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Autore: barbara_f    13/01/2011    12 recensioni
“Questo semestre l’argomento delle lezioni sarà la rappresentazione dell’amore nella letteratura”. Qualcuno accanto a me fece una smorfia disgustata …
“L’amore … l’amore si può leggere giusto nei libri” disse a bassa voce ma sufficientemente alta da farsi sentire ad almeno due file di distanza …
“Cos’hai contro l’amore?” mi sentivo stranamente offesa dal suo tono disgustato, non seppi fare a meno di controbattere.
“Una ragazzina che parla d’amore, un classico …” si stava rivolgendo a me, quello sconosciuto di cui non avevo ancora visto il volto stava parlando con me… mi voltai verso la fonte di quelle offese.
Due occhi verdi, intensi, felini mi guardarono sprezzanti. Ricambiai lo sguardo.
“Signori, potete renderci partecipi?” il prof. Meson interruppe la nostra conversazione.
Il ragazzo con gli occhi verdi e, ora lo vedevo meglio, con i capelli castano ramati, si alzò e con tranquillità rispose
“Dicevo soltanto che l’amore è qualcosa che si può trovare giusto nei libri… la signorina” disse indicandomi, “non è d’accordo …”.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Cap. 44
 
Incontri
 
“È quasi mezzanotte!” sussurrò Rosalie.
Il nuovo anno stava  entrando in punta di piedi nelle nostre vita lasciando alle sue spalle le macerie fumanti del precedente.

Eravamo raccolti nel grande salone di ingresso silenziosi e schivi.

Emmett e Rose, abbracciati sul sofà si coccolavano teneramente guardandosi negli occhi; Alice e Jasper, accoccolati davanti al caminetto, si fissavano con intensità, mia sorella evitava il mio sguardo, si sentiva in colpa per non essersi resa conto di nulla; ed io... io, ero al pianoforte, quieto, assorto, rapito dalle dita di Bella che, immerse tra i miei capelli, tessevano intricate trame.

Il fuoco scoppiettava felice espandendo la sua luce ambrata nell’oscurità della stanza.

Nessuno parlava, timoroso di spezzare la strana, magica atmosfera che si era creata tra noi, solo il suono del mio piano a fare da sottofondo ai nostri pensieri.

“È tempo di bilanci...” intervenne Emmett improvvisamente serio.

Annuimmo guardandoci reciprocamente, le mie dita sui tasti intonavano Divenire di Einaudi
Non c’era in noi il desiderio di festeggiare, sentivamo solo il bisogno di stare vicini l’uno all’altro.

La sintonia tra le nostre anime, l’affetto e il silenzio, erano il miglior balsamo per i nostri cuori feriti e lacerati dalla sofferenza.

Guardai i volti assorti dei miei fratelli e sorrisi.

Avevo riscoperto con loro cosa vuol dire amare ed essere amati, aiutare ed essere sostenuto... avevo riscoperto la mia famiglia.

Poco importava se tra noi non ci fossero legami di sangue... loro mi avevano amato incondizionatamente e di questo sarei stato loro grato in eterno.

Feci, come suggerito da Emmett, il bilancio dei mesi appena trascorsi...

Quello che stava per finire, era stato un anno intenso, soprattutto per me. Avevo ritrovato il passato che credevo perduto, sepolto per sempre, nei cassetti segreti della mia memoria.

Questa scoperta mi aveva sconvolto a tal punto da portarmi sull’orlo della follia... rabbrividii al pensiero del dolore provato negli ultimi due giorni e Bella, istintivamente si strinse a me.

Bella, il mio amore...

In questo anno così strano e speciale, quell’amore che per anni avevo rifiutato, era entrato prepotentemente nella mia vita, cambiandola radicalmente.

Mi ero innamorato, e tanto bastava a compensare tutto la sofferenza insita nel mio passato...

Strinsi Bella al mio petto e le depositai un leggero bacio sui capelli.

“Ti amo!” mimò con le labbra.

Le sorrisi beato.

Non volevo pensare a null’altro questa sera, solo al profondo amore che sentivo per lei.

“Mancano 10 secondi!” la voce di Alice mi riportò in contatto con la realtà.

Stappammo una bottiglia e, dopo i rituali auguri ci dirigemmo silenziosamente nelle nostre stanze.

“Quante cose sono successe... non tutte felici, purtroppo...” sussurrò Bella carezzandomi il braccio.
Mi strinsi a lei avvolgendoci con il piumone... fuori c’era ancora la neve.

“È vero, ma io.. io ho anche trovato te!” le rivelai stringendola di più a me, volevo sentirla vicina, volevo che il suo calore riscaldasse il mio cuore gelato dalla sofferenza...

“Questo fatto, da solo, basta per compensare tutto il dolore della mia vita!”  una lacrima di gioia scese sul suo volto e le sue labbra furono sulle mie.

L’accarezzai dolcemente, le mie gambe si intrecciarono alle sue, i nostri corpi si cercarono per unirsi nella magica danza dell’amore... una danza che era soltanto nostra.

*********************************************************************
La vacanza era finita, tra poco saremmo tornati a Seattle... dovevo salutare Charlie prima di ripartire... povero papà, l’ho così trascurato! mi trovai a pensare mentre, seduta accanto ad Edward, ci dirigevamo verso Forks.

“A cosa pensi?” la voce di Edward interruppe il filo dei miei pensieri.

“A mio padre!” risposi sincera “L’ho un po’ trascurato... e mi dispiace davvero molto... non credo stia attraversando un momento felice” misi un piccolo broncio.

“Allora sei pentita di essere venuta in montagna con me... forse volevi stare un po’ con lui...” il suo sguardo era serio e triste, sembrava davvero dispiaciuto di avermi strappata via dalle braccia di mio padre.

“Sono stato così insensibile... ho pensato solo a me stesso...”Edward era fatto così, si sentiva responsabile nei confronti della mia famiglia... io ne avevo ancora una.

Ripensai alla settimana appena trascorsa...

Nulla, né lo spavento né il dolore, né i pianti né i silenzi, avrebbero potuto farmi pentire di averla vissuta...

Ero felice di essere andata in vacanza con lui, ero felice che, nonostante la sofferenza e la paura, Edward si fosse aperto con me; ma soprattutto, ero felice per me, per quello che ero riuscita a fare, per la forza che avevo scoperto di possedere, per il coraggio di stargli accanto nonostante tutto.

Lo amavo incondizionatamente ormai ne ero certa, lo avevo dimostrato donandomi a lui completamente, anima e corpo.

Mi sentii avvampare al ricordo del suo corpo contro il mio, delle sue mani su di me. Calde, intense carezze in grado, con un solo sfioramento, di farmi fremere.

“Allora? Sei pentita?” insistette Edward, preoccupato dal mio prolungato silenzio. Persa nei ricordi, trasalii al suono della sua voce.

Sorrisi.

“No, mai!” dissi rossa in viso, stringendomi al suo braccio e depositandogli un leggero bacio sulla guancia.

Sorrise di rimando, quel sorriso dolce che mi aveva fatto innamorare, quell’espressione tenera di paura e sollievo che lo caratterizzava nei suoi momenti di incertezza.

“Anch’io non sono pentito di aver fatto questo viaggio... sono felice di averti aperto il mio cuore e la mia anima, felice di averti mostrato il mio corpo...” arrossii ancora più violentemente a quella confessione, il suo corpo, seppure segnato da una miriade di cicatrici, era bellissimo, mascolino e sensuale... sentii un profondo desiderio di toccarlo ancora una volta... mi avvicinai di più e il suo profumo mi invase.

Lo guardai in volto, era tornato serio, il sorriso era svanito dal suo viso... “Bella...” Pronunciò il mio nome con voce carica di tristezza.

“Perdonami per tutto il dolore che ti ho causato, per averti fatto preoccupare e piangere così tanto, io... ti giuro, non volevo, non volevo che tu soffrissi a causa mia!”

Edward non si smentiva mai... la sua sensibilità era sempre al di sopra del normale... gli accarezzai piano una guancia...

“Sono contenta che tu ti sia confidato con me... sono stata male, è vero, ma il dolore che ho provato non è stato nulla se confrontato con ciò che hai provato tu!” un piccolo bacio raggiunse le sue gote mentre con la mano sfioravo i suoi capelli, dolcemente, cercando di rassicurarlo... sapevo, in cuor mio che soffriva ancora molto, non si superano dolori così intensi in pochi giorni...

“Tu eri li, tu sei stato picchiato, tu hai visto tua madre morire... io ho vissuto queste emozioni solo di riflesso, soffrendo perché tu soffrivi” dissi sincera... non mi andava più di minimizzare il mio dolore, Edward meritava solo sincerità, dovevo fidarmi di lui come lui aveva fatto con me...

Proseguimmo il viaggio in silenzio, le note di Einaudi ad accompagnare il nostro andare verso casa...

“Ci siamo...!” dissi con un filo di tristezza nella voce, non mi andava di separarmi da lui, sapevo che era solo per poco tempo, ma già sentivo in me il dolore del distacco... dovevo confessarlo almeno a me stessa, non mi ero mai ripresa completamente dalla fuga di Edward e, ogni volta che lui si allontanava, un senso di profonda oppressione mi soffocava il cuore.

“Ci vedremo prestissimo! Non ho più intenzione di scappare da te, non ne avrei più la forza...” rispose, intuendo il motivo della mia crescente ansia.

“Non ti farò mai più quello che ti ho fatto in passato... la mia paura di farti soffrire ti ha provocato un dolore talmente grande che, non so se riuscirò mai a perdonarmelo...” le sue mani si strinsero maggiormente al volante.

“Vuoi che mi fermi qui?” era preoccupato per me, sapeva che, dopo il mio ricovero in ospedale, Charlie non lo poteva soffrire, non voleva causarmi problemi...

Era tempo di porre fine a questa storia, Edward era il ragazzo che avevo scelto e mio padre l’avrebbe accettato, che gli piacesse o meno.

“No Edward, accompagnami a casa! Non ho voglia di nascondere il nostro amore come se fosse una cosa di cui vergognarsi... Mio padre dovrà accettarlo e se non lo farà, sarà solo un suo problema!”

“Sei sicura, non voglio crearti problemi in famiglia...” mi guardò titubante, attendendo la mia risposta.

“Si Edward, sono sicura, accompagnami a casa così ti offro anche un caffè, sembri un po’ stanco!” sorrise, ma la sua espressione rimaneva leggermente tesa...

“Di chi sarà quell’automobile sul vialetto di casa? Non mi pare di riconoscerla!” ero incuriosita, di chi poteva essere quell’auto scura dall’aria sportiva che campeggiava, parcheggiata davanti a casa mia?

“Qualche amico di Charlie?” dubitavo che mio padre potesse avere amici tanto facoltosi.
“Non lo so, ma per scoprirlo non ci resta che entrare....”

 
***********************************************************************
 
Una bellissima Volvo argentata si fermò davanti a casa di Charlie.

Chi, in questo buco di paese, può avere tanto denaro per permettersi una macchina così? Certo non i residenti...
Un pensiero mi attraversò la mente ma lo scacciai, era impossibile...

La portiera si aprì e un ragazzo alto, dall’aria vagamente famigliare ne discese. Magro, il volto coperto da occhiali scuri e i capelli in un disordine studiato, il giovane uomo, con fare cavalleresco si diresse dall’altra parte dell’auto per aiutare quella che, con ogni probabilità era la sua ragazza.

Ero incuriosito, non si vedevano facilmente scene di questo genere, soprattutto tra ragazzi tanto giovani.

 La ragazza discese lentamente, aveva lunghi capelli castani e occhi scuri, sembrava minuta e guardava il ragazzo con profondo amore.

Rabbrividii di fronte all’intensità dello sguardo che gli rivolse.

Ero un osservatore, un attento studioso della natura umana, la mia professione me lo imponeva e tra i due giovani scorreva un’elettricità difficilmente arginabile.

Il mio pensiero tornò a lei, ad Elizabeth.

 
“Harold, la settimana prossima mi sposo...” la sua voce era leggermente tremante  mentre con la mano carezzava la mia schiena nuda.

Mi sentii trafiggere il cuore, il momento della separazione era giunto.

“Hai deciso allora...!”  mi voltò le spalle, decisa ad evitare il mio viso sofferente. La  presi per le spalle costringendola a guardarmi negli occhi. Era determinata a portare avanti la sua farsa...

“Elizabeth, ti prego, sei ancora in tempo, non distruggerti la vita... non distruggere noi...!” sostenne il mio sguardo poi chiuse gli occhi poggiando le sue labbra sulle mie in quello che sembrava un bacio di addio. Non potevo permetterlo, non ero ancora pronto a lasciarla andare.

“Non ho altra scelta Harold...” il suo bacio si fece più intenso e profondo mentre il mio corpo appagato, si risvegliò a nuova vita.

La desideravo come mai avevo desiderato nessuna donna, pensai prendendola tra le braccia...

“Ti prego, non farlo...”

“Ormai è troppo tardi per tornare indietro...” si alzò dal letto rivestendosi lentamente, prima di allora l’avevo vista piangere soltanto una volta.

“Addio Harold...!”
 
Il dolore della separazione era ancora vivo in me, dopo di lei nessuna donna era più entrata nel mio cuore... se solo le cose fossero andate diversamente, se non avessi mai ascoltato quella conversazione...

 
Dopo la festa a casa Masen, feci accurate indagini sul conto di EJ, della sua famiglia, degli amici che frequentava, ciò che scoprii andava oltre ogni mia aspettativa. Cercai disperatamente di trovare udienza presso un editore, Elizabeth O’Donnell aveva il diritto di sapere...

Nessuno, nemmeno i redattori del più grande giornale di Chicago, erano disposti a mettersi contro uno delle più potenti famiglie della città.

Volevo fare qualcosa, sentivo il bisogno di proteggerla, di proteggere Elizabeth...

La cercai per settimane intere, approfittando delle mie conoscenze e della mia professione ma, nobile e altera, rifiutava ogni incontro con i giornalisti; il matrimonio era un affare privato, per nulla al mondo l’avrebbe utilizzato allo scopo di farsi pubblicità.

Non eravamo amici e disprezzava il mio mestiere, non avevo alcun modo di incontrarla se non in maniera formale, eppure... eppure la preoccupazione che sentivo per lei era reale, il dolore che provavo, pensando al futuro che l’attendeva, era una lama che mi dilaniava il petto...

Mai avevo provato un sentimento così forte per nessuna donna... eppure lei, Elizabeth, una perfetta sconosciuta, mi era entrata dentro, aveva riempito il mio cuore, sconvolto la mia anima...

 
Guardai ancora fuori, i due ragazzi, appoggiati all’automobile color argento, si guardavano intensamente.
Lui le carezzava i capelli, lei gli toccava il viso poi le loro labbra si unirono.

Distolsi lo sguardo, un rinnovato dolore mi lacerò il petto, il ricordo delle labbra di Elizabeth che si modellavano sulle mie tornò prepotente ad affacciarsi nei fumosi meandri della mia mente.

Quanto avrei desiderato dimenticare...

 
“Elizabeth, si ricorda di me?”

Il party al Chicago Country Club, era un evento al quale ero, come inviato del mio giornale, costretto a partecipare.

Dopo le mie indagini, dopo i tentativi di far pubblicare gli articoli su EJ Masen, ero stato degradato dalla cronaca giudiziaria alla cronaca rosa. 

“Una lezione di vita per un giornalista che non sa quando fermarsi!” così aveva sentenziato Carl.

Lo ringraziai mentalmente, mi voleva bene, eravamo amici, sapevo che nulla di quanto faceva era casuale.

“Lei è il giornalista... come mai è qui... sempre alla cronaca?”

La presi per mano trascinandola sulla pista da ballo, non si oppose, non era nella sua natura fare scenate, non in un luogo pubblico, non con gente tanto importante... stette al gioco.

“Elizabeth, ho bisogno di parlarle, ho tentato di mettermi in contatto con lei in tutti i modi ma si è sempre fatta negare... la prego... non è per un’intervista... la prego...” alzò lo sguardo su di me, un’ombra di sorriso fiorì sul suo volto mentre i suoi occhi verdi mi scrutarono intensamente scavandomi dentro.

Ci muovevamo leggeri, il contatto con il suo corpo flessuoso mi trasmetteva scariche elettriche, faticavo a respirare.

Dovevo calmarmi, ciò che avevo da dirle era troppo importante... da questo dipendeva il suo futuro.

“Nessuno mi ha detto che mi cercava...” alzai un sopracciglio

“Mi avrebbe ricevuto?”

“Probabilmente no!” sorrise più apertamente. Poi, improvvisamente il suo sguardo cambiò, il verde fresco dei suoi occhi si trasformò in un mare in tempesta.

“Di cosa deve parlarmi...” sapevo che l’avrei ferita con il mio racconto, con le prove che nel corso dei mesi avevo raccolto contro l’uomo che amava, ma anche contro la sua famiglia.

C’erano le prove che il padre l’aveva venduta per assicurarsi il pagamento dei debiti accumulati... lei, la sua unica figlia, era stata scambiata per denaro.

Ci allontanammo dal salone danzando, dirigendoci verso il giardino, nessuno ci notò... forse.

“Grazie sig. Volt!” disse alla fine del mio racconto, gli occhi lucidi di pianto trattenuto a stento, non era nella sua natura piangere di fronte a uno sconosciuto.


“Mi chiamo Harold!” precisai.

“Grazie Harold!” una lacrima traboccò dai suoi occhi.

 
I ragazzi, mano nella mano si avvicinarono alla casa, fu allora,  che riconobbi la piccola Isabella.

Il mio sguardo si fece più attento, il ragazzo accanto a lei era il suo fidanzato, Edward Cullen.

Scesi velocemente al piano di sotto, non volevo che Isabella mi scoprisse a rovistare tra le sue cose.

“Chi c’è in casa?” la voce sembrava quella di Renée, solo più bassa e roca...

Uscii allo scoperto con un gran sorriso.

“Tu sei Isabella vero?” la vidi dilatare gli occhi poi le sue labbra si aprirono in un largo sorriso.

“Zio Harold!” esclamò correndo tra le mie braccia. “Quando sei arrivato!”

“Piccola... Isabella, sei una ragazza ormai!!! ...Sono arrivato la vigilia di Capodanno!!! Ho fatto una sorpresa a tua padre!” Bella si staccò da me  con un sorriso, voltandosi verso il ragazzo che, immobile, era rimasto vicino alla porta.

“Harold, questo è Edward Cullen, il mio ragazzo!” gli occhi le si addolcirono quando, prendendolo per mano, lo condusse vicino a me.

Il giovane, visibilmente impallidito, con un gesto meccanico si tolse gli occhiali e due intensi occhi verdi mi scrutarono.

“Piacere sono Edward, Edward Cullen!”
 
 
* Divenire_ Ludovico Einaudi

   
 
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