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Autore: Oxis    20/01/2011    3 recensioni
Vedo solo buio e polvere. Nient'altro.
Il mio corpo giace desolato sul duro pavimento di legno della mia camera.
Qualcuno urla fuori dalla porta, la gattaiola cigola. Non mi muovo.
Perche' sono qui?
Perche' sono una dannata.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Altre urla. Apro gli occhi all'improvviso e trasalisco in silenzio.

Poi la porta della mia stanza si apre, investendomi d'aria ghiacciata.

- In piedi.

Solita routine.

I miei muscoli sembrano perennemente sotto sforzo, immobili e inutilizzabili.

Mi volto lentamente, come a rallentatore e rimango a faccia in giu', cercando inutilmente di tirarmi su.

Una mano forte e improvvisa mi strattona e mi alza.

- Come stai oggi, amore?

Con le palpebre socchiuse rivolgo un'espressione piatta e impassibile alla fonte della voce.

Raschiante, dura e gelida, come un'unghia su una lavagna.

Uscire dalla stanza e' come sempre un trauma: la luce abbagliante del sole mi ferisce gli occhi, troppo abituati al buio, costringendoli a chiudersi.

- Pronta?

Mi lascia, facendomi cadere per terra.

Riapro gli occhi e mi rialzo, ignorando il dolore che mi tartassa le ossa.

Sono nel solito patio, un cortile in mezzo all'edificio in cui mi tengono prigioniera.

Qui si fa addestramento.

- Cominciamo.

Raddrizzo la testa e guardo fisso davanti a me, senza muovere un solo muscolo della faccia.

A qualche metro da me c'e una figura esile ma alta, che sembra emanare una luce verdastra dalla pelle color avorio striata di sottili venature magenta.

E' avvolta da un mantello sui toni del verde che sembra dissolversi nell'aria, fluttuando leggero dietro di lei, fermato sulle spalle da fermagli d'oro. 

I capelli lunghi fino ai piedi sono neri come l'ala di un corvo, lucidi e splendidi. Bellissima, ovviamente, come tutte le ninfe, ma c'e' qualcosa in quella figura minuta e sottile che ti fa desiderare di scappare non appena la incontri.

Qualcosa di terrorizzante. Saranno gli occhi neri senza pupilla ne' iride, cerchiati di rosso oppure quel sorriso sbieco e malizioso che scopre i canini appuntiti capace di sbranare un orso interno in meno di quattro minuti.

Questa e' Akifna. La mia tutrice.

All'improvviso emette un lungo sibilo minaccioso, simile a un ringhio acuto e stende la mano verso di me.

Non faccio in tempo a evitare il getto verde brillante che mi colpisce in pieno petto, facendomi cadere al suolo un'altra volta.

Non faccio in tempo a tirarmi in piedi che un altro colpo violento in faccia mi volta la testa.

Dolore. Lancinante. Un bruciore assurdo invade la mia pelle, dove e' stata scottata dalla Linfa, cosi' si chiama.

- Andiamo, fammi vedere un po' cosa sai fare.

Ma io non posso difendermi. Non posso.

Io non sono come lei, non ho quei poteri, non li ho mai avuti. Non voglio essere come lei.

- Mi dispiace, temo per te che lo diventerai. Avresti gia' dovuto esserlo da tempo.

Uccidimi allora, non voglio piu' saperne. E non hai il diritto di leggere la mia mente.

- Spiacente, mia cara.

Non puo' uccidermi, altrimenti lo avrebbe gia' fatto. 

Akifna non desidera altro che togliermi dai piedi, da quando ha scoperto, cinque anni fa che io non sono come loro speravano. Non ho nessuno dei loro poteri: un' Afnin.

Ma nonostante appartenga alla branchia delle Ninfe Prodotes, le Rinnegate, Ninfe che hanno voltato le spalle alla loro natura di esseri innocui e benigni, non puo' ignorare completamente il suo codice genetico. Le ninfe non uccidono, mai. Anche volendo non possono.

Sono esseri della creazione, il che vuol dire che non hanno il potere di togliere la vita.

Il che vuol dire che io sono condannata a un'esistenza buia e tormentata, senza via di fuga.

E il tutto perche' sono diversa da tutti loro. Sbagliata.

   
 
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