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Autore: Jane The Angel    27/01/2011    3 recensioni
Jane Watson vive a New York e la sua vita già bellissima sta per raggiungere la perfezione assoluta. Eppure non è tutto oro ciò che luccica, e Jane si troverà a riconsiderare la sua vita e le sue scelte in un posto in cui mai avrebbe immaginato di poter vivere...
dal primo capitolo: Attraversò il salotto, passò nel disimpegno e, ascoltando la sorella che la informava sugli orari per l’addio al nubilato, aprì la porta della camera da letto.
Un’ondata d’aria gelida le entrò nei polmoni e tutti i colori divennero d’improvviso dolorosamente vividi –No…- sussurrò.
(ispirata al telefilm "Men in Trees")
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo secondo

 

Jane passò il viaggio, che fortunatamente fu brevissimo, a guardare l’orso alle sue spalle in modo da cogliere eventuali movimenti minacciosi. Non che avrebbe saputo cosa fare, in caso ne avesse fatti, ma almeno sarebbe stata pronta.

-Guarda che Bill mangia solo spazzatura.- commentò Erik svoltando a destra.

-Beh, per come mi sento in questo momento, potrebbe anche scambiarmi per spazzatura.- commentò Jane senza pensare, poggiandosi al finestrino. Subito dopo aver pronunciato quelle parole se ne pentì: non le aveva detto, Jud, che in quel paese i pettegolezzi giravano in fretta? Non era il caso di far sapere a tutti quello che le era successo!

Erik si accigliò e la guardò per un istante, per poi concentrarsi sulla strada –Non mi sembri spazzatura. Mi dispiace, comunque.-

Sorpresa che anche lui, come Jud, suonasse del tutto sincero, Jane lo ringraziò e tornò a guardare di sottecchi l’orso. Erik sorrise e scosse la testa prima di fermarsi davanti alla locanda: era un piccolo edificio di legno su due piani, deliziosamente campagnolo. Dietro una casetta così piccola, decorata di piante rampicanti, le enormi montagne innevate formavano un effetto davvero spettacolare.

-Wow.- mormorò scendendo dal camioncino e pensando, per la prima volta da quando era scesa dal pullman, che forse aveva scelto il posto giusto.

-Non male, eh?- le sorrise Erik.

-Decisamente.- commentò Jane con gli occhi brillanti –Grazie mille del passaggio.- si riscosse poi, prendendo le sue valige.

-Nessun problema. Hai bisogno di aiuto per portare le valige?- si offrì.

-Ce la faccio, grazie. Occupati pure di questo coso… cioè, di Bill.- si corresse, stranamente divertita –Immagino che ci vedremo.-

-Credo proprio di si.- rispose Erik e, salutandola con un gesto, mise in moto e si allontanò, portandosi dietro l’orso.

Jane trascinò le valigie fino alla porticina di legno e la aprì. Questa le diede il benvenuto con un cigolio e Jane entrò in un piccolo corridoio che sboccava in una stanzetta che fungeva da hall. Dietro a un banco coperto di una tovaglia rossa sedeva un ragazzo dai capelli color cenere che, non appena entrò, alzò su di lei gli occhi castani e li sbarrò, spalancando la bocca per la sorpresa.

-Ehm… salve.- salutò Jane incerta: era così sbalordito per l’arrivo di una cliente? Non dovevano fare grandi affari in quel posto –Io… vorrei una camera. Il mio nome è…-

-Jane Watson.- concluse per lei il ragazzo guardandola con un sorriso incredulo –Sei… cioè, lei è Jane Watson, vero?-

-Ah… si. Il tu andava benissimo, comunque.- precisò Jane poggiando il trolley e prendendo la carta d’identità.

-Io sono un suo… un tuo, un tuo grande fan. Ho letto tutti i tuoi libri.- rivelò il ragazzo.

-Oh, ma certo, sei Rob!- esclamò Jane.

-Hai ricevuto la mia e-mail?- domandò il ragazzo sbalordito –O hai guardato il tuo fun club?-

Jane si guardò attorno, cercando le parole –Ecco, in effetti mi ha parlato di te Jud, della caffetteria, ma… sono certa di aver letto l’e-mail, anche se in questo momento non mi viene in mente.-

-Certo, certo, è ovvio, devi riceverne centinaia.-

Jane sollevò le sopraciglia: no, centinaia proprio non ne riceveva, decisamente.

-Ma vorrai una stanza. Immagino che tu sia stanca… per quanto tempo ti fermerai?- domandò Rob prendendo il registro degli ospiti. Sbalordita per l’assenza di un computer, Jane rispose –Si, ecco, in effetti non ne sono sicura. Due settimane, un mese, un anno… boh.- sollevò le spalle –Ti creo problemi se non ti do una data precisa?-

-Assolutamente, certo che no!- le assicurò Rob –Ecco, la nostra stanza migliore. Vieni, ti porto le valige.- disse e, prima che lei riuscisse a protestare, le aveva afferrate e si era avviato su per le scale. Jane lo seguì su per una scalinata stretta e quando arrivarono al primo piano Rob aprì la prima porta –Ecco qui. Spero che ti piaccia.-

Jane entrò e si guardò attorno: senza dubbio non era gigantesca, ma a chi importava? C’era un letto, una lampada e una piccola scrivania. In bagno c’era anche la doccia: aveva tutto ciò che le serviva –Bellissima, è perfetta. Grazie.-

Con un enorme sorriso, Rob andò sulla soglia –Sono contento che ti piaccia. Ti lascio a sistemarti… per ogni cosa, sono di sotto. Oh… facciamo solo colazione, ma per pranzo e cena c’è il locale di Jud e Zac, vanno lì praticamente tutti.- rimase un secondo in silenzio, poi concluse –Bene, vado. Ciao.-

Sorridendo, Jane aprì la sua valigia e tirò fuori una canotta grigia, una felpa nera e dei jeans. Non vedeva l’ora di darsi una lavata e di mettere a lavare quegli indumenti che erano durati per tutto il viaggio. Prima, però, tirò fuori il cellulare.

-Maledizione, non prende.- sbottò. Aprì la finestra e provò di nuovo, ma non cambiò nulla. Iniziò a vagare per la stanza, alzando e abbassando il cellulare. Alla fine, trovò un punto: all’angolo prima della porta, in basso, una cinquantina di centimetri dal pavimento. Si sedette, poggiandosi al muro, e digitò il numero di sua sorella.

-Una volta arrivata lì ti sei resa conto di non poter sopravvivere e vuoi tornare a casa?- domandò Mary non appena rispose al telefono.

-Ciao, Mary, si stro bene grazie mille, il viaggio è andato bene. E comunque no, non voglio tornare. La gente è simpatica, qui, sono molto ospitali. Farei a meno degli orsi, ma…-

-Per orsi intendi uomini grossi, pelosi e scorbutici, vero?- la interruppe la sorella.

-No.- rise Jane in risposta –No, c’è un vero e proprio orso che a volte viene in città, pare. Pensa, lo chiamano Bill.-

Mary si mordicchiò un’unghia, seduta nel suo ufficio a New York –Jane, in che diavolo di posto sei andata a ficcarti? Con tutte le città che ci sono al mondo…-

-Non preoccuparti, Mary! Và tutto bene, davvero! Magari mi ci vorrà un po’ per abituarmi ma… credo di poter sopravvivere, davvero.-

-Lo spero. Senti…- Mary s’interruppe, incerta –No, niente.-

-Cosa?-

-Ecco… non so se dovrei dirtelo, ma Dan è stato qui oggi. Voleva sapere dove sei e non gliel’ho detto… ho fatto bene?-

-Certo che hai fatto bene.- rispose rapidamente Jane con una fitta al cuore –Grazie, sei sempre la migliore.-

-Lo so.- sospirò Mary –Vedi di chiamarmi regolarmente e di rispondere alle mie chiamate, chiaro?-

-Ecco, in realtà il cellulare non prende quasi mai. In questo momento sono accucciata sul pavimento, è l’unico punto della stanza in cui c’è campo.- ammise Jane.

-Oh poveri noi.- scosse la testa Mary –E va bene. Lascia almeno all’albergo il mio numero. Voglio essere avvisata se vieni sbranata da un orso o sepolta da una valanga.-

-Va bene, va bene.- scoppiò a ridere Jane –Ti adoro.-

-Anche io, o avrei già smesso di preoccuparmi per i tuoi colpi di testa.- commentò Mary roteando gli occhi –Ciao.-

-Ciao.- rispose Jane con un sorriso un po’ malinconico per la distanza della sorella. Non erano abituate ad essere così lontane, dopotutto erano gemelle e avevano sempre vissuto assieme.

Jane si fece una rapida doccia e, lasciando asciugare i capelli all’aria, uscì dalla stanza. Infilando portafoglio e cellulare nella borsa scese nella hall.

-Ciao.- la salutò Rob indossando una giacca verde militare –Stai andando a cena?-

Jane gli rispose annuendo –Credo che andrò all’Insonnia, è l’unico posto che conosco.-

-Beh, Jane, mi dispiace dirtelo ma è l’unico posto che c’è. Ci sto andando anche io.- le sorrise il ragazzo –Se ti và, possiamo andarci insieme.-

-Magari!- rispose la ragazza: era strano essere lì da poche ore e conoscere già quattro persone. Strano in un modo piacevole, decise. Così, i due uscirono assieme dalla locanda.

-Ti spiace se passiamo da Hope, prima?- domandò Rob mentre imboccavano quella che, intuì Jane, doveva essere la strada principale, ossia quella in cui si era fermata con l’autobus e in cui sorgeva l’Insonnia.

-No, certo, andiamo pure… chi è Hope?- domandò la ragazza.

-Giusto. L’estetista, parrucchiera nonché barbiera del paese.- spiegò Rob –In realtà, di solito Joe si occupa delle occupazioni da barbiere e Hope del resto, ma spesso si scambiano se c’è bisogno.-

-Capito.- annuì Jane –Devi… tagliarti i capelli?- domandò: i capelli di Rob le sembravano già abbastanza corti.

-No, prenoto la piega per mia madre, sai. Sono i sacrifici che bisogna fare quando si vive con i genitori.- scosse le spalle Rob.

-La locanda è loro?- s’informò Jane.

-Si. Io ci lavoro spesso, ma in realtà ho una stazione radio. Beh… insomma, ho l’unica stazione radio del paese, in effetti, quindi non è che io abbia molta concorrenza. Poche stazioni prendono qui, per via delle montagne.- spiegò lui.

-Ovviamente.- ridacchiò Jane: mai avrebbe pensato di potersi trovare in un posto tanto disperso.

-Il negozio è questo.- indicò. La vetrina era assolutamente anonima e, in qualche modo, Jane la preferì a quelle di New York, chiassose e colorate, zeppe di foto di tagli di capelli che in realtà i parrucchieri non erano in grado di eseguire. Almeno, qui non mentivano: i tagli delle poche foto erano tutti piuttosto semplici. Rob entrò nel negozio e Jane lo seguì, guardandosi attorno. C’erano tre donne e un uomo: due erano in attesa, una donna si stava facendo lavare i capelli da una ragazza dai liscissimi capelli castani e l’uomo stava dicendo addio ai suoi capelli lunghi fino alla schiena per dare il benvenuto ad un taglio decisamente più corto.

-Ehi Joe.- salutò Rob –Hope. Signor Darling, è sceso a valle prima quest anno. Signorine…- Rob salutò tutti con un sorriso sulle labbra, dopodichè passò alla presentazioni –Lei è Jane Watson. Rimarrà alla locanda per un po’.-

Due delle donne la riconobbero: avevano letto i suoi libri –Come mai è venuta qui, signorina Watson? Non vive a New York?- domandò una, quella che si stava lavando i capelli.

-Non fare queste domande.- la redarguì l’altra signora –Non hai sentito che suo marito… oh! Mi perdoni, non ne vuole parlare, immagino.- esclamò portandosi una mano alla bocca. Jane sbiancò, sorpresa: come faceva a saperlo?

-Signore, non siamo qui per spettegolare.- le rimproverò il ragazzo con le forbici in mano, che doveva essere Joe.

-E per fare cosa, allora?- sbottò l’uomo a cui stava tagliando i capelli –Mi faccio tutta questa strada ogni sei mesi, voglio almeno qualche novità.-

-Devi scusare il signor Darling.- sorrise la parrucchiera, che Rob aveva presentato come Hope –Vive sulla montagna est, proprio in cima. Quando viene qui vuole le ultime novità… e non sa né tenere la bocca chiusa né comportarsi civilmente!- lo rimproverò con allegria.

-Non c’è problema.- sorrise Jane, ma sentì comunque le lacrime fare capolino: non aveva considerato che, in una piccola città, tutti avrebbero saputo ciò che era successo. Forse la sua scelta non era stata la migliore… si morse la lingua: no, doveva smettere di farsi condizionare così.

-Volevo prenotare la piega per mia madre, hai posto domani?- cambiò discorso Rob, lanciando un’occhiata a Jane che lo ringraziò con un sorriso.

-Certo. Dille di venire nel pomeriggio.- rispose Hope e, dopo essersi salutati, Rob e Jane uscirono. Non appena ebbe sceso il gradino davanti al negozio, però, Jane dovette inchiodare, poiché era quasi andata a scontrarsi con un ragazzo poco più alto di lei, dagli occhi scuri e i capelli molto ricci.

 

 

_____________Nota di Jane

Eccoci al capitolo due, spero vi sia piaciuto e… ehi, ho visto che le letture sono tante, quindi ringrazio tutti quelli che hanno solo letto oltre a chi ha commentato! Spero che decidiate di lasciare un commentino o una critica, ma l’importante è che continuiate a leggere!

Un bacio,

Jane

  
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