Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: sedative    24/01/2011    1 recensioni
"In generale, non le piaceva essere 'qualcuno'.
'Mi piace essere una fra i tanti' si ripeteva.
Lei un tempo non era così, però.
Lei un tempo non ragiovana così.
Lei un tempo non aveva bisogno di una vasca riempita di acqua calda per rilassarsi.
Ma vedendola in quel modo nessuno avrebbe associato a quella figura il nome di Hermione Jane Granger."
Attenzione: ho riscritto sia il prologo che il primo capitolo, perciò vi invito a rileggerli.
[STORIA SOSPESA]
Genere: Comico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Harry Potter, Nuovo personaggio, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I° Capitolo

 

‘Ridi, dietro lenti scure riderai.

Tutto ciò significa che anche tu

mi tradirai.’

 

Baustelle – Martina

 

Tre mesi prima

 

-Alzati subito ragazzina, è tardi e, quindi, farai tardi – esclamò giovane donna, che, all’apparenza, non dimostrava i suoi quarant’anni – alzati, non fare la bambina! –

-Sì, sono sveglia.. – fu l’unica risposta che la donna ricevette.

-Non mi interessa se sei sveglia o meno, devi alzarti! Mi spiace cara, non te lo so dire in ungherese! – continuò la donna.

-Vedi? Dovresti imparare l’ungherese, potrebbe essere utile nella tua vita -

Questa volta, però, la donna non disse niente.

Ragazzina impertinente pensò ed io che lo faccio solo per lei!

Qualsiasi donna di quarant’anni, però, o per esperienza o per i propri modi di fare, sapeva sempre farsi ascoltare, in un modo o in un altro.

Infatti, ella, non solo aprì le tende e, successivamente, la finestra, ma, con un gesto fulmineo, prese con la mano destra un’estremità del piumone e, con un minimo di forza, lo tirò indietro, rivelando una figura femminile che indossava una semplice canottiera, oltre alla biancheria intima si intende.

-Ti odio, non so se te l’ho già detto – esclamò rude la figura femminile che, qualche attimo prima, era accoccolata sotto il piumone.

-Diciamo che me lo dici ogni mattina quando vengo a svegliarti – cominciò, più calma, la quarantenne – per questo sveglio prima te, di solito Jennifer mi riempie di insulti, tu sei più educata, ecco. Alzati ora, hai lezione tra circa trenta minuti e tra dieci minuti il tuo tè sarà pronto. Ora vado a svegliare quell’altra.. Datti una mossa cara –

E detto questo, la donna girò i tacchi e uscì dalla stanza, sbattendo lievemente la porta.

Trenta minuti pensò la ragazza rimasta nella stanza che vuoi che siano trenta minuti?

Per questo si rigirò nel letto trovandosi di fronte la sveglia, una bella sveglia. Era una sveglia con orologio analogico ed era color oro, con le rifiniture e i numeri romani in argento.

Segnava le otto e trenta minuti. Lei sarebbe dovuta essere a lezione alle ore nove.

Le otto e trenta minuti.

Le otto e mezza.

-Le otto e trenta, le otto e mezza.. –

Assonnata com’era non aveva ancora capito che trenta minuti non le sarebbero mai bastati per lavarsi, vestirsi e prendere il suo consueto tè. No, non le sarebbero mai serviti, a meno che..

-Devo muovermi, porca miseria! –

Le bastarono quattro secondi per capire l’ora.

 

Si alzò di scatto dal letto, ancora infreddolita e assonnata.

Uscì subito dalla sua stanza e, senza degnare nessuno di uno sguardo, si chiuse nel bagno.

Si lavò il corpo, si sciacquò il viso per poi passare circa dieci creme differenti sulla sua pelle.

Com’è tardi! non faceva altro che dirselo.

Risciacquò di nuovo il viso, questa volta con acqua fredda, magari si sarebbe un po’ svegliata, e dopo sollevò il viso, fino a ritrovarsi faccia a faccia col suo riflesso.

Non aveva un viso segnato da occhiaie, brufoli o Dio solo sa cosa. Era un viso stanco, ma anche rilassato.

Le labbra, piccole ma carnose, erano morbide e lucide. Gli occhi, castani e un po’ assonnati, erano quelli di sempre: indagatori, curiosi e intelligenti. Il viso, forse quello, era cambiato un po’: era cosparso da piccole lentiggini, soprattutto nella zona del naso.

Non era quello, il suo viso, però, che la ragazza osservava. No, erano i suoi capelli.

Quelli si che erano cambiati: un tempo erano lunghi e mossi, ora invece erano corti, come quelli di un maschietto, solo il colore era quello di un tempo, e cioè castano.

Li toccò istintivamente: dalla radice fino alle punte. E sorrise amaramente.

Aveva tagliato i suoi capelli tre anni prima, e da allora li teneva sempre corti, ma non era ancora abituata a quel cambiamento.

 

 

-Potresti cambiare colore e il modello, non è necessario tagliarli così corti! – esclamò una voce femminile molto esausta e abbastanza squillante.

-Non mi farai cambiare idea, ormai ho deciso! – rispose una voce, sempre femminile, agguerrita –e se non vorrai accompagnarmi tu, bhè.. lo farò da sola! – aggiunse poi, sperando che la risposta dell’amica era “No, ti accompagnerò io”.

-Ma che bisogno c’è? Capisco che tu voglia cambiare, tagliare col passato. Okay, falli corti ma non in quel modo! –

La litigata durava da più di mezz’ora, e solo una ne sarebbe uscita vincitrice.

-Guardaci: stiamo litigando sulla mia decisione di tagliare i capelli. Stiamo litigando su una stupidata, te ne rendi conto? –

-I tuoi capelli, cara, non sono una stupidata! E sia! Tagliali se questo ti farà contenta, ma quando te ne sarai pentita non venire a piangere da me! –

E quelle parole, buttate a mo’ di battuta, fecero ridere entrambe le ragazze.

Insomma, quella era la quiete prima della tempesta, brutale tempesta.

 

 

-Sei in quel bagno da più di dieci minuti, ti vuoi muovere? –

Fu una voce, squillante e allegra, che la risvegliò dai suoi pensieri.

Le ricordava tanto la voce della sua migliore amica.

Ex migliore amica, non dimenticarlo cara ragazza.

-Sì, ho finito – rispose la giovane, uscendo dal bagno.

La ragazza, con la voce ‘squillante e allegra’, entrò di corsa nel bagno, bofonchiando qualcosa di incomprensibile.

Dopo il bagno, toccava alla sua stanza, dove entrò e fu invasa da un’aria gelida, in fondo era ancora vestita da una semplice canottiera.

Le finestre erano spalancate e la brezza mattutina era entrata comodamente nel suo piccolo rifugio.

Dannata donna!

Ormai era Gennaio inoltrato, era normale che facesse freddo, quindi perchè aprire le finestre?

La casa deve respirare! rispondeva sempre quella donna, arguta e astuta, anche.

Cercando di non badare al freddo che ormai era entrato nelle sue vene, si avviò verso il suo armadio.

 

La sua stanza era piccola: un letto, un armadio, una scrivania e qualche scaffale, niente di più spoglio.

Le pareti erano ricoperte da una carta color azzurro, che ero lo stesso colore del piumone e delle tende di quell’unica finestra che dava sul ‘cortile’, se così si vuole chiamare un piccolo spazio di cemento con quattro panchine e due alberi.

La scrivania, invece, era rivestita da una marea di libri, quaderni e penne che stavano in disordine, uno sopra l’altro. Gli scaffali erano l’unico posto ordinato di quella stanza: erano due, e su ognuno era posto un certo numero di libri.

 

 

Aprì lentamente le ante dell’armadio color bianco, pensando a cosa avrebbe potuto indossare quel giorno. Ci pensò non più di due secondi: scelse un semplice pantalone nero stretto alle caviglie, una maglietta a maniche lunghe bianca e un piccolo maglioncino nero aperto.

Indossò tutto in meno di dieci secondi e uscì dalla sua stanza, diretta in cucina.

 

Lì vi trovò la ‘dannata donna’ vestita di un jeans abbastanza stretto e un maglione a collo alto e delle scarpe da tennis. I suoi capelli, lunghi e neri, erano raccolti in un’elegante coda di cavallo e il suo viso, dove spiccavano due occhi azzurri, era struccato ma luminoso.

La donna era intenta a bere un tazza che conteneva del caffè.

-Sono le otto e cinquanta, il tuo record! – esclamò, sarcastica, la donna, vedendola arrivare.

La giovane non la ascoltò e si sedette a tavola dove c’era il suo buon tè.

 

Aveva iniziato a bere tè da poco tempo, circa due anni, da quando aveva lasciato Londra. Quella speciale bevanda le ricordava molto le sue origini londinesi, per questo non poteva farne a meno.

Caldo, freddo, con o senza limone, con o senza latte, restava sempre la sua bevanda preferita, non beveva neanche più caffè!

In effetti, tuttavia, l’assenza di caffeina nel suo organismo era dettata da un altro fattore: il fumo.

La ragazza era un’accanita fumatrice di sigarette da quando aveva diciotto anni.

Un modo per uscire dal consueto, dalla routine, lo definiva lei. Infatti nessuno si aspettava che lei fosse una fumatrice.

Dopo, però, un’attenta riflessione decise di smettere. E l’assenza di nicotina, implicava anche l’assenza di caffeina.

 

-Sei assente, è successo qualcosa Amelia? – la voce ‘squillante e allegra’ le rivolse la parola.

Amelia. Da quanto tempo la chiamavano così?

Amelia. Da quanto tempo era Amelia?

-Ehm, no. E’ tutto okay, ho solo un po’ di sonno – rispose la fantomatica Amelia, sorseggiando il suo tè.

-Come dici tu, io vado a vestirmi. Tu comincia ad andare a lezione Mary Anne, io ti raggiungerò appena possibile, e se il professore dovesse dirti qualcosa digli che è morta mia zia! – disse poi la ragazza.

-E’ morta tua zia? – chiese la donna quarantenne che rispondeva al nome di Mary Anne – Ma tua zia non era morta due settimane fa, Jennifer? –

La ragazza, orami diretta verso la sua stanza, non rispose.

-Quella ragazza è incredibile! – aggiunse Mary Anne, con voce abbastanza indignata.

-E’ una ragazza di nemmeno vent’anni, deve ancora maturare.. – disse Amelia, con tono di voce neutro –non tutte siamo come te, quarantenni vissute –

-Ah ah ah, sei molto spiritosa! Muoviti che se no farai tardi dalla Jackson! –

La Jackson! Porca miseria!

-Sì sì, ci vediamo in mensa a pranzo, okay? Dillo pure a quell’altra! Ciao! – esclamò, bevendo il suo tè in un sorso solo.

-Certo, certo. A dopo piccola –

 

Clare Jackson era denominata col soprannome ‘otto metri sotto terra’. Incomprensibile, all’apparenza. Bastava, tuttavia, passare un’ora col lei, e quel soprannome sarebbe risultato il più adatto alla sua persona.

Donna sulla cinquantina, con trent’anni d’esperienza, era il rettore della facoltà di Amelia. Era molto, molto bassa, eppure emanava paura a chilometri di distanza, aveva dei capelli sul biondo, sul grigio e sul nero, insomma un misto, a quanto pare non andava dal parrucchiere da molto tempo.

Cosa diamine vorrà da me? si chiedeva la giovane ragazza dai capelli corti, mentre percorreva la strada per raggiungere il suo ufficio Non ho fatto assenze più del consentito, e mi sono comportata molto egregiamente ultimamente. Possibile che.. che.. Oh no, non voglio pensarci!

Ciò che la ragazza non voleva pensare era la possibilità, anche piccolissima, che qualcuno l’avesse cercata, o che avesse fatto domande sul suo conto. Se così fosse stato non era rovina, ma di più.

Ormai era Amelia Julia Fox da tre anni. Aveva assunto quella nuova identità cercando di dimenticare il passato che le aveva portato dolore, disperazione e qualche volta gioia. Non aveva messo in conto, però, che essendo scomparsa dalla circolazione, bhè avrebbe potuto destare la curiosità di molte persone: un personaggio celebre come il suo che scompare così, dalla mattina alla sera, era qualcosa di abbastanza singolare. Senza pesare ai suoi amici, che forse la cercavano.

No, non lo stanno facendo. Non lo hanno mai fatto, loro.

Non si rese neanche conto di essere arrivata al grande edificio che ospitava i ‘piani alti’ della Brown University. Entrò senza pensarci e, dopo aver chiesto informazioni, arrivò all’ufficio della Jackson.

Bussò una sola volta, e poi entrò.

-Buongiorno.. – disse con un fil di voce – mi cercava?

-Certo, entri e si accomodi per favore. Io torno subito – rispose l’apatica voce della Jackson.

‘Entri, io torno subito?’ Che diavolo vuol dire? Mi lascia qui da sola nel suo ufficio? Che donna!

Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorse di essere sola.

 

-Granger.. –

Un nome, due sillabe. Voce tagliente e fredda.

Non poteva essere.

-Quasi non ti riconoscevo con questo nuovo taglio e con questa nuova identità.. – continuò quella voce alle sue spalle.

La giovane donna si girò di scatto, ma ciò non serviva: sapeva già a chi apparteneva quella voce.

Draco Lucius Malfoy.

 

Odio, rabbia, paura, dolore, rancore.. Troppi sentimenti si stavano facendo la guerra in quel momento nella mente, e nel cuore, della giovane.

Draco Lucius Malfoy.

Come si dice, un nome una garanzia.

Malfoy qui, in una città dove la magia non esisteva, e, soprattutto, in mezzo ai babbani.

La ragazza non riusciva a proferire parola.

-Cos’è, hai cambiato anche la lingua? – chiese lui, in tono strafottente.

Voleva tirargli uno schiaffo, un forte schiaffo. Uno di quelli che si sarebbe ricordato in punto di morte e che, magari, gliel’avrebbe causata la morte.

Dovette, a suo mal grado, rinunciare a quella idea. Il giovane era nell’ufficio della Jackson.

Di sicuro non si era introdotto furtivamente, e poi perchè avrebbe dovuto farlo? Quindi, la spiegazione più che logica era che lui fosse stato chiamato dalla donna. Ma perchè? A quale scopo?

L’unica risposta ‘sensata’ che pensò la giovane Fox-Granger fu che la Jackson potette avere qualche radice magica. La cosa, però, era insensata: Hermione Jane Granger era conosciuta in tutto il Mondo Magico, era incredibile che qualcuno non la riconoscesse.

 

-Perchè sei qui? – chiese semplicemente, cercando di mascherare quel suo stato di agitazione.

-E’ un piacere sapere che la lingua la hai ancora – rispose più strafottente di prima.

-Non hai risposto alla mia domanda –

-Lo farà quella lì al suo arrivo –

E proprio in quel momento quella lì arrivò nel suo ufficio, con qualche foglio in mano.

-Oh, vedo che vi siete già conosciuti – esclamò avvicinandosi ai due, che, ormai, erano uno di fronte all’altro –signor Malfoy, lei è Amelia Julia Fox. Signorina Fox, lui è Draco Lucius Malfoy. E ora vi prego: sedetevi! –

Detto ciò i due, senza staccarsi gli occhi di dosso, si sedettero alle due poltroncine poste davanti la scrivania, ove prendeva posto la Jackson.

-Signorina Fox – fu proprio quella donna a parlare per prima –la ho fatta convocare qui per un semplice motivo: il signor Malfoy qui presente si è trasferito qui da Londra solo ed esclusivamente per frequentare i corsi di Letteratura, insomma i suoi stessi corsi –

Il respiro della ragazza iniziava a farsi irregolare.

Malfoy qui per seguire i corsi? I suoi stessi corsi?

-Visto che è nuovo, mi chiedevo se lei potesse farlo ambientare. Che so, fargli conoscere il campus, parlargli dei corsi.. – continuò la Jackson.

-La trova una meravigliosa idea signorina Janckson. E poi credo che io e Amelia andremo più che d’accordo – interruppe elegantemente Malfoy – tu non credi  Amelia?

Pronunciava il suo nome in modo ripetitivo e calcato.

Brutto bastardo.

-Ehm, sì, forse. Ma perchè proprio io? Voglio dire, ci sono tanti studenti più, più adatti di me per questo.. – disse lei, lanciando una strana occhiata a Malfoy.

-Uno migliore di lei signorina Fox? Una migliore di lei non credo che esista! Ottimi voti in tutte le materie e, e poi lei e il signor Malfoy avete qualcosa in comune.. – si fermò la Jackson, facendo una pausa abbastanza teatrale –Entrambi venite da un paese straniero, chi meglio di lei può capire i sentimenti del povero signor Malfoy? –

Povero signor Malfoy? Questa donna non sa quello che dice!

La giovane ragazza tirò un sorriso, che, però, sembrava tutto tranne che un sorriso, mentre il giovane Malfoy ghignava, guardando la coetanea.

-Bene ragazzi, non vi trattengo più del dovuto – iniziò la Jackson –Signor Malfoy la pregherei di compilare questi moduli e di portarmeli il più presto possibile. Arrivederci –

Malfoy prese i moduli con un gesto elegante e, dopo aver lanciato uno sguardo eloquente alla ragazza, uscì insieme a quest’ultima dall’ufficio.

 

Arrivarono al cortile dell’edificio senza proferire parola.

La Granger era come paralizzata. Non sapeva cosa dirgli, e soprattutto se doveva dirgli qualcosa.

In più non voleva rovinare la sua specie di copertura: andava tutto bene fino in quel momento, ed ora arrivava lui!

Dall’altra parte, Malfoy era spiazzato. Non si aspettava di vedere la Granger in quel posto. Soprattutto in quelle vesti. Cos’era questa storia di Amelia Fox? Perchè era lì?

 

Ormai si erano fatte le nove.

Le nove e quindi pensò la Grangere forse dovrei iniziare già da adesso. Prima si inizia, prima si finisce.

-Malfoy.. – azzardò la ragazza.

-Sì Granger? – rispose il giovane con fare teatrale.

-Non. Chiamarmi. In. Quel. Modo. Malfoy –

-Allora tu non chiamarmi ‘Malfoy’ e io troverò un altro ‘soprannome’ per te –

-E.. e come dovrei chiamarti? Furetto? – disse leggermente confusa la ragazza.

-Bhè meglio di Malfoy è di sicuro, però non ti azzardare ad usare nomi del tipo ‘Malfuretto’.. –

Stava parlando con Malfoy.

Qualcosa di grave doveva essere successo.

-Come vuoi tu.. Ascoltami: andiamo all’Honey Bar, è qui vicino. Così ti parlo di questa maledetta università.. –

-Bene, andiamo Mezzosangue

 

 

 

SEDATIVE’S SPACE:

Cosa dire di questo capitolo? Bhè: niente è come sembra è una cosa un po’ leggermente banale. No, lo è decisamente.

Credo che si sia ben capito che la Grifondoro abbia cambiato identità, capelli, eccetera, eccetera.

Malfoy perchè è lì? Dirvelo ora non renderebbe giustizia a questa storia.

 

NOTE:

-Hermione sì, ha i capelli corti. Adoro il taglio della Watson, e credo che anche alla nostra eroina vada bene.

-La Granger che beve tè. Lei è londinese, come ho già scritto, e mi sembra ovvio che una ragazza londinese, fiera delle sue origini, beva del tè.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: sedative