathe,
may I love you. (love you)
May I be your shield.
When no one can be found,
may I lay you down.

All that's made me (made me)
Is all worth trading (worth trading)
just to have one moment with you.
So I will let go (will let go)
all that I know (that I know)
knowing that you're here with me.

For your love is changing me.

May I hold you
as you fall to sleep.
When the world is closing in
and you can't breathe,
may I love you.
May I be your shield.
when no one can be found
may I lay you down”

 

 

La canzone finì, nella quiete della stanza si poteva udire solo il suono del mio respiro irregolare.
Edward era rimasto con le labbra sul mio orecchio.
“Perdonami” disse strofinando il naso sul mio collo per poi fermarsi sulla mezzaluna, non respirava più.
Mi mossi veloce e mi girai restando comunque tra le sue braccia, fu così che ci trovammo faccia a faccia.
Era ancora più bello di quanto lo ricordassi, possibile che mi mancasse come l’aria quando non c’era?
“Mi…” presi coraggio “Mi sono sentita sola…” sussurrai.
“Ho temuto che non mi volessi più, che mi stessi rifiutando. Ecco si!” annunciai con convinzione.
“Mi sono sentita rifiutata!” affermai, Edward sbarrò gli occhi.
“Come…?” scosse il capo. “Ma no! Come puoi pensare questo…” lo interruppi.
“Mi hai detto che non sarei dovuta stare con te dopo che…” arrossii impacciata “Avevamo fatto l’amore e quindi…io…” ero incapace di formulare una frase di senso compiuto.
“Meredith!” la sua voce austera mi costrinse a guardarlo.
“Ero sconvolto, perché abbiamo corso un grande rischio!” chiuse gli occhi, serrando la bocca.
“Ma non pensare mai che…io non ti voglia con me. Sono un essere troppo egoista, ma soprattutto sono troppo innamorato di te” soffiò.
Io sbarrai gli occhi incredula.
“Quello che è successo…” continuò fossilizzando le sue perle d’ambra nelle mie “Non faccio che pensarci. È stata la notte più bella di tutti questi secoli di vita” disse accarezzandomi le braccia scoperte.
“Dio Meredith ero un tutt’uno con te! Ti ho amata come si ama una donna e tu…” mi chiuse il viso tra le sue mani.
“Tu mi hai amato e voluto come si fa con un uomo normale, senza distinzione. Ti sei concessa a me totalmente: corpo, mente e spirito” s’arrestò di fronte alle mie lacrime.
Probabilmente era dubbioso, difatti corrucciò la fronte.
“Forse sono stato indelicato, io…” gli tappai la bocca, baciandolo.
Inizialmente rigido, Edward si sciolse qualche secondo più tardi e con la sua lingua disegnò il contorno delle mie labbra.
Fremetti e gemetti per la sorpresa.
Lui sghignazzò allontanandosi quel poco che ci permettesse di guardarci negli occhi.
Una sua mano si perse tra i miei capelli, spingendo la nuca verso di lui.
“Sei stupenda” bisbigliò al mio orecchio in modo assolutamente illegale.
Il basso ventre sbatté violentemente e il mio desiderio divenne urgenza. “E…Edward se…” ansimai mentre lui mi baciava il collo.
“Se?” chiese con una strana nota nella voce.
“Se continui così io…”.
“Tu?” m’incoraggiò a proseguire.
“Potrei perdere il controllo” soffiai roca dopo l’ennesimo bacio.
Edward scoppiò a ridere e dovette scostarsi di poco, lasciando il mio corpo, feci leva su tutta la mia forza per non cadere a terra.
Lo guardai basita, si teneva la pancia talmente dalle risate.
Sbuffai e incrociai le braccia sotto il seno, offesa.
Lo fissai truce.
“Mi spieghi che cavolo c’è da sbellicarsi così?” chiesi piccata, Edward sembrò ricordarsi di me e si diede un contegno.
Si riavvicinò con passo sensuale, tanto che dovetti distogliere lo sguardo.
Possibile che ora vedessi allarme rosso ad ogni sua mossa?
Scossi il capo.
Edward mi riafferrò per la vita facendomi sbattere contro il suo petto.
Sospirai.
“Tu dici che potresti perdere il controllo ed io?” sorrise mellifluo.
“Ti ricordo che tra i due che il vampiro sono io” disse baciandomi i capelli.
“Non significa nulla” sussurrai.
“Io ho assaggiato il frutto proibito e ne ho ancora voglia” dissi vergognandomi subito dopo, nascondendo la testa sul suo petto.
Edward non disse nulla.
Temetti si fosse offeso.
“Scusami” mormorai sul suo torace.
“Non importa. Non devi scusarti per questo. Altrimenti dovrei farlo anche io” disse poi accarezzandomi la testa.
“Quindi ti è…piaciuto?” domandai titubante.
Edward mi scostò da lui “Dubiti ancora?” chiese inquieto.
“Sai quanto io sia insicura…una conferma in più è necessaria” ribattei sorridendo. “Beh allora non ti dispiacerà sapere che mi è piaciuto talmente tanto che replicherei molto volentieri” mormorò a bassa voce.
Mi irrigidii alle sue parole.
“Non ho detto che lo farò” ribadì poi, mandando all’aria i miei ormoni in fermento.
“E se…io volessi che lo facessi?” chiesi chiudendo gli occhi e aspettandomi una ramanzina che non arrivò.
Avvertii solamente il vuoto sotto i piedi e poi il letto morbido dietro la mia schiena. Spalancai gli occhi e vidi Edward su di me, lo sguardo di chi la sapeva lunga e un sorrisino strafottente sulle labbra.
Ghignai compiaciuta.
“Mi sa che ho risvegliato i Suoi istinti primordiali, mio prode Cavaliere?” lo provocai maliziosa.
“Io agisco in conseguenza alle Sue azioni, Principessa e ora se non le dispiace sarei occupato in una lunga conversazione col Suo corpo. Mi concede il permesso?” il tono più basso e vibrante con cui pronunciò quelle parole, bastò per farmi balzare il cuore in gola e eccitare i miei ormoni che facevano festa.
Annuii.
“Ha il mio permesso per fare ciò che desidera. Sono tutta Sua”, Edward drizzò la testa e mi scrutò attentamente e teneramente, nei suoi occhi un’infinita dolcezza. “Si…” mormorò “Sei mia!” e con decisione si avventò sulle mie labbra.
Di nuovo noi…nuovamente uno dentro l’altro…

 


   
 
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