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Autore: barbara_f    22/01/2011    13 recensioni
“Questo semestre l’argomento delle lezioni sarà la rappresentazione dell’amore nella letteratura”. Qualcuno accanto a me fece una smorfia disgustata …
“L’amore … l’amore si può leggere giusto nei libri” disse a bassa voce ma sufficientemente alta da farsi sentire ad almeno due file di distanza …
“Cos’hai contro l’amore?” mi sentivo stranamente offesa dal suo tono disgustato, non seppi fare a meno di controbattere.
“Una ragazzina che parla d’amore, un classico …” si stava rivolgendo a me, quello sconosciuto di cui non avevo ancora visto il volto stava parlando con me… mi voltai verso la fonte di quelle offese.
Due occhi verdi, intensi, felini mi guardarono sprezzanti. Ricambiai lo sguardo.
“Signori, potete renderci partecipi?” il prof. Meson interruppe la nostra conversazione.
Il ragazzo con gli occhi verdi e, ora lo vedevo meglio, con i capelli castano ramati, si alzò e con tranquillità rispose
“Dicevo soltanto che l’amore è qualcosa che si può trovare giusto nei libri… la signorina” disse indicandomi, “non è d’accordo …”.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Cap. 46
 
Elizabeth
 
Gli occhi di Charlie passarono istintivamente da me ad Edward... aveva capito che io sapevo... che quel passato, che lui tanto cercava di conoscere, era a portata di mano, bastava un solo istante perché potesse conoscerlo.

“La prego signor Volt!” continuò Edward cercando di mettersi seduto.

Bella gli fu accanto, le sue dita sottili intrecciate a quelle più forti di lui.

Il mio cuore perse un battito a quella visione... quanto avrei voluto avere avuto la stessa forza che animava ora quella piccola donna che, strenuamente difendeva il suo amore.

Come raccontare questa storia, la mia storia; così penosa, così dolorosa... Come riuscire nell’intento di non ferire nessuno?

Come mettere quel fragile ragazzo di fronte a una verità tanto penosa?

Come ricordare... quando la sofferenza mi travolgeva come un mare in tempesta?

Perché ero li quella sera?

Questo mi aveva chiesto Edward.

Cosa mi aveva spinto a raggiungerla in quella casa?

Inconsciamente sapevo cosa sarebbe accaduto. Sapevo che avrei parlato. Sapevo che non avrei potuto sottrarre Edward alla verità,  era lui che lo aveva chiesto, ne aveva diritto.

La mia mente tornò a quei giorni, agli ultimi giorni prima della sua drammatica fine.

 
Erano mesi che non sentivo più la sua voce, che non toccavo più il suo morbido, caldo corpo... mi mancava, quando non era con me sentivo un profondo vuoto inghiottirmi.

Aveva tentato con tutte le forze di allontanarmi da se, avevo capito cosa era costretta a subire da Masen, e avevo minacciato di denunciarlo.

Non avrei mai dovuto dirlo.

Quella frase, pronunciata in un momento di rabbia aveva segnato l’inizio della fine.

Non me lo sarei perdonato per tutta la vita.
 
“Quella sera...quella maledetta sera... avrei solo voluto arrivare in tempo.”

Mi misi una mano sulla bocca quando mi accorsi di aver pronunciato queste parole ad alta voce.

“Lei sapeva...” la voce di Edward era lieve come un soffio, nel suo tono c’era incredulità...

“Lei avrebbe potuto... salvarla...” rabbia, tristezza, dolore....

“Non capisco... cosa, cosa sapevi... perché non mi hai...” guardai Charlie, cercando di arginare il fiume di domande che stava per riversarsi dalle sue labbra. Com’era possibile che fosse tanto stupido!

“Conoscevi questo ragazzo?” si riprese accorgendosi dell’errore madornale che stava per compiere... Edward continuava a guardarmi, apparentemente inconsapevole di ciò che lo circondava. Bella invece, alternò lo sguardo da suo padre a me. Era una ragazza intelligente e sveglia, avrebbe presto capito che l’incontro tra Edward e me, non era frutto di una semplice coincidenza.

Non volli pensare alle conseguenze per il povero Charlie.

“Qualcuno vuole spiegarmi...” iniziò.

Se lo sguardo fosse stato un’arma, quello che Bella rivolse al padre, equivalse a un colpo di avvertimento...
significava stai attento, non mentirmi, te ne potresti pentire in seguito...

Charlie registrò l’avvertimento e si rintanò di più nella sua poltrona disponendosi all’ascolto del mio racconto.

“Vada avanti signor Volt, la prego... non la interromperò!” Edward riusciva ed essere così naturalmente nobile d’animo... era incredibile come, nonostante il suo tragico passato, il suo animo fosse rimasto puro, in toccato dall’orrore.

Tirai un sospiro e mi preparai riaprire le ferite del mio cuore.
Sperai, con tutta l’anima di uscirne indenne.

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“Mi chiamo Elizabeth O’ Donnel - Masen, ho 32 anni e questa è l’ultima volta che scrivo.
 
Affido a questa lettera i miei ricordi più intensi, le mie ultime riflessioni, le mie volontà.
 
Un diari,o con le prove  di tutti i crimini di cui si è macchiato mio marito, sarà recapitato agli agenti dell’F.B.I. nel momento stesso in cui la mia morte verrà resa nota.

Gli agenti hanno mandato di far scomparire per sempre da questa città i miei figli, cancellarne l’identità, dare loro una speranza di vita migliore...

Una famiglia, accuratamente scelta tra le tante che chiedono l’affido di bambini, si occuperà di loro, li renderà felici, li ricoprirà di affetto... quell’affetto che io non sarò mai più grado di dargli.

 
Sono loro, i miei bambini, le vere vittime innocenti, sono loro che hanno pagato il prezzo più alto. Il grave prezzo per un amore che non sarebbe mai dovuto esistere e per un accordo che non avrei mai dovuto sottoscrivere.

 
Ho deciso di porre fine alla mia vita dunque, non solo perché il dolore fisico e psicologico che avverto ogni giorno mi sono ormai insopportabili, o perché la violenza che alberga nella mia esistenza e in quella dei miei figli è talmente intensa da portarmi lentamente alla disperazione... ma soprattutto perché io conosco la vera natura di mio marito.

Lui non cambierà mai, è troppo marcio, e presto, come ne “Il ritratto di Dorian Gray”, questo schifo travalicherà l’esile barriera della sua facciata sapientemente costruita e ripulita.

 
Io l’amavo, l’amavo davvero EJ, il giorno del mio fidanzamento è stato, forse, il più bello della mia vita.

All’inizio, ho rifiutato di credere alle prove che mi venivano mostrate, prove inconfutabili di inimmaginabili perversioni, di un orrore talmente grande da essere impensabile in un solo uomo...

Qualcosa ha però rivelato la natura dell’inganno. Non si può nascondere a lungo la propria natura, non quando si vive insieme. E così è stato. EJ si è tradito rivelando il vero se stesso, distruggendo la sua bella e lucida facciata....

Aveva compreso... io sapevo.

Il pensiero che, un giorno o l’altro, potessi decidere di rivelare la sua verità al mondo, gli era intollerabile...

 
EJ mi picchia, ogni giorno cerca di annichilire il mio corpo, poiché non è capace di abbattere il mio spirito... non mi arrenderò mai a lui, non smetterò mai di dirgli quanto, l’uomo che credevo di amare, mi sia diventato intollerabile.

Freno i miei istinti più animaleschi, lo faccio solo per loro. Per i miei figli.

Non può uccidermi, ha fatto un patto quando mi ha sposato, un patto di cui ero a conoscenza, un patto che ho accettato per il bene della mia famiglia...

Abbiamo venduto loro la nostra felicità, per permettere loro di raggiungere i gli scopi che si erano prefissi. 
Per le nostre famiglie abbiamo sacrificato la nostra anima.

Cavie da laboratorio, ora ci muoviamo in una gabbia che solo la morte potrà aprire.

Non abbiamo avuto scelta, tutto era stabilito da tempo e, consenzienti, ne abbiamo accettato le condizioni.
La vita reale, non è quella che si trova nei romanzi rosa, non è a lieto fine e, nel nostro caso, la felicità coniugale non era negli accordi.

 
Ho rinunciato all’amore per un uomo che avevo imparato ad apprezzare e rispettare, pur di onorare mio padre, la mia famiglia e il suo accordo; aveva bisogno di me, come il padre di EJ aveva bisogno di lui.

 
...Sono andata via da lui senza nessuna spiegazione, l’ho ferito. Il dolore che ho provato è stato infinito, ma non mi sono mai voltata indietro...

No, solo una volta ho ceduto alla tentazione...

Quando ho scoperto di essere incinta l’ho chiamato, avevo bisogno della sua voce rassicurante, ero terrorizzata dall’idea di diventare madre, il mio mondo era troppo complicato per farci vivere un bambino.

Al telefono,è stato così dolce, il suo tono caldo mi ha avvolto, un brivido ha pervaso la mia schiena. Lo amavo ancora, lo volevo ancora con me.

Tornò senza chiedermi spiegazioni, confortandomi, coccolandomi, rassicurandomi...

Pochi giorni di intensa felicità finché, conscia dell’impegno preso e delle mie responsabilità, infransi le sue speranze e il suo cuore...

Spezzai la mia anima in due. Una parte è ancora con lui.

Spero che, ovunque sia, mi perdoni e comprenda le mie ragioni.

 
Ho sperato che la nascita dei bambini segnasse una tregua nel rapporto con mio marito, che la vista di due morbidi fagottini intenerisse il suo cuore indurito dalla droga e dai vizi... per un po’ mi sono illusa...

Durante la gravidanza sembrava attento e felice di avere un erede, ho creduto che potesse cambiare...

Mi sono sbagliata, ancora una volta.

Un animo così corrotto non può cambiare... mai!

La loro nascita ha segnato l’inizio della mia fine.

La vista di due bimbi tanto diversi ha rinfocolato la sua paura più grande, quella che avessi un amante!

Non era innamorato di me ma, l’idea che il bel mondo in cui vivevamo potesse pensarlo....

 
La mia vita, da triste, apatica e solitaria si è riempita improvvisamente di orrore, disperazione, dolore. Edward e Alice, i miei piccoli sono stati divisi all’età di due anni, strappandoli dal mio petto, separando le loro esistenze.

 
Alice, la mia piccolina, quella che lui nella sua follia, credeva la sua unica figlia, più simile ai Masen nei tratti somatici e nel carattere, allegro e sveglio, è stata mandata in un collegio di altissima classe, curata e vezzeggiata.

Edward invece, il mio piccolo timido e riservato ometto è rimasto con noi, vittima innocente della sua furia e dei miei peccati. 

 

Il mio pensiero va a lui, al mio Edward, che ha assistito a troppi orrori per un bambino, che ha subito sulla sua pelle il dolore delle percosse e degli insulti... Perdona tuo padre per la sua follia, non è in grado di capire, perdona me per non aver avuto la forza di proteggerti. Non sono riuscita a fuggire neppure quando Harold, in un ultimo, disperato tentativo ha provato a portarmi via...

 
Lo farò ora, andrò via in un posto dove il dolore non esiste, il mio gesto ti darà la libertà piccolo Edward  e, insieme a tua sorella, potrai finalmente vivere una vita migliore.

Vi amo bambini miei e, amo te, Harold.

Non ho mai smesso di amarti.

 
Elizabeth”
 
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Richiusi la lettera, era la prima volta che la rileggevo.

L’emozione era la stessa di allora...

Ricordai le lacrime disperate versate sul suo corpo bagnato e ormai privo di vita, ricordai il sangue che ricopriva la sua pelle, ricordai il piccolo Edward, il suo sguardo immobile e stravolto dall’orrore, ricordai il momento esatto in cui quella lettera prese posto nella mia vita...

L’avevo trovata in bagno, ripiegata accanto alla toletta; al suo interno, una ciocca dei suoi capelli, una foto dei bambini e una di EJ e lei nel giorno del loro matrimonio. Le voltai, dietro una scritta: “per Alice ed Edward, un ricordo di mamma e papà”.

 
Riluttante, consegnai a Edward il mio tesoro, era suo diritto averlo, lo sapevo, l’avevo conservato gelosamente per quasi dieci anni, in cuor mio sapevo che, un giorno o l’altro li avrei ritrovati...

Desideravo con tutto il mio cuore che i suoi figli, la conoscessero veramente, che sapessero che aveva sacrificato la sua vita pur di salvarli e donare loro un futuro più sereno.
 
La mano tremante del ragazzo prese in mano la fragile carta da lettera, cimelio conservato per anni in uno dei miei libri preferiti: “il ritratto di Dorian Gray”.

I suoi occhi grandi erano lucidi di lacrime.

Mi si strinse il cuore.

Quanto dolore!

“Come stai?” chiesi guardandolo.

Ero preoccupato dal suo silenzio.

“Edward!” Bella gli fu vicino, chiamandolo dolcemente.

“Edward, ti prego, rispondimi...” una lacrima bagnò il suo volto.

Charlie, che era rimasto in un attonito silenzio, si avvicinò alla figlia.

Con la mano le carezzò la guancia umida...

“Mi dispiace!” disse con voce carica di dolore, “mi dispiace Edward!” continuò posandogli lieve una mano sulla spalla.

Aveva capito quanta sofferenza c’era nella vita di quel ragazzo così fragile e, al contempo, così forte.

Edward sussultò a quel tocco ma non si mosse né lo guardò.

I suoi occhi erano solo per la lettera di cui, ero sicuro, riconosceva la grafia.

“Harold, forse è bene lasciarli soli...” sussurrò Charlie mettendomi un braccio attorno alle spalle. “hai proprio l’aria di qualcuno che ha bisogno di farsi un bicchiere!”

Aveva dannatamente ragione.

Non era ancora mezzogiorno ma la mia gola esigeva un caldo, forte, biondo whisky, avevo bisogno di riordinare i pensieri che, vorticosamente, ingombravano la mia testa.

Volevo stordirmi, annegare il mio dolore; sapevo che sarebbe stata una pace effimera... ma ora, l’unica cosa che desideravo era dimenticare.

Ritornare, anche solo per un istante, per il tempo di una sbronza, ai giorni felici del mio amore con lei.

Lei che sarebbe rimasta per sempre nella mia mente e nel mio cuore, lei che nessun’altra avrebbe potuto eguagliare: la mia Elizabeth.
 
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Con la mano tremante presi tra le dita quel fragile tesoro.

Gli occhi bruciavano di lacrime a stento represse, non volevo piangere, non di fronte a Charlie Swan.

“Come stai?” la voce di Harold era così rassicurante e tenera...

Quanto avrei desiderato che in quella lettera ci fosse stato scritto che il mio vero padre era lui; avrebbe alleviato la mia pena sapere che esisteva una ragione per tutto il dolore che ero stato costretto a subire e che ancora condizionava la mia vita.

Mio padre, se così si poteva chiamare quell’uomo, era un folle. Era bastato un sospetto, infondato per giunta, per condannare suo figlio ad una vita di orrore e violenza.

Solo un sospetto, un sospetto....

Volevo urlare, esternare la mia rabbia, gridare contro il cielo per quell’enorme ingiustizia ma, come sempre, restai fermo, fremente di disperazione...

Non avrei mai e poi mai trasformato la mia vita in quella di mio padre, mai avrei fatto ciò che lui ha fatto.

“Edward!” la voce di Bella trapassò le cortine della mia incoscienza, non riuscivo a risponderle, il mio sguardo era concentrato su quella lettera di cui riconoscevo la grafia.

La grafia inconfondibile di mia madre.

“Edward, ti prego, rispondimi...”sentivo lacrime e disperazione nella sua voce. Temeva che potessi abbandonarla, temeva che il mio mutismo e la mia fissità fossero il preludio di una nuova crisi... non era così, era solo concentrazione e autocontrollo.

Quelle parole, scritte nero su bianco e lette, con tanta emozione da Harold Volt, avevano rotto l’incantesimo, liberando la mia mente e il mio cuore da tutti i dubbi e le incertezze. Solo risentimento e nostalgia restavano strenuamente ancorati al mio cuore; risentimento per l’uomo che aveva distrutto la mia infanzia, nostalgia per la vita che avrei potuto vivere se solo mia madre fosse stata più forte o più coraggiosa o, semplicemente più fortunata...
Era in un vicolo cieco e, quel suo gesto tanto estremo era l’unico possibile per lei.

Per anni l’avevo creduta vittima e carnefice, per anni l’avevo accusata di non amarmi abbastanza... Mi ero sbagliato.

...Avrei tanto voluto stringerla ancora una volta tra le mie braccia.

Bella singhiozzava sommessamente, mi faceva male al cuore sentirla star male a causa mia.

Ti prego amore mio pensai, lasciami un istante, lasciami tornare indietro anche solo con la mente a quel giorno, quel giorno maledetto. Ne ho bisogno, devo ricordare...

Con le mani sfiorai la carta da lettera, era fragile e delicata, mi ricordava lei, Elizabeth, aveva il suo profumo, la sua delicatezza ma, nelle parole, traspariva la sua forza, quella forza che credevo non esistesse.

Lasciami un istante per toccare questa lettera... mia madre l’ha sfiorata, mia madre l’ha scritta... pensai ancora sospirando.

Bella carezzò il mio viso, il suo tocco caldo mi arrivò dritto al cuore.

L’amavo, tanto.

Amavo le sue mani così delicate, il suo volto limpido, la sua pelle di latte, il suo corpo morbido e dolce... ma, soprattutto amavo la sua forza, la sua determinazione e la sua infinita pazienza e tenerezza.

Una mano si poggiò sulla mia spalla, sussultai ma non distolsi lo sguardo che, ancora fisso sulla lettera, era ipnotizzato dal significato di quelle parole...

Charlie si scusava con me, lo faceva nella maniera goffa e impacciata che era tanto comune in Bella.

Ne fui felice... c’era voluto il racconto del mio dolore perché finalmente accettasse il mio rapporto con lei.

 Una lacrima scese dal mio viso infrangendosi sulla carta delicata, mi riscossi e, voltandomi guardai Bella...

Era meravigliosamente bella, tenera, con le guance arrossate e gli occhi lucidi di lacrime recenti.

“Ho ritrovato mia madre!” sussurrai commosso.

“Si!” rispose abbracciandomi “Sono felice per te!”

 
Sound of the blue heart _ Elizabeth’s song.
 

   
 
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