I°
Capitolo
‘Ridi,
dietro lenti scure riderai.
Tutto
ciò significa che anche tu
mi
tradirai.’
Baustelle
– Martina
Tre
mesi prima
-Alzati
subito ragazzina, è tardi e, quindi, farai tardi –
esclamò giovane donna, che,
all’apparenza, non dimostrava i suoi quarant’anni
– alzati, non fare la
bambina! –
-Sì,
sono sveglia.. – fu l’unica risposta che la donna
ricevette.
-Non
mi interessa se sei sveglia o meno, devi alzarti! Mi spiace cara, non
te lo so
dire in ungherese! – continuò la donna.
-Vedi?
Dovresti imparare l’ungherese, potrebbe essere utile nella
tua vita -
Questa
volta, però, la donna non disse niente.
Ragazzina
impertinente
pensò ed io che lo faccio solo per
lei!
Qualsiasi
donna di quarant’anni, però, o per esperienza o
per i propri modi di fare,
sapeva sempre farsi ascoltare, in un modo o in un altro.
Infatti,
ella, non solo aprì le tende e, successivamente, la
finestra, ma, con un gesto
fulmineo, prese con la mano destra un’estremità
del piumone e, con un minimo di
forza, lo tirò indietro, rivelando una figura femminile che
indossava una
semplice canottiera, oltre alla biancheria intima si intende.
-Ti
odio, non so se te l’ho già detto –
esclamò rude la figura femminile che,
qualche attimo prima, era accoccolata sotto il piumone.
-Diciamo
che me lo dici ogni mattina quando vengo a svegliarti –
cominciò, più calma, la
quarantenne – per questo sveglio prima te, di solito Jennifer
mi riempie di
insulti, tu sei più educata, ecco. Alzati ora, hai lezione
tra circa trenta
minuti e tra dieci minuti il tuo tè sarà pronto.
Ora vado a svegliare
quell’altra.. Datti una mossa cara –
E
detto questo, la donna girò i tacchi e uscì dalla
stanza, sbattendo lievemente
la porta.
Trenta
minuti pensò
la ragazza
rimasta nella stanza che vuoi che siano
trenta minuti?
Per
questo si rigirò nel letto trovandosi di fronte la sveglia,
una bella sveglia.
Era una sveglia con orologio analogico ed era color oro, con le
rifiniture e i
numeri romani in argento.
Segnava
le otto e trenta minuti. Lei sarebbe dovuta essere a lezione alle ore
nove.
Le
otto e trenta minuti.
Le
otto e mezza.
-Le
otto e trenta, le otto e mezza.. –
Assonnata
com’era non aveva ancora capito che trenta minuti non le
sarebbero mai bastati
per lavarsi, vestirsi e prendere il suo consueto tè. No, non
le sarebbero mai
serviti, a meno che..
-Devo
muovermi, porca miseria! –
Le
bastarono quattro secondi per capire l’ora.
Si
alzò di scatto dal letto, ancora infreddolita e assonnata.
Uscì
subito dalla sua stanza e, senza degnare nessuno di uno sguardo, si
chiuse nel
bagno.
Si
lavò il corpo, si sciacquò il viso per poi
passare circa dieci creme differenti
sulla sua pelle.
Com’è
tardi! non
faceva altro
che dirselo.
Risciacquò
di nuovo il viso, questa volta con acqua fredda, magari si sarebbe un
po’ svegliata,
e dopo sollevò il viso, fino a ritrovarsi faccia a faccia
col suo riflesso.
Non
aveva un viso segnato da occhiaie, brufoli o Dio solo sa cosa. Era un
viso
stanco, ma anche rilassato.
Le
labbra, piccole ma carnose, erano morbide e lucide. Gli occhi, castani
e un po’
assonnati, erano quelli di sempre: indagatori, curiosi e intelligenti.
Il viso,
forse quello, era cambiato un po’: era cosparso da piccole
lentiggini,
soprattutto nella zona del naso.
Non
era quello, il suo viso, però, che la ragazza osservava. No,
erano i suoi capelli.
Quelli
si che erano cambiati: un tempo erano lunghi e mossi, ora invece erano
corti,
come quelli di un maschietto, solo il colore era quello di un tempo, e
cioè
castano.
Li
toccò istintivamente: dalla radice fino alle punte. E
sorrise amaramente.
Aveva
tagliato i suoi capelli tre anni prima, e da allora li teneva sempre
corti, ma
non era ancora abituata a quel cambiamento.
-Potresti
cambiare colore e il modello, non è necessario tagliarli
così corti! – esclamò
una voce femminile molto esausta e abbastanza squillante.
-Non
mi farai
cambiare idea, ormai ho deciso! – rispose una voce, sempre
femminile,
agguerrita –e se non vorrai accompagnarmi tu,
bhè.. lo farò da sola! – aggiunse
poi, sperando che la risposta dell’amica era “No,
ti accompagnerò io”.
-Ma
che bisogno
c’è? Capisco che tu voglia cambiare, tagliare col
passato. Okay, falli corti ma
non in quel modo! –
La
litigata
durava da più di mezz’ora, e solo una ne sarebbe
uscita vincitrice.
-Guardaci:
stiamo litigando sulla mia decisione di tagliare i capelli. Stiamo
litigando su
una stupidata, te ne rendi conto? –
-I
tuoi capelli,
cara, non sono una stupidata! E sia! Tagliali se questo ti
farà contenta, ma
quando te ne sarai pentita non venire a piangere da me! –
E
quelle parole,
buttate a mo’ di battuta, fecero ridere entrambe le ragazze.
Insomma,
quella
era la quiete prima della tempesta, brutale tempesta.
-Sei
in quel bagno da più di dieci minuti, ti vuoi muovere?
–
Fu
una voce, squillante e allegra, che la risvegliò dai suoi
pensieri.
Le
ricordava tanto la voce della sua migliore amica.
Ex
migliore
amica, non dimenticarlo cara ragazza.
-Sì,
ho finito – rispose la giovane, uscendo dal bagno.
La
ragazza, con la voce ‘squillante e allegra’,
entrò di corsa nel bagno, bofonchiando
qualcosa di incomprensibile.
Dopo
il bagno, toccava alla sua stanza, dove entrò e fu invasa da
un’aria gelida, in
fondo era ancora vestita da una semplice canottiera.
Le
finestre erano spalancate e la brezza mattutina era entrata comodamente
nel suo
piccolo rifugio.
Dannata
donna!
Ormai
era Gennaio inoltrato, era normale che facesse freddo, quindi
perchè aprire le
finestre?
La
casa deve
respirare! rispondeva
sempre quella donna, arguta e astuta, anche.
Cercando
di non badare al freddo che ormai era entrato nelle sue vene, si
avviò verso il
suo armadio.
La
sua stanza era piccola: un letto, un armadio, una scrivania e qualche
scaffale,
niente di più spoglio.
Le
pareti erano ricoperte da una carta color azzurro, che ero lo stesso
colore del
piumone e delle tende di quell’unica finestra che dava sul
‘cortile’, se così
si vuole chiamare un piccolo spazio di
cemento con quattro panchine e due alberi.
La
scrivania, invece, era rivestita da una marea di libri, quaderni e
penne che
stavano in disordine, uno sopra l’altro. Gli scaffali erano
l’unico posto
ordinato di quella stanza: erano due, e su ognuno era posto un certo
numero di
libri.
Aprì
lentamente le ante dell’armadio color bianco, pensando a cosa
avrebbe potuto
indossare quel giorno. Ci pensò non più di due
secondi: scelse un semplice
pantalone nero stretto alle caviglie, una maglietta a maniche lunghe
bianca e
un piccolo maglioncino nero aperto.
Indossò
tutto in meno di dieci secondi e uscì dalla sua stanza,
diretta in cucina.
Lì
vi trovò la ‘dannata donna’ vestita di
un jeans abbastanza stretto e un
maglione a collo alto e delle scarpe da tennis. I suoi capelli, lunghi
e neri,
erano raccolti in un’elegante coda di cavallo e il suo viso,
dove spiccavano
due occhi azzurri, era struccato ma luminoso.
La
donna era intenta a bere un tazza che conteneva del caffè.
-Sono
le otto e cinquanta, il tuo record! – esclamò,
sarcastica, la donna, vedendola
arrivare.
La
giovane non la ascoltò e si sedette a tavola dove
c’era il suo buon tè.
Aveva
iniziato a bere tè da poco tempo, circa due anni, da quando
aveva lasciato
Londra. Quella speciale bevanda le ricordava molto le sue origini
londinesi,
per questo non poteva farne a meno.
Caldo,
freddo, con o senza limone, con o senza latte, restava sempre la sua
bevanda
preferita, non beveva neanche più caffè!
In
effetti, tuttavia, l’assenza di caffeina nel suo organismo
era dettata da un
altro fattore: il fumo.
La
ragazza era un’accanita fumatrice di sigarette da quando
aveva diciotto anni.
Un
modo per
uscire dal consueto, dalla routine,
lo definiva lei. Infatti nessuno si
aspettava che lei fosse una fumatrice.
Dopo,
però, un’attenta riflessione decise di smettere. E
l’assenza di nicotina,
implicava anche l’assenza di caffeina.
-Sei
assente, è successo qualcosa Amelia? – la voce
‘squillante e allegra’ le
rivolse la parola.
Amelia.
Da quanto
tempo la chiamavano così?
Amelia.
Da quanto
tempo era Amelia?
-Ehm,
no. E’ tutto okay, ho solo un po’ di sonno
– rispose la fantomatica Amelia,
sorseggiando il suo tè.
-Come
dici tu, io vado a vestirmi. Tu comincia ad andare a lezione Mary Anne,
io ti
raggiungerò appena possibile, e se il professore dovesse
dirti qualcosa digli
che è morta mia zia! – disse poi la ragazza.
-E’
morta tua zia? – chiese la donna quarantenne che rispondeva
al nome di Mary
Anne – Ma tua zia non era morta due settimane fa, Jennifer?
–
La
ragazza, orami diretta verso la sua stanza, non rispose.
-Quella
ragazza è incredibile! – aggiunse Mary Anne, con
voce abbastanza indignata.
-E’
una ragazza di nemmeno vent’anni, deve ancora maturare..
– disse Amelia, con
tono di voce neutro –non tutte siamo come te, quarantenni
vissute –
-Ah
ah ah, sei molto spiritosa! Muoviti che se no farai tardi dalla
Jackson! –
La
Jackson!
Porca miseria!
-Sì
sì, ci vediamo in mensa a pranzo, okay? Dillo pure a
quell’altra! Ciao! –
esclamò, bevendo il suo tè in un sorso solo.
-Certo,
certo. A dopo piccola –
Clare
Jackson era denominata col soprannome ‘otto metri sotto
terra’.
Incomprensibile, all’apparenza. Bastava, tuttavia, passare
un’ora col lei, e
quel soprannome sarebbe risultato il più adatto alla sua
persona.
Donna
sulla cinquantina, con trent’anni d’esperienza, era
il rettore della facoltà di
Amelia. Era molto, molto bassa,
eppure emanava paura a chilometri di distanza, aveva dei capelli sul
biondo,
sul grigio e sul nero, insomma un misto, a quanto pare non andava dal
parrucchiere da molto tempo.
Cosa
diamine
vorrà da me?
si chiedeva la giovane ragazza dai capelli corti, mentre percorreva la
strada
per raggiungere il suo ufficio Non ho fatto
assenze più del consentito, e mi sono comportata molto
egregiamente
ultimamente. Possibile che.. che.. Oh no, non voglio pensarci!
Ciò
che la ragazza non voleva pensare era la possibilità, anche
piccolissima, che
qualcuno l’avesse cercata, o che avesse fatto domande sul suo
conto. Se così
fosse stato non era rovina, ma di più.
Ormai
era Amelia Julia Fox da tre anni.
Aveva assunto quella nuova identità cercando di dimenticare
il passato che le
aveva portato dolore, disperazione e qualche volta gioia. Non aveva
messo in
conto, però, che essendo scomparsa dalla circolazione,
bhè avrebbe potuto
destare la curiosità di molte persone: un personaggio
celebre come il suo che
scompare così, dalla mattina alla sera, era qualcosa di
abbastanza singolare.
Senza pesare ai suoi amici, che
forse
la cercavano.
No,
non lo
stanno facendo. Non lo hanno mai fatto, loro.
Non
si rese neanche conto di essere arrivata al grande edificio che
ospitava i
‘piani alti’ della Brown University.
Entrò senza pensarci e, dopo aver chiesto
informazioni, arrivò all’ufficio della Jackson.
Bussò
una sola volta, e poi entrò.
-Buongiorno..
– disse con un fil di voce – mi cercava?
-Certo,
entri e si accomodi per favore. Io torno subito – rispose
l’apatica voce della
Jackson.
‘Entri,
io torno
subito?’
Che diavolo vuol dire? Mi lascia qui da
sola nel suo ufficio? Che donna!
Era
così immersa nei suoi pensieri che non si accorse di essere
sola.
-Granger..
–
Un
nome, due sillabe. Voce tagliente e fredda.
Non
poteva essere.
-Quasi
non ti riconoscevo con questo nuovo taglio
e con questa nuova identità..
–
continuò quella voce alle sue spalle.
La
giovane donna si girò di scatto, ma ciò non
serviva: sapeva già a chi
apparteneva quella voce.
Draco
Lucius
Malfoy.
Odio,
rabbia, paura, dolore, rancore.. Troppi sentimenti si stavano facendo
la guerra
in quel momento nella mente, e nel cuore, della giovane.
Draco
Lucius
Malfoy.
Come
si dice, un nome una garanzia.
Malfoy
qui, in una città dove la magia non esisteva, e,
soprattutto, in mezzo ai
babbani.
La
ragazza non riusciva a proferire parola.
-Cos’è,
hai cambiato anche la lingua? – chiese lui, in tono
strafottente.
Voleva
tirargli uno schiaffo, un forte schiaffo. Uno di quelli che si sarebbe
ricordato in punto di morte e che, magari, gliel’avrebbe
causata la morte.
Dovette,
a suo mal grado, rinunciare a quella idea. Il giovane era
nell’ufficio della
Jackson.
Di
sicuro non si era introdotto furtivamente, e poi perchè
avrebbe dovuto farlo?
Quindi, la spiegazione più che logica era che lui fosse
stato chiamato dalla
donna. Ma perchè? A quale scopo?
L’unica
risposta ‘sensata’ che pensò la giovane
Fox-Granger fu che la Jackson potette
avere qualche radice magica. La cosa, però, era insensata:
Hermione Jane
Granger era conosciuta in tutto il Mondo Magico, era incredibile che
qualcuno
non la riconoscesse.
-Perchè
sei qui? – chiese semplicemente, cercando di mascherare quel
suo stato di
agitazione.
-E’
un piacere sapere che la lingua la hai ancora – rispose
più strafottente di
prima.
-Non
hai risposto alla mia domanda –
-Lo
farà quella lì al suo arrivo –
E
proprio in quel momento quella lì
arrivò nel suo ufficio, con qualche foglio in mano.
-Oh,
vedo che vi siete già conosciuti –
esclamò avvicinandosi ai due, che, ormai,
erano uno di fronte all’altro –signor Malfoy, lei
è Amelia Julia Fox. Signorina
Fox, lui è Draco Lucius Malfoy. E ora vi prego: sedetevi!
–
Detto
ciò i due, senza staccarsi gli occhi di dosso, si sedettero
alle due
poltroncine poste davanti la scrivania, ove prendeva posto la Jackson.
-Signorina
Fox – fu proprio quella donna a parlare per prima
–la ho fatta convocare qui
per un semplice motivo: il signor Malfoy qui presente si è
trasferito qui da
Londra solo ed esclusivamente per frequentare i corsi di Letteratura,
insomma i
suoi stessi corsi –
Il
respiro della ragazza iniziava a farsi irregolare.
Malfoy
qui per seguire i corsi? I suoi stessi corsi?
-Visto
che è nuovo, mi chiedevo se lei potesse farlo ambientare.
Che so, fargli
conoscere il campus, parlargli dei corsi.. –
continuò la Jackson.
-La
trova una meravigliosa idea signorina Janckson. E poi credo che io e Amelia andremo più che
d’accordo –
interruppe elegantemente Malfoy – tu non credi Amelia?
Pronunciava
il suo nome in modo ripetitivo e calcato.
Brutto
bastardo.
-Ehm,
sì, forse. Ma perchè proprio io? Voglio dire, ci
sono tanti studenti più, più adatti
di me per questo.. – disse lei,
lanciando una strana occhiata a Malfoy.
-Uno
migliore di lei signorina Fox? Una migliore di lei non credo che
esista! Ottimi
voti in tutte le materie e, e poi lei e il signor Malfoy avete qualcosa in comune.. – si
fermò la
Jackson, facendo una pausa abbastanza teatrale –Entrambi
venite da un paese
straniero, chi meglio di lei può capire i sentimenti del
povero signor Malfoy?
–
Povero
signor
Malfoy? Questa donna non sa quello che dice!
La
giovane ragazza tirò un sorriso, che, però,
sembrava tutto tranne che un
sorriso, mentre il giovane Malfoy ghignava, guardando la coetanea.
-Bene
ragazzi, non vi trattengo più del dovuto –
iniziò la Jackson –Signor Malfoy la
pregherei di compilare questi moduli e di portarmeli il più
presto possibile.
Arrivederci –
Malfoy
prese i moduli con un gesto elegante e, dopo aver lanciato uno sguardo
eloquente alla ragazza, uscì insieme a
quest’ultima dall’ufficio.
Arrivarono
al cortile dell’edificio senza proferire parola.
La
Granger era come paralizzata. Non sapeva cosa dirgli, e soprattutto se doveva dirgli qualcosa.
In
più non voleva rovinare la sua specie di copertura: andava
tutto bene fino in
quel momento, ed ora arrivava lui!
Dall’altra
parte, Malfoy era spiazzato. Non si aspettava di vedere la Granger in
quel
posto. Soprattutto in quelle vesti.
Cos’era questa storia di Amelia Fox?
Perchè era lì?
Ormai
si erano fatte le nove.
Le
nove e quindi
pensò la
Grangere forse dovrei iniziare già
da adesso.
Prima si inizia, prima si finisce.
-Malfoy..
– azzardò la ragazza.
-Sì
Granger? – rispose il
giovane con
fare teatrale.
-Non.
Chiamarmi. In. Quel. Modo. Malfoy –
-Allora
tu non chiamarmi ‘Malfoy’ e io troverò
un altro ‘soprannome’ per te –
-E..
e come dovrei chiamarti? Furetto? – disse leggermente confusa
la ragazza.
-Bhè
meglio di Malfoy è di sicuro, però non ti
azzardare ad usare nomi del tipo
‘Malfuretto’.. –
Stava
parlando con Malfoy.
Qualcosa
di grave doveva essere successo.
-Come
vuoi tu.. Ascoltami: andiamo all’Honey Bar, è qui
vicino. Così ti parlo di
questa maledetta università.. –
-Bene,
andiamo Mezzosangue –
SEDATIVE’S
SPACE:
Cosa
dire di questo capitolo? Bhè: niente
è come sembra è una cosa un
po’ leggermente banale. No, lo è
decisamente.
Credo
che si sia ben capito
che la Grifondoro abbia cambiato identità, capelli,
eccetera, eccetera.
Malfoy
perchè è lì? Dirvelo ora non
renderebbe giustizia a questa
storia.
NOTE:
-Hermione
sì, ha i capelli corti. Adoro il taglio
della
Watson, e credo che anche alla nostra eroina vada bene.
-La
Granger che beve tè. Lei è londinese, come ho
già scritto, e
mi sembra ovvio che una ragazza londinese, fiera delle sue origini,
beva del
tè.